TORNO, Giulio Nicolò
– Nacque a Napoli l’11 maggio 1672, figlio naturale di Giovanni Antonio, di un’antica famiglia di origini fiorentine, e di Rosaria Laudico. Fu battezzato in cattedrale il 16 maggio 1672.
Già munito di dispensa pontificia per l’irregolarità della nascita, recepita in diocesi dal vicario generale Francesco Verde, contava quindici anni quando nel 1687 chiese di essere ascritto al clero napoletano e di ricevere la prima tonsura (era stato cresimato l’8 settembre 1686 da Domenico Menna, vescovo di Minori, autorizzato da Verde, allora vicario capitolare, e gli era stato padrino Giuseppe Villaldo d’Avalos). Affidato come ponente al canonico Michelangelo Cotignola, futuro vescovo d’Ischia, studiò logica presso il collegio domenicano di S. Tommaso d’Aquino, come attestato da Cesare Francesco Lucini, lettore di logica, ed ebbe come «precettore» il futuro maestro del Sacro Palazzo e cardinale, Gregorio Selleri. Per i sacramenti frequentò la congregazione degli studenti del collegio, animata da Casimiro Vitaliano, lettore di teologia morale. Esposte le pubblicazioni nella parrocchia di S. Anna di Palazzo, fu ascritto al clero il 20 settembre 1687 e ricevette la citata tonsura il seguente 23 settembre nella basilica di S. Restituta, nel corso delle ordinazioni generali tenute da Giovanni Battista Nepita, vescovo di Massa Lubrense, in luogo dell’arcivescovo, il cardinale Antonio Pignatelli. Il 7 novembre di quello stesso anno domandò i primi ordini minori, cui fu ammesso il 1° dicembre. Agli inizi del 1688 richiese gli altri due ordini minori, per i quali il canonico Cotignola gli riconobbe i requisiti il 17 marzo; il 1° dicembre di quell’anno poté così ottenere ostiariato e lettorato all’altare maggiore della cattedrale dal vescovo d’Ischia, Gerolamo Rocca, in sostituzione dell’arcivescovo Pignatelli.
Pur desideroso di votarsi alla vita ecclesiastica, si dedicò agli studi giuridici presso l’Università di Napoli, dove si addottorò in utroque iure (4 giugno 1693), esercitando per qualche tempo anche l’attività forense. Dopo aver ripreso gli studi teologici presso i domenicani, ricevette suddiaconato (19 settembre 1693) e diaconato (5 giugno 1694). Fu ordinato sacerdote a Pozzuoli il 2 aprile 1695, ma come membro del clero della diocesi calabrese d’Isola.
Verosimilmente già incardinato nell’arcidiocesi di Napoli, l’8 maggio 1696 fu accolto come novizio nella Congregazione diocesana delle Apostoliche missioni. In questa, cui fu particolarmente legato e per lungo tempo, ricoprì diversi ruoli, fino a essere scelto come superiore per due trienni (1730-33, 1740-43).
Insegnò teologia nel seminario di Napoli; fra gli altri, ebbe come alunno s. Alfonso Maria de’ Liguori, che nei suoi scritti lo avrebbe ricordato con venerazione (Opere ascetiche, a cura di O. Gregorio - G. Cacciatore - D. Capone, Roma 1960, pp. 341-343). Durante l’episcopato del cardinale Francesco Pignatelli fu esaminatore del clero (1718), esaminatore sinodale (1724), giudice ecclesiastico (1725), teologo arcivescovile (1726) – da tre anni era già teologo del vescovo di Aversa, il cardinale Innico Caracciolo di Martina –, revisore ecclesiastico per la stampa, teologo del sinodo diocesano del 1726 e promotore fiscale del S. Uffizio (30 aprile 1728). Già canonico della cattedrale (possesso del 28 dicembre1730) deputato per i seminari, da Benedetto XIV fu nominato vescovo titolare di Arcadiopoli (7 dicembre 1744) e consigliere del Tribunale misto, ufficio da cui si dimise pochi giorni prima della morte. Fu membro dell’Almo Collegio dei teologi, per il quale approntò nuovi statuti e del quale, primo sacerdote diocesano, fu pure decano (1749-50).
Fu revisore ecclesiastico delle principali opere di Giambattista Vico, intervenendo con ampie aggiunte alla redazione della Scienza nuova seconda (1730) e alla terza ristampa dei Principi di scienza nuova (1744). Fu coinvolto anche nelle pubblicazioni di Antonio Genovesi, che lo stimava buon teologo, ma senz’altro miglior politico. Fra le molte opere che dovette autorizzare va segnalata la stampa del trattato De Gratia del lucano Niccolò Piccinni (1753), accordata nonostante l’impostazione teologica dell’autore fosse distante dalla dottrina tomistica, cui si rifaceva Torno.
Pur senza dare alle stampe molti lavori, se non alcune note attinenti alle pratiche trattate per ufficio, ebbe fama di teologo esperto, dalla memoria ferrea anche in età avanzata. Curò e integrò con note il commento alle Sentenze di Pietro Lombardo di Willem Hessels van Est (noto in Italia come Guglielmo Estio) in un’edizione a stampa del 1720 apparsa anonima, di cui egli fu revisore e censore (In quatuor libros sententiarum commentaria quibus pariter S. Thomae summae theologicae partes omnes mirifice illustrantur cum triplici indice, Neapoli). L’opera gli fu attribuita da vari autori contemporanei, primo fra tutti s. Alfonso Maria de’ Liguori. Gli sono assegnati anche quattro tomi di Proposizioni a confutazione dell’Istoria civile di Pietro Giannone, di cui egli fu censore nel 1723 per incarico del cardinale Pignatelli. L’opera, documentata da sette copie manoscritte, non andò in stampa. Furono pubblicate, invece, ma anonime, due sue allegazioni difensive dei padri certosini di S. Martino innanzi al Consiglio collaterale, contro il Regio fisco e l’ospedale di Spina Corona, sostenuti dal giudice della Gran corte della Vicaria Francesco Mastellone (Difesa de’ Padri di S. Martino e della loro certosa di Napoli, contra le pretensioni dell’avvocato dello spedale di S. Corona Spina, s.n.t. [1731], e una Risposta, conservata presso la Biblioteca dei Girolamini a Napoli).
Almeno altri otto scritti minori gli furono attribuiti da autori contemporanei, tra lettere, opuscoli e prefazioni, inclusa un’orazione per i funerali del cardinale Pignatelli (Funerali celebrati nella morte dell’eminentissimo cardinale Francesco Pignatelli de’ duchi di Monteleone [...] nelle venerabili chiese di S. Paolo Maggiore, e SS. Apostoli de’ chierici regolari, Napoli 1735).
Sostenne l’apertura del Collegio dei cinesi di Matteo Ripa, alla cui inaugurazione intervenne personalmente. Diresse il conservatorio di S. Maria dello Splendore ed ebbe come penitente Maria Maddalena Sterlich, che là viveva. Favorì gli inizi della vocazione da terziaria di s. Maria Francesca delle Cinque Piaghe. Fu in relazione con suor Maria Celeste Crostarosa, fondatrice delle monache del SS. Salvatore, e con numerosi vescovi del Napoletano. Per conto del cardinale Antonino Sersale prese possesso dell’arcidiocesi di Napoli (23 febbraio 1754).
Morì a Napoli la sera del 12 aprile 1756 e fu sepolto nella cappella di famiglia, nella demolita chiesa di S. Anna vecchia di Palazzo.
Fu al centro di due generazioni di intellettuali a lui legati, quella di Vico e Giannone, più impegnati nella controversia giurisdizionalistica, e quella di s. Alfonso e Genovesi, segnati da affinità religiosa, nonché più docili e concilianti sul tema del confronto giurisdizionale, sia pure per differenti sensibilità (Genovesi, in particolare, per motivazioni filosofiche d’impronta newtoniana basate sugli equilibri delle forze cosmiche, che lo portavano a superare qualsiasi forma di contrapposizione radicale). In un momento in cui l’Europa cattolica passava faticosamente dal cartesianesimo al newtonianesimo, Torno si schierò per Vico, ma fu contro Giannone. Vico, pur rivendicando la scoperta di una «scienza nuova», copriva l’innovazione di oggettive oscurità, che, pilotate dalle annotazioni di Torno, riuscivano ad allinearsi a una dottrina ortodossa. Quella stessa che, invece, era messa in discussione dai progressi delle ricerche empiriche, matematiche e filologiche, e dal rinnovamento che scalfiva statuti epistemologici consolidati, intorno ai quali era arroccato l’aristotelismo della teologia romana che Torno professava attraverso un cartesianesimo spiritualistico. E a Napoli, contro questo arroccamento, prendeva posizione Giannone per l’avanzamento delle scienze storiche e filologiche; ma sensibilità non dissimile mostrava anche parte del mondo cattolico espressione di correnti naturalistiche, sperimentalistiche e antidogmatiche, come potevano essere l’abate Celestino Galiani a Napoli o, fuori del Regno, Guido Grandi e Giovanni Bottari.
Un ritratto di Torno in abito corale, oggi presso la curia arcivescovile di Napoli, gli fu dedicato dalla Congregazione delle apostoliche missioni.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Torno si conserva presso Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Dataria apostolica, Processus Datariae, 121, cc. 290r-312v; Napoli, Archivio storico diocesano, Sacra patrimonia, pandetta I, f. 3221; Archivio capitolare e Archivio di Stato di Napoli, fondo Tribunale Misto.
Lo studio più completo, con ampia documentazione archivistica e indicazioni sulle opere manoscritte, è quello di O. Pacia, G.N. T. Un teologo e giurista del Settecento napoletano, Napoli 1999. Inoltre: G.G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, pp. 311-313; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie, V, Napoli 1786, p. 467; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 64, 256, 303; B. Laviosa, Vita di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe di Gesù Cristo, terziaria professa alcantarina, Roma 1866, p. 14; P. Santamaria, Historia Collegii Patrum Canonicorum Metr. Ecclesiae Neapolitanae, Neapoli 1900 [ma 1902], p. 517; K. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VI, Patavii 1958, p. 96; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna, Napoli 1971, p. 12; Dal Muratori al Cesaretti, V, a cura di R. Ajello et al., Milano-Napoli 1978, p. 811; A. Gisondi, A proposito di un teologo e giurista del Settecento. G.N. T. (1672-1756), in Bollettino del Centro di studi vichiani, XXXIV (2004), pp. 221-254.