MINOLETTI, Giulio
– Nacque a Milano il 19 apr. 1910, da Carlo ed Emma Rugarli.
Laureatosi nel 1931 presso la Scuola superiore di architettura del Politecnico di Milano, iniziò una lunga carriera che lo vedrà impegnato su più fronti, dall’architettura, all’urbanistica, al design, da solo o più spesso al fianco di altri architetti, ingegneri e artisti.
Formatosi nella cultura del razionalismo, si cimentò con i grandi temi del secolo, facendosi interprete delle tendenze più all’avanguardia e conferendo spesso una connotazione fortemente personale ai progetti.
Sebbene la maggior parte delle sue opere sia concentrata a Milano, fu attivo anche a Varese, a Gallarate, in Liguria, nel Lazio, in Sicilia e all’estero. Molti dei suoi committenti furono grandi aziende e privati.
Ancor prima di laurearsi partecipò al concorso nazionale per un giardino all’italiana, vincendo il primo premio (1930); l’anno successivo vinse nuovamente il primo premio al concorso nazionale per i grandi magazzini a strutture d’acciaio (concorso Falk di secondo grado).
Al 1933 risale la realizzazione con F. Marescotti della sua prima opera architettonica, un edificio per abitazioni e negozi a piazzale Istria a Milano.
Negli anni Trenta partecipò a molti importanti concorsi indetti dal regime, tra cui ricordiamo quelli per il nuovo piano regolatore di Busto Arsizio (primo premio) e per il nuovo piano regolatore di Gallarate (secondo premio), entrambi del 1933; il concorso per una torre littoria in piazza Duomo a Milano (1934), per cui elaborò un progetto volutamente in netto contrasto con l’architettura della cattedrale e degli edifici circostanti; i concorsi per la sistemazione della piazza Monte Grappa a Varese (1934), per il palazzo dell’Acqua e della Luce all’E42 a Roma (1939-40; con I. Gardella, F. Albini, G. Palanti, G. Romano, L. Fontana) e per la casa del fascio a Gallarate.
Quest’ultimo fu l’unico realizzato. Il tema non era nuovo e il M. lo aveva già affrontato nel corso dei suoi studi. Il Comune aveva bandito un primo concorso, poi seguito da un altro di secondo grado, vinto dal M. con G. Palanti. Il progetto, del 1938, fu portato a compimento tra il 1939 e il 1940. Fra i temi portanti, il rapporto con lo spazio della piazza Garibaldi e con la chiesa di S. Pietro e la casa Caroli, risolto attraverso la realizzazione di corpi di altezze distinte. La parte più bassa, rivolta verso la piazza, assumeva un carattere monumentale, anche in virtù della presenza di una grande vetrata leggermente aggettante, che emergeva al centro della facciata monocromatica, priva di altre aperture.
Nel 1936 progettò la colonia climatico-balneare per bambini a Formia (commissionatagli dall’Ente nazionale fascista della mutualità scolastica), completamente distrutta nella seconda guerra mondiale.
Del 1938 è la proposta di un piano regolatore per la zona Sempione-Fiera di Milano (noto come «Milano verde», con F. Albini, I. Gardella, G. Pagano, G. Palanti, G. Prevedal, G. Romano). In molte altre occasioni il M. tornò sul tema della città; tra il 1938 e il 1941 fece parte del gruppo che elaborò gli studi per le «quattro città satellite», quartieri autosufficienti per la popolazione operaia da collocarsi alla estrema periferia milanese (non realizzati; Grandi - Pracchi, pp. 201 s.) e gli edifici del quartiere Gabriele D’Annunzio dell’Istituto fascista autonomo case popolari (IFACP).
Svolse attività didattica presso il Politecnico di Milano, dove insegnò architettura e composizione architettonica dal 1933 al 1949, con una sola interruzione nel 1943.
Nel secondo dopoguerra si impegnò nei problemi della ricostruzione, particolarmente sentiti in una città che, come Milano, aveva subito gravi devastazioni, partecipando alle commissioni di studio per il nuovo piano regolatore (1947-53).
Attivo nel Movimento studi architettura (MSA), di cui fu uno dei fondatori e presidente tra il 1953 e il 1955, e nella sezione lombarda dell’ Istituto nazionale urbanistica (INU), partecipò attivamente al dibattito sulla crescita e lo sviluppo della città di Milano, non soltanto attraverso il lavoro progettuale, ma anche con una serie di scritti e pubblici interventi, invocando la necessità di «un piano regolatore legale, che ci difenda dal disordine, dalla sciatteria, dalla casualità, dalla speculazione, un piano, insomma, veramente regolatore di Milano» (G. Minoletti, in Corriere della sera, 29 luglio 1951).
Tra i vari progetti di quegli anni si ricordano l’edificio per abitazioni Ina-Casa al quartiere QT8 (Quartiere Triennale 8; 1950-51 con M. Mazzocchi e G. Ponti) e il progetto del quartiere Ina-Casa Vialba I (1957-60; con E. Cerutti, P. Lingeri, V. Latis, M. Morini, M. Tevarotto).
Nel 1949 aveva realizzato con G. Chiodi, con il quale collaborerà condividendo lo studio sino alla fine degli anni Sessanta, ed E. Martelli la «casa del cedro», così detta dal grande cedro del Libano che occupava il lotto.
Per salvaguardare l’albero i progettisti decisero di scomporre l’edificio in due parti, collegate da un passaggio aereo e distinte per funzioni, quella più alta destinata a residenza, quella più bassa a uffici. La distinzione è sottolineata anche dall’uso di materiali diversi, rispettivamente marmo di Candoglia e pietra di ceppo (Grandi - Pracchi, p. 281).
Nel 1952 progettò la sede ex-Liquigas a Milano in corso Venezia, edificio pensato come una «vera architettura di luce»: le finestre, con tende alla veneziana in acciaio e impianto elettrico predisposto, dopo la chiusura degli uffici si trasformavano in altrettanti pannelli pubblicitari (Accossato, p. 14).
Sempre a Milano il tema della luce sarà ripreso nel cosiddetto «palazzo di fuoco» (con G. Chiodi, progetto 1957-59, realizzazione 1959-63), un palazzo per uffici a piazzale Loreto realizzato con pareti vetrate illuminabili, un unico serramento modulato di 685 finestre con tende alla veneziana manovrabili elettricamente.
L’edificio, in cemento armato, era altamente innovativo e complesso, dal punto di vista sia strutturale sia impiantistico: sul tetto vi erano un grande orologio, una stazione meteorologica che indicava le previsioni del tempo a seconda dei colori assunti da una sfera a cerchi concentrici e un giornale luminoso formato da 10.200 lampadine (Zucchi, pp. 320-328).
A partire dal 1955 il M. progettò la mensa impiegati della Pirelli alla Bicocca a Milano (con G. Chiodi e P. Valtolina), inaugurata all’inizio del 1957.
Si tratta di una delle realizzazioni più importanti del M., purtroppo demolita nel 1998. La grande sala con capriate in ferro rovesciate, era caratterizzata da una vetrata che ne occupava tutto il lato est e da cui era visibile una striscia di giardino attraversata da un sottile corso d’acqua.
Anche l’attività nel campo dell’edilizia residenziale continuò con una certa intensità consentendo al M. di esplorare i temi della pianta libera e della fusione tra elementi naturali, opere d’arte e architettura.
Tra le più importanti realizzazioni va ricordato l’edificio per abitazioni detto «ai giardini d’Arcadia» a corso di Porta Romana a Milano (1959; con G. Chiodi e L. Lanza). La casa riprende il tema, già esplorato da G. De Finetti e da L. Figini e G. Pollini, della residenza urbana a ville sovrapposte. Il M. scelse l’appartamento nel sottotetto organizzandolo su due piani, con terrazze a più livelli, quasi giardini pensili con vasche d’acqua, piante, fiori e un piccolo prato (M.C. Loi, in La casa milanese di G. M., pp. 10-13).
Affrontò inoltre il tema della villa cui si era dedicato ancora studente con un progetto per la IV Triennale (Zucchi, p. 18) e che continuò a trattare con soluzioni sempre diverse, tra cui si ricorda in particolare la villa di Fiumelatte per Paolo Hasenmayer (1941-42).
In più occasioni fu impegnato negli allestimenti di interni di treni, aerei e navi da crociera impegnandosi affinché «ogni parte dell’arredamento corrispondesse esattamente alla funzione che le era riservata» (Bassi, p. 61).
In particolare nel secondo dopoguerra lavorò con continuità per la fabbrica Breda di Sesto San Giovanni, disegnando gli interni dell’elettrotreno di lusso ETR300, noto come il «Settebello» (1950), e dell’ETR250 (detto «Arlecchino», 1960). Progettò alcuni interni di aerei civili italiani della Breda-Zappata tra cui il BZ308 (1948, quadrimotore per voli transatlantici). Lavorò inoltre agli interni di alcune grandi navi italiane: l’«Africa» e l’«Andrea Doria» nel 1952; la «Cristoforo Colombo» nel 1954; la «Leonardo da Vinci» nel 1959.
Nel 1953 studiò la carrozzeria per il treno monorotaia Alweg e si cimentò in alcuni progetti per autoveicoli, affrontando tra l’altro per l’Alfa Romeo e la carrozzeria Boneschi il tema dell’auto trasformabile che doveva poter essere «aperta quanto una macchina sportiva senza fiancata, oppure con fianchi chiusi e soffitto rigido aperto, oppure completamente chiusa» (Bassi, p. 57).
Intanto nel 1952 aveva elaborato una proposta alternativa alla metropolitana, in cui aveva studiato la costruzione di sottovie per autoveicoli gommati senza rotaia.
Nello stesso anno partecipò al concorso per risolvere il problema degli accessi alla stazione centrale con E. Gentili Tedeschi, vincendo il primo premio.
Il progetto fu intenzionalmente un fuori scala, e il suo stesso motto, «Dopodomani» preannunciava una proposta a lunga scadenza, che voleva offrire una soluzione a scala urbanistica. Prevedeva infatti la demolizione di una parte dell’edificio di U. Stacchini e la realizzazione di alti corpi di fabbrica e di una piazza su più livelli, che avrebbe dovuto congiungere il piano dei marciapiedi delle rotaie con quello stradale; il progetto non fu realizzato, ma venne ripreso nel 1958, quando la direzione generale delle Ferrovie incaricò gli architetti vincitori di rivedere il progetto, integrandolo con la creazione di un air terminal.
Nel campo della prefabbricazione il M. raggiunse importanti risultati, soprattutto negli anni della collaborazione con la ditta Better Living (blocco bagno, 1957) e con la ditta Holiday per cui progettò due case prefabbricate («Minolina S1» e «capanna Minolini») e una scuola («Minoscuola») all’inizio degli anni Sessanta.
Nel 1955 si era sposato con Vianella (detta Mirka) Farioli, da cui ebbe nel 1959 la figlia Cristiana.
Fu presente alle Triennali di Milano dal 1933 al 1957, ricevendo sempre importanti riconoscimenti.
Nel 1961 partecipò al concorso internazionale per la Biblioteca del Trinity college di Dublino.
A seguito del concorso bandito dalle Ferrovie dello Stato e dal Comune di Milano nel 1957, tra il 1960 e il 1963 fu impegnato con Gentili Tedeschi e Tavarotto nella progettazione della stazione Porta Garibaldi a Milano insieme con il gruppo romano costituito dai progettisti D. Iannicelli, S. Buonamico, G. Gigli e F. Gigli.
Il gruppo milanese aveva studiato un complesso sistema di piazze su diversi livelli che collegavano la stazione con l’eliporto, la metropolitana, la stazione degli autobus e il fabbricato viaggiatori, ma poca parte del progetto originario fu realizzato.
Tra le sue ultime opere si ricordano alcuni alberghi e complessi residenziali turistici, tra cui il Grand Hotel di Bordighera (1970) e lo Hyatt Regency hotel di Capotaormina (1969-73).
Il M. morì a Milano il 14 genn. 1981.
I documenti dell’archivio privato riguardanti la sua attività sono confluiti nell’Archivio del Moderno, Accademia di Architettura di Mendrisio, dove è in corso uno studio sistematico e approfondito dei materiali. Altri elaborati grafici e relazioni di progetto sono dispersi o custoditi in studi privati e negli archivi delle città in cui realizzò le sue opere.
Fonti e Bibl.: Proposta di piano regolatore per la zona Sempione-Fiera a Milano, in Casabella-Costruzioni, 1938, n. 132, pp. 2-24; Quattro città satelliti intorno a Milano, ibid., 1942, n. 176, pp. 4-22; P. Bottoni, Antologia di edifici moderni a Milano, Milano 1954, pp. 110-113; G. Ponti, M., Milano 1959; R. Aloi, Nuove architetture a Milano, Milano 1959, pp. 360-362; A. Aguzzi, 700 finestre in un edificio milanese, in Superfici, marzo 1961, pp. 42-44; E. Gentili Tedeschi, Architetto G. M.: la sua abitazione a Milano, in Abitare, 1962, n. 10, pp. 2-14; G. Morgan, Recenti realizzazioni dello studio Minoletti-Chiodi a Milano, in L’architettura cronache e storia, 1963, n. 96, pp. 439-451; Id., Palazzo del Fuoco, in Metron, 1963, n. 6, p. 449; M. Boriani - A. Morandi - A. Rossari, Milano contemporanea. Itinerari di architettura, urbanistica e design, Torino 1986, ad ind.; M.G. Folli, Tra Novecento e razionalismo. Architetture milanesi 1920-40, Milano 1991, p. 168; M. Baffa et al., Il Movimento di studi per l’architettura, Roma-Bari 1995, ad ind.; S. Guidarini - P. Salvadeo - M. Zerilli, Itinerario: M. e Milano, in Domus, 1995, n. 774, pp. n.n. [ma 115-122]; E. Zucchi, G. M. dalla grande scala al dettaglio tecnologico, tesi di laurea, Politecnico di Milano, a.a. 1995-96; F. Irace, Milano moderna. Architettura e città nell’epoca della ricostruzione, Milano 1996, pp. 51, 56, 61, 163 s.; A. Bassi, Gli interni di G. M. per i mezzi di trasporto Breda, in Casabella, dicembre 2001-gennaio 2002, n. 695-696, pp. 57-63; G. De Amicis, G. M., Mensa impiegati alla Bicocca, Milano 2002; M. Grandi - A. Pracchi, Guida all’architettura moderna, Milano 2008, ad ind.; M.V. Capitanucci, Casa del Cedro/1952-1957. G. M., in Itinerari. Il professionismo colto nel dopoguerra, Milano 2008, pp. 14 s.; M. Montagna, Architetture di G. M., Brescia 2009 (in particolare: K. Accossato, Per la riscoperta di un protagonista del razionalismo italiano, pp. 12-16; L.Trentin, Gli uomini che hanno costruito la città. Sei architetture di G. M., pp. 17-21); La casa milanese di G. M., a cura di G. Farioli, Milano 2009.