ARCANGELI, Giuseppe
Studioso delle letterature classiche e dell'italiana, diligente esegeta di Virgilio e di Cicerone, traduttore e scrittore; nato a S. Marcello Pistoiese il 13 dicembre 1807, morto il 17 settembre 1855. Studiò nel seminario di Pistoia, tradusse i frammenti di Tirteo e di Callino; restano inediti i tentativi di una tragedia La battaglia di Filippi e di un romanzo storico Ferruccio, ispirati a sensi alfieriani. Ordinato sacerdote nel 1831, fu poi chiamato dal Silvestri, passato a dirigere il Collegio Cicognini di Prato, a insegnare in quell'istituto il latino e il greco; e concepì allora l'idea di una collezione di classici latini commentati ad uso delle scuole, che iniziò con un commento a Virgilio e al De officiis e al De oratore di Cicerone. Viaggiò molto per l'Italia e la Svizzera e si recò quindi a Parigi, dove conobbe il Mamiani, l'Arconati e l'Amari colà in esilio, e ascoltò alla Sorbona le lezioni del Burnouf, del Saint-Hilaire, dell'Ozanam. Tornato in Toscana, collaborò a giornali e riviste inclinando in politica a idee liberali, senza mai compromettersi troppo; e fu quindi chiamato a far parte dell'Accademia della Crusca nel 1848. Ne fu vicesegretario dal '53 al '55 e attese ai lavori di una delle due commissioni allora nominate per la compilazione del vocabolario. Negli ultimi anni tradusse anche la tragedia Lucrezia del Ponsard, gl'inni di Callimaco, e diede tre saggi di traduzioni dall'Iliade. Un'edizione delle sue Poesie e prose fu curata da E. Bindi (Firenze 18/4).