COSTANTINI, Giuseppe Antonio
Nacque da Domenico quasi certamente nel 1692, dal momento che nell'atto di morte, redatto il 28 giugno 1772, egli è descritto "d'età d'anni 80 circa". Lo stato attuale di conoscenza delle fonti non fornisce elementi sufficienti per ancorare il C. al ceppo dei Costantini provenienti dal Cadore come vorrebbe G. Natali. È certo invece che, prima di stabilirsi a Venezia, egli visse a Rovigo e che vi ritornò spesso dopo essersene definitivamente allontanato. Ma i riferimenti a tale città, che pure non mancano, e sono corroborati da una qualifica di "Rodigino" data al C. in una recensione alle sue Lettere critiche (cfr. Novelle della repubblica letteraria, XVI[1744], p. 50; la rivista era diretta dal 1740 dall'abate M. Rossi Ambrogi di Rovigo) non sono così determinanti da poter affermare se egli vi nacque.
Del periodo rodigino rimangono tracce nelle lettere che attestano l'ossequioso legame del C. con le più importanti famiglie locali, come i Venezze, i Casilini, i Campo; e, sia pure dubitativamente, in una serie di tre scritti editi rispettivamente nel 1714, 1718 e 1725, tutti d'occasione, per celebrare l'uscita di carica di tre podestà di Rovigo.
Dal C., che volentieri indulge alle memorie autobiografiche nelle sue opere, si apprendono notizie minime della sua vita, come quella concernente un suo soggiorno a Venezia nel 1708, o quella relativa ad un soggiorno nell'agosto del 1710 nell'isola di Solta, in un porto detto Olivetto, in Dalmazia, ospite in una villa del conte Giorgio Marchi di Spalato, la cui famiglia dice estinta al momento in cui ne scrive (1761). Talvolta i suoi resoconti autobiografici sono più ampi. Sappiamo così che visse con un "dotto e santo prelato" per alcuni anni, che fu incerto fin verso i venticinque anni sulla propria vocazione religiosa, che esordì come avvocato nel foro di Rovigo per passare ad esercitare in quello veneziano intorno al 1727-28.
È dubbio se il C. debba identificarsi con quell'avvocato Costantini che nel 1729 fu uno dei quattro difensori nel clamoroso processo che si tenne a Venezia contro Nicola Faragone, reo di duplice assassinio. La professione forense non gli fu congeniale per "gli aborriti e viziosi raggiri del Foro" e a questa avversione sono da imputarsi forse amarezze e dispiaceri che a suo dire lo tormentarono fin verso i cinquant'anni.
Nel 1744 il C. riuscì ad ottenere la nomina a fiscale della Deputazione al commercio, una magistratura di recente istituzione (1708), che gli permise di sottrarsi all'attività odiata. Ma dopo dodici anni (1756) la soppressione dell'ente, che si era rivelato più dannoso che utile all'importante Mercanzia dei cinque savi cui era stato affiancato., privò il C., ormai in età avanzata, del proprio ministero, senza che gliene fosse offerto un altro, lasciandolo in "un ozio anche troppo abbondante". Del 1744 è un tentativo, per altro subito abbandonato, di conseguire la nomina a nunzio di Rovigo. Pochi anni dopo aver ricevuto la nomina di deputato al commercio, chiaramente legata all'esperienza che fece di questa materia, il C. pubblicò, sotto lo pseudonimo anagrammatico di Giovanni Sappetti Cosentino, le Massime generali intorno al commercio, ed alle sue interne ed esterne relazioni, o sia principj universali per ben coltivarlo per terra, e per mare in linea di buon governo (Venezia 1749).
Alla prima edizione seguì parecchi anni dopo una seconda, egualmente veneziana, con il titolo di Elementi del commercio, sotto il reale nome dell'autore, con falso luogo di stampa ("In Genova 1762. Si vendono anche in Venezia presso Giambattista Novelli").
Nel 1753 il C. fu ascritto all'Accademia degli Agiati di Rovereto con il nome di Onorando Messere Pupieno.
Morì il 28 giugno 1772 a Venezia "dopo anni uno di male ... alle ore 12 ... per cagione di tabe ulcerosa renale" nella casa "da lui abitata posta in contrada di S. Angelo in Corte Morosina".
Il 25 agosto successivo si eseguì l'inventario "della facoltà lasciata in mobili" dal C.: i beni analiticamente descritti costituiscono gli arredi delle case di città e di campagna, quest'ultima sita in Ponzano (Treviso). Fra essi è compresa una biblioteca di settecento volumi, i cui titoli confermano gli interessi poliedrici del C., non meno attratto dalle scienze che dalle lettere. Nell'inventario sono nominati due figli maschi, Girolamo Antonio e l'abate Costantino, e, più genericamente, le figlie che "di presente provisionalmente dormono nella camera delle donne".
Nella vita non ricca di fatti rilevanti del C. un anno è da assumersi per comprenderne appieno la vicenda umana, il 1743, nel quale pubblicò il primo libro di quelle Lettere critiche che costituiscono la sua opera principale e alle quali si era preparato fin dalla prima giovinezza, tenendo un taccuino, ch'egli chiamava "Selvario", in cui annotava brevemente tutte le irragionevolezze, gli errori, gli spropositi che, a suo dire, il suo spirito precocemente critico gli faceva rilevare nella vita quotidiana e, soprattutto, nel comportamento dei suoi simili. Esse gli diedero fama immediata e crescente: nel 1749, a quanto afferma il C. stesso, ne erano già state stampate 12.000 copie in Venezia. Oggi, riconosciutane la povertà letteraria e la sciatteria stilistica, mantengono un valore documentario, di testimonianza analitica dei costume di un'epoca. Gioco, cicisbeismo, moda, posizione dei frati nella società, istituto familiare e, in genere, usi e convenzioni di un ambiente complesso come quello veneziano del sec. XVIII sono gli argomenti usuali delle Lettere, solo raramente abbandonati dall'autore per qualche digressione scientifica.
A partire da quell'anno (1743) il C., poligrafo instancabile, scrisse e diede alle stampe con abbondanza, da una parte alimentando incessantemente per trent'anni il filone sicuro e congeniale delle Lettere critiche;dall'altra scrivendo opere dai contenuti più vari, quasi sempre nate da uno spunto estemporaneo, talvolta di accademica confutazione, talaltra di acre e astiosa polemica; ma in ogni caso tutte attestanti un totale conformismo dell'autore, tipico letterato del Settecento; tutte pervase da un immutabile atteggiamento moralistico e quasi sempre pedantesco.
Si annoverano così nella sua produzione opere di argomento scientifico come la Verità del diluvio universale (Venezia 1747), tentativo di confutazione di A. Vallisnieri (De' corpi marini che su monti si trovano ...) e di A. L. Moro (Dei crostacei e degli altri corpi marini che si trovano sui monti ... ); la Difesa della comune, ed antica sentenza che i fulmini discendano dalle nuvole contro l'opinione del marchese Scipione Maffei che si formino al basso, ed ascendano ... (Venezia 1749), in cui traspaiono toni di lieve acrimonia contro il più illustre avversario e nella quale il C. dichiara di esporre tesi critiche originali, ma formulate contemporaneamente e pubblicate poco prima dall'anonimo P. N. N.; il Vortice aereo ... volgarmente detto scione, o bisciabova ... (Venezia 1761) a difesa della sua dissertazione su tale argomento posta in fine alla Verità del diluvio, contro quanto ne aveva scritto in contrario il gesuita R. G. Boscovich nel 1749; la Dissertazione contro il sistema del Derham ... intorno alla pluralità dei mondi, ed abitazione dei pianeti.
Scritti più propriamente polemici, con strascichi di repliche e controrepliche, quelli diretti contro P. Chiari, F. Griselini e A. Bianchi, G. Baretti. A suscitare la battaglia letteraria fu il Chiari stesso, che non si peritò di satireggiare l'autore di quelle Lettere critiche che costituirono il modello della prima opera da lui data alle stampe, cioè le Lettere scelte di varie materie piacevoli, critiche, ed erudite; scritte ad una dama di qualità (Venezia 1749). L'attacco satirico apparve nel 1751 e fu prontamente rintuzzato dal C. nella prefazione del settimo volume delle Lettere critiche, alla sua prima stampa (1752), e in una lettera in esso contenuta dall'inequivocabile titolo di: La scimia col fagotto. È dubbio se invece debbano attribuirsi al Chiari le Lettere contro-critiche scritte dal suo ritiro da Godefrisio Toante ad un amico in città (Venezia 1751), che in ogni caso documentano bene la temperie letteraria arroventata tipica del secolo. All'origine dello scontro con F. Griselini fu la rappresentazione di una sua commedia, il Marito dissoluto, che scatenò gli attacchi censori del C., costantemente dominato da istanze moralistiche e dalla convinzione che solo mantenendo in piedi la morale e i costumi tradizionali si sarebbero sorrette le istituzioni. Ne nacque il trattatello Della commedia italiana e delle sue regole ... (Venezia 1752), in cui la critica antigriseliniana fornì al C. il pretesto per esporre alcune teorie sulle regole del teatro comico.
La dama o sia La saggia moglie, scritta nel giugno 1751 e stampata probabilmente anonima da Pietro Bassaglia, e un'altra commedia di cui si ha notizia che fu stampata: Le nozze involontarie della sig. Commedia italiana con il sig. Co. Popolo, in versi, furono il contributo del C. alla letteratura teatrale.
Apparentemente non diverge dallo schema già noto la vicenda dei contrasti letterari con G. Baretti, contro cui il C., provocato da un'aspra critica, scrisse la Frusta letteraria ... redarguita ... (Venezia 1765, ma con data di Cremona 28 marzo 1764). A quanto afferma il Baretti, tuttavia, i motivi di rancore del C. erano più profondi e remoti e traevano origine dall'indifferenza e il silenzio con cui ne aveva accolto le lodi "in favore di Aristarco e de' suoi fogli quando cominciarono a pubblicarsi".
L'interesse per i moralisti stranieri spinse il C. a farsi traduttore di testi francesi, che pubblicò sempre ampiamente arricchiti e talvolta sovrastati dai propri commenti. Frutto di questa attività sono le Riflessioni critiche dell'abate di Bellegarde ... (Venezia 1744) in due tomi; i Caratteri di Teofrasto coi caratteri, o costumi di questo secolo del sig. De La Bruyère ... (Venezia 1758-59) in sei tomi; il Disinganno dei grandi ... [del] principe Armando di Conty ... (Venezia 1760) in due tomi.
Ma, nella vasta produzione letteraria del C., quelle che vanno soprattutto ricordate sono le Lettere critiche, giocose, morali, scientifiche ed erudite alla moda ed al gusto del secolo presente ... (le varianti del titolo nelle varie edizioni sono minime). Per il genere letterario stesso cui appartengono, lo pseudocarteggio, l'opera poté crescere continuamente nel corso degli anni, sia attraverso la pubblicazione di volumi contenenti raccolte interamente nuove, sia attraverso arricchimenti delle raccolte precedenti di solito attuati con aggiunte fatte volume per volume. La prima edizione, come le successive fino alla quinta veneta compresa, uscirono sotto lo pseudonimo anagrammatico di Conte Agostino Santi Pupieni. Nel gennaio 1743 uscì il primo tomo per le stampe di A. Pasinelli in Venezia e fu ristampato in capo a sei mesi; seguì nello stesso anno il secondo, edito ancora dal Pasinelli che nel 1744 ristampava le Lettere "perla terza volta", dando contemporaneamente avviso che ne avrebbe pubblicato un terzo tomo, che uscì invece per i tipi di P. Bassaglia: si era già a pieno delineata la situazione che caratterizzò tutta la vita dell'opera, oggetto di speculazione editoriale che il C. tentò di frenare con scarso successo, non riuscendo a trarne gli utili economici desiderati, né spesso a garantirne la correttezza dei testi. L'edizione bassagliana del 1744, costituita da due tomi interamente inediti, ebbe il titolo di Nuova raccolta di lettere critiche ... e fu accresciuta di un terzo tomo egualmente costituito da materiale nuovo nel 1745. Nell'anno successivo uscì il quarto tomo della Nuova raccolta, portando a sei volumi l'opera complessiva. La storia delle edizioni finora delineata dimostra che il loro computo fu probabilmente fin dagli inizi tutt'altro che univoco: l'autore afferma infatti nella prefazione al tomo ottavo delle Lettere critiche che la sesta edizione veneta era uscita nel 1748, mentre in una rivista letteraria contemporanea (cfr. Storia letteraria d'Italia, V [1753], pp. 662 s.) si indica come sesta l'edizione del 1751 con "aggiunte, ed illustrazioni inserite a ciascheduna lettera". Il settimo tomo apparve nel 1752; l'ottavo probabilmente non oltre il 1756, ma parrebbe che almeno il manoscritto fosse già pronto nel 1754. Gli sforzi del C. per frenare editori avidi e poco disposti a riconoscergli diritti sulla sua opera ebbero come esito la non pubblicazione di essa a Venezia per circa un decennio, dopo il 1756. Solo nel 1768-71 usciva una nuova edizione veneta, la decima; fu l'ultima fatta vivente l'autore. Fu seguita nel 1780 e nel 1794 da due ristampe, indicate rispettivamente come undicesima e dodicesima edizione veneta. Per quanto concerne le edizioni extravenete va sottolineato che furono numerose e tempestive. Secondo il C. "a Napoli produceansi ... furiose stampe, e ristampe a gara da tre librai che ne empierono l'Italia, gli Oltremonti e la stessa Venezia": certo G. De Bonis nel 1749-50 e nel 1762, B. Gessari e forse L. Migliaccio, di cui però si conosce solo un'edizione del 1786, posteriore alla morte del Costantini. Si ha notizia di una ristampa milanese anteriore al 1752; inoltre di una luganese attestata dall'autore. Ancora al C. si deve la notizia di una traduzione in francese fatta a Dresda "da uno del mio stesso casato"; mentre le traduzioni in lingua spagnola furono almeno due: quella di Antonio Reguart più volte stampata (Barcellona 1770-71, Madrid 1773-78 e 177989) e quella del gesuita José Francisco de Isla che quasi certamente rimase inedita. Nel 1837 a Venezia apparve una parziale traduzione in lingua turca, stampata in caratteri armeni.
Nella pubblicistica contemporanea le Lettere critiche, com'è ovvio, non furono prive di riscontro; ma se va detto che dapprima non mancarono giudizi sia pure cautamente negativi, diretti ad evidenziare l'infondatezza delle presuntuose asserzioni dell'autore, finanche la trascuratezza ortografica, si limitarono poi a sottolinearne il favore che incontravano, senza esprimersi sul merito. Isolato, ma ben più acuto e coincidente con quello sancito dal tempo, il giudizio espresso da Gianmaria Ortes, che in una lettera da Venezia del 13 dic. 1760 a Giovanni Lodovico Bianconi, per adempiere "alla promessa di accennare i libri più moderni che qui più comunemente si leggono in lingua italiana o che ànno spaccio maggiore", elencava nell'ordine le "commedie del Goldoni", "le opere dei Gozzi", "i romanzi del Chiari" e, quasi a malincuore, ma dovendone riconoscere la diffusione e il successo, "altresì otto tomi di Lettere critiche scritte da un dottor Costantini, contenenti quantità di notizie e di cognizioni apprese trivialmente, ma che divertono chi non va in cerca di precisione".
Del C. vanno ancora ricordate le seguenti opere: Lettere missive e responsive tra una dama e l'autore delle "Lettere critiche" in confutazione dello "Specchio del disinganno"... (Venezia 1753), scritte tra la stesura del settimo e ottavo tomo delle Lettere critiche; Orazione nel solenne ingresso alla dignità di Procurator di S. Marco di S. E. Lorenzo Morosini... (Venezia 1757); La lingua volgare non è atta per le controversie morali... (Venezia 1754), pubblicata anonima, ma quasi certamente sua (cfr. Storia letteraria d'Italia, X [1757], pp. 422 ss.); Esame critico del libretto intitolato: Piano ecclesiastico; Testamento di nuova invenzione. La sua fecondità di poligrafo, l'uso frequente di pseudonimi e dell'anonimato, non escludono che l'elenco delle sue opere possa ulteriormente arricchirsi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Giudice di Petition, Inventari, busta 463/128 (n. 20); Avogaria di Comun, Miscell. civile, 399 (n. 11); Venezia, Archivio dell'ex parrocchia di S. Angelo, Morti, reg. 1761-1779, c. 103v; Rovigo, Biblioteca dell'Accademia dei Concordi, Collezione di autografi S6, 7-7,7 (lettere 18 apr. 1742; 14, 21 e 24 nov. 1744); Bassano del Grappa, Biblioteca civica, Epistolario Remondini, VIII. 15 (lettere 19 marzo, 19, 23 e 30 aprile, 7 e 14 maggio, 4 e 11 giugno, 9 luglio, 13 agosto, 27 dic. 1746; 4 febbraio, 28 giugno, 8 e 15 luglio 1747.; 18 e 27 febbraio 1748; 10, 13 e 20 maggio, 12 e 18 luglio 1752; 4 giugno 1763; 17 nov. 1764; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3015, busta non num. 16 (lettera 21 maggio 1746: fa parte della serie conservata a Bassano del Grappa); Novelle della Repubblica letter., XVI (1744), pp. 50-52, 161 ss., 321 s.; XXV (1753), pp. 273 ss.; XXVI (1754), pp. 386 s.; XXVII (1755), pp. 409 s.; XXVIII (1756), pp. 233 ss.; XXX (1758), pp. 377 ss.; XXXI (1759), pp. 241 ss.; XXXII (1760), pp. 153-156; XXXIII (1761), pp. 225 ss.; Biblioteca moderna ovveroEstratto di libri nuovi e Mem. storico-letter. perservire di continuazione alle Novelle della Repubblica letter., I (1763), pp. 65-67; Storia letter. d'Italia, II (1751), pp. 159 ss.; V (1753), pp. 662 ss.; VII (1755), pp. 122 s.; X (1757), pp. 422 ss.; G. A. Costantini, Lettere critiche, 8 ed., Venezia 1768 (nella premessa dello stampatore elenco delle opere del C.);G. Baretti, La Frusta letteraria, a cura di L. Piccioni, II, Bari 1932, pp. 217, 221, 246, 289 s., 338, 355, 435; G. F. Torcellan, G. Ortes, in Illuministi italiani, VII, Milano-Napoli 1965, pp. 74 s., 97; E. A. Cicogna, DelleInscriz. Veneziane…, V, Venezia 1842, pp. 203 s., 231 s.; Id., Saggio di bibliografia venez., Venezia 1847, p. 408 s.; G. Soranzo, Bibliografia veneziana…, Venezia 1885, pp. 429, 456, 476, 545; Memorie d. Accademia di scienze, lettere ed arti degliAgiati in Rovereto, Rovereto 1901, p. 360; E. Bertana, Pro e contro i romanzi nel Settecento, in Giorn. stor. d. letter. ital., XXXVII (1901), pp. 341 -44; G. Ortolani, Settecento. Per una lettura dell'abate Chiari, Venezia 1905, p. 172 e passim; U. Cosmo, G. Baretti e J. F. de Isla, in Giorn. stor. d. letter. ital., XLV (1905), pp. 223-27; A. Lizier, Dottrine e problemi economici del sec. XVIII…, in Ateneo veneto, CXXIII(1932), pp. 307 s.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, p. 438; G. F. Torcellan, Bianchi, Antonio, in Diz. biogr. d. Italiani, X, Roma 1968, p. 64; F. Venturi, Settecento riformatore..., Torino 1969, p. 519; P. Del Negro, Il mito americano nellaVenezia del 700, in Mem. d. Accademia naz. deiLincei, cl. di sc. mor., stor. e filol., s. 8, XVIII (1975), p. 490; C. De Michelis, Letterati e lettori nel 700 venez., Firenze 1979, p. 137.