MAJNONI, Giuseppe Antonio
Nacque a Lugano il 29 sett. 1754 da Bernardo e da Francesca Grossi.
La genealogia ricostruita da L. Pullé - che attribuisce alla famiglia nobilissime origini, i feudi di Volesio e di Intignano nel secolo XVII e quello di Huttenheim in Alsazia ab antiquo - è considerata in gran parte inattendibile da Delcros (1960, pp. 14 ss.), secondo il quale i Majnoni, prima di ottenere da Francesco I d'Austria lettere patenti di nobiltà con il predicato "d'Intignano" (1821), erano "borghesi d'origine plebea" e dovevano la loro fortuna in gran parte alle capacità imprenditoriali del padre di Bernardo, Giuseppe Antonio senior. Questi, nato nel 1704 a Volesio (oggi frazione di Tremezzo, in provincia di Como), esercitò con successo il commercio a Lugano, Chiasso e poi a Strasburgo, dove ottenne la cittadinanza e ricoprì importanti cariche municipali; morì nel 1776 in una proprietà da lui acquistata a Huttenheim.
Il M. trascorse l'infanzia e la prima adolescenza tra Lugano, Volesio e Como, dove studiò nel collegio dei gesuiti. Intorno al 1770 si trasferì a Strasburgo e poco dopo a Francoforte sul Meno, dove gestì con il padre l'esercizio commerciale aperto dal nonno, dopo la morte del quale Bernardo diresse il negozio di Strasburgo e il M. quello in Francoforte. In quella città sposò, nel 1777, Franziska Klara Schweitzer, dalla quale ebbe sei figli. Dopo la morte del padre, nel 1786 gli succedette a Strasburgo e nel 1788 fu costretto a liquidare il negozio di Francoforte.
Cittadino di quattro città in quattro diversi Stati (Lugano in Svizzera, Como nella Lombardia austriaca, Strasburgo in Francia e Francoforte, città libera dell'Impero), dopo il 1789 il M. optò decisamente per la Francia, votandosi alla difesa della rivoluzione. Il 18 sett. 1790 si arruolò come "cavaliere nazionale", nella cavalleria della guardia dipartimentale assoldata del Basso Reno, a Strasburgo. Rimasto vedovo nel marzo 1791, poco dopo si candidò a un posto di ufficiale nella guardia dipartimentale e si iscrisse alla Société des amis de la constitution di Strasburgo. Divenne brigadiere, tenente e poi capitano e con questo grado il 1 ag. 1792 passò nella legione Biron, nucleo dell'armata del Reno. Il 16 agosto fu eletto tenente colonnello comandante del VI battaglione dei volontari del Basso Reno, con il quale partì per la zona di operazioni nel dicembre successivo.
Il 29 dicembre gli fu assegnato il comando della riva sinistra del Reno, da Magonza a Oppenheim. Il 30 marzo 1793 partì per Worms con una colonna comandata dal generale J.-A. Blou, che però dovette riparare a Magonza. Il M. partecipò quindi alla difesa di questa città; in una sortita, nella notte dal 10 all'11 aprile, fu ferito molto gravemente a una gamba da fuoco amico, ma poté prendere parte a un'altra sortita nella notte tra il 30 e il 31 maggio. Il 23 luglio la guarnigione di Magonza capitolò, impegnandosi a non riprendere le armi per un anno contro i Prussiani e i loro alleati.
Si concludeva così la prima campagna del M., che nell'agosto fu nominato agente nazionale del distretto di Strasburgo. Assolse l'incarico fino al 4 nov. 1794, salvo tre o quattro settimane tra il dicembre 1793 e il gennaio 1794, quando fu presidente del tribunale rivoluzionario di Strasburgo. Come agente nazionale e come presidente di tribunale il M. mostrò una moderazione straordinaria tra i funzionari giacobini, tanto che dopo la caduta di M. Robespierre non ebbe a soffrire alcuna sanzione. Intanto la sua carriera militare proseguiva, almeno sulla carta. L'11 maggio 1794 i rappresentanti del popolo presso l'armata del Reno lo nominarono provvisoriamente comandante la XCII mezza brigata di battaglia; il 13 maggio fu trasferito alla XLII mezza brigata di battaglia e il 30 luglio di nuovo alla XCII, che raggiunse nel novembre, cessate le funzioni di agente nazionale.
Distintosi nelle operazioni presso Mannheim, che capitolò il 24 dicembre, tenne il comando della testa di ponte di Germersheim fino al giugno 1795. Nel luglio fu arrestato e incarcerato a Strasburgo, con l'accusa di avere commesso abusi come presidente del tribunale rivoluzionario. Secondo Delcros la persecuzione giudiziaria, un anno dopo la fine del potere giacobino, era dovuta alla crescente influenza dei controrivoluzionari; peraltro i fatti addebitati al M. erano relativamente di scarso rilievo, ed egli fu facilmente assolto il 12 settembre dello stesso anno. Tornato alla sua mezza brigata, il 20 novembre la condusse nel combattimento di Trippstadt.
Il 17 febbr. 1796 fu nominato comandante della XLIV mezza brigata di fanteria di linea. Nel giugno partecipò, sotto il generale L. Desaix, all'offensiva oltre il Reno; durante la successiva ritirata combatté a Biberach (2 ottobre), Waldkirch (19 ottobre, dove rimase leggermente ferito alla testa) e Steinstall (24 ottobre). Dopo l'armistizio di Leoben (aprile 1797) ebbe il comando del settore di Grünstadt, nel Palatinato occupato. Alla fine del 1797 tornò di guarnigione a Magonza; nel febbraio 1798 partecipò agli scontri con le truppe palatine e all'occupazione di Mannheim e nel giugno passò con la XLIV mezza brigata all'armata d'Elvezia, con la nomina a comandante della fortezza e del territorio di Berna. Nel settembre partecipò alle operazioni contro gli insorti del Nidwald, che sconfisse a Stanz. Il 16 ottobre gli fu affidato il comando dell'armata d'Elvezia nella marcia sugli ex baliaggi italiani; comandò poi le truppe di occupazione nel Canton Ticino, sua terra natale, e il 19 nov. 1798 fu promosso generale di brigata.
All'inizio della guerra della seconda coalizione ebbe il comando di una brigata della divisione Lecourbe. Al principio di marzo del 1799 condusse le sue truppe nei Grigioni e il 12 sconfisse gli Austriaci a Silva Plana; tre giorni dopo, però, trovandosi isolato a Schuls con un migliaio di uomini, fu a sua volta sconfitto e fatto prigioniero. Dopo quattro mesi di reclusione nella fortezza di Graz fu scambiato con il generale austriaco Auffenberg; il 16 agosto rientrò in Francia e dal 9 settembre fu impiegato all'armata del Danubio e d'Elvezia. Il 25 settembre combatté al passaggio della Linth comandando l'ala destra della divisione Soult; la sua azione fu determinante per la vittoria francese nella battaglia di Zurigo, dopo la quale fu trasferito al comando della CX mezza brigata, a Berna. Nel dicembre passò al comando delle truppe stazionate nel Vallese sotto il generale L.-A. Montchoisy.
Il 18 marzo 1800 il M. fu assegnato all'armata di riserva destinata in Italia sotto il comando nominale del generale L.-A. Berthier, ma di fatto sotto il primo console Napoleone Bonaparte. Dal 10 maggio comandò la XXVIII mezza brigata di fanteria di linea all'avanguardia, sotto il generale J. Lannes e dalla fine di maggio una brigata formata dalla stessa mezza brigata, da un battaglione della legione Italica e da uno elvetico, nella divisione Watrin. Il 6 giugno guidò il passaggio del Po verso Belgioioso; attaccato dagli Austriaci sulla riva destra del fiume, a San Cipriano, riuscì a respingerli. L'8 giugno prese Broni; il 9 combatté a Montebello, resistendo efficacemente al contrattacco nemico; il 13, avanzando verso Marengo, occupò Castelnuovo Scrivia; il 14, alla testa della sua XXVIII mezza brigata schierata a fianco della guardia consolare, si distinse a Marengo, meritando un elogio particolare nel rapporto di Lannes a Berthier: "la 28e a montré un sang-froid des plus rares dans tous les divers mouvements en présence de la cavalerie ennemie, et cela est dû au chef valeureux qui la commandait". Sul campo di Marengo, al calare della sera, il M. fu ferito gravemente nel petto da un proiettile di mitraglia (biscayen).
Rientrato in servizio dopo la convalescenza, alla fine di luglio, compì una missione di osservazione in Valtellina. Nel gennaio 1801 fu nominato comandante militare della provincia di Vicenza; richiamato a Milano dopo il trattato di Lunéville (9 febbr. 1801), nel giugno fu inviato a ristabilire l'ordine a Novara. Successivamente tenne altri comandi militari territoriali: della piazza di Pavia per breve tempo nel 1802, del dipartimento del Lario dall'agosto dello stesso anno. Nel novembre ricevette il comando di una brigata della divisione Verdier, all'armata d'Elvezia, con l'incarico di reprimere l'insurrezione nel Ticino; riuscì però a pacificare la terra natale senza combattere, semplicemente minacciando di occuparla.
Il 27 ag. 1803 fu promosso generale di divisione e il 3 ottobre fu nominato comandante d'armi della piazzaforte di Mantova. Insignito della Legion d'onore nel dicembre 1803, fu promosso commandeur il 14 giugno 1804. Ritenuto ormai troppo anziano, non fu impiegato nelle campagne del 1805, 1806 e 1807; invano sollecitò il proprio richiamo all'armata, anche dichiarandosi nato nel 1762 (Delcros, p. 127).
Il M. morì il 12 dic. 1807 a Mantova e vi fu sepolto nella cappella del forte San Giorgio. Il suo nome è iscritto sul lato sud dell'Arco di trionfo a Parigi.
Due figli del M. intrapresero la carriera militare: Bernardo (1781-1807), capitano di fanteria nel 22 reggimento di linea francese e membro della Legion d'onore, morì a Napoli, per ferite, cinque giorni prima del Majnoni. Stefano (1784-1860) fu sergente nell'81 reggimento fanteria di linea francese, poi maresciallo d'alloggio nella guardia d'onore italiana di Napoleone, ufficiale nella fanteria italiana e cavaliere dell'Ordine della Corona di ferro.
Fonti e Bibl.: Vincennes, Arch. de l'Armée de terre, séries B2: Armées du Rhin et du Danube; B3: Armée d'Italie; C4: Armée d'occupation en Italie; Section administrative, Dossier Majnoni; Parigi, Arch. du Ministère des Affaires étrangers, Correspondance générale, Suisse, bb. 469-471; Erba-Parravicino (Como), Arch. privato Majnoni d'Intignano; L. Pullé, Storia e genealogia della famiglia Majnoni d'Intignano, in F. Bagatti-Valsecchi et al., Famiglie notabili milanesi, I, Milano 1875, tav. III; S. Majnoni, Vita e campagne del generale G.A. M., in Riv. militare italiana, XXVII (1882); A. Curti, G.A. M., Milano 1915; G. Six, Dictionnaire biographique des généraux et amiraux français de la révolution et de l'Empire, II, Paris 1934, p. 140; L. Delcros, Una gloria luganese. Il generale M., Lugano 1960; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, IV, p. 241.