RUBINI, Giulio
RUBINI, Giulio. – Nacque a Dongo, sul lago di Como, il 1° marzo 1844, da Giuseppe e da Luigia Scalini.
Il padre era un imprenditore minerario e siderurgico, membro di una famiglia proprietaria, da più generazioni, di miniere di ferro e di una ferriera a Dongo. L’antenato Pietro Rubini le aveva acquistate nel 1771 e nel 1789 aveva installato un altoforno a carbone di legna. Nel 1833 miniere e ferriera appartenevano alla società Gaetano Rubini e figlio, che prese per consulente l’alsaziano Georges Henri Falck. Alcuni anni dopo la società assunse il nome di Rubini, Falck, Scalini e Comp. e poi nel 1850 – dopo il ritiro di Falck – quello di Rubini e Scalini. Nell’aprile del 1863 entrò nella famiglia Rubini Enrico Falck, figlio di Georges Henri, che sposò Irene, sorella maggiore di Giulio, e assunse la direzione dell’azienda siderurgica. In questo contesto crebbe e si formò Rubini, che dopo gli studi superiori venne mandato a studiare ingegneria prima a Zurigo e poi a Torino, dove conseguì la laurea nel 1865.
Nel 1866 partecipò alla terza guerra di indipendenza come volontario (soldato semplice) nel corpo comandato da Giuseppe Garibaldi. Tornato a Dongo, si occupò dell’azienda di famiglia e dopo la morte prematura del cognato Enrico Falck (1878) aiutò la sorella Irene a educare il nipote Giorgio Enrico, rimasto orfano di padre a 12 anni, destinato a divenire il maggiore imprenditore siderurgico italiano nel primo Novecento. Si occupò attivamente della ferriera Rubini e Scalini e, dopo la morte del padre nel 1880, ne assunse – assieme al fratello minore Aristide (1848-1905), anch’egli ingegnere – la responsabilità gestionale e la trasformò radicalmente, abbandonando le miniere di ferro, eliminando l’altoforno e dedicandosi soprattutto a seconde lavorazioni e laminazione.
Nel gennaio del 1888 la società mutò la ragione sociale da Rubini e Scalini a Rubini e C.; la metà del capitale apparteneva alla Società generale di credito mobiliare italiano e alla Banca di credito italiano, l’altra metà a Giulio e Aristide, che ne erano anche i gerenti, agli altri due fratelli, Filippo (avvocato) e Camillo, a Giovanni Battista e Gaetano Scalini e – con quote minime – alle donne della famiglia Rubini, sorelle e zie, Teresa, Caterina, Gaetana, Giuseppina, Irene, Elena, Emilia.
Frattanto aveva sposato Corinna Cassarino, con la quale ebbe due figli: Giuseppe (1878-1957) e Luigia.
Accanto alle attività imprenditoriali portò avanti un crescente impegno politico: uomo di destra, liberale e conservatore, ma illuminato nelle questioni sociali, divenne in breve tempo il «politico predominante della destra comasca» (Severin, 1975, p. 68). Il 23 maggio 1886 fu eletto alla Camera dei deputati (per la XVI legislatura), risultando secondo nel collegio di lista di Lecco (con 8110 voti). Da questo momento fu deputato ininterrottamente fino alla morte per altre otto legislature. Nelle elezioni del 23 novembre 1890 per la XVII legislatura fu terzo degli eletti nel medesimo collegio (con 7110 voti). Cambiata la legge elettorale, risultò vincitore nel collegio uninominale di Menaggio nelle successive votazioni fino alla Grande Guerra: il 6 novembre 1892 (con 2253 voti) per la XVIII legislatura, il 26 maggio 1895 (con 2015 voti) per la XIX, il 21-28 marzo 1897 (con 2261 voti) per la XX, il 3 giugno 1900 (con 1868 voti) per la XXI, il 6 novembre 1904 (con 2732 voti) per la XXII, il 7 marzo 1909 (con 3386 voti) per la XXIII, il 26 ottobre 1913 (con 5236 voti) per la XXIV legislatura.
In Parlamento non svolse funzioni di rilievo fino al marzo 1897, manifestando comunque grande competenza nell’analisi delle questioni finanziarie e, in particolare, del bilancio dello Stato; inoltre, il 9 luglio 1896 fu relatore di un disegno di legge per lavori e provviste per le linee ferroviarie in esercizio con il quale si predisponevano alcune modifiche alle convenzioni ferroviarie.
Per la sua competenza in materia finanziaria durante la XX legislatura (5 aprile 1897-17 maggio 1900) presiedette quasi ininterrottamente le commissioni parlamentari del ramo: la commissione generale del Bilancio e dei conti amministrativi (10 aprile 1897-15 luglio 1898); la commissione generale del Bilancio (21 novembre 1898-30 giugno 1899; 18 novembre 1899-17 maggio 1900).
Dopo la crisi di fine secolo e la caduta del governo Pelloux, all’inizio della XXI legislatura fu nominato ministro del Tesoro nel primo governo Saracco, incarico ricoperto dal 24 giugno al 20 dicembre 1900, durante il quale presentò in Parlamento due progetti di previsione: «Nota preliminare al nuovo progetto del Bilancio di previsione dell’entrata e della spesa per l’esercizio 1900-901» (26 giugno 1900), «Note preliminari alle variazioni che si propongono al bilancio di previsione per gli esercizi 1900-901, 1901-902» (30 novembre). Un riconoscimento della sua competenza lo ebbe durante la XXII legislatura (30 novembre 1904-8 febbraio 1909), in piena età giolittiana, quando, nel dicembre del 1904, fu nominato – sebbene fosse antigiolittiano – presidente della giunta generale del bilancio e dei conti amministrativi, incarico che tenne fino al termine della legislatura. Con l’inizio della XXIII legislatura fu nominato ministro dei Lavori pubblici nel secondo governo Sonnino, carica ricoperta dall’11 dicembre 1909 al 31 marzo dell’anno successivo. In questa veste l’11 febbraio 1910 presentò la «Terza relazione sull’esecuzione della legge 31 marzo 1904, n. 140, portante provvedimenti a favore della Basilicata per il periodo dal 1° gennaio 1908 al 30 giugno 1909». Nella XXIV legislatura (iniziata il 27 novembre 1913) fu ministro del Tesoro nel primo governo Salandra dal 21 marzo al 5 novembre 1914. In questa veste il 17 luglio 1914 presentò in Parlamento la Relazione intorno all’andamento degli istituti di emissione e della circolazione bancaria e di Stato per l’anno 1913. Fu contrario alla guerra, sia perché non riteneva giusto abbandonare la Triplice alleanza, sia perché «valutava realisticamente le condizioni finanziarie italiane, le possibilità militari, i pericoli che la distruzione dell’Austria avrebbe comportato nell’ambito balcanico e euro-orientale» (Severin, 1975, p. 133).
Nei vari momenti in cui fu ministro, presentò a sua firma 195 progetti di legge di iniziativa governativa riguardanti soprattutto esercizi provvisori, variazioni di bilancio, consuntivi, eccedenze di impegno e altre questioni economico-finanziarie. Al di là di questi impegni ministeriali, Rubini da parlamentare si occupò prevalentemente dei consueti problemi finanziari e fiscali; inoltre si dedicò molto (e invano) alla promozione della linea ferroviaria verso la Svizzera attraverso il traforo dello Spluga: in merito pronunciò discorsi il 9 giugno 1904, il 30 giugno 1905 e il 12 giugno 1908.
Come imprenditore siderurgico nel 1900 ebbe parte attiva nella fondazione dell’Assometal, associazione fra gli industriali metallurgici italiani, di cui fu nominato presidente onorario, mentre il nipote Giorgio Enrico Falck ne era il presidente. Dal novembre del 1909 l’Assometal pubblicò il periodico La metallurgia italiana, di cui fu attivo collaboratore fino alla morte. In questa fase ebbe grande rilievo anche la collaborazione imprenditoriale con Falck: nel 1906 apportò la ferriera di Dongo alla Società anonima acciaierie e ferriere lombarde, con sede a Milano, di cui Falck era maggiore azionista e presidente. Nel 1910 fondò il Corriere delle Prealpi e nello stesso anno fu promotore della Banca popolare Tre Pievi, società cooperativa in cui riuscì a coinvolgere sia parte del notabilato locale, sia esponenti della piccola borghesia di Dongo.
Morì a Milano il 24 giugno 1917.
Gli «venne eretto in Dongo un monumento, fuso dallo scultore milanese Luigi Secchi e dedicato il 27 giugno 1920» (Pellegrini, 2012, p. 348).
Fonti e Bibl.: Una recente sia pur sommaria biografia di Rubini è quella di E. Della Fonte, G. R., industriale, lariano, ministro del Regno, in Altolariana. Bollettino della Società storica Altolariana, 2011, n. 1, pp. 49-60. Per la sua attività parlamentare si veda: http://storia. camera.it/regno; per i dati sulle elezioni: http://dati.camera.it/ apps/elezioni/#tabs-5 (20 agosto 2016). Sul suo impegno politico si veda D. Severin, Lotta politica a Como. Formazione, svolgimento e crisi dei partiti. 1859-1925, Como 1975, ad indicem. Alcune notizie su Rubini e i suoi fratelli sono in R. Pellegrini, Dongo oltre il conosciuto. Mille anni di storia, Villa Guardia 2012, ad indicem. Notizie sulla sua fabbrica sono in A. Frumento, Imprese lombarde nella storia della siderurgia italiana. Il contributo dei Falck, I, Dal 1833 al 1913, Milano 1952, ad ind.; Radici di ferro: Dongo, la ferriera, il territorio, a cura di P.M. Gagliardi - P. Mazzo, Cinisello Balsamo 2008, pp. 54-56.