CESANA, Giuseppe Augusto
Nacque a Milano l'8 ott. 1821 da Filippo e da Giuseppina Rognoni. Dopo gli studi inferiori e il liceo nella città natale s'iscrisse a giurisprudenza all'università di Pavia, laureandosi però nell'università di Padova, dove si era trasferito, a quanto racconta nei suoi Ricordi, per superare più agevolmente alcuni esami di particolare difficoltà. Ritornato a Milano, prese parte alla cospirazione antiaustriaca che preparò l'insurrezione del marzo 1848, poi, cacciati gli Austriaci dalla città, si arruolò con l'esercito lombardo organizzato per affiancare le truppe sarde, ed il 22 luglio riportò tre ferite nel fatto d'arme del monte della Corona, ottenendo la nomina per merito a sottotenente. Le sfortunate vicende della guerra e il ritorno degli Austriaci in Lombardia lo indussero, dopo aver seguito la ritirata dell'esercito piemontese da Piacenza a Novara, a riparare nel Canton Ticino. In agosto si portò a Luino, essendo giunta la notizia della presenza di Garibaldi nella cittadina di confine, e vi assistette al vittorioso scontro di questo (15 ag. 1848) contro alcuni reparti croati inviatigli contro.
Nel settembre lasciò la Svizzera per Torino, dove era stato assunto come redattore del giornale democratico La Concordia, fondato nel gennaio di quell'anno e diretto da L. Valerio e R. Sineo, e si fece presto notare per l'acutezza dei giudizi e la vivacità della scrittura. Nel maggio 1849, spinto dalla nostalgia, rientrò nella città natale dopo aver avuto l'assicurazione che avrebbe potuto riassumere un impiego all'Intendenza. Ma non rinunciò all'attività giornalistica, dapprima collaborando al settimanale educativo-didascalico La Domenica, in seguito fondando il bisettimanale umoristico La Società e assumendo i compiti di redazione de La Babele comica. Un articolo pubblicato nel giornale La Fenice, diretto da I. Cantù, dal quale traspariva un giudizio negativo sugli effettivi intendimenti politici dell'Austria, lo costrinse, nel marzo 1851, a lasciare clandestinamente Milano per riparare a Torino dove, per tre anni, visse facendo il maestro monitore dei reggimenti del presidio.
Nel gennaio 1853, insieme con G. Piacentini e V. Bersezio, fondò il quotidiano Espero - Corriere della sera che però, dopo solo quattro mesi di pubblicazione, fu abbandonato dai fondatori nelle mani di P. E. Nicoli che aveva avuto molta influenza sull'indirizzo del giornale. In quel periodo il C. diresse anche Il Fischietto, un trisettimanale fondato nel 1848 con orientamento popolare e democratico, che appoggiò coerentemente le iniziative politiche del Cavour. Nel gennaio 1856, a prosecuzione del cessato Fischietto, il C. fece uscire Pasquino, al quale collaborò per le illustrazioni uno dei più illustri caricaturisti politici italiani dell'800, C. Teia, ed al quale diedero notevoli contributi scrittori di vaglia quali F. Seismet Doda, G. Piolti De Bianchi, P. Rocchetti.
In queste imprese il C. ebbe modo di rivelare un notevole talento giornalistico: sapeva suscitare, con l'impostazione particolarmente vivace, l'immediato interesse del lettore, e indirizzarlo contemporaneamente alla conoscenza ed alla discussione dei problemi politici più attuali. Nel medesimo tempo egli venne affermando l'indipendenza del giornalista, evitando di partecipare direttamente alla vita pubblica e di appoggiarsi, in forma più o meno aperta, ad una delle forze politiche che si fronteggiavano; prevalse in lui il concetto di un giornalismo equidistante dai partiti, anche se dotato di un suo orientamento ed impegnato a sostenerlo con decisione di fronte all'opinione pubblica.
La liberazione della Lombardia non indusse il C. a rientrare nella sua Milano. Torino, per chi si era ormai completamente dedicato all'attività giornalistica, era in quel momento più interessante del capoluogo lombardo perché era nella capitale piemontese che si decidevano i destini futuri d'Italia. Il 1º genn. 1860, assieme all'amico G. Piacentini, fondò la Gazzetta di Torino, d'indirizzo democratico, che fu tra i giornali più impegnati a sostenere le iniziative destinate a favorire l'accelerazione del processo di unificazione nazionale. La Gazzetta di Torino ebbe tra i suoi redattori F. Crispi, che stava spronando Garibaldi ad organizzare la spedizione in Sicilia e che si servì del giornale per vincere le sue ultime perplessità.
Con il trasferimento della capitale, il C. lasciò Torino per stabilirsi nel nuovo centro della vita politica italiana. A Firenze, nel 1865, fondò un altro quotidiano, Il Corriere italiano che, durante la terza guerra d'indipendenza (1866), raggiunse la tiratura, per quei tempi ragguardevole, di venticinquemila copie e si segnalò, come "strumento di un'informazione spregiudicata e obiettiva" (Spadolini, p. 189). Secondo una relazione ministeriale stilata, presumibilmente, nell'agosto 1865, Il Corriere italiano avrebbe tenuto un atteggiamento favorevole al Rattazzi e, di conseguenza, ostile al ministero La Marmora; ciò sarebbe però avvenuto contro la volontà del suo fondatore.
Nel 1869 il C. presenziò all'inaugurazione del canale di Suez e inviò dall'Egitto una serie di corrispondenze, pubblicate dall'Opinione di Torino e raccolte poi nel volume Da Firenze a Suez e viceversa (Firenze 1870). Queste costituiscono un buon esempio del giornalismo dell'epoca per l'immediatezza del dettato, la capacità di cogliere ed illustrare i motivi e gli episodi destinati a maggiormente interessare il lettore, la ricchezza delle osservazioni politiche, economiche, di costume.
Nel giugno 1870, insieme con G. Piacentini, B. Avanzini e F. De Renzis, creò il più fortunato dei suoi giornali, Il Fanfulla, impostato con una formula nuova che all'informazione politica contrapponeva il dibattito sui fatti letterari e di costume; il giornale tendeva a sottolineare le carenze della classe dirigente nazionale che, dopo l'unificazione, non aveva mostrato l'impegno civile e morale che sarebbe stato indispensabile. Il C. firmava i suoi articoli sul Fanfulla con lo pseudonimo "Tomaso Canella". Il giornale passò, insieme alla capitale, da Firenze a Roma. Nel 1876, quando in seguito all'avvento della Sinistra al potere i proprietari intesero legare il giornale a questa nuova linea politica, il C. lasciò la direzione, non volendo accettare il mutamento d'indirizzo politico, come anche l'Avanzini, il Piacentini e il Pesci. Sempre a Roma il C. promosse la pubblicazione del periodico in lingua francese L'Italie, che ebbe scarsa risonanza e risultò di modesto interesse.
Negli ultimi anni il C. tentò un'attività di narratore, che non gli procurò particolari successi; i suoi racconti e i suoi romanzi non si staccano dal manierismo postveristico non alieno da inclinazioni romantiche. Fu invece importante la sua presenza al fianco del figlio Luigi, tra i maggiori giornalisti ed organizzatori editoriali tra '800 e '900, cui spetta il merito di aver portato al successo Il Messaggero, divenuto uno dei maggiori quotidiani italiani. I suoi Ricordi di un giornalista, in due volumi (I, 1821-1851; II, 1851-1871), furono pubblicati a Milano rispettivamente nel 1890 e nel 1892.
Morì a Roma il 28 ott. 1903.
Fonti e Bibl.: F. Martini, Confessioni e ricordi 1859-1892, Milano 1929, pp. 86-104; U. Pesci, G. A. C., in Nuova Antologia, 16 nov. 1903, pp. 303-355; I periodici popolari del Risorgimento, a c. di D. Bertoni Jovine, III, Milano 1960, pp. 65, 103; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1949, I, p. 595; L. Bulferetti, Social. risorgimentale, Torino 1949, p. 346; P. Scotti, Seria e faceta geografia risorgim., in Atti dell'Acc. ligure di scienze e lettere, XVII (1960), pp. 185-218 (contiene la Geografia d'Italia di Brrr...![G. A. C.]); G. C. Re, La prima stampa piemontese e casa Savoia, in Il giornalismo ital. dal 1861 al 1870, Torino 1961, p. 492; G. Spadolini, Firenze capitale, Firenze 1967, pp. 189, 228; V.Castronovo, La stampa ital. dall'Unità al fascismo, Bari 1970, pp. 35, 89; F. Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all'Unità, in A. Galante Garrone-F. Della Peruta, La stampa ital. del Risorgimento, Bari 1979, pp. 491, 501, 522 s.; Diz. del Risorg. naz., II, p. 661.