THIENE, Giulio
– Nacque a Vicenza il 4 novembre 1502 da Antonio. Nulla è noto per quanto riguarda la madre.
Nel 1530 compare come figura di spicco di una delle molte «congregazioni» vicentine di eretici aduse a leggere e «conferire insieme molte cose contra la fede, negando la potestà del papa et el purgatorio» (Olivieri, 1992, p. 297). La «congregazione» guidata da Thiene riuniva molti membri dell’aristocrazia vicentina, quali Giulio Trissino, David Loschi, Giulio Capra «dottore de palazzo», Federico Valmarana, Piero e Pasqualin Tornieri, Giovanni Battista Tintore, Antonio da Finale, Paolo dal Gorgo e «altri» (ibid.). Thiene frequentò come molti di loro il ‘cenacolo’ di Fulvio Pellegrino Morato, letterato mantovano, il quale tra il 1532 e il 1539 tenne scuola a Vicenza, iniziando alle humanae litterae numerosi rampolli delle migliori famiglie, distribuendo riassunti di scritti di Erasmo da Rotterdam, Martino Lutero, Huldreich Zwingli, Filippo Melantone. Allievi di Morato furono, oltre a Giulio Thiene e a suo fratello Brunoro, anche Alessandro e Giulio Trissino, canonico e arciprete della cattedrale, figlio di Giangiorgio, celebre autore dell’Italia liberata dai Goti.
A tutti loro, il letterato mantovano cominciò a leggere pubblicamente la prima edizione ancor fresca di stampa dell’Institutio christianae religionis di Giovanni Calvino, fino a quando i sospetti di cui fu fatto segno indussero il governo cittadino a revocarlo dal pubblico incarico di lector, costringendolo a fare ritorno a Ferrara. Come riferì con tono di rimprovero Giangiorgio nel 1538, «quel gran ribaldo di Peregrin Morato» aveva avuto «tanta autorità appresso di voi che non solamente v’habbia fatto rebellare a vostro padre, [...] ma ancora vi ha fatto rebellare a la Chiesa romana» (Olivieri, 1992, p. 347).
Thiene e la sua famiglia furono un punto di riferimento importante anche per Celio Secondo Curione, umanista piemontese fuggito Oltralpe nel 1542, il quale prima di lasciare la penisola consegnò a Morato a Ferrara una copia manoscritta di Della honesta et christiana creanza de figliuoli, pubblicata poi a Basilea nel 1549, dedicata per l’appunto a Giulio Thiene, a testimonianza del legame che lo univa al conte vicentino, ma anche del ruolo di raccordo svolto da quest’ultimo tra i due umanisti.
L’attività della «congregatione» di Thiene proseguì fino alla fine degli anni Quaranta riunendo circa «sessanta persone», le quali leggevano abitualmente i Salmi e la Bibbia, discutevano sul purgatorio e la grazia, alimentando le loro discussioni con le novità librarie d’Oltralpe, tra cui spiccano le «prediche di fra Bernardino stampate in Zenoa», cioè le prediche dell’ex generale dell’Ordine dei cappuccini, ormai esule in Svizzera, Bernardino Ochino, stampate a Ginevra nel 1542 (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 21, pp. n.n.; Olivieri, 1992, p. 297). Nei primi anni Cinquanta la congregazione di Thiene era ancora nel pieno della sua attività, come segnalava agli inquisitori Pietro Manelfi. Nel corso delle deposizioni da lui rilasciate nel 1551 a Bologna e poi a Roma, questi segnalò la presenza a Vicenza di molti filoriformati, tra cui appunto Thiene, riferendo che «ha dato reccapito a molti sfratati et è grande inimico della Chiesa, et ha tenuto un tempo Fanino [Fanini], brugiato in Ferrara, in casa sua», e aggiungendo che «il medesimo è la moglie, come so per molti ragionamenti havuti con esso da me a lui nel tempo ch’io ero lutherano» (Ginzburg, 1970).
Il riferimento era alla moglie Eleonora, figlia di Ludovico Camposampiero, sposata nel 1540, da cui Thiene ebbe due figli maschi, Antonio e Tiso, e una figlia, di nome Vittoria. Thiene ebbe relazioni strette anche con Oddo Quarto, il quale, secondo la testimonianza rilasciata nel 1563 da Niccolò Pellizzari, «praticava in casa sua» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 19, c. 12v; Olivieri, 1992, p. 470), nonché con la stessa famiglia Pellizzari, che a partire dagli anni Cinquanta svolse un ruolo fondamentale nella diffusione dell’eresia calvinista a Vicenza.
Intorno alla metà degli anni Cinquanta, in circostanze non ancora sufficientemente chiarite, Thiene uccise la cognata, sposa del fratello Brunoro e sorella della moglie Eleonora. Fu forse questo il motivo che lo indusse a lasciare la penisola italiana insieme ai figli, probabilmente tra il 1555 e il 1556. Nel febbraio del 1556 è registrata la sua presenza a Lione, dove ritrovò i fratelli Pellizzari e un’altra sua vecchia conoscenza, Giovan Battista Trento, esponente di primo piano del mondo ereticale vicentino, allontanatosi quell’anno da Vicenza e dalla penisola. Dalla Francia, il 2 dicembre 1557, Thiene nominò procuratore dei suoi beni Francesco Boroni, il quale nel dicembre del 1566 iniziò, a nome di quello, la vendita di un fondo di un centinaio di campi situati nelle vicinanze della villa di Bolzano Vicentino.
Dopo il soggiorno francese, Thiene si trasferì a Ginevra, probabilmente tra il 1557 e il 1558, dove acquistò una casa insieme a Giovan Battista Trento e dove conobbe la sua seconda moglie, Jeanne, figlia del nobile Aymard du Puy, signore di Montburn e vedova del nobile Gaspard de Theys, signore di Clelles. Nel 1560, all’indomani del matrimonio della figlia Vittoria con Niccolò Balbani, giureconsulto, ministro evangelico della comunità italiana, Thiene decise di lasciare la città, affidando allo stesso Balbani la procura di vendere la sua abitazione.
Si trasferì a Strasburgo, in Alsazia, dove visse alcuni anni prima di trasferirsi a Spira nel Palatinato, sempre con i figli Antonio e Tiso al seguito. Al 10 ottobre 1569 risale infatti una seconda procura, anch’essa affidata a Boroni, firmata questa volta dai figli di Thiene, appunto dalla città di Spira. Poco prima, Thiene aveva evidentemente fatto donazione ai figli Antonio e Tiso di tutti i suoi beni presenti nella penisola italiana, nel tentativo di prevenire gli effetti della sentenza di confisca emanata dall’Inquisizione di Vicenza di lì a poco, il 4 aprile 1570. La sentenza tuttavia non si limitò a confiscare i beni di Thiene, ma privò anche i figli della donazione fatta loro dal padre. Negli anni seguenti questi ultimi provarono ad agire, probabilmente senza successo, contro quella sentenza e contro una successiva emanata dal tribunale di Cremona (1580).
Nel 1570, dopo la morte della seconda moglie, Thiene si trasferì a Ginevra a casa della figlia Vittoria, già vedova di Niccolò Balbani. Redasse un primo testamento il 22 febbraio 1583 dal quale trasparì chiaramente la sua forte fede calvinista. Il 4 novembre 1588 ne stese una seconda versione, morendo molto probabilmente poco tempo dopo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, bb. 19 e 21.
J.B.G. Galiffe, Le refuge italien de Genève aux XVI et XVII siècles, Genève 1881, pp. 142-175; G. Mantese, La famiglia Thiene e la Riforma protestante a Vicenza nella seconda metà del secolo XVI, in Odeo olimpico. Memorie dell’Accademia Olimpica di Vicenza, 1969-1970, vol. 8, pp. 81-186; C. Ginzburg, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze-Chicago 1970, p. 74; A. Olivieri, «Microcosmi» familiari e trasmissione «ereticale». I Trissino, in Convegno di studi su Giangiorgio Trissino... 1979, a cura di N. Pozza, Vicenza 1980, pp. 99-114; M. Scremin, L’eresia dei nobili e dei mercanti nella Vicenza del Cinquecento. Prospettive di ricerca sui rapporti tra eterodossia religiosa e potere cittadino, in I ceti dirigenti in Italia in età moderna e contemporanea, a cura di A. Tagliaferri, Udine 1984, pp. 113-130; A. Stella, Le minoranze religiose, in Storia di Vicenza, III, 1, L’età della Repubblica veneta (1404-1797), a cura di F. Barbieri - P. Preto, Vicenza 1989, pp. 199-219; A. Olivieri, Riforma ed eresia a Vicenza nel Cinquecento, Roma 1992, pp. 115, 297, 307, 318, 347, 351, 390, 406, 470; M. Firpo, «Calor suo [...] era di tal maniera che scaldava tutta Italia». L’eresia a Vicenza nel Cinquecento, in Odeo olimpico. Memorie dell’Accademia Olimpica, in corso di stampa.