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PERTICARI, Giulio

di Guido Mazzoni - Enciclopedia Italiana (1935)
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PERTICARI, Giulio

Guido Mazzoni

Letterato, nato a Savignano in Romagna il 15 agosto 1779, morto a Pesaro il 26 giugno 1822: fu genero di V. Monti e accanto a lui militò nel campo dei classicheggianti. Reggendo nella terra natale e in Pesaro magistrature civiche, era partecipe e anima di quei cenacoli letterarî: nel 1812 le sue nozze furono festeggiate con gl'Inni agli Dei consenti; le conversazioni con B. Borghesi, con A. Amati, con F. Cassi, suo cugino, con A. Antaldi, ecc. gli furono costante alimento della resistenza agl'innovatori che sembravano, più che non fossero, ligi al forestierume. Una cantica, Il prigioniero apostolico, per il ritorno di Pio VII a Roma, lo mostra artista di maniera montiana; la Cantilena di Menicone, che parve una gran bella cosa, lo attesta fautore del ritorno alle forme tradizionali del canto rusticano; la versione dell'Atalie del Racine fu un'altra sfida ai drammaturghi romantici; il discorso Della necessità d'instituire in Roma una cattedra di letteratura classica ha il merito d'essere un angusto ma chiaro programma di classicismo. Ma, invece, si trovò senza proporselo ad aiutare proprio gl'innovatori quando, divulgando in Italia la dottrina di F. Raynouard (1761-1836) intorno alla storia della lingua provenzale, venne a divulgare le poesie dei trovatori, o quando raccomandò la collezione delle romanze spagnole messe insieme nel 1818 dal tedesco B. Depping, e animò i suoi studî filologici di un caldo sentimento nazionalistico. L'opera sua più famosa è Degli scrittori del Trecento e de' loro imitatori (1818).

In essa il P. intese a dimostrare che la lingua italiana delle origini fu contaminata dai vernacoli, sì che Dante la dispregiò a ragione, e che, per restituirla nella sua naturale nobiltà, occorre, oltre che correggere gli errori degli antichi amanuensi e sceverare il buono dal cattivo nella materia linguistica giunta a noi, arricchire il vocabolario con parole e costrutti omogenei al nucleo degno della lingua, attenendosi al "dir pensato e comune in tutte le città italiche", ma; principalmente, a quello della "felice Firenze, ove per la copia e l'altezza degli scrittori fu egli per lunghi anni meglio coltivato e fiorente n. Bastano queste righe a palesare l'incertezza delle idee del P., sebbene non si voglia negare al trattato il pregio di avere, nei limiti possibili allora, contribuito a chiarire il ragionamento e il proposito di Dante, e però la questione della lingua italiana. Il Perticari confutato da Dante fu nel 1825-26 la risposta che non tardò a fare il Tommaseo; e Sulla verità delle dottrine perticariane, fu, dal 1830 al 1845, la risposta che a varie riprese fece Giovanni Galvani. Anche di recente si è tornati sulla questione, che sino dal 1871 l'Ascoli seppe scientificamente risolvere. Un'altra opera del P., Dell'amor patrio di Dante e del suo libro intorno il Volgare Eloquio (1820) costituisce, in quel senso medesimo, il trattato dottrinale della montiana Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca.

Scrittore grave, elegante con quella volontà di riuscir tale che scema l'eleganza stessa, il P., che al Giordani apparve più vecchio del suocero, procede pacato e corretto; e sa, nelle ben architettate argomentazioni, dissimulare abbastanza quanto hanno di non saldo o di non rigorosamente logico.

Bibl.: G. Scipioni, G. P., letterato e cittadino, Faenza 1888; C. Aru, Un amore giovanile di G. P. a Roma, in Atti del primo Congresso di studi romani, Roma 1928; P. Murari, G. P. e le correzioni degli editori milanesi al "Convivio" con docc. inedd., in Giorn. dantesco, n. s., II (1897); M. Pelaez, Notizia degli studi di G. P. sul "Dittamondo", in Atti d. R. Accad. lucchese, XXIX (1897); G. Nicolussi, Ancora intorno agli studi di G. P. sul "Dittamondo", in Giorn. storico d. lett. ital., XXXI (1898); P. Franciosi, Il Borghesi e il P. cittadini patrizi della repubblica di S. Marino, in La Romagna, I (1904); A. Panella, in Romagna, II (1905). Del P. naturalmente si parla in tutte le opere che discorrono della questione della lingua; le più recenti sono registrate in G. Mazzoni, L'Ottocento, 2ª ed., Milano 1934, dove anche è aggiornata la bibl. perticariana.

Vedi anche
Vincenzo Mónti Mónti, Vincenzo. - Poeta (Alfonsine 1754 - Milano 1828); iniziò gli studî sotto la guida di un prete di Fusignano e li continuò nel seminario di Faenza, dove apprese bene il latino e fu educato al gusto della poesia di Virgilio. A Ferrara intraprese gli studî di giurisprudenza, che abbandonò poi per ... Niccolò Tommasèo Tommasèo ‹-ʃ-›, Niccolò. - Scrittore (Sebenico 1802 - Firenze 1874). Nato in una famiglia di commercianti italiani, compiuti i primi studî nel seminario di Spalato, nel 1817 si trasferì per gli studî di legge a Padova, dove conobbe A. Rosmini. Nell'ambiente padovano, dopo il conseguimento della laurea ... Borghési, Bartolomeo, conte Borghési ‹-si›, Bartolomeo, conte. - Studioso delle antichità romane (Savignano di Romagna 1781 - San Marino 1860), si dedicò soprattutto allo studio dell'epigrafia e della numismatica fin da giovanissimo e vi consacrò la vita, pur svolgendo con successo il compito di segretario degli Affari esteri nella ... Antonio Césari Césari ‹-ʃ-›, Antonio. - Letterato (Verona 1760 - Ravenna 1828). Sacerdote, dedicò la sua vita agli studi letterarî e all'esercizio esemplare del suo ministero. Ebbe fama e autorità come capo dei "puristi", come, cioè, il più attivo e convinto propugnatore del ritorno alla lingua del Trecento (non esclusi ...
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Vocabolario
giùlio¹
giulio1 giùlio1 agg. [dal lat. Iulius]. – Appartenente alla gente Giulia, gente patrizia romana che, già illustre nel sec. 5° a. C., si inserì in seguito, soprattutto per opera di Cesare e di Augusto, nella leggenda delle origini troiane...
giulìo
giulio giulìo agg. – Variante poet. ant. di giulivo: S’i’ non ti veggo ogn’or donna giulìa (Poliziano); Verde ride il tuo velo a la giulìa Primavera d’amore (Carducci).
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