CHENNA, Giuseppe Antonio
Nato ad Alessandria nel 1728, intraprese la carriera ecclesiastica; succedette a L. Burgonzio quale vicario generale del vescovo di Alessandria Giuseppe Tommaso De Rossi il 5 agosto del 1769. In tale veste egli si adoperò efficacemente, assieme con i teologi Lazari e Molinari, nel processo per la causa di beatificazione di Paolo della Croce, dei Danei di Castellazzo, fondatore dei passionisti, morto a Roma nel 1775.
Il nome del C. - canonico arcidiacono, primicerio, vicario del capitolo della cattedrale di Alessandria - è rimasto affidato principalmente alle sue ricerche erudite e alle conseguenti polemiche sulle vicende della Chiesa della propria città, raccolte in Del vescovato,de' vescovi e delle chiese della città e diocesi d'Alessandria,libri IV. Ilvolume primo, Del vescovato d'Alessandria, dedicato al De Rossi, vide la luce nel 1785 presso il tipografo alessandrino I. Vimercati; il secondo, comprendente il libro II, De' vescovi, e il III, Delle chiese della città d'Alessandria, nel 1792 (anche se con l'indicazione 1786); il terzo, con il libro IV, Delle chiese e delle parrocchie della diocesi di Alessandria, postumo presso il Capriolo (1819). Un quarto vol., Memorie degli uomini illustri alessandrini, che doveva costituire il complemento dell'opera, rimase manoscritto (Torino, Biblioteca reale, Misc. di st. patria 429). L'opera ebbe una seconda edizione a Torino nel 1835 a cura di T. Canestri.
L'opera del C. si situa nell'ambito di quella scuola erudita subalpina che ha in Terraneo, Carena e Vernazza gli esponenti maggiori. Questa scuola di derivazione muratoriana, nonostante positivi contributi, si rivela sostanzialmente povera di fermenti critici e di profondo impegno culturale e civile. Le premesse di rigore scientifico vengono spesso meno, sia per mancanza di strumenti metodologici adeguati, sia per la passione municipalistica che innesca accese controversie su fatti sovente remoti. Pur nel rispetto dell'ortodossia politica e religiosa, tali studi antiquari tendono ad appuntarsi su rivendicazioni di passate supremazie, su rimpianti, più o meno larvati, di autonomie e istituti che l'assolutismo ha spazzato via. Il lavoro del C. è tipico esempio di questo sentimento cittadino. Egli giunse a dirsi concittadino di Mondovì "per essere la città d'Alessandria collegata con Mondovì per atti pubblici delli 2 maggio 1236 e 11 maggio 1680" (cioèle date della costituzione della lega dei comuni lombardi e dell'inizio della "guerra del sale"), in un sonetto inserito nella Raccolta di poetici componimenti nella partenza di mons. F. G. Rolfi (Mondovì 1783).
Nella premessa al primo volume motivò la propria ricerca soprattutto con l'esigenza di controbattere le tesi di taluni sulla subordinazione della Chiesa alessandrina a quella acquese per i primi due secoli di vita della città (p. IX). La disputa erudita vide il C. in contrasto col Malacarne, il Moriondo, il Torre. F. Torre, giureconsulto, pubblicò la Serie cronologica de' vescovi di Acqui ad un amico alessandrino (il C.)nell'almanacco Sorprendenti vicende sublunari (Asti 1781), seguita da una Lettera seconda all'amico alessandrino (ibid. 1782). Il C. dissentì da quelle tesi in una Lettera di risposta (Alessandria 1783) e riconfermò la propria convinzione di "un'originaria, continuata e non mai interrotta libertà ed indipendenza della Chiesa alessandrina" (premessa al primo volume, p. XI), pur dovendosi rammaricare che gli fosse stato impedito di consultare importanti documenti (e dovendo quindi far largo ricorso agli annali del Ghilini, dello Schiavina, all'Ughelli ecc.). Anche se la tesi del C. ebbe il conforto del Tiraboschi (cfr. lettera del 6 apr. '84 a p. XI), non per questo gli avversari consentirono con lui. G. B. Moriondo, del Collegio teologico di Torino, riprese gli enunciati del Torre nei Monumenta Aquensia (Torino 1789-1790). E prima di morire, il C. finì per confessare candidamente di essersi sbagliato (Valle, 1855, p. 268).
Le cure della diocesi, gl'interessi eruditi e la giurisprudenza canonica non impedirono comunque al C. di coltivare interessi squisitamente letterari.
Il Vallauri (p. 347) ricorda alcuni suoi versi d'occasione, fra cui un poemetto Per la traslazione dell'immagine di M. Vergine nell'oratorio della SS. Trinità del luogo di Busca (Torino 1755).Segretario perpetuo dell'Accademia degli Immobili, restaurata nel 1751, arcade di Roma e socio onorario della torinese Accademia degli Unanimi, il C. tenne nel '68 agl'Immobili una dissertazione sul Merula. Ci sono pervenute anche le stampe di due sue orazioni funebri, quella recitata nella cattedrale di Alessandria il 28 febbr. '73per le solenni esequie di Carlo Emanuele III e quella per i funerali del vescovo De Rossi (ibid. 1786).
Il C. morì ad Alessandria il 22 marzo del 1794.
Suoi manoscritti sono conservati nella Biblioteca civica di Alessandria e nella Biblioteca reale di Torino.
Fonti e Bibl.: Tabulae Legum Acad. Immobilium, Alessandria 1790, p. 7; Saggi dell'Accad. degli Unanimi, Torino 1793, pp. 15, 33; C. Casalis, Dizion. geogr. stor. stat. degli Stati sardi, I, Torino 1833, p. 198; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, II, Torino 1841, pp. 91, 347; A. Valle, Storia di Alessandria, IV, Torino 1855, pp. 268-70; G. Claretta, Sui principali storici piemontesi, Torino 1878, p. 410; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1935, pp. 144, 172; T. Santagostino, Settecento in Alessandria, Alessandria 1947, pp. 234 ss.