TORRINI, Giulio
– Nacque a Lantosca, nella Contea di Nizza, l’8 febbraio 1607, figlio di Bartolomeo, un archivista, e di Francesca Thaon. Gli venne dato il nome dello zio e padrino Giulio Thaon, priore di Villafranca e arcidiacono della cattedrale di Nizza.
Dopo essersi formato sotto la guida di due sacerdoti della zona (don Matteo Ferrando di Villafranca e don Antonio Uberti di Lantosca), dal 1620 al 1624 studiò al collegio gesuitico di Nizza. Nel 1624 si trasferì a Torino, dove iniziò gli studi in medicina nella locale università. Già dall’anno successivo, però, fu all’Università di Aix-en-Provence, dove studiò negli anni accademici 1625-26 e 1626-27. Da qui ritornò in Piemonte, all’Università di Mondovì, laureandovisi nel gennaio del 1628.
Rientrato a Lantosca, vi esercitò la sua professione grazie all’aiuto d’un altro zio materno, Pietro Thaon di S. Andrea (1567-1642), medico di Carlo Emanuele I e poi di Vittorio Amedeo I. Il 15 febbraio 1632 sposò Francesca Thaon (1610-1643, figlia del notaio Filippo e di Brigitta Cotto), saldando ulteriormente i rapporti con tale famiglia. Il legame si rilevò determinante per la sua carriera. Fu grazie a esso, infatti, che entrò in contatto con la corte, divenendo medico del cardinale Maurizio di Savoia. Torrini si mise allora in luce pubblicando prima il trattato Vita, martirio e morte della vergine Santa Devota con riflessioni morali, sacre, e politiche (Nizza 1636), in cui oltre a compiere l’agiografia della santa, trattava della nobiltà e delle sue caratteristiche, e poi, l’anno successivo, in occasione della morte del duca, dando alle stampe L’invito al sole per l’immortalità del Gran Vittorio Amedeo principe gloriossissimo (Cuneo 1637).
Durante la guerra civile che divise gli Stati sabaudi in merito alla reggenza per il nuovo duca Carlo Emanuele II, si schierò con il cardinale Maurizio, il principe Tomaso di Carignano e la Spagna, di cui questi erano alleati. Nel 1641 il cardinale accettò di essere padrino di un figlio di Torrini, cui fu dato il suo nome (madrina era Anna Maria Thaon). Non stupisce, quindi, che ancora molti anni dopo nel proprio testamento il medico definisse il principe sabaudo suo «supremo benefattore» (datato 10 maggio 1672, il testamento è nell’Archivio di Stato di Torino, da ora in poi ASTo, Sezioni riunite, Insinuazione, Torino, 1672, lib 11, cc. 327r-332r). Quando nel 1642 la guerra finì con la vittoria della duchessa vedova Cristina di Borbone e del partito francese, Maurizio di Savoia lasciò la porpora, sposò la nipote Ludovica di Savoia e si stabilì a Nizza, come luogotenente generale della Contea. Per tali nozze Torrini pubblicò L’omaggio del Paglione. Epitalamio nelle nozze delli serenissimi principe Mauritio e Ludovica Maria di Savoia (Torino 1642).
Nell’opera Torrini immaginava che il Paglione (Palhon in nizzardo), il fiume che attraversa Nizza, accogliesse Maurizio e Ludovica a nome della città. Dopo essersi rivolto a loro in italiano, lingua ufficiale del Contado, il fiume avrebbe poi scelto di usare il nizzardo. Proprio nella presenza di tale lingua risiede l’importanza dell’opera. In essa, infatti, Torrini sostiene che il nizzardo, derivazione dell’occitano, fosse «un ensalado / de Grec, Latin, Touscan, Espagnl e Picart» e proprio per questo superiore alle lingue parlate alla corte di Torino: «L’Espagnol es trop aout, lou Frances es troou tendre / Lou Toscan troou pompous» (p. 12). In questo modo l’autore s’inseriva nel dibattito sulla lingua nizzarda e insieme, nobilitandola, ne faceva un elemento dell’identità del Contado.
Grazie al ruolo che aveva saputo costruirsi a corte, Torrini poté proporsi come interlocutore anche in importanti questioni di amministrazione locale. È il caso, per esempio, della strada che sin dal 1623 si progettava di costruire da Nizza a Tenda. Da tempo, infatti, si esitava a decidere se tale strada dovesse passare per Peglia (Peille) o Scarena (Escarene). Torrini entrò, allora, nel dibattito pubblicando una Missiva apologetica [...] sopra le differenze esistenti tra le comunità di Peglia e Scarena nel Contado di Nizza per il pretesso tasso del sale (Torino 1644). L’opera – diretta al capitano Pietro Arduzzi, incaricato dei lavori della strada – fu seguita da una serie di nuove misurazioni, effettuate a spese di Torrini stesso. Suo obiettivo era favorire il centro di Sospello, vicino al suo luogo natale, e che in effetti, stando alle ricerche di Beatrice Palmero (1995), fu il vero vincitore dello scontro.
Nel frattempo, Torrini aveva proseguito la sua carriera a corte. Nel 1645 aveva seguito don Maurizio di Savoia, fratellastro dell’omonimo principe, al fronte contro gli spagnoli. Una sua relazione informa di come, quando il giovane principe era stato ferito in battaglia, egli avesse cercato inutilmente di curare una ferita d’arma da fuoco al capo, che si era poi rivelata fatale (Relazione della ferita del signor don Maurizio, 24 ottobre 1645, in ASTo, Corte, Lettere di principi naturali di Savoia, m. 18). Il servizio accanto ai principi sabaudi al fronte fu solo un passo nella sua carriera curiale. Nel 1646 divenne, infatti, medico della duchessa Cristina, prima madama reale, e del duca Carlo Emanuele II. Considerato ormai figura di riferimento fra la corte e i ceti dirigenti nizzardi, si trasferì progressivamente a Torino. Della capitale, anzi, egli ottenne la cittadinanza il 1° ottobre 1651 (Torino, Archivio storico del Comune, Ordinati, vol. 189, c. 30). Tale nomina era propedeutica a un suo pieno inserimento nell’élite cittadina. E infatti, il 26 di quello stesso mese, il duca lo nominò primo lettore di matematica all’Università di Torino, facendo riferimento all’«applicazione» di Torrini «sin da’ teneri anni attorno queste scienze e professioni» e, insieme, alla «cura delle persone di Madama Reale, mia signora e madre, e della signora principessa mia sorella» (ASTo, Camerale, Patenti controllo finanze, reg. 1651, c. 171). Nelle stesse patenti, il duca lo nominava regio blasonatore e «sovrintendente agli estimi, misure, confini, fabbriche et altre appartenenze [...] nella città e finaggio di Torino», incarichi, questi, che gli garantivano introiti non indifferenti (si trattava, peraltro, delle cariche già esercitate dal suo predecessore Francesco Rolando). Intorno al 1658 fu nominato protomedico di Torino e di Nizza.
La carica di protomedico – di diretta nomina sovrana e tradizionalmente legata a quella di primo medico ducale – controllava le attività di medici, cerusici, speziali e barbieri. Chi voleva esercitare tali professioni, infatti, doveva superare un esame da parte del protomedico. A questi spettava, inoltre, il compito di esaminare le farmacie, per verificare la bontà dei medicamenti in esse conservati. Era, quindi, una carica assai lucrativa, perché tutte queste attività erano pagate con appositi onorari, stabiliti per legge.
Alle cariche legate alla professione medica, a corte e fuori, comunque, Torrini affiancò l’insegnamento universitario. Nell’anno accademico 1658-59 passò alla cattedra di filosofia e nel 1662-63 a quella di medicina teorica ordinaria, mantenuta sino alla morte. Nel ricoprire tali cattedre egli affiancò o si alternò ad altri importanti esponenti della cultura sabauda dell’epoca, in primis il savoiardo Pierre Boursier (morto nel 1658) e il piemontese Ambrogio Fassetto (morto nel 1684).
Proprio al posto del defunto Boursier, Torrini fu nominato regio bibliotecario all’inizio del 1659, sopravanzando Fassetto che, allievo di Boursier, ne era ritenuto l’erede. Appena nominato, Torrini realizzò l’inventario della biblioteca ducale, terminandolo in marzo con l’aiuto del figlio Bartolomeo, che lo stese materialmente (v. la voce in questo Dizionario). Si tratta della Recognizione ossia inventario de’ libri ritrovati nelle guardarobbe della Galleria di S.A.R. doppo la morte del protromedico Boursier (ASTo, Corte, Real Casa, Gioie e mobili, m. 5 d’addizione, f. 30). Da Boursier, Torrini riprese anche la carica di regio blasonatore, centrale nella gestione dell’araldica degli Stati. Ricevette, inoltre, anche il titolo di riformatore. Fu, anzi, la prima volta che un nizzardo otteneva un tale onore, come notò, con non celato scontento, Fassetto (Amietta Dellacorna, 1972, p. 336). Nonostante Torrini e Fassetto fossero i principali medici sia del duca sia dei principi di Carignano, i rapporti fra i due furono assai tesi, e Bartolomeo Torrini, figlio di Giulio, giunse a chiederne (senza successo), la rimozione dal Collegio dei medici (p. 339).
Nel 1662 Torrini passò dalla lettura di filosofia a quella di medicina, come teorico ordinario, mantenuta poi fino alla morte. Alla fine di quello stesso anno il duca volle che cedesse al figlio Bartolomeo le cariche di matematico e medico del duca, così come di regio blasonatore, per occuparsi unicamente della salute della madre Cristina (patenti del 28 dicembre 1662, in ASTo, Patenti controllo finanze, reg. 1661 in 1662, c. 21r.). Pochi giorni dopo, il 2 gennaio 1663, il duca decise di conferirgli ufficialmente la carica di bibliotecario.
Negli ultimi anni, Torrini si occupò soprattutto dell’insegnamento universitario, lasciando al figlio Bartolomeo l’esercizio delle cariche di corte. Egli restava comunque protomedico di Torino e Nizza. Segno del prestigio di cui godeva nell’ambito subalpino, ma non solo, nel 1667 Andrea Rossotti, nel suo Syllabus scriptorum Pedemontii, lo definiva «Philosophus, Mathematicus, Medicus et humanarum litterarum Professor, in quibus omnibus summe excelluit, ut patet ex pluribus ad ipsum ex Gallia, Hispania, Germania & Italia missis Epistolis, in quibus de difficilioribus, gravioribusque tum Philosophiae, tum Mathematicae, tum Medicine quaestionibus, ipsius requirebantur doctissima consilia» (p. 385).
Nel 1673 coronò la sua carriera con l’acquisizione del feudo di Monastero di Vasco, nel Monregalese, con il titolo comitale. Protagonista della corte sabauda, egli appare indicato come «Il Gran Torrini» da Pietro Antonio Arnaldi nell’aprile del 1674 in un sonetto de L’Anfiteatro del valore, ouero il Campidoglio del merito (p. 213).
Morì a Torino il 30 dicembre 1674 e fu sepolto nella chiesa della Madonna degli Angeli.
Suoi eredi furono i figli Giovanni Ludovico (1634-test. 1694) e Bartolomeo, fra cui divise l’ingente biblioteca privata, lasciando al primo i testi legali e al secondo quelli scientifici. Mentre Bartolomeo, infatti, seguì la carriera del padre, Giovanni Ludovico scelse quella legale. Dopo essere stato prefetto di Nizza (1660), divenne membro del Senato del Piemonte (1663) e di quello di Nizza (1667). Il suo matrimonio con Anna Felice Della Chiesa d’Isasca attesta l’inserimento dei Torrini nel secondo Stato sabaudo.
Degli altri figli, Maurizio (1641-1707), canonico del duomo di Nizza e poi vicario generale della diocesi, ereditò i beni nizzardi e si occupò sia del palazzo di famiglia, situato nei pressi della cattedrale di S. Reparata, sia della realizzazione in questa della cappella di famiglia dei Torrini, la cui costruzione, iniziata nel 1669, per impulso di Giulio, terminò nel 1680 grazie a un suo lascito testamentario.
Fonti e Bibl.: Torino, Biblioteca reale, Miscellanea di storia patria, 9, Vita di Giulio Torrini.
A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemontii seu de scriptoribus pedemontanis, Mondovì 1667, pp. 385-388; A. Oldoini, Athenaeum ligusticum seu Syllabus scriptorum Ligurum, Perugia 1680, pp. 389-391; G.G. Bonino, Bibliografia medica torinese, I, Torino 1824, pp. 380-384; G. Casalis, Lantosca, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di Sua Maestà il re di Sardegna, IX, Torino 1841, pp. 120-122; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, Torino 1841, pp. 407 s., 512; B. Trompeo, Dei medici ed archiatri dei principi della Real Casa di Savoia, II, Torino 1857, pp. 2, 8, 43; J.B. Toselli, Biographie niçoise ancienne et moderne ou Dictionnaire historique de tous les hommes qui se sont fait remarquer [...] dans la ville et le Comté de Nice, II, Nizza 1860, pp. 287-289; T. Vallauri, Storia delle Università degli studi del Piemonte, Torino 1875, pp. 309 s.; G. Claretta, Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della R. Casa di Savoia, Torino 1878, pp. 245-247; G. Rossi, I Torriti di Nizza, in Giornale araldico, genealogico, diplomatico italiano, 1895, vol. 23, pp. 60-62; E. Cays de Pierlas, Documents inedits pour servir a l’étude du dialecte niçois, in Annales de la Société de lettres, sciences et arts des Alpes-Maritimes, XV (1896), pp. 285, 306 s.; L. Imbert, La route de Nice en Piémont du XVe au XIXe siècle, in Nice historique, XLI (1938), ff. 5-6, p. 154; M. Amietta Dellacorna, I lettori dell’Università di Torino dal 1630 al 1659, in L’Università di Torino nei secoli XVI e XVII, Torino 1972, pp. 298 s.; R. Gasiglia, «L’omaggio del paglione» de J. Torrini ou le baroque litteraire nissart au XVIIe siècle, in Recherches régionales. Archives départementales des Alpes-Maritimes, 1984, nn. 3-4, pp. 147-163; M. Albenga, Inventario della Biblioteca Ducale del protomedico e bibliotecario G. T. (1659), Università degli studi di Torino, tesi di laurea, a.a. 1990-91, pp. XX-XXVIII; B. Palmero, Consenso e contrattazione politica lungo la direttrice del Col di Tenda (1586-1754). I comuni della Val Roya e la progettazione della strada, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XCIII (1995), 2, pp. 519 s.; I. Data, Le musiche nella libreria ducale, in Politica e cultura nell’età di Carlo Emanuele I. Torino, Parigi, Madrid, a cura di M. Masoero - S. Mamino - C. Rosso, Firenze 1999, pp. 509-511; A. Catarinella - I. Salsotto, L’Università degli studi in Piemonte tra il 1630 e il 1684, in Storia di Torino, IV, La città fra crisi e ripresa (1630-1730), a cura di G. Ricuperati, Torino 2002, pp. 539, 543-545; P. Bianchi, Una riserva di fedeltà. I bastardi dei Savoia fra esercito, diplomazia e cariche curiali, in L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna, a cura di P. Bianchi - L. Gentile, Torino 2006, pp. 320 s.; P. Caretta, I bibliotecari del duca. Libri e cultura alla corte sabauda del Seicento, in Savoie, Bonne nouvelles. Studi di storia sabauda nel 600° anniversario del Ducato di Savoia. Atti del Convegno, Torino... 2016, in corso di stampa.