MURATORI, Giulio
– Nacque a Trento il 26 novembre 1909, da Mario e da Giuseppina Pellicani, secondogenito di tre fratelli.
I genitori, originari della provincia di Modena, si spostarono in varie città venete e infine a Firenze in conseguenza della professione esercitata dal padre, docente universitario di veterinaria.
Conseguì a Udine il diploma di maturità scientifica, dedicandosi nel frattempo allo studio della musica e alla montagna, essendo provetto sciatore e anche appassionato di escursionismo. Si iscrisse nel 1927 alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova, dove subito manifestò grande passione per l’istologia – della quale ebbe per maestro Tullio Terni – tanto che, trasferitosi a Padova, si munì di strumentazione propria. Si laureò, summa cum laude, nel 1933 e già nel medesimo anno iniziò la sua carriera accademica presso l’Istituto di anatomia di Padova, del quale divenne direttore Terni.
Dal 1934 al 1938 varie borse di studio gli permisero di perfezionarsi sia negli Stati Uniti, segnatamente all’università Johns Hopkins di Baltimora e alla Woods Hole Oceanographic Institution del Massachusetts, e in Germania, all’università di Monaco di Baviera. Nel frattempo, svolse anche il servizio di leva militare come ufficiale medico del 58° reggimento fanteria. Conseguita la libera docenza in anatomia umana, divenne aiuto nel 1941, per iniziativa di Luigi Bucciante, suo maestro dopo Terni, e insegnò anatomia e istologia sia a Padova sia a Ferrara, città dove lasciò un profondo segno. Nel divampare della seconda guerra mondiale, riuscì a svolgere il mandato universitario di didattica e di ricerca nelle due sedi, a prezzo di notevoli sacrifici ed esponendosi anche a pericoli (si narra che sia stato oggetto di un mitragliamento aereo, cui scampò fortunosamente; Battaglia, 1992). Nel 1942 sposò Sofia Mambrini, da cui ebbe tre figli: Mario, Vittoria e Giuseppina. Nel 1943 ottenne la nomina a socio dell’Accademia delle scienze di Ferrara.
Dal 1946 al 1949, essendo stata la direzione dell’Istituto di anatomia di Ferrara affidata a Francesco Loreti, continuò l’attività universitaria solo a Padova, per riprendere la docenza a Ferrara nel 1949. Risultato vincitore del concorso alla cattedra di anatomia e istologia dell’Università di Bari, rinunciò a favore di analogo incarico all’Università di Ferrara, in cui nel maggio 1951 divenne professore straordinario e alla quale rimase fedele – tanto da definirsi scherzosamente «Julius Anatomicus Ferrariensis» – fino alla morte (Battaglia 1992).
Oltre a svolgere un’intensa attività accademica, Muratori contribuì a potenziare la facoltà medica ferrarese, presso la quale dal 1956 iniziarono nuovamente a conseguirsi le lauree in medicina e chirurgia. Si adoperò per ricostruire l’Istituto di anatomia, lasciato a uno stato di abbandono, per quanto attiene sia l’edificio sia le dotazioni necessarie alla didattica, provvedendo a far realizzare numerose tavole anatomiche da vari autori, tra cui anche studenti della facoltà di medicina e dell’Istituto d’arte Dosso Dossi, a far montare vecchi scheletri e ad acquisirne altri, ad acquistare modelli anatomici e, infine, filmati. In nome dei suoi principi e della sua impostazione fortemente sperimentale dello studio della medicina, oltre a procurare questo materiale didattico, impose agli studenti rigorose esercitazioni pratiche sul cadavere (si conta che dal 1940 al 1970 siano transitati all’Istituto di anatomia di Ferrara 250 cadaveri, sottoposti da Muratori a dissezione a scopo didattico).
La sua versatilità culturale lo portò a estendere gli studi anche alla storia della medicina, con particolare riguardo a quella di Ferrara, di cui – in realtà – poco si conosceva, se non i nomi dei medici più celebri, quali Giovan Battista Canano, Niccolò Leoniceno e Antonio Musa Brasavola. Muratori, che dell’opera di Canano era venuto a conoscenza durante la permanenza alla Johns Hopkins University – dove negli anni Venti era stata riprodotto un fac-simile della Musculorum humani corporis picturata dissectio del grande anatomico del Cinquecento – con l’ausilio di suoi allievi iniziò a studiare documenti, anche inediti, di Canano e di altri studiosi ferraresi della stessa epoca (soprattutto Leoniceno e Brasavola). Col tempo, riuscì a ricostruire pagine di storia della medicina ferrarese, contribuendo a identificare luoghi e eventi caratterizzanti, con particolare attenzione per l’epoca rinascimentale, ritenendo che la scuola medica fosse di impronta revisionistico-sperimentale, piuttosto che medico-filologica.
Tale contributo non fu solo speculativo, ma finalizzato a rivalutare la cultura della città estense, tanto anche da attivarsi per salvare e recuperare edifici storici frequentati da uomini illustri, come il complesso della chiesa e del convento dei domenicani, dove furono rinvenute le tombe di Leoniceno e Canano, la biblioteca Calcagnini, il teatro anatomico di Palazzo Paradiso e altri. Invero, fu proprio Muratori a proporre il trasferimento del sarcofago di Celio Calcagnini (umanista e docente universitario ferrarese del XVI secolo) nel convento di S. Domenico, edificio che venne salvato grazie anche al suo interessamento. Partecipò anche all’esumazione delle ossa degli Estensi nella chiesa sconsacrata di S. Maria degli Angeli, da lì tradotte al Corpus Domini. Scopo di Muratori era incitare il mondo politico cittadino alla salvaguardia del patrimonio culturale, soprattutto medico (Menini, 1992). Nel 1970, per il suo appassionato impegno, ricevette dalla città il premio Alberto V d’Este. L’anno seguente, quasi in punto di morte, fu insignito della medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione.
Le profonde conoscenze storiche di Muratori fecero sì che nell’attività didattica egli fosse fortemente influenzato dai maestri della medicina del passato, ma anche dai filosofi loro coevi, dei quali, per ‘plasmare’ gli allievi secondo una rigorosa logica di ricerca scientifica, usava citare alcune massime. Tre, che gli erano particolarmente care (Chiarini, 1992), testimoniano l’ermeneutica e l’epistemologia insita nel suo pensiero: «Verum in mortuorum dissectione omnes hominis partes brevi tempore cognoscimus » (dal Muscolorum humani corporis picturata dissectio di Canani, 1541); «Vivitur ingenio, caetera mortis erunt» (dal De humani corporis fabbrica di Vesalio, 1543); «Simplex sigillum veri» (aforisma di Erasmo da Rotterdam).
Diede testimonianza della sua attitudine alla ricerca laureandosi dopo avere già pubblicato 19 lavori scientifici. La stessa attitudine lo portò a continuare assiduamente la sua opera fino a poco prima della morte (Lambertini, 1992). Nonostante le ricerche che gli hanno dato notorietà internazionale siano quelle sui paragangli (piccole strutture anatomiche associate a gangli nervosi, secernenti adrenalina e adiacenti agli organi viscerali), si occupò di numerosi argomenti di morfologia, sia microscopica sia macroscopica. Fra i risultati conseguiti si possono ricordare la documentazione con film dell’attività ameboide degli ovociti embrionali di pollo, dopo l’esperienza negli Stati Uniti, e delle capacità di differenziazione del pronefro durante le fasi di sviluppo del tritone, a seguito degli studi intrapresi in Germania; la definizione, mediante utilizzazione di tecniche neurofibrillari in grado di investigare l’innervazione polmonare di alcune specie animali (rettili e uccelli), della localizzazione di gangli e fibre nervose, ma anche dei recettori arteriosi deputati ai riflessi cardio-presso-regolatori di alcuni amnioti (rettili e uccelli), nonché dell’uomo; l’osservazione tramite microcinematografia della motilità del canale dell’epididimo del ratto, anche dopo l’effetto di alcuni farmaci. Inoltre apprese sperimentalmente, nel pollo e quindi nell’uomo, le modalità di sviluppo della vascolarizzazione dell’articolazione dell’anca; studiò la vascolarizzazione dei linfonodi intestinali di alcuni mammiferi e dell’uomo, verificando le differenze in funzione dell’evoluzione dei follicoli; si dedicò allo studio della natura e della morfologia dei vasi nutritizi del sistema arterioso dell’uomo, ma soprattutto dell’aorta e dell’arteria polmonare, rilevando in queste l’unitarietà della loro irrorazione; osservò con attenzione le differenze morfologiche in varie strutture vascolari, con particolare riguardo per il seno carotideo, individuando la sede dei pressocettori. Le numerose rilevazioni anatomiche non furono solo di natura strutturale, ma anche funzionale (basti ricordare, in proposito, la descrizione delle differenze dei rapporti anatomici dei vasi del collo e del torace in relazione al variare delle posizioni della testa).
Tuttavia, indubbiamente, come già ricordato, il contributo alla conoscenza del sistema paragangliare (Howe, 1992) – ovvero un aggregato (paraganglio) di tessuto costituito da cellule neuroendocrine, localizzate in sede diversa dalle ghiandole surrenaliche e distribuite in prossimità o all’interno del sistema nervoso simpatico, oppure anche in alcuni gangli simpatici di vari organi, le quali si attivano rilasciando catecolamine come risposta a uno stimolo chimico – rappresenta la ricerca che lo ha reso più noto a livello internazionale.
Già nel 1930 pubblicò il suo primo contributo scientifico sull’argomento. I suoi studi sui paragangli si affiancarono a quelli coevi dei tedeschi Heinrich Ewald Hering ed Eberhard Koch, dello spagnolo Fernando De Castro e del belga Jean-François Corneille Heymans, premio Nobel per la medicina o la fisiologia nel 1938. In realtà, in tale campo, ingiustamente Muratori fu escluso – come altri ricercatori dell’epoca – dalle revisioni bibliografiche dei lavori scientifici pubblicati sull’argomento.
In particolare, assumono notevole rilevanza le sue osservazioni sulla struttura del glomo carotideo e di altri aggregati cellulari localizzati lungo l’aorta e alcuni suoi rami, con funzione di chemocettori, ovvero di rilevatori delle variazioni della tensione di ossigeno nel sangue circolante. Nel 1935, infatti, descrisse per primo, in alcuni mammiferi, uccelli e rettili, alcuni paragangli (che definì «glomi aortici»), localizzati in prossimità delle arterie succlavie, dell’aorta e dell’arteria polmonare, e dotati di una ricca innervazione sensoriale. A buon motivo ritenne tali strutture simili al glomo carotideo e altri ricercatori confermarono tali conclusioni. Quando Heymans dimostrò l’esistenza di regioni riflessogene in sede cardiaca e aortica, senza tuttavia identificare le cellule deputate a tale funzione, fu proprio Muratori a fornire la risposta, attraverso approfonditi studi istologici di queste strutture. Analogamente, se De Castro può essere ritenuto colui che ha riconosciuto la presenza del glomo carotideo, furono ancora gli studi istologici di Muratori a evidenziare l’esistenza di numerosi paragangli disseminati lungo il decorso del 9° e del 10° nervo cranico, a dimostrazione di un complesso sistema di chemocettori, sensibili alla composizione chimica del sangue circolante. Negli anni che seguirono, molti approfondimenti su queste strutture (sia di anatomisti, sia di fisiologi) ebbero come punto di riferimento gli studi di Muratori.
Morì a Ferrara il 3 novembre 1971.
Fonti e Bibl.: G. M. Anatomico ferrarese. Atti del convegno, Ferrara 1992 (contiene: G. Battaglia, G. M. Appunti bibliografici, pp. 17-23; G. Lambertini, L’indirizzo e i risultati della ricerca morfologica di G. M., pp. 25-30; A. Howe, Il contributo di G. M. al progresso delle conoscenze dei paragangli, pp. 31-38; C. Menini, L’appassionata ricerca storica di G. M., pp. 39-46; C. Chiarini, La didattica di G. M., pp. 47-57).