BEZZUOLI, Giuseppe
Pittore, nato a Firenze il 28 novembre 1784, morto ivi il 13 settembre 1855. Figlio del pittore prospettico e fiorista Luigi Bazzoli (e così si firmò G. fino al 1822, per poi firmarsi Bezzuoli o Bezzoli, ritenendosi discendente da un'antica famiglia Bezzoli) studiò dapprima medicina e chirurgia pur frequentando, all'accademia, la scuola del nudo diretta da G. B. Desmarais e L. Sabatelli; finché nel 1807 si iscrisse regolarmente come allievo di P. Benvenuti. Vinto il premio triennale (1812) con un Aiace che difende il corpo di Patroclo, si dette a far studî di paese e di costume nella montagna pistoiese, eseguì alcune decorazioni in palazzi fiorentini, dipinse numerose tele di soggetto romantico e cominciò a fare qualche ritratto.
Tornato da un breve viaggio a Venezia, eseguiva per la chiesa di S. Remigio S. Remigio che battezza Clodoveo; quattro anni dopo (1827) inviava all'esposizione di Parigi una Venere che si abbiglia, che meritò vive lodi, e nel 1829 dava compiuto, per commissione del granduca Leopoldo II, L'entrata di Carlo VIII in Firenze, che suscitò facili entusiasmi e cui seguirono altre tele di soggetto storico-romantico e cavalleresco. Continuò anche ad eseguire affreschi per palazzi e ville toscane. Sono anche di questo periodo (1823-1844) i suoi ritratti migliori: Gino Capponi, Lorenzo Bartolini, Elisabetta Ricasoli, Luigi de Cambray Digny col figlio, Giovanni Carmignani, Marianna Rucellai de' Bianchi, Maria Antonietta granduchessa di Toscana, Giuseppe Giusti.
Intanto nel 1829 era stato chiamato dal Benvenuti come aiuto del maestro di pittura; e nel '44 era succeduto al Benvenuti stesso. Ma le cure dell'insegnamento non diminuirono la sua attività; e nell'ultimo decennio eseguì ancora numerosi quadri di soggetto storico e ritratti.
Ottimo disegnatore, il B., sia nelle tele sia negli affreschi, fu ligio agli schemi e ai precetti dell'accademia; e, se preferì soggetti romantici, alla moda di Francia, non ebbe dei pittori romantici d'Oltralpe le belle qualità di chiaroscuro e di colorito. Ma nei ritratti, davanti al vero, il B. dimenticò teorie e precetti accademici e fece cose gustosissime e tali da essere avvicinate ai ritratti dell'Ingres, che probabilmente egli vide operante in Firenze nel 1820; mentre in quello del conte de Cambray Digny si avvicinava piuttosto al gusto dei ritrattisti inglesi, e francesi derivatine. Dotato di cultura classica, conoscitore dei nostri poeti, amico intimo di G. B. Niccolini e di G. Giusti, il B. fu anche scrittore spigliato e brioso. Altre opere sue si conservano a Firenze, a Pistoia e a Pisa.
Bibl.: Della vita e delle opere di G. B., Firenze 1855 (non scevro di errori); D. Macciò, G. B. pittore fiorentino, in Atti della Società Colombaria (1910-11), pp. 45-76; N. Tarchiani, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, III, Lipsia 1909; U. Ojetti, G. B. ritrattista, in Dedalo, I (1920), pp. 263-277 (con bibliografia).