STERBINI, Giulio.
– Nacque a Roma il 29 novembre 1912 da un’antica famiglia romana di ambiente curiale. La madre, Caterina Tittoni, educò i figli all’amore per la lettura. Il padre, Nicola, era avvocato e appassionato di arte.
L’arte nelle sue diverse forme, dalla letteratura alla pittura e alla scultura, alla musica, era di casa nella famiglia Sterbini, che aveva dato infatti i natali a Cesare Sterbini (v. la voce in questo Dizionario), funzionario presso l’amministrazione pontificia, autore per Gioachino Rossini dei libretti di opera per il dramma semiserio Torvaldo e Dorliska (1815) e per il Barbiere di Siviglia (1816), e al commendatore Giulio Sterbini, nonno del nostro, tra i primi collezionisti interessati all’arte del Trecento.
Giulio, secondo di tre figli, crebbe quindi in un ambiente raffinato, coltivando un talento naturale per il disegno che lo portò, dopo gli studi classici svolti presso il liceo Visconti di Roma, a iscriversi alla Regia Scuola superiore di architettura di Roma, dove, nel 1934, ebbe l’occasione di assistere alle conferenze di Le Corbusier, che furono importanti per la sua riflessione sulla modernità in architettura.
In quegli anni, nella Scuola, che sarebbe entrata a far parte dell’ateneo La Sapienza nel 1935, il dibattito europeo cominciava a inserirsi, condizionato dalla volontà di rappresentare lo Stato attraverso l’edilizia, e contrassegnato da mostre leggendarie, quale fu quella della rivoluzione fascista nel 1932, e da importanti concorsi di progettazione che questa forza della modernità dovevano veicolare.
Sterbini si laureò il 15 novembre 1935 con il massimo dei voti, presentando un Progetto di monastero sul monte Cavo a Roma, e nello stesso anno conseguì l’abilitazione alla professione presso la Scuola superiore di architettura di Napoli, risultando primo in graduatoria. Questo risultato di eccellenza gli valse una borsa di studio per proseguire la sua formazione negli Stati Uniti, alla quale rinunciò per iniziare subito l’attività professionale. L’iscrizione all’albo degli architetti di Roma è del 30 marzo 1936.
Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, Sterbini collaborò con colleghi architetti e ingegneri della sua generazione, partecipando ai concorsi e al dibattito culturale dalla sua condizione alternativa all’accademia, poiché non faceva parte di quel gruppo di giovani che parteciparono anche alla didattica della facoltà di architettura. In questi primi anni di attività si segnala la sua partecipazione a numerosi concorsi per piani regolatori, tra i quali, nel 1937, quello con Luigi Brusa, Renato Di Tomassi e Paolo Zella Milillo, per Rieti; nel 1938, quello per Pomezia, con Ludovico Quaroni; nel 1939, con Aldo Della Rocca e Giorgio Calcaprina, quello per Bologna, che ottenne il secondo premio, e quelli per Verbania e per Palermo, quest’ultimo elaborato con Ludovico Quaroni, Enrico Lenti, Luigi Racheli e Pietro Airoldi, e risultato vincitore. Nel capoluogo siciliano, alcuni anni dopo, nel 1948, Sterbini vinse, con Della Rocca, Ottavio Incorvaia, Lenti e Ignazio Guidi, anche il concorso per la sistemazione del rione Villarosa, nel quale il gruppo dimostrò di gestire con equilibrio il tema dell’inserimento di grandi volumetrie in un ambito urbano definito. In questa stagione di fondazione della professione, nel 1940, con Racheli, Sterbini vinse anche il primo premio al concorso per la sezione dell’Africa Orientale alla Triennale d’Oltremare a Napoli.
Monumentale e razionale può definirsi il linguaggio che Sterbini adottò in questa prima fase della sua attività, in linea con la declinazione romana dell’architettura moderna, che ebbe negli edifici dell’EUR gli esempi più rappresentativi. In questo contesto, nel 1940 Sterbini presentò con Brusa per la mostra dell’E42 un elegante progetto per un edificio di abitazione che si presentava come composizione di solidi volumi cartesiani rivestiti in travertino a grandi conci levigati, e che si sarebbe armonizzato con il contesto in costruzione per l’Esposizione universale.
Nel 1941 sposò Maria Antonietta Persichetti, sorella di Raffaele, l’eroe della Resistenza romana morto negli scontri a porta S. Paolo il 10 settembre del 1943, con la quale ebbe tre figli. Fin dagli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, con Guidi, Lenti e Della Rocca strinse un lungo sodalizio professionale, che attraversò il delicato periodo postbellico della ricostruzione e dell’espansione di Roma e proseguì fino agli inizi degli anni Ottanta. Il loro studio ebbe sede prima in via D’Azeglio e poi in via Savoia e si occupò di urbanistica e di architettura a diverse scale. Fu frequentato da giovani collaboratori, ai quali Sterbini infuse l’attitudine alla multidisciplinarità, e da colleghi con i quali, parallelamente all’attività professionale, egli coltivò gli interessi per la musica e per l’arte contemporanea. Giulio intrattenne profondi rapporti di amicizia con alcuni degli artisti più affermati dei suoi tempi, quali Marcello Avenali, Piero Dorazio, Eugenio De Courten, Pericle Fazzini, Dino Gavina, Luigi Montanarini, Giorgio Quaroni, Paolo Venini, che arricchirono le sue opere di architettura.
Fin dal 1941 Sterbini fu membro effettivo dell’Istituto nazionale di urbanistica e dal 1952 ricoprì la carica di esperto urbanista del comitato tecnico-amministrativo del provveditorato alle opere pubbliche del Lazio. Sempre in ambito urbanistico, nel 1946, con Della Rocca, De Renzi, Guidi, Cherubino Malpeli, Luigi Piccinato e Mario Ridolfi, fece parte del gruppo incaricato dall’amministrazione capitolina di predisporre un piano di arterie stradali di scorrimento veloce che raccordasse il traffico in entrata alla città dalle vie consolari. Nello stesso anno partecipò al programma di ricostruzione dell’abbazia di Montecassino, coordinato dall’ingegnere Giuseppe Breccia Fratadocchi, un intervento complesso che comportò scelte filologiche, studio delle fasi storiche e un accurato rilievo delle rovine e che fu uno dei grandi interventi della rinascita postbellica del Paese anche da un punto di vista simbolico. Si entrava così nella fase della ‘grande ricostruzione’, e lo studio Guidi-Lenti-Sterbini si occupò dei piani di ricostruzione dei comuni di Anzio (1948), Ariccia (1947, con Augusto Baccin), Genzano (1952), Nettuno (1947, con un ampio gruppo di progettisti tra i quali Paolo Benadusi e Vincenzo Passarelli).
Parallelamente a questa intensa attività di progettazione urbanistica, Sterbini realizzò, soprattutto a Roma, la maggior parte delle sue opere architettoniche. Tra le più importanti, nel 1949 il palazzo per uffici di via Sicilia 162, originariamente sede della CISA Viscosa, e tra il 1952 e il 1957 il palazzo della Federconsorzi a piazza Indipendenza, con il lungo fregio di facciata rappresentato dalla balconata al primo piano, la cui balaustra in bronzo, denominata I campi, è opera di Pericle Fazzini, autore anche dell’altorilievo in legno Il solco, del 1965, che si trova all’interno. L’edificio è caratterizzato da interni eleganti e importanti scaloni. All’esterno è riconoscibile un’evoluzione del linguaggio del periodo prebellico, del quale mantiene il rigore geometrico e l’evidenziazione della griglia strutturale.
Nel 1951, Sterbini partecipò con Guidi e Lenti al concorso per la realizzazione del nuovo auditorium nell’area del Borghetto Flaminio: una lunga storia, quella della sala dei concerti dell’Accademia di S. Cecilia, che si incrociava con gli interessi più profondi di Sterbini. I concerti, dopo la demolizione dell’antica sede all’Augusteo, si erano tenuti presso il teatro Adriano e poi all’Argentina, e infine nel piacentiniano Auditorium di via della Conciliazione, nell’attesa di una nuova sede che fu oggetto di un primo concorso nel 1934-35. Sterbini vinse a pari merito il concorso del 1951, in due gradi, e la giuria decise di dare l’incarico del progetto definitivo ai componenti dei tre gruppi vincitori: Saverio Muratori; Brusa e Gino Cancellotti; Guidi, Lenti e Sterbini, i quali nel 1954 elaborarono un nuovo progetto, poi non realizzato.
Del 1955 è il cinema Archimede nel quartiere Parioli di Roma, che presenta una minimale ma sostanziale interazione tra elementi architettonici e decorazioni autoriali, come la tempera su muro di soggetto astratto all’interno dell’atrio e una seconda tempera dipinta lungo il muro della platea, entrambi di Giorgio Quaroni. Come in tutte le sue opere, Sterbini si riservava di disegnare i dettagli: quelli delle cordonate e delle balaustrate, i corpi scale, e lo spazio dell’atrio, ormai in gran parte modificato come hall di The Duke Hotel, su via Archimede.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta ebbe alcuni incarichi da parte di istituti religiosi a Roma. Tra questi i complessi di maggiore interesse sono la cappella e il noviziato delle suore di S. Maria Bambina in via della Camilluccia, del 1953; la clinica Salvator Mundi in viale delle Mura Gianicolensi, del 1955; la scuola delle suore di Nevers all’EUR, del 1955-56, con la sua cappella circolare dalla copertura a forma di cono, che avrebbe fatto da sfondo a un solitario Alain Delon in una scena del film L’eclisse di Michelangelo Antonioni (1962); la nuova sede dell’istituto Massimiliano Massimo all’EUR, del 1962, ovvero il prestigioso collegio dei gesuiti a Roma, che spostandosi dalla storica sede al palazzo Massimo nei pressi della stazione Termini per dotarsi di spazi esterni e di un complesso architettonico inserito in un contesto paesaggistico affacciato sul Tevere, diede l’incarico a tre studi professionali di ex alunni (gli studi di Passarelli, di Salvatore Rebecchini con Julio Lafuente, e di Lenti e Sterbini); il collegio internazionale Seraphicum, del 1962-64, sulla Laurentina, con lo studio Passarelli.
Dalla metà degli anni Sessanta Sterbini ebbe una serie di incarichi da parte di istituti bancari romani, per i quali realizzò le nuove sedi o ristrutturò gli interni: nel 1964 l’elegante e severa sede del Credito fondiario, su via Cristoforo Colombo, impreziosita da dettagli personalmente disegnati da Sterbini, e caratterizzata da giochi geometrici di ovali e cerchi che compongono i parapetti delle scale; nel 1965 l’arredamento dell’agenzia della Cassa di risparmio di Roma in corso Francia, in collaborazione con Egio Borgia; e nel 1968-69 la nuova agenzia della Cassa di risparmio di Roma in via Gallia, sempre con Borgia; e infine nel 1970, con Tommaso Breccia Fratadocchi, la direzione del Banco di S. Spirito a piazza del Parlamento, caratterizzata da grandi strutture in acciaio e vetro e dalle opere artistiche di Marcello Avenali.
Per quel che attiene agli interventi di edilizia residenziale, tra il 1959 e il 1961, Sterbini realizzò con il giovane Camillo Nucci il piano per il quartiere S. Filippo a Messina, commissionato a Guidi, ma che vide Sterbini sviluppare il progetto per il lungo edificio di controfalda.
Di particolare interesse due complessi residenziali del 1964-67 a Roma: quello di Pratorotondo, progettato con Elio Piroddi e Pietro Strini, e quello del quartiere ALPI, con Piroddi, Strini e Franco Donato, vincitore del premio nazionale In/Arch 1969.
In entrambe le opere, all’esaltazione figurativa della materia si aggiunge come scelta particolare l’inserimento di spazi privati e pedonalizzati che contribuiscono a un riuscito rapporto tra nuova architettura, contesto urbano e socialità degli abitanti.
Di rilievo fu anche il delicato e impegnativo intervento per la ristrutturazione del teatro Argentina, che vide Sterbini vincitore nel 1961 del concorso nazionale, con Lenti e Francesco Novelli e con la collaborazione di Nucci, e che fu realizzato tra il 1967 e il 1971. E ancora il progetto per il Centro sperimentale metallurgico a Castel Romano, del 1966, che Sterbini realizzò con Franco Donato, Aldo Matteoli e Michele Valori, e che vinse il premio In/Arch Lazio nel 1969: esso interpreta il tema del materiale prodotto in questi stabilimenti anche in chiave architettonica, attraverso un sapiente uso del ritmo geometrico dei frangisole in alluminio e dei rivestimenti in acciaio degli elementi cilindrici dei laboratori.
Durante gli ultimi anni della sua attività Sterbini si occupò della riproduzione di tutti i suoi progetti, realizzando tre cataloghi, conservati presso l’archivio privato di famiglia, organizzati cronologicamente, che sintetizzano la sua attività.
Mori a Roma l’8 marzo 1987.
Fonti e Bibl.: F. Sapori, Architettura in Roma, 1901-1950, Roma 1953, p. 163; V. Bacigalupi - G. Boaga - B. Boni, Guida dell’architettura contemporanea in Roma, Roma 1965, nn. F6, M12, M19; R. Pedio, Realizzazioni di un gruppo di architetti romani, in L’architettura: cronache e storia, 1969, n. 165, pp. 154-171; G. S., in Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, a cura di P. Portoghesi, VI, Roma 1969, pp. 79 s.; I cinema nella città. Mostra documentaria sulle sale cinematografiche di Roma, Roma s.d. (1984?), pp. 46 s., 56 s.; A.M. Ippolito - M. Pagnotta, Roma costruita. Le vicende, le problematiche e le realizzazioni dell’architettura a Roma dal 1946 al 1981, Roma 1982, pp. 62, 148; G. Muratore et al., Italia. Gli ultimi trent’anni, Bologna 1988, pp. 351, 378; I. De Guttry, Guida di Roma moderna dal 1870 ad oggi, Roma 1989, p. 141; G. S., in Guida agli archivi di architettura a Roma e nel Lazio. Da Roma capitale al secondo dopoguerra, a cura di M. Guccione - D. Pesce - E. Reale, Roma 2007, p. 173; P.O. Rossi, Roma. Guida all’architettura moderna, 1909-2011, Bari 2012, pp. 238, 379.