Critico letterario (Torino 1719 - Londra 1789). Il B. fu il maggiore dei critici italiani del suo tempo e la sua pagina si ravviva anche artisticamente quando la vocazione polemica si illumina nella difesa di un'arte moralmente utile, in cui è da vedere l'ispirazione più vera della sua opera critica. Tra le sue opere si ricorda il Discours sur Shakespeare et sur monsieur de Voltaire (1777).
A Venezia strinse amicizia coi due Gozzi e fu poi a Milano, dove fece parte del primo nucleo degli accademici Trasformati. Nel 1751, per desiderio di maggior libertà e per irrequietezza, si recò a Londra. Tornò in Italia nel 1760 dopo un viaggio attraverso il Portogallo, la Spagna e la Francia, che descrisse nelle vivacissime Lettere familiari ai suoi tre fratelli (1762-63; ripubblicate in inglese, con notevoli correzioni e aggiunte, nel 1770). Stabilitosi a Venezia, iniziò, nelle vesti e sotto lo pseudonimo di Aristarco Scannabue, figura di vecchio bisbetico, la pubblicazione della Frusta letteraria (1º ott. 1763-15 genn. 1765; primi 25 numeri), periodico tutto scritto da lui, in cui si propose di menare la frusta "addosso a tutti questi moderni goffi e sciagurati, che vanno tuttodì scarabocchiando". Dopo il 25º numero, il governo veneto, specialmente per istigazione del dotto padre Appiano Buonafede, cui il B. aveva mosso alcune censure, soppresse la Frusta. Il B., rifugiatosi ad Ancona, ne pubblicò tuttavia altri 8 numeri, per lo più contro il Buonafede. Nel 1766 tornò a Londra, dove rimase fino alla morte (si allontanò solo nel 1768-69 e nel 1770-71 per un viaggio in Spagna e uno in Italia), scrivendo, tra l'altro, quello che per vivacità polemica e vigore di pensiero è forse il suo capolavoro: il Discours sur Shakespeare et sur monsieur de Voltaire (1777).