BERNARDINI, Giuseppe
Nacque a Lucca il 5 ag. 1524 da Giovanni e da Chiara Cenami. Ancor giovanissimo, partecipò al cenacolo costituito intorno a Francesco Robortello, chiamato nel 1539 a Lucca per animarvi gli studia humanitatis. Nel 1547 sposò Caterina Buonvisi, dalla quale ebbe dodici figli. Alla morte del padre del B. la compagnia commerciale, già "cantante" sotto la ragione di negozio di Giovanni Bernardini e Vincenzo Guinigi, prese il nome di "Eredi di Giovanni Bernardini e Vincenzo Guinigi".
Essa risulta articolata, in base ai sistemi organizzativi mercantili dell'epoca, nelle diramazioni delle sedi commerciali di Lucca, Anversa, Lione e Chambéry con le seguenti denominazioni: "Eredi di Vincenzo Guinigi - Giuseppe Bernardini di Anversa e C. "; "Eredi di Giovanni Bernardini e di Vincenzo Guinigi e C. di Lione e di Chambéry "; "Banco di Lucca degli eredi di Giovanni Bernardini e di Vincenzo Guinigi e C. ". I rapporti societari del B. con il Guinigi si estendevano all'ambito delle botteghe cittadine, commerciali e industriali, dove erano presenti con posizioni di rilievo: la "Bottega di Giuseppe Bernardini, Giuseppe e Tomaso Guinigi e C. di Lucca "; la "Bottega vecchia di Alessandro, Giuseppe, Matteo Bernardini-Michel Guinigi e C. di Lucca "; la "Bottega vecchia sotto nome di Giuseppe Bernardini, Giuseppe e Francesco Guinigi e C. di Lucca ".
A gestire e promuovere le diverse attività mercantili e le operazioni bancarie di queste compagnie, con le loro diramazioni, fu soprattuto il B., la cui personale posizione economica si consolidò notevolmente nel 1568, alla morte dello zio paterno Martino,. che era privo di eredi maschi. Per le disposizioni testamentarie del diritto di agnazione il B. ereditò, a questa data, l'intera sostanza del nonno Iacopo da Ghivizzano, e ottenne, in più, per fedecommesso del 29 dic. 1566, una parte considerevole dei beni e delle rendite dello stesso Martino.
Attivamente partecipe alla vita pubblica, nel febbraio 1565 il B. fu sottoposto al discolato, essendo incorso nella singolare accusa di aver fatto pervenire ai Ferraresi due disegni delle mura della città.
A propria difesa il B. dichiarò che gli sembrava naturale questo scambio d'informazioni "essendosi dilettato di lettere et di varie scienze convenienti a gentil huomo nato in città libera et riputando che il sapere parlare di fortificatione fosse cosa molto conveniente alla sua professione accioché, quando si fosse trovato in luogo che se ne tratasse, potesse dire l'opinione sue con qualche fondamento, et non dire, come ha sentito dire ad alcuno, non me ne intendo et me ne raporto" (Arch. di Stato di Lucca, Cause delegate, busta 13, ff. 31-36). Mancando al processo le prove di una colpa, deliberata e intenzionale, "non potendo ragionevolmente fargli altro, fu messo per discolo, che fu delle nostre vendette senza ragione" (Burlamacchi, f.112 v). Questo episodio, rimasto piuttosto oscuro, della vita del B. serve a confermare, fin nello stile della difesa un po' capziosa dell'accusato, quanta strada si fosse percorsa a Lucca nel processo di adattamento dell'antico spirito mercantile - congeniale fino agli inizi del secolo ad un sapere pratico - ai nuovi orizzonti di cultura e di vita, tanto da esservi chi, come il B., dell'umanità delle lettere faceva ora una questione di lustro e quasi un punto di prestigio e d'onore.
Il B. ebbe di fatto fama di mecenate e di uomo amante delle lettere (" il magnifico messer Giuseppe Bernardini, tanto delle muse amico ", scrisse di lui Nicolao Granucci). Egli promosse anche un'accadernia letteraria frequentata da Giov. Marco Medici, Pompeo Arnolfini, Orazio Lucchesini, Emilio Mei, Lorenzo Buonvisi, Alessandro Lamberti, che chiamò dalla Francia Ascanio Santini Lucchesi "con onorevole stipendio, costituendolo suo lettore di sfera e della morale d'Aristotele" (Lucchesini, p. 50)
Pochi anni dopo la sanzione del discolato, il B., reintegrato in tutti i suoi diritti, tornava in una posizione di primo piano nella vita pubblica lucchese, tanto da essere eletto gonfaloniere nel 1570. Tra la fine del 1574 e il 1575, quando tutti gli ambienti mercantili europei, collegati da una piazza all'altra in un fitto intreccio di relazioni e d'interessi, furono investiti dalla bancarotta dello Stato spagnolo, la compagnia dei Bernardini e dei Guinigi finì per fallire.
La proporzione del fallimento, che coinvolse l'intera rete commerciale della compagnia, fu di tale entità che la Corte dei mercanti dovette intervenire più volte onde evitare il determinarsi di una situazione di panico. Mentre si susseguivano i bandi, gli ordini, le dichiarazioni, i salvacondotti della Corte, da parte del notaio Paolo Bianchi si procedette agli inventari dei beni, mobili ed immobili della compagnia: dalle scritture cambiarie agli stocks di drapperie e di sete. Infine, tra creditori e debitori si addivenne ad una transazione. A saldo dei loro debiti i Bernardini e i Guinigi si impegnavano a pagare la somma di lire 98.600 scudi, corrispondente al valore dei titoli e beni inventariati. Questo pagamento si sarebbe fatto senza procedere a vendite forzate, col beneficio di una dilazione atta a consentire ai debitori di realizzare le liquidità di cassa richieste. Procuratori e deputati dei creditori erano addivenuti a questa risoluzione a ragion veduta, tra l'altro "considerando che sia bene quietare da tali molestie et liaver compassione a chi si ritrova in avversa fortuna, et, travagli et massime alli mercanti come quelli che del continuo sono sottoposti più di altri alle avversità et alli colpi di fortuna" (Instrumento, f. 57).
Il B. morì intorno al 1580.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Arch. Guinigi,n. 17, ff. 49-162: Instrumento dell'accordo de Bernardini e Guinigi con loro creditori rogato per Gregorio Bandini notaio publico di Lucca sotto il dì XXVI febbraio 1575; Lucca, Bibl. Governativa, ms. n. 1105; G. V. Baroni, Not. general. delle famiglie lucchesi. Famiglia Bernardini, ff. 429-432; Ibid., Reg. 1105, ff. 159-172v, Contratto del fedecomm. fatto da Martino Bernardini a Giuseppe Bernardini; Ibid., ms. n. 1941: Gherardo Burlamacchi, [Quaderni di ricordi], f. 112 v; N. Granucci, L'eremita, la carcere e il diporto, Lucca 1569, f. 27 V; C. Lucchesini, Della storia letteraria del Ducato lucchese. Libri sette, in Mem. e doc. per servire all'istoria del Ducato di Lucca, IX, Lucca 1825, I, pp. 40, 50; M. Mazzolani, I Balbani nella Germania inferiore, in Boll. stor. lucchese, X (1938), 1, p. 37; V. Vasquez de Prada, Lettres marchandes d'Anvers, Paris 1960, I, pip. 165 ss.; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 21, 269.