MARTINI, Giulio
MARTINI, Giulio. – Nacque a Firenze il 2 luglio 1806 da Ferdinando e da Anna Barbolani da Montauto.
Era nipote di Vincenzo Martini che, in qualità di ministro per il culto di Pietro Leopoldo, aveva gestito per alcuni anni la politica ecclesiastica del Granducato.
La posizione della famiglia consentì al M. di crescere, insieme con il fratello Vincenzo, a contatto con gli spiriti più illustri del Granducato. Il 24 giugno 1833 sposò a Siena la cugina Giulia Rinieri de’ Rocchi, figlia adottiva del commendatore Daniello Berlinghieri e amante di Stendhal; subito dopo si trasferì con la famiglia a Parigi dove Berlinghieri era ministro di Toscana presso la corte francese. Tale circostanza gli permise di apprendere molto della carriera diplomatica e dei suoi retroscena.
Alla morte del suocero il M. e la moglie ritornarono in Toscana e si stabilirono a Firenze nel 1839. Ebbe allora inizio la carriera diplomatica del M. che ottenne un primo incarico come sottosegretario presso la legazione toscana a Parigi. Pochi anni dopo, nel 1846, venne promosso segretario e inviato a Torino.
In quel periodo strinse un legame con M. d’Azeglio, così rievocato più tardi dal nipote F. Martini: «l’uno, quantunque più liberale, nel senso che si dà oggi a questa parola, scontento del modo onde la Toscana era governata; l’altro [d’Azeglio] contento del manifestare a un amico discreto la cordiale antipatia per colui che egli chiamava nelle proprie lettere quel birichino di Cavour» (cfr. Martini, Confessioni…).
Nominato nel 1847 addetto alla legazione toscana di Parigi in qualità di segretario, fu dal 1848 al 1852 accreditato come ministro plenipotenziario presso la corte piemontese. Gli occorse così di svolgere, d’intesa con l’inviato del papa G. Corboli Bussi, negoziati per la lega doganale. La trattativa andò in porto, ma l’esito fu annullato dal succedersi degli eventi nel 1848. Inutile risultò invece lo sforzo di fare entrare nella lega il Ducato di Modena, a causa del duro contenzioso apertosi con Francesco V d’Este per l’occupazione modenese di Fivizzano come compenso dell’assorbimento da parte della Toscana del Ducato di Lucca e delle pressioni esercitate in senso contrario dal rappresentante austriaco.
Dopo il fallimento della prima fase della guerra austro-piemontese il M. svolse ancora un ruolo nel faticoso lavorio condotto dalla diplomazia toscana, dapprima nelle trattative per la conclusione di una lega federale, poi in quelle per un’assemblea costituente che evidenziarono l’impossibilità di conciliare le ambizioni del Regno di Sardegna con gli interessi degli altri Stati italiani. Fu allora che il M. si rivolse a G. Montanelli per chiedergli il «sacrificio di alcune idee» (Arch. di Stato di Firenze, Ministero degli Affari esteri, b. 2831, f. 4, c. 30: dicembre 1848), senza tuttavia che la situazione si sbloccasse. Risultato non migliore sortì la richiesta di colloquio inoltrata dal M. al presidente del Consiglio piemontese, V. Gioberti, che rispose declinando l’invito.
Nella successiva primavera del 1849, dopo la partenza del granduca di Toscana Leopoldo II per Gaeta, il M. rimase fedele al sovrano e sottolineò tale scelta rifiutandosi di consegnare le carte della sua missione a F.D. Guerrazzi, subendo perciò il richiamo a Firenze e la rimozione dall’incarico. Con l’inizio della reazione, al M. e a G. Baldasseroni fu affidato dal granduca il delicato compito di ottenere che la restaurazione compiuta dagli Austriaci avvenisse senza che nel resto della Toscana, e in particolare a Firenze, si ripetessero gli scontri con la popolazione che avevano caratterizzato l’occupazione di Livorno.
Nell’ultimo decennio di vita del Granducato, il M. incontrò numerosi ostacoli sul suo cammino: terminata la missione a Torino nel 1851, cercò di far dimenticare le sue recenti simpatie filopiemontesi, ma ciò non fu sufficiente per fargli ottenere il ministero degli Esteri cui aspirava; e, nel 1854, fu opposto un veto informale anche al suo invio a Livorno come governatore. In effetti, tutte le sue speranze di carriera furono frustrate dalla diffidenza dei rappresentanti austriaci a Firenze che cambiarono parere su di lui solo nel 1856, quando K. Hügel, inviato austriaco in Toscana, riconobbe che nel 1849 il M. era stato tra i più risoluti nel consigliare a Leopoldo II il ritiro della costituzione e il ricorso alle armi austriache per sedare la rivoluzione. Intanto, però, il M. aveva dovuto accontentarsi di un posto nel Consiglio di Stato. Quando l’opposizione austriaca cessò, riuscì per un solo mese, dal 21 marzo al 27 apr. 1859, a ricoprire il ruolo di ministro dell’Istruzione pubblica.
La sera del 26 apr. 1859 i ministri toscani tennero in casa del M. l’ultimo consiglio da cui uscì la decisione di rinunciare all’ufficio; subito dopo si recarono a palazzo Pitti per esporre al granduca la loro deliberazione; dispensato quella sera stessa dalle sue funzioni, il M. si dimise dopo la fuga del granduca. Alla proclamazione del Regno d’Italia il M. con la famiglia decise di ritirarsi nella sua villa di Monsummano.
Il M. morì nella sua residenza di Firenze il 28 giugno 1873 (e non a Pisa, come erroneamente ricordato dal nipote Ferdinando Martini).
Fonti e Bibl.: Pistoia, Biblioteca Forteguerriana, Fondo Martini, cass. 23, ff. 116, 117, 117 bis., 118, 119; 24, ff. 120, 121, 123, 124, 124 bis; 25, ff. 127, 128; Arch. di Stato di Firenze, Stato civile, 1078; Livorno, Bibl. Labronica «F.D. Guerrazzi», Autografoteca Bastogi, cass. 71, b. 863, f. 1061; Arch. di Stato di Siena, Stato civile, Matrimoni, vol. 10669; F. Martini, Confessioni e ricordi: Firenze granducale, Firenze 1922, p. 113; A. De Rubertis, Gioberti e la Toscana, Firenze 1933, pp. 104, 106, 108-111, 113, 115 e n. 2, 116, 118, 120, 123 s., 129 s., 138, 142, 157-159, 161, 164, 169, 175-181, 184, 231, 253-261; G. Quazza, La missione Rosellini in Toscana per il progetto della Costituente (dicembre 1848 - gennaio 1849), in Arch. stor. italiano, C (1942), p. 101; La diplomazia del Regno di Sardegna durante la prima guerra di indipendenza, I, Relazioni con il Granducato di Toscana (marzo 1848 - aprile 1849), a cura di C. Pischedda, Torino 1949, I, ad ind.; P. Pirri, Rapporti di mons. Corboli Bussi dal quartier generale di Carlo Alberto (aprile 1848), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, IV (1950), pp. 405, 428 s., 437; M. Tabarrini, Diario 1859-1860, a cura di A. Panella, Firenze 1959, pp. 10, 25, 65; Le relazioni diplomatiche fra la Francia e il Granducato di Toscana, s. 3, 1848-1860, II, a cura di A. Saitta, Roma 1959, ad ind.; Le relazioni diplomatiche fra l’Austria e il Granducato di Toscana, s. 3, 1848-1860, I-V, a cura di A. Filipuzzi, ibid. 1966-69, ad indices; G. Martina, Pio IX e Leopoldo II, Roma 1967, pp. 79, 87, 94, 96, 221; G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, III, La Rivoluzione nazionale 1846-1849, Milano 1977, pp. 90 s.; F. Martini, Il Quarantotto in Toscana. Il diario inedito del conte Luigi Passerini de’ Rilli, Firenze 2000, p. 259.