BENVENUTI, Giuseppe
Nacque nel 1723 a Fibbiano (Pescia), pronipote di un Daniello Benvenuti, "che ivì esercitò la medicina e chirugia", d'origine lucchese, e figlio di Bartolomeo, il quale "in tempo della mia pubertà era impiegato del governo della possessione di Poggio S. Lorenzo in Latina" (probabilmente presso Orvieto). Il padre lo destinava a studiare leggi in Roma, ma dopo la sua morte "mi volle presso di sé il sacerdote don Sebastiano mio fratello, vicario del vescovo di Caserta presso Napoli, ove studiai in quel collegio umanità, rettorica, matematica e filosofia per il corso di sei anni, e sostenni pubbliche conclusioni". Nella dissertazione De demoniacis il B. narra di alcuni casi di possessione diabolica visti in gioventù presso questo collegio (p. LI). Altre notizie autobiografiche fornisce ancora la lettera inedita all'abate D. F. Leonardi, scritta da Bagni di Lucca il 10 maggio 1773; anche il fratello avrebbe voluto indirizzarlo alle leggi, "ma il mio particolar genio per la fisica, mi faceva desiderare di apprenderne la parte più degna, la medicina"; essendo il fratello incaricato degli affari della Repubblica di Lucca presso la Santa Sede, si trasferì a Roma, frequentandovi "le anatomiche, e mediche scuole dei collegio della Sapienza", e facendovi "prattica in quei grandi ospedali". Laureatosi a Roma, nel 1753, fu "eletto medico della città di Sarzana" donde poi l'anno seguente passò ad esercitare la professione nei celebri Bagni di Lucca, con un onorario assegnatogli dal senato, del quale si dichiarava assai soddisfatto.
Conservò tale carica per circa trent'anni, venendo ivi a contatto con i vari personaggi ai quali sono dedicati i suoi scritti; del resto, la consulenza presso le terme gli lasciava * libera la metà dell'anno - scrive - per godermi la grata compagnia dei miei libri...; sono anche solito di fare in quei mesi qualche viaggetto, per rivedere gli studiosi amici ed acquistare da essi nuove cognizioni". In una lettera del 6 sett. 1783, accennando alla sua "vacillante salute" pregava il Consiglio della Repubblica di assegnargli un sostituto, per "la premura di non abbreviarmi la vita... non potendo più reggere alle troppe fatiche nel gran caldo". Ma l'anno seguente compì un viaggio scientifico alla ricerca di minerali, dei quali si era sempre interessato, come accenna nelle sue Istituzioni di mineralogia: "Nel 1784 ebbi ubertoso pascolo a Napoli, a Pompeiano, al Vesuvio, ed a Pozzuolo" (ibid., p. III). Fu in contatto con dotti stranieri, come Gerard van Swieten, che gli indirizzò "alcune lettere nelle quali si tratta di una molto efficace preparazione di mercurio in alcune difficili malattie", da lui pubblicate poco dopo il trattatello sulle iebbri epidemiche del 1754; ebbe scambi epistolari con Anton de Haën, archiatra presso la corte imperiale e professore di anatomia a Vienna, "cuius amicitia pluribus ab hinc annis, immeritus fruor" scriveva nel De demoniacis (p. LV).
Il B. fu eletto membro di varie accadernie italiane: la Società letteraria di Ravenna, la Fisico-botanica di Firenze, l'Augusta di Perugia, l'Accademia delle scienze di Bologna; fu socio inoltre dell'Accadernia imperiale Leopoldina, "vice-presidente di essa in Italia dopo la morte nel 1771 del. celebre Morgagni" (Istituzioni di mineralogia, p. II) e dell'Accademia regia di Gottinga.
Un gruppo di quattordici lettere inedite, scritte dal B. a Sebastiano Canterzani, segretario dell'accadernia bolognese, con le minute delle risposte di quest'ultimo, consente di seguire tra il 1774 e il 1798, sia pure con larghi intervalli, le attività accademiche di B. e la pubblicazione dei suoi scritti; il B. segnala e raccomanda più volte per l'elezione nuovi candidati, prega di curare la collocazione di suoi opuscoli, rivela i suoi interessi di lettore. Così, il 12 luglio 1783, richiede al Canterzani l'opera di Pemberton su Newton e il trattato di Cheyne sulla religione naturale; il 27 sett. 1797, chiedendo notizie dell'amico "dopo le tante peripezie che l'Italia ha sofferto", caldeggia l'elezione di Giuseppe Petri "lettore di medicina in Pisa e archiatra del Granduca, autore dell'applaudita opera Elementi di medicina teorica di fresco stampata". Alcune lettere al medico Saverio Manetti, fiorentino, scritte tra il 1758 e il 1771, danno notizie dell'attività del medico pratico, e altre indicazioni sulle sue letture e sui suoi interessi: "16 uscito in Lucca da i torchi il primo tomo della famosa Enciclopedia, di cui avrà veduto il manifesto, ed è riuscita l'edizione bellissima" (22 giugno 1758);chiede, attraverso un procaccia comune, l'invio degli scritti medici di Arbuthnot, della Mineralogia di J. Wallerius, recentemente tradotta dal dHolbach, della Pyritologia del Heckelio, degli scritti di agricoltura del Targioni (21 luglio 1758), e prega d'inviare ad un recensore di Berna la propria operetta sui sali delle terme, appena pubblicata (10 ott. 1758).
Secondo il Torselli, il B. morì nel 1810 Egli non ha lasciato opere di notevole rilievo, ma una serie di scritti medici, anatomici, di storia naturale e di varia erudizione, dai quali emerge una figura di colto professionista, eclettico, curioso di varie scienze, compilatore piuttosto che ricercatore originale; si tratta in gran parte di lavori d'occasione, le cui dediche cerimoniose lasciano intravvedere le alte protezioni di cui l'autore godé, il suo rispetto per i poteri costituiti e per i valori tradizionali. La polemica anti-illuministica da lui condotta nel trattatello di diabologia ci conferma questo suo orientamento.
Dall'incarico che ebbe appena nominato medico dei Bagni di Lucca, di curare "un'influenza di febbri epiderniche in alcune terre dello Stato sorte", nacque la Dissertatio historico-epistolaris ad clariss. virum I. B. Beccarium, qua epidemicae febris in Lucensis dominii quibusdam pagis grassantes describuntur, nec non mercurii atque corticis Peruviani usus in earum curatione recto rationis examini subiicitur... (Lucae 1754), ove illustra una terapia a base di mercurio e di chinino; in appendice sono pubblicate lettere di G.M.S. Bertini e G. Valdambrini relative a tali terapie, nelle quali è rammentato il "fiero contrasto letterario" che si era svolto anni innanzi a tal proposito tra il Bertini e L. G. Fabbri: il B. accoglie l'opinione dei Bertini. Le lettere a G. van Swieten sul medesimo argomento videro la luce in Lucca nel 1755. Entrambi gli scritti furono favorevolmente recensiti dai periodici letterari.
Il Mazzuchelli segnala certe Dissertationes et quaestíones medicae magis celebres (Lucae 1757), probabilmente da identificare con "la raccolta di questioni mediche pubblicate dall'Accademia di Montpellier e Parigi e da me ristampate in Lucca", che il B. rammenta nella lettera autobiografica al Leonardí; tra tali memorie figurerebbe quella dello stesso B., riguardante la cura dell'idrofobia: De Hydrophobia, et aceto vini.
Le Novelle letterarie di Firenze del 1764 recensiscono con lode le Observationum medicarum quae anatomiae superstructae sunt collectio prima, quae morborum historias complectitur dissectis cadaveribus illustratas. Recensuit et proprias addidit I. Benvenutus (Lucae 1764), una miscellanea di trentadue saggi di anatornia e patologia, tre dei quali sono dovuti allo stesso editore: Asthma gravissimum ex irregulari et intercepto podagrae hereditariae decursu obortum, in lethalem tandem transiens hydreopem asciten; De molis cuiusdam carnosae, e vagina prolapsae, uteroque simillimae, resectione in muliere, deque obscuratis in eiusdem cadavere; Stomachi dolor, vomitus, singultus, spirandi angustia, lipothimia.
Il B. aveva pubblicato nel 1758 un'operetta sulle virtù terapeutiche dei sali contenuti nell'acqua delle terme: De Lucensium thermarum sale tractatus (Lucae 1758); il Mazzuchelli ne segnala un'edizione italiana, curata dallo stesso Benvenuti. Della medesima indole è il trattatello Riflessioni ed esperienze sulla natura, qualità e scelta dell'acqua (Lucca 1769) che valse al B. il premio e l'elezione da parte dell'Accademia di Ravenna. Dedicata a G. G. Hasenhörl de Lagusi, archiatra granducale, l'operetta contiene una classificazione assai estrinseca delle acque naturali, alcune considerazioni sulla loro potabilità (§§ XX-XXVII), e sommarie osservazioni chimico-fisiche, farmaceutiche, mediche sulla composizione, sul peso specifico, e sulle proprietà delle acque. È una compilazione di esperienze tratte dagli atti dell'Accademia del Cimento, dell'Académie des Sciences di Parigi, dagli scritti fisici di F. Hoffmann e di W. J. 's Gravesande. Da H. Boerhaave deriva probabilmente la vecchia teoria stabliana del flogisto, che il B. cita a proposito della solidificazione ("mediante il freddo si espellono le parti flogistiche, e le altre si attraggono con maggior forza": § VII, p. X3). Sono pagine probabilmente d'occasione, che rivelano un certo dilettantismo e la fedeltà alla "materia medica corrente.
È in sostanza una dissertazione erudita anche l'operetta del B. Riflessioni sopra gli effetti del moto a cavallo (Lucca 1760; 2 ed., ibid. 1772; una traduzione tedesca ne apparve a Frankfurt nel 1769), preceduta da una pomposa dedica a Sigismondo Chigi, paziente del B. ai Bagni di Lucca. Le considerazioni generali sui benefici dell'equitazione sono intrise di reminiscenze classiche e retoriche; dal punto di vista medico, il B. attinge largamente agli scritti di Sydenham, Pechey, Baglivi, Stahi, Hoffmann, Boerhaave, ecc., dissertando degli effetti dell'equitazione sulla circolazione sanguigna (§§XII, XXII, XXXV ss.), dell'elasticità delle fibre muscolari e dei vasi arteriosi e linfatici (§§ XIII ss.), accennando alla controversia circa l'ossigenazione'del sangue (§XLIV). L'equitazione è raccomandata per la sua azione di stimolo sull'attività degli "spiriti animali", sulla funzione epatica, la digestione, la circolazione linfatica e - quasi panacea universale - come rimedio contro l'arteriosclerosi, l'idropisia, l'apoplessia, l'isteria e varie altre malattie. Lo scritto si conclude con una serie di consigli sulla pratica di questo sport e con varie nonne d'igiene.
Lo scritto più curioso del B. è De demoniacis dissertatio (Lucae 1775), dedicata al nipote di Clemente XII, card. Andrea Corsini. Ispirata da un'analoga dissertazione dell'amico de Haen, contenuta nel vol. XV della sua Ratio medendi in nosocomio practico, che l'autore gli aveva inviato nell'aprile dello stesso anno, contiene una confutazione della tesi "materialistica" del medico inglese Richard Mead, il quale aveva spiegato in termini puramente clinici le malattie "sacre" dei patriarchi biblici - Giobbe, Saul, Geremia, Ezechia - e in generale le possessioni diaboliche (in Medica sacra, sive de morbis insignioribus, qui in Bibliis memorantur, commentarius, Amstelaedami 1749).
Trovando tale scritto escluso, per divieto del vescovo di Gaeta, da un'edizione italiana del Mead (Opera medica, Neapoli 1768), il B., incuriosito, se lo procurò, non senza aver ottenuto una dispensa ecclesiastica. Irritato dalla tesi naturalistica e irreligiosa che il Mead opponeva agli esorcismi con i quali la Chiesa romana "finge di liberare gli ossessi", prese a confutarla, "erga illam (Ecclesiam) amore exeitatus" (p. XII), sostenendo l'effettiva opera del demonio con tre tipi di argomentazioni: a)fisiche; b) tratte dalle Scritture; c) testimonianze di medici moderni. Tra i motivi "fisici", pone la dualità, di vaga origine cartesiana, tra corpo e spirito: come i moti corporei sono eccitati dagli spiriti animali, "pari ergo ratione Diabolus corpora movere poterit eorumque actiones vel recte perficere, vel etiam aliquando pervertere" (p. XXX); quanto al secondo punto, cita largamente gli Evangelisti e i Padri; tra gli argomenti del terzo tipo, riferisce testi di Jean Fernel, Johann Lange, Joachim Camerarius, Hoffmann, vari Swieten, Boerhaave e soprattutto de Haen, del quale riproduce inoltre, in appendice, due lettere personali che testimoniano scambi di scritti tra i due amici. Si riconnette inoltre alla celebre polemica che si era svolta attorno al 1750 tra Scipione Maffei e Girolamo Tartarotti circa i processi di stregoneria, citando soprattutto, a proposito delle levitazioni diaboliche, il Congresso notturno delle Lammie di quest'ultimo e L'impotenza del demonio (Rovereto 1753) di B. Baroni. Fondandosi su tutte queste autorità, il B. difende il punto di vista teologico tradizionale, secondo il quale la potenza del demonio non è stata distrutta, ma soltanto "limitata" dalla rivelazione: molti sono i casi di simulazione e di impostura, e "rarissime veri energumeni occurrunt"; ma sussistono anche precisi criteri mediante i quali è possibile distinguere i veri dai finti ossessi (p. LXXIX). Alla rivendicazione della tesi teologica si unisce una netta polemica contro gli "pseudosapientes" moderni e i filosofi irriverenti, che abbondano nel secolo presente: "Utinam non incidissemus"in mala tempora quibus nempe, viri etiam operum male noti, materialismo (ut clarius loquar) infatuati, gloriae sibi tribuunt desidere" (pp. XXII e LXXXIV). Dall'epistolario con il Canterzani è possibile desumere il singolare disinteresse con il quale fu accolta l'operetta: il B. ne aveva inviate 32 copie all'amico, che le aveva affidate a un libraio ("ne tenterà lo spaccio a due paoli l'una") e ne aveva presentata una copia al presidente Zanotti ("l'ha letta con molto piacere, e m'incarica di farle i suoi più distinti ringraziamenti"): Così il 23 ott. 1775; ma il 31 marzo 1777, chiedendone notizie il B., il Canterzani risponde che l'opera era stata "distribuita per varie botteghe, ma che "una sola è stata venduta"; il 23 luglio 1784 la situazione era identica, sicché il B. ritirò le sue copie.
Sempre nel 1775 il B. aveva inviato al Canterzani le sue Notizie dei medici cavalieri, apparso quello stesso anno a Lucca, un'"opera molto onorifica alla medicina, ed era ben opportuno garantire questa nobile professione dai torti, che le vengono fatti quotidianamente dagli imperiti" (il Canterzani a B., 18 ag. 1775). Si tratta in realtà di una scolorita compilazione di notizie, "da alcuni professori di medicina raccolte", su medici degli ultimi due secoli provvisti di titoli nobiliari o insigniti di onorificenze.
Una compilazione elementare sono le Istituzioni di mineralogia con la maggior chiarezza disposte, per facilmente imparare a conoscere i fossili, dedicate a Sua Altezza Reale D. Ferdinando I infante di Spagna, duca di Parma (Parma 1790). Lo scritto, composto già da tempo e "confuso... tra gli altri miei scartafaccì", fu pubblicato per consiglio di Giuseppe Camuti, archiatra della corte parmense, in occasione della nomina onorifica del B. a medico di camera del duca di Parma. "Mio scopo è adesso quello di poter giovare a tutti coloro, che viaggiando procurano in questo bello studio di erudirsi"; gli interessi mineralogici del B. erano antichi: stimolato dalla lettura del Wallerius ("il più dotto, il più indefesso, il più celebre mineralogista di questo secolo") e del Cartheuser, tale studio era divenuto "una necessità" quando il B., succeduto al Morgagni nella vice-presidenza dell'Accademia Leopoldina, aveva curato le collezioni dei musei di Bologna e di Firenze (p. 11). La classificazione è ispirata agli autori suddetti, ma ve ne sono anche largamente citati altri, tra cui Bergmann, Bowles, Cronstedt, Fourcroy, Lavoisier, Pallas; essa abbraccia otto "classi" principali, terre, pietre, sali, sostanze infiammabili, semimetalli, metalli, pietrificazioni, acque minerali (tra i semimetalli figurano: bismuto, cobalto, arsenico, antimonio, zinco, mercurio; tra i metalli: piombo, stagno, rame, ferro, argento, oro); anche qui - pur dopo il Lavoisier - il B. segue parzialmente la teoria del flogisto: due sono gli elementi primari "distruttibili", aria e fuoco; e due i derivati "indistruttibili", acido (che dà la coesione dei corpi) e flogistico (che dà la fluidità e l'infiammabilità). A questo proposito, come pure in merito ai giacimenti fossili, il B. riecheggia tesi e discussioni vecchie di parecchi decenni, mostrandosi assai in ritardo sui tempi.
Di altri due opuscoli non si hanno tracce: De rubriginis frumentum corrumpentis (Lucae 1762); Sulla condizione de' medici presso gli antichi (Lucca 1779; i B. ne annunzia alcune copie al Canterzani il 9 agosto 1779). Altre brevi memorie, secondo la lettera al Leonardi, sarebbero apparse negli atti delle varie accademie di cui il B. fu socio.
Fonti e Bibl.: La lettera a F. Leonardi è conservata presso la Bibl. govern. di Lucca, ms. 757, nn. 13-14; quella del 6 sett. 1738 al Consiglio della Repubblica, ibid., ms. 1360, 6; le 14 lettere a e da S. Canterzani, presso Biblioteca universitaria di Bologna, ms. 2096, I, e così pure quelle a S. Manetti. Del B. si occuparono le Novelle letterarie di Firenze, 1755, coll. 6, 417; 1758, coll. 66, 67; 1760, col. 706; 1764, coll. 420 ss.; 1779, col. 572; 1791, col. 176; il Giornale de' Letteroti di Firenze, VI, p. 187; le Novelle letterarie di Venezia, 1755, V. 91. Scarse notizie in G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 891; V. Torselli, Delle scienze in Lucca e dei loro coltivatori, Lucca 1843, p. 78.