ORELLI, Giuseppe Antonio
ORELLI, Giuseppe Antonio. – Nacque a Locarno il 13 febbraio 1706, da Antonio Baldassarre, anch’egli pittore, e da Annunciata Maria Teresa Tuone (o Tuoni) figlia del pittore milanese Federico.
Il padre gli impartì le prime lezioni di disegno e di pittura. È possibile che alla fine degli anni Venti si sia recato a Milano, probabilmente frequentando l’Accademia Ambrosiana, della quale il nonno Federico era socio (Zatti, 1995, p. 405). Allo stato attuale degli studi non sono emersi, però, documenti sulla sua formazione e non è certo che abbia avuto un contatto diretto con Giambattista Tiepolo, come affermato dai biografi dell’epoca; tuttavia poté perfezionare le proprie qualità tecniche e aggiornarsi culturalmente grazie al linguaggio tiepolesco diffuso nel Canton Ticino (Facchin, 2009, pp. 210 s.).
Le prime opere attualmente note, gli affreschi di palazzo Riva a Lugano, ora Banca della Svizzera italiana, e in particolare il Selene ed Endimione, firmato e datato 1735, rivelano influssi derivati da Giovan Battista Sassi, uno degli esponenti più importanti dell’Accademia milanese. Di poco posteriore ai dipinti di palazzo Riva appare l’affresco Il tempo scopre la verità su un soffitto di casa Rusca Bellerio a Locarno, dai colori tenui e delicati, nel quale volti femminili, di lontana ascendenza sassiana, tendono ad assumere tipologie più personali (Caprara, 1990, p. 812).
Nel 1737 realizzò una pala d’altare raffigurante la Circoncisione nella parrocchiale di Arcegno (frazione del Comune di Losone). Nel 1742 si sposò a Locarno con Maria Gerolama de’ Leonibus. Il 19 ottobre 1745 venne chiamato, segno della stima che già a quel tempo godeva, a dirimere una questione sorta fra il Comune e i marmorari che stavano costruendo l’altare maggiore della chiesa di S. Antonio a Locarno.
Entro il 1746 eseguì le 14 stazioni della Via Crucis (perdute) per la chiesa di S. Maria della Pace di Alzano, in provincia di Bergamo. Successivamente gli vennero assegnate varie commissioni, nelle quali spesso lavorava anche il figlio Baldassarre (1745-1805), su una gran varietà di soggetti: temi sacri, pittura di storia, decorazioni a trompe-l’oeil. Si dedicava in modo particolare all’esecuzione delle figure, lasciando agli aiutanti i paesaggi e le architetture (Zatti, 1995, p. 405). Probabilmente verso il 1750 eseguì la decorazione dei fregi di varie sale di palazzo Trotti, oggi Municipio, a Vimercate.
In particolare gli affreschi della sala dell’Olimpo rappresentano forse il suo capolavoro di pittura profano: in varie scene emerge l’osservazione di modelli tiepoleschi, ma il contesto risulta comunque personale e con tipologie leggermente mutate rispetto alle composizioni precedenti. Orelli si mostra attento ai dettagli degli effetti cromatici e alle ombre colorate, attribuendo molta cura alla pratica di finire a secco con varie elaborate tecniche d’esecuzione, come quella di apporre sullo smaltino il lapislazzulo legato con la colla (Gheroldi, 1998, p. 321). Nella scena del Convito fra Minerva e Vesta, per esempio, il manto di quest’ultima è risultato realizzato con una base di smaltino a calce, lumeggiato con terra verde, completato con lapislazzuli legati con la colla e rinforzato con nero carbone a colla, per ottenere un effetto di suggestione visiva e per esibire virtuosismo tecnico.
Intorno agli stessi anni, ricevette l’incarico di eseguire un ciclo di affreschi per la parrocchiale di S. Giovanni Battista di Vulpiano Imagna, in provincia di Bergamo, dei quali oggi non resta più traccia. Nella stessa chiesa dovette realizzare tre pale d’altare raffiguranti la Nascita del Battista, la Predica del Battista e la Decollazione del Battista, attribuite a Orelli per via di alcune caratteristiche ricorrenti nelle sue opere, quali alcuni tipi fisionomici, il preziosismo cromatico e l’abitudine a definire le forme con piccoli tocchi di materia cromatica (Zatti, 1995, p. 430).
Nel 1751 dipinse due tele in collezione privata: il Ritratto di Alessandro, firmato e datato, e il Ritratto di Angela Pomerio: nella prima si sofferma soprattutto sulla ricerca dei volumi, nella seconda spicca il suo interesse per la raffigurazione accurata delle vesti, raffinate ed eleganti. Al tempo dell’esecuzione di questi dipinti, come attestato da alcuni documenti epistolari, risiedeva a Milano e forse proprio durante questo soggiorno dipinse gli affreschi di casa Brentana Trotti, oggi scomparsi, attribuitigli dalle fonti. Rispettivamente nel 1751 e nel 1754, nacquero a Locarno i figli Vincenzo Angelo, che sarà prolifico pittore, seguendo e superando gli insegnamenti paterni, e Maria Caterina Annunziata (Caprara, 1990, p. 812).
Nel 1754 è attestato un pagamento per l’esecuzione di un ciclo di affreschi nella quinta cappella a destra della chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo, che rappresentano S. Bartolomeo davanti al tiranno, il Martirio di s. Bartolomeo e la Gloria di s. Bartolomeo. Nella stessa chiesa, attorno a questi stessi anni, la critica gli attribuisce l’esecuzione di 15 oli su tela raffiguranti i Misteri del Rosario (Bossaglia, 1977, p. 146), dipinti avendo già assorbito il linguaggio tiepolesco, attraverso brevi pennellate intrise di luce, con personaggi dalle anatomie fortemente lumeggiate, colti in atteggiamenti vivaci, secondo un linguaggio tipicamente barocchetto (Zatti, 1995, pp. 409, 420). Fra il 1754 e il 1759 si recò diverse volte a Milano (Facchin, 2009, p. 215). Nel 1755 eseguì la tela S. Teresa in estasi e s. Luigi Gonzaga (firmata e datata) per il primo altare a destra della chiesa bergamasca di S. Lazzaro, nella quale, a eccezione della cotta di S. Luigi, a causa di pesanti ridipinture, non è possibile apprezzare pienamente la disinvoltura della pennellata veloce di Orelli (Zatti, 1995 p. 423).
Nel 1757, secondo un’attestazione di pagamento, per la chiesa del monastero di S. Benedetto, Orelli eseguì un ciclo di affreschi con figure allegoriche e virtù teologali, i cui soggetti principali sono la Gloria della Vergine con s. Scolastica e s. Benedetto, sulla cupola, la Gloria dei santi benedettini e la Gloria di s. Scolastica, sul soffitto ai lati di quest’ultima.
Fra la luminosità dei colori preziosi, acquistati appositamente a Milano, come attestato da un rimborso spese, spicca il blu oltremare, dosato nella composizione per far risaltare alcuni particolari e posto a contrasto con le tonalità dei rossi e dei giallo-oro. È uno dei lavori migliori dell’Orelli, anche se, in alcune scene, emergono figure dalle pose poco aggraziate che denunciano l’intervento della bottega (ibid., pp. 423, 426), della quale Orelli si serviva cospicuamente.
Probabilmente negli anni Sessanta, la bottega, con Baldassarre e Vincenzo Angelo, venne chiamata ad affrescare, a più riprese, palazzo Terzi a Bergamo. La critica non è ancora unanime nell’attribuzione dell’affresco Apollo e le Muse (sulla volta della biblioteca) a Giuseppe Antonio o a Vincenzo Angelo, mentre si ritiene che l’Allegoria mitologica dello scalone sia quasi certamente di mano di quest’ultimo (ibid., pp. 426 s.; Facchin, 2009, p. 219).
Una lettera scritta da Scanzo (provincia di Bergamo) al conte Giacomo Carrara il 21 ottobre 1760 dimostra che Giuseppe Antonio già in quell’anno era attivo per la parrocchiale di questo paese: qui tuttora si conservano affreschi quali la Liberazione di s. Pietro ed Episodi della Passione, dipinti dall’Orelli in vari intervalli nel corso del settimo decennio (Caprara, 1990, p. 812).
Nel 1760, nella tazza della cupola e nei pennacchi della parrocchiale di Nembro, affrescò il Padre Eterno in gloria, il Sacrificio di Noè, il Sacrificio di Melchisedec, il Sacrificio di Abramo e il Sacrificio di Zaccaria (Zatti, 1995, p. 431). Alcune di queste scene, oltre a evidenziare il contributo consueto della bottega, rivelano caratteristiche tipiche di Giuseppe Antonio, che poi Vincenzo Angelo assorbì con profitto: il gusto per il movimento della narrazione scenica, l’uso del suggestivo sotto in su e la descrizione precisa della materia degli oggetti, mirabilmente sospesi sulla testa dell’osservatore.
Nel 1762 dipinse la tela del seminario del Paradiso a Bergamo raffigurando il Beato Barbarigio e santi. Nel 1763, secondo quanto attestano le fonti, per la parrocchiale di Aviatico, in provincia di Bergamo, realizzò la pala raffigurante il Battesimo di Gesù; opera che sembra in parte ispirata agli schemi compositivi della tela di uguale soggetto dipinta da Donato Cretti per la cattedrale di Bergamo (Caprara, 1990, p. 812). Nell’abside, circa in questi anni, realizzò anche gli affreschi raffiguranti Nascita di Giovanni Battista e Presentazione di Giovanni Battista al Tempio (Zatti, 1995, p. 409).
Come risulta da alcune note di pagamento, fra il 1759 e il 1763, lavorò a vari affreschi, sempre con l’aiuto della bottega, nella parrocchiale di Scanzorosciate, una frazione di Scanzo. Fra i molti soggetti eseguiti nella zona d’ingresso della chiesa, quasi tutti con la sua caratteristica vivacità tecnica, emergono per qualità la Liberazione di s. Pietro e Gesù che scaccia i mercanti dal Tempio (ibid., p. 431). Nella stessa sede, nel 1770, come risulta da documenti d’epoca, eseguì anche gli affreschi della volta del presbiterio raffiguranti la Trinità in gloria con la Vergine e i santi, senza ricorrere eccessivamente all’aiuto della bottega, come emerge dall’analisi stilistica dei personaggi principali (ibid., p. 431).
Nel 1775 circa portò a termine la tela raffigurante l’Estasi di s. Caterina da Siena (Bergamo, chiesa di S. Bartolomeo), considerata una delle sue opere più riuscite per l’unità compositiva e la freschezza d’invenzione.
Fra le numerose opere che vengono attribuite a Orelli dagli studiosi, con vari gradi di probabilità, eseguite in alcuni casi con l’aiuto della bottega, si segnalano, oltre all’olio su tela Abramo e i tre angeli (Rovetta, Fondazione Fantoni) e vari disegni per l’esecuzione di sculture ed intarsi (Pavesi - Rigon 2012, pp. 38, 156-167), il grande ciclo affrescato nell’Oratorio di S. Antonio da Padova ad Ardesio (Bergamo) raffigurante Scene della vita di s. Antonio (Pacia, 2011, pp. 26-33) e tre oli su tela, raffiguranti S. Luigi Gonzaga in adorazione del crocifisso (databile intorno alla metà anni Sessanta), nella sagrestia della parrocchiale di villa d’Almè, in provincia di Bergamo (Mangili, 1978, n. 3); l’Estasi di s. Francesco (databile alla metà degli anni Cinquanta), nella sagrestia della parrocchiale di Zogno, una frazione di Miragolo (Zatti, 1995, p. 432); e la Madonna di Caravaggio (1750-60; Castel San Pietro, Collezione Levi; Agustoni, 2011).
Morì a Locarno fra il 1776 e il 1882 (Facchin, 2009, pp. 229 s.).
Fonti e Bibl.: V. Gilardoni, I pittori Orelli da Locarno, Bellinzona 1941; R. Bossaglia, Storie di Monza e della Brianza. L’arte dal manierismo al primo novecento, Milano 1971, p. 150; R. Mangili, Aggiunte per Vincenzo Angelo Orelli, in Antichità viva, XVII, 2, 1978, pp. 11-20; L. Pagnoni, Chiese bergamasche, Bergamo 1979, pp. 24, 56, 67, 190, 246, 284, 331; V. Caprara, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 812 s. e ad. ind.; S. Zatti, G.A.O., in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Settecento, Bergamo 1990, III, pp. 405-453 (con bibl. e regesto); P. Angelini, Giacomo Quarenghi, ibid., IV, pp. 252, 264, 271; L. Ghio, Giuseppe Paganelli, ibid., p. 385; R. Bossaglia, G.A.O. a Vimercate, in Mirabilia Vicomercati. Itinerario in un patrimonio d’arte. L’età moderna, a cura di P. Venturelli - G.A. Vergani, Venezia 1998, pp. 302-308; V. Gheroldi, Pratiche di G.A. O., ibid., pp. 309-329 (con bibl.); E. Perotti, in Dizionario storico della Svizzera, 2008, http://www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I22559.php; L. Facchin, Gli Orelli a Bergamo, in Arte&Storia, X (2009), 44, pp. 210-235 (con bibl.); E. Agustoni, I Carabelli di Obino e G.A.F. O. di Locarno, in Il Cantonetto, LVII-LVIII (2011), 1, pp. 24-26; A. Pacia, Splendore rococò ad Ardesia…, in La rivista di Bergamo, n. s., LXVIII (2011), pp. 26-33; M. Pavesi - L. Rigon, La presenza di G.A. O. nelle raccolte Fantoni…, in La quadreria Fantoni, a cura di L. Rigon, Rovetta 2012, pp. 154-167; M. Pavesi, G.A. O., ibid., p. 38.