COLINI, Giuseppe Angelo
Figlio di Vincenzo Nicola e di Vincenza Caporaletti, nacque a Castelplanio (Ancona) il 6 apr. 1857. Compiuti gli studi secondari al collegio Campana di Osimo, venne mandato a Pisa per seguirvi gli studi giuridici. Nel 1878 si iscrisse al seminario storico-giuridico. Sotto la guida di F. Cazzara studiò le influenze del diritto ebraico su quello penale medievale, ed il 7 luglio 1879 conseguì la laurea in giurisprudenza.
Poco dopo si trasferì a Roma. E, dopo un periodo di lavoro precario (a titolo di prova), sotto la direzione di L. Pigorini, nel 1881 fu incaricato della compilazione del catalogo delle collezioni del Museo preistorico ed etnografico e del Museo kircheriano al Collegio Romano. L'anno seguente ebbe la qualifica di adiutore. Nel 1885 conseguì la libera docenza in etnologia; e due anni più tardi fu nominato conservatore.
Nel 1892 pubblicava nel Bullettino di paletnologia italiana (XVIII) un'ampia memoria sui Martelli o mazzuoli litici con foro rinvenuti in Italia (pp. 149-235), nell'intento non solo di esaminare l'intera documentazione esistente (edita e non), ma anche (se non di più) di cominciare ad "introdurre unità d'indirizzo nelle ricerche e conformità di linguaggio nell'esporre i resultati". Senza di che, mentre da un lato sarebbe sempre mancato il "materiale adatto per intuizioni sicure"; dall'altro non sarebbe stato possibile "comprendere la natura dei fatti osservati" (p. 510). All'edizione di alcuni martelli conservati al Museo preistorico ed in altre collezioni facevano seguito l'elenco degli esemplari pubblicati, una rigorosa analisi tipologica, confronti ed esame dei caratteri comuni a tutte le varietà, annotazioni intorno alla tecnica di fabbricazione, alla destinazione ed alla distribuzione geografica dei manufatti, e quindi alla loro cronologia.
Il Bullettino aveva trattato dei rinvenimenti effettuati nel 1892 nelle grotte dei Balzi Rossi (presso Grimaldi) solo "in via incidentale". Ma la loro importanza era tale da consigliare una presentazione più esauriente dei "fatti precedentemente osservati" e dei "giudizi... esposti" sopra di essi. Il C. se ne assumeva volentieri l'incarico, e ne scriveva nel volume XIX della rivista (Scoperte paletnologiche nelle caverne dei Balzi Rossi, 1893, pp. 117-161, 233-340).
Nominato (1896) ispettore presso il Museo preistorico e socio ordinario della R. Deputazione di storia patria per le Marche, il 4 nov. 1897 prendeva in moglie Luisa Chiera, e fissava la sua dimora al n. 7 di via Madonna dei Monti.
Intanto aveva ripreso l'esame dei Martelli o mazzuoli litici con foro rinvenuti in Italia, (Bull. di paletnologia italiana, XXII [1896], pp. 1-18, 73-93, 257-276) ed aveva discusso delle funzioni delle cosiddette "seghe litiche" (Seghe e coltelli-seghe italiani di pietra,ibid., pp. 206-233).
Più tardi, poiché gli scavi condotti da G. Chierici nella necropoli di Remedello Sotto (Brescia), dopo i primi rinvenimenti del 1884 dimoravano in gran parte inediti, il C. riteneva opportuno pubblicare le relazioni che si avevano sull'esplorazione del sepolcreto "per determinare sulla base dei fatti esposti e dell'esame della suppellettile" recuperata l'insieme dei caratteri della cultura che vi era testimoniata ed il posto che essa occupava nella preistoria italiana (Ilsepolcreto di Remedello Sotto nel Bresciano ed il periodo eneolitico in Italia, in Bull. di paletnologia italiana, XXIV [1898], pp. 1-47, 88-110, 206-260, 280-295; XXV [1899], pp. 1-27, 218-295; XXVI [1900], pp. 57-101, 202-267; XXVII [1901], pp. 73-132; XXVIII [1902], pp. 5-43, 66-103).
A quest'epoca, pur nello svolgimento sempre regolare delle sue attività burocratiche e quasi attraverso la vita del Museo preistorico dominata dalla personalità di Pigorini, il C. intensificò la propria collaborazione al Bullettino di paletnologia italiana (che ne avrebbe, d'altronde, accolto pressoché tutta la produzione scientifica). Fra il 1898 e il 1902 si riversarono nel Bullettino, oltre allo studio su Remedello, i contributi sui Sepolcri eneolitici del Bresciano e del Cremonese (XXV [1899], pp. 28-32), sui Materiali eneolitici del Lazio e della Toscana (ibid., pp. 296-311), sulla Suppellettile della tomba di Battifolle ... (XXVI [1900], pp. 133-150, sulla Ceramica neolitica della grotta all'Onda... (ibid., pp. 196-202), sulle Accette di rame del Reggiano e del Parmense (XXVII [1901], pp. 9-12), sulle Armi litiche con foro del Materano (ibid., pp. 69-73) e sui Monumenti preistorici di Malta (XXVIII [1902], pp. 204-233).Nel 1902 in collaborazione con R. Mengarelli il C. pubblicava in Notizie degli scavi (pp. 135-198) i risultati delle ricerche nella Necropoli di villa Cavalletti a Grottaferrata. Nel 1903 illustrava per il Bullettino di paletnologia italiana ilrinvenimento del sepolcreto eneolitico di Rinaldone nel comune di Montefiascone (Tombe eneolitiche del Viterbese..., XXIX [1903], pp. 150-186).
Sempre nel 1903 il C., che aveva qualche tempo prima ribadito come "la storia di una regione" fosse un organismo, del quale "le parti sono strettamente collegate e si sviluppano in modo organico, cosicché le fasi recenti e progredite dipendono, più o meno largamente dalle anteriori, né possono comprendersi senza la conoscenza di esse" (Bullettino di paletnologia italiana, XXVI [1900], p. 134) e, pertanto (la formulazione in termini forse non più rigorosi, certo più pacatamente deterministici, sarebbe stata avanzata qualche anno dopo, ibid., XLI [1915], p. 69), come eventuali differenze fra una cultura e l'altra rispetto al diffondersi di "caratteri comuni" fossero rilevabili, da regione a regione, in rapporto alle "condizioni geografiche diverse", alle precedenti "relazioni di commercio e di cultura" ed alle stesse "differenze etniche", presentava al Congresso di scienze storiche di Roma una relazione, che era quasi un'introduzione generale allo studio intorno alla Civiltà del Bronzo in Italia e che sarebbe stata pubblicata negli Atti (V, Roma 1904, pp. 3-96) e con lievi modifiche e corredata d'illustrazioni nel Bullettino di paletnologia italiana (XXIX [1903], pp. 53-103, 211-237; XXX [1904], pp. 229-304; XXXI [1905], pp. 18-70).
Nel 1904 otteneva la libera docenza in paletnologia e discuteva negli Atti della Società romana di antropologia (X, pp. 289-330) dei Rapporti fra l'Italia ed altri paesi europei durante l'età eneolitica.
Nei tre anni seguenti, gli ultimi della sua permanenza al Museo preistorico, del quale era nel frattempo divenuto vicedirettore, il C. continuò a scrivere per il Bullettino di paletnologia italiana: a discutere degli ultimi rinvenimenti e delle più recenti acquisizioni del Museo preistorico (Armi di selce trovate nei dintorni di Roma..., XXXI [1905], pp. 1-13; Necropoli a grotte artificiali scoperta... nel territorio di Alghero..., ibid., pp. 176-194; Oggetti enei della prima età del Ferro in Val d'Elsa…, ibid., pp. 203-216) ed a riconsiderare dati e scoperte già noti, ma non ancora studiati in "monografie d'insieme" (Le scoperte archeologiche... nella valle Vibrata..., XXXII [1906], pp. 117-73, 181-268; XXXIII [1907], pp. 100-80, 193-224; XXXIV [1908], pp. 50-65).Nel 1907 il C. fu nominato direttore del Museo di Villa Giulia; ed a collaborare con lui furono destinati E. Gabrici, A. Della Seta, G. Cultrera ed E. Stefani (e successivamente, L. Morpurgo e G. Q. Giglioli).
L'esperienza acquisita al Museo preistorico, ma quasi rimasta in ombra, a fianco di Pigorini faceva assegnare al C. il compito di riorganizzare il museo voluto da F. Bernabei nel 1889, eppure negli anni seguenti diminuito nelle sue collezioni e nell'estensione della zona di scavo e lasciato ancora volutamente fuori dalla seconda edizione della guida alle collezioni romane di antichità classiche di W. Helbig per le "incredibili dicerie", che circolavano su di esso: corredi confusi, oggetti fra i più significativi distratti dai propri contesti, alterazione, soprattutto, "degli aggruppamenti archeologici provenienti da Narce" per l'intrusione di materiali di tutt'altra origine.
Sotto la direzione del C. il museo riprese vita. Nel 1908 acquisiva la collezione Barberini. Nel 1912 vedeva reintegrata la sua zona di scavo con la restituzione dei territori di Tarquinia e di Viterbo. Nel 1913 vide aumentare le sue collezioni in seguito allo smembramento fra i musei nazionali romani delle vecchie raccolte del Kircheriano. Nella prefazione alla terza edizione della guida di Helbig W. Amelung non mancava di darne atto pubblicamente.
Pigorini avrebbe scritto, alla morte del C., che l'incarico a Villa Giulia aveva portato, se non all'interruzione, ad una sensibile diminuzione della produzione scientifica di un "maestro di primo ordine", dal 1911 in poi "tutto dedito al Museo ed agli scavi". Ma il C. aveva imparato proprio da Pigorini che lo scopo di un museo "falliva in gran parte quando questo non fosse un laboratorio ove si mettessero in comune le fatiche degli studiosi per far progredire la scienza in servizio della quale eranato e da esso non si contribuisse all'avanzamento della cultura generale esponendo i risultati positivi della scienza stessa" (MuseoPreistorico ed Etnografico, in Archivio per l'antropologia e l'etnografia, XXXI [1901], p. 317). D'altra parte, alle attività del nuovo museo corrispondeva un rinnovato interesse del C. per lo studio della civiltà del Ferro in Italia, massime del periodo delle origini. Nel 1908 scriveva brevemente e proprio nel Bullettino di paletnologia italiana (XXXV, pp. 35-39) Intorno alle origini della prima età del Ferro in Italia, insistendo sulla fondamentale "continuità di sviluppo" delle "civiltà primitive" della penisola, "in modo - aggiungeva - che ciascuna fase discende dalla precedente e si svolge sotto l'azione di cause interne ed esterne, e soprattutto per l'innesto di elementi derivati dalle popolazioni più avanzate che fiorivano nei paesi orientali del Mediterraneo" (p. 35). Negli anni seguenti riesaminò i materiali del Museo preistorico provenienti dagli scavi di A. Klitsche de la Grange (1879-89) a Tolfa e ad Allumiere (Le antichità di Tolfa e di Allumiere e il principio dell'età del Ferro in Italia, in Bull. di paletnologia italiana, XXXV [1909], pp. 104-149, 177-204; XXXVI [1910], pp. 96-149), senza mancare di dar notizia della Tomba eneolitica scoperta nella località Cerreta nel comune di Stroncone..., ibid., XXXVII (1911), pp. 63-71.
L'intensificarsi degli scavi clandestini e dei lavori agricoli nella zona di Isola Farnese spinse il C. a rivolgere il suo interesse alla città ed alle necropoli di Veio ed a fare pressioni sul ministero per ottenere i mezzi necessari agli scavi. La pratica non fu né breve né facile. Nel marzo 1913 ebbero inizio gli scavi nelle necropoli, che si continuarono sino all'aprile del 1916, sotto la guida di Gabrici e del C.: l'esplorazione, condotta con continuità e sistematicamente, venne effettuata a sinistra della strada La Storta-Formello, nelle contrade di Grotta Gramiccia e di Casal del Fosso; saggi diversi vennero effettuati in altre località. Nella relazione pubblicata postuma nelle Notizie degli scavi del 1919 (pp. 3-12) il C. dava una ampia visione delle necropoli di Veio, localizzate lungo le vie che portavano a Roma ed alle principali città etrusche e falische, e forniva una prima considerazione dei differenti tipi di materiali. Le tombe scavate venivano attribuite ad una sola civiltà che gradualmente si svolse in due successivi periodi, l'italico e l'orientalizzante, quest'ultimo a sua volta articolato in due fasi, secondo un'ipotesi rivelatasi sostanzialmente esatta alla luce delle ulteriori ricerche (Bartoloni-Delpino).
Intanto, nel 1913, il C. aveva studiato il materiale del Museo preistorico e del Museo archeologico di Ancona proveniente dal sepolcreto di Pianello di Genga e ne aveva ricavato nuove osservazioni intorno alle origini della civiltà del Ferro in Italia. Le sue conclusioni venivano stampate ancora una volta nel Bullettino di paletnologia italiana (XXXIX [1913], pp. 19-68; XL [1914], pp. 121-163; XLI [1915], pp. 48-70), ma in una relazione (Necropoli del Pianello presso Genga... e la origine della civiltà del Ferro in Italia) che per la mancanza di riferimenti alla posizione topografica delle singole tombe, alla composizione dei corredi e ad altri dati di scavo è sembrata (e risulta) largamente insoddisfacente (Peroni). Anche se, a dire il vero, il rapporto del C. non poteva che fare riferimento alle sole informazioni ottenute da I. Dall'Osso, e non aveva pretese di completezza. Ma pure con i suoi limiti esso può essere considerato un contributo "più che esauriente" (ibid.), nel quale l'autore lontano da ogni velleità di ricostruzioni generali utilizzava la documentazione archeologica nel suo aspetto di testimonianza di cultura materiale, attraverso una non superficiale analisi tipologica e la ricerca di adeguati confronti storici.
Nel 194 il C. pubblicava nelle Notizie degli scavi (pp. 297-298, 353-362) introduzione ed osservazioni conclusive alla relazione di L. Rossi Danielli sulle scoperte nella Necropoli di Poggio Montano (Vetralla).
Nominato membro supplente del Consiglio superiore per le antichità e belle arti (1915), nel 1916 fu incaricato della Soprintendenza alle antichità di Roma e del Lazio. Durante il suo ufficio sovrintese allo scavo della basilica sotterranea presso Porta Maggiore, scoperta casualmente nel 1917 sotto i binari della ferrovia, curò l'esplorazione della "necropoli pagana" della via Ostiense e del sito sul quale si andava costruendo la galleria Colonna e si adoperò per la conservazione del colombario degli Statili.
Fu consigliere della Società geografica italiana, vicepresidente della Società romana di antropologia, socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, amministratore della Società italiana di archeologia e storia dell'arte e commendatore della Corona d'Italia.
Il C. morì a Roma il 26 dic. 1918.
Bibl.: Docum. diversi e lettere del C., a Roma nell'archivio di famiglia, presso il figlio Antonio Maria accademico dei Lincei. Inoltre si veda: W. Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Alterthümerin Rom, 2 ed., Leipzig 1899, p. V; 3 ed., a cura di W. Amelunge, Reisch-F. Weege, ibid. 1912, p. VI; L. Pigorini, G. A. C., in Boll. della R. Soc. geogr. ital., s. 5, VIII [1919], pp. 94-95, U. Rellini, C. G. A., in Riv. enciclop. contemp., s. 2, VII (1919), p. 247; A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1918, p. 32; U. R[ellini], Necrologio, in Bull. di paletnologia ital., XLIII (1923), pp. 111-113; R. Peroni, Dati di scavo sul sepolcreto di Pianello di Genga, in Archäologischer Anzeiger, 1963, coll. 361-364; G. Bartoloni-F. Delpino, Introduz. allo studio delle necropoli di Veio, in Mon. antichi dell'Acc. naz. dei Lincei, serie monografica, I (1979), pp. 20-21, 25-26; M. Moretti, in Il Museo naz. etrusco di Villa Giulia, Roma 1980, pp. 22-23.