FRANCHINI TAVIANI, Giulio
Nacque a Pistoia, dove fu battezzato il 1° luglio 1694, in una delle principali famiglie della città - attestata fin dal Duecento -, primogenito di Giovanni Maria e di Candida di Cesare Nencini. Compì i primi studi al collegio "Cicognini" di Prato, poi nella città natale con N.F. Buti e quindi nel collegio dei gesuiti di Pistoia. Di qui passò a Pisa dove, sotto la direzione di mons. Francesco Frosini, arcivescovo di Pisa e suo zio, si addottorò in giurisprudenza. Fece pratica legale a Firenze nello studio dell'auditore A. Mormorai. Grazie all'amicizia e alla stima del senatore C. Montemagni, segretario di Stato e suo concittadino, lasciò la carriera delle leggi e intraprese quella politica, che svolse dal 1718 fino alla morte, con "pienissima soddisfazione del suo operato, della sua condotta, capacità e destrezza" da parte dei tre successivi granduchi di Toscana (Almanacco per l'anno MDCCL, Firenze 1750, p. 8).
Versato negli studi letterari, si cimentò in composizioni tragiche. Ascritto all'Accademia degli Apatisti e dal 26 genn. 1719 a quella della Crusca, fu in corrispondenza con alcuni "dei più eletti ingegni del suo secolo", con letterati e scienziati italiani e stranieri, da G. Grandi ad A.F. Gori, da F. Algarotti ad Anne-Marie du Boccage, da B. Le Bovier de Fontenelle a Voltaire. Di lui sono ricordate a stampa le Theses philosophicae… (Pistoia 1711), e la tragedia Eraclio. Nel 1750, nella dedica dell'Almanacco per l'anno MDCCL, lo stampatore fiorentino Bernardo Paperini, anch'egli di origine pistoiese, ne elogiava le virtù e i meriti ricordandone le non comuni doti di mecenate.
Entrato nella segreteria di Stato nel 1718, il F. fu inviato nell'ottobre 1722 da Cosimo III alla corte di Francia quale rappresentante ufficiale del Granducato. Fino al 1740 ricoprì questo "posto… geloso" e "delicato" (ibid.) in momenti difficili della storia europea che coinvolgevano direttamente la Toscana.
In questo contesto, segnato dalla scomparsa del reggente, Filippo d'Orléans (1723), dalla politica di pace sostenuta da A.-H. de Fleury, ma anche dagli avvenimenti della guerra di successione polacca, gravidi di conseguenze per la penisola, i dispacci del F. e tutta la corrispondenza tra Firenze e Parigi rivestono importanza particolare per le vicende che accompagnarono lo spinoso problema della successione medicea in Toscana tra la pace di Londra (1718) e i preliminari di pace di Vienna (1735), che assicuravano il futuro passaggio del paese sotto la sovranità degli Asburgo-Lorena. L'intera vertenza, che vide coinvolte le maggiori potenze europee, si riflette con ampiezza nei dispacci del Franchini. Partito nell'ottobre del 1722 da Firenze, questi si trattenne a Cambrai per il congresso (la Toscana vi era rappresentata da Neri Corsini) sino al marzo 1723, stabilendosi quindi a Parigi. Cosimo III lo aveva incaricato di trattare col Fleury, principale artefice della politica estera francese, per convincerlo a sostenere la successione al trono di Toscana della figlia Anna Maria, elettrice palatina e moglie di Guglielmo di Neuburg, contro le pretese dei Borbone di Spagna e degli Asburgo.
Se col ministro francese il F. mantenne sempre ottimi rapporti personali, nei suoi dispacci troviamo anche l'eco dei non infrequenti attriti sorti nel porto franco di Livorno e riguardanti i bastimenti francesi, nonché dei contenziosi giudiziari tra membri della nazione francese e le autorità toscane; mentre eguale attenzione ottengono le vicende legali e commerciali dei sudditi toscani a Parigi, quali, ad esempio, quelle del barone B. Ricasoli (1725-27).
A Parigi il F. entrò a far parte della comunità letteraria, fu amico di F. Algarotti e della marchesa du Châtelet, e strinse rapporti con Voltaire, che gli dedicò la tragedia Eryphile (1732) e scrisse versi per lui, rappresentandolo come un dio della felicità (Besterman, lett. n. 907, 10 nov. 1735, p. 174). Con essi rimase in contatto epistolare dopo il rientro in patria e a Siena, nel 1757, rivide Anne-Marie du Boccage di passaggio per la città durante un suo viaggio italiano: l'abate "si fort à la mode à Paris il y a vingt ans" poté così avere nuove degli amici della "republique des lettres" conosciuti un tempo a Parigi.
Frattanto la carriera diplomatica del F. aveva conosciuto nuove tappe. Inviato nel 1740 a Vienna, presso l'imperatore Carlo VI, passò a Roma come rappresentante toscano presso la Santa Sede (1741-45), per espressa richiesta di Benedetto XIV. In questa occasione il F. si trovò al centro della controversia giurisdizionale sorta tra Roma, Firenze e Vienna in seguito all'emanazione da parte della reggenza toscana della legge sulla stampa del 28 marzo 1743.
Essa prevedeva, infatti, che la censura sulla stampa spettasse all'autorità laica, mentre quella ecclesiastica doveva verificare che non vi fosse alcunché di contrario alla religione. L'iniziativa si configurava come un tentativo di frenare gli arbitri del S. Uffizio, nel quadro della rinnovata battaglia anticuriale del governo lorenese. Anche se non colpiva direttamente i diritti della Chiesa, inquisitori e curialisti romani videro in essa un'abusiva limitazione delle prerogative della Chiesa post-tridentina in un campo d'importanza primaria per il controllo ideologico e dottrinale. Con decreto del 17 apr. 1743 la legge venne pertanto dichiarata eretica dalla congregazione del S. Uffizio che minacciava di scomunica gli autori, i tipografi, i librai e i lettori dei testi stampati a Firenze, senza la duplice approvazione dell'inquisitore e del vescovo. Si aprì così un contenzioso destinato a durare per oltre un decennio, che vide il F. portavoce delle posizioni del governo lorenese e intelligente mediatore in una trattativa che si svolse in gran parte attraverso canali riservati, per l'esplicita volontà di Benedetto XIV, al fine di superare l'intransigenza della Curia e del S. Uffizio.
Come informano i dispacci del F., a una fase iniziale di stallo, in cui, grazie alla posizione flessibile di Benedetto XIV, era parso possibile un accordo (luglio-agosto 1743), ne seguì un'altra nella quale il governo toscano e Vienna ordinavano al F. di intervenire con la massima energia per superare gli indugi. Ma alle informazioni richiestegli da Vienna, egli oppose per ben nove mesi (maggio 1744-febbraio 1745) uno strano silenzio che è stato spiegato con "le amicizie che lo legavano a potenti famiglie, favorevoli agli Spagnoli e a molti cardinali della Curia, contrari al governo lorenese" (Rodolico, p. 234).
In conseguenza di tale ambiguo comportamento, nel maggio 1745, il Consiglio di Vienna propose al granduca Francesco Stefano di Lorena di allontanare il F., che fu così congedato (rapporto del 3 maggio 1745), pur rimanendo a Roma fino al luglio 1747. Nel frattempo, il 29 marzo 1747 era stato nominato auditore generale a Siena, dove passò gli ultimi anni di vita in una posizione politica defilata rispetto alla precedente attività pubblica.
A questo periodo è da ascrivere un episodio relativo alla sua devozione e alla passione di collezionista. Nel 1757 richiese e ottenne, infatti, un codice autografo di s. Bernardino da Siena, l'Itinerarium anni seu Sylva praedicabilis, preziosa reliquia conservata nel convento dell'Osservanza di Siena. Ciò dette luogo a giustificabili opposizioni da parte dei religiosi, che dopo la morte del F. ne chiesero la restituzione; ma - nonostante le ricerche allora svolte - non fu possibile rintracciare il codice, del quale a tutt'oggi si conservano, a Siena, solo le due copie allora fatte fare dal Franchini.
Il F. morì a Siena nel 1759 (ante maggio) e fu sepolto a Pistoia nella tomba di famiglia situata nel chiostro della chiesa agostiniana di S. Lorenzo.
Il F. ebbe due fratelli: Ugo, attivo nella mercatura e che nel 1741 fu coinvolto nel fallimento del banchiere A. Franceschi, e Cesare (1697-1780), oratore e scrittore. Questi sposò il 19 febbr. 1754 Maria Caterina Lari dalla quale ebbe tre figli: Giovanni Maria Domenico (nato il 27 luglio 1755), Ugo Giuseppe (nato il 4 febbr. 1760) e Giulio Maria (nato il 6 febbr. 1761). Cesare venne ascritto all'Accademia della Crusca il 12 sett. 1737 e fu tra i fondatori dell'Accademia di varia letteratura di Pistoia, di cui divenne segretario nel 1744, col compito di compilarne le leggi e proporne l'impresa. Dottissimo nelle lettere latine e greche ci ha lasciato numerose opere manoscritte, tutt'oggi conservate presso la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia: i Praecepta rethoricae (codd. 78, 91, 103, 3449), il Parere sopra il passaggio di Annibale (cod. 376) e alcune Rime (cod. E 400). Diede alle stampe un'Orazione… per l'esaltazione al soglio imperiale di Francesco I (Pistoia 1746) e un'Orazione in lode dell'emin. sig. card. Gio. Francesco Banchieri (ibid. 1754).
Fonti e Bibl.: Pistoia, Bibl. Forteguerriana, E 387, ins. 17: Notizie biografiche su G. F.T.; E 389: Genealogia della famiglia Franchini Taviani; D 323 (Scritture concernenti negozi per la pieve di Quarrata di patronato dei Franchini Taviani), D 324 (Contratti e documenti di casa Franchini Taviani), D 338 (Contratti e scritte dal 1471 al 1796): qui si trovano i pochi documenti patrimoniali superstiti della famiglia, tra i quali un memoriale inviato a Benedetto XIV (1748-50) dai fratelli Franchini Taviani per annullare le donazioni fatte dai loro antenati a favore della Congrega dei Trentatré di Pistoia. Per la data di nascita: Arch. di Stato di Pistoia, Opera di S. Jacopo, 1116, Libro di battezzati… dal 1693 al 1707, c. 53v; Arch. di Stato di Siena, Particolari, Famiglie straniere, b. 6, Franchini Taviani 1731-1755 (si veda anche Arch. di Stato di Siena, Guida-inventario dell'Arch. di Stato, III, Roma 1977, p. 163); Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, 2126; Libri d'oro, Pistoia, Patrizi, n. 27; Deputazione sopra la nobiltà e cittadinanza, Patrizi di Pistoia, 34, ins. 13. I dispacci diplomatici del F. come inviato e residente in Francia si trovano in Ibid., Mediceo del principato, 1159 s., 1680, 4712, 4714, 4716, 4718, 4720, 4722, 4724, 4879; quelli del suo segretario, I.A. Pennetti, ibid., 4713, 4715, 4717, 4719, 4721, 4723, 4725; per una sintesi di quanto ivi contenuto Ibid., Indice della Segreteria vecchia, sec. XVIII, Inventario n. 295 (antica segnatura 59), t. 2, Trattati matrimoniali, cc. 113r-119r; t. 19, Legazione di Francia, ad nomen. I cifrari del F. sono conservati ibid., Cifrari, serie I; IV, n. 19; VI, n. 63; XVI, n. 139. In seguito al cambiamento di dinastia in Toscana (1737), i dispacci del F. si rinvengono Ibid., Segreteria degli Esteri, 2292 (1737-39) e 2293 (1737-40), come residente in Francia; e 2263 (1740-43); 2265 (1746-47); 2266-2268 (1741-47), come residente a Roma. Lettere superstiti del F. si segnalano in Arch. di Stato di Firenze, Archivio Bartolomei, 208 (lettere del F. al marchese F. Bartolomei, inviato toscano a Vienna, 1729-31); Archivio Ricasoli, 29, ins. 252 (lettere al barone B. Ricasoli, 1725-27); Firenze Bibl. Marucelliana, Carte Bandini, B. VII, 12 (lettera ad A.F. Gori, Siena, 6 dic. 1752); Pisa, Bibl. universitaria, Mss. 91, Lettere al p. Grandi, vol. IX, cc. 259-261 (due lettere a G. Grandi, 28 ag. 1713 e 15 febbr. 1714; v. L. Ferrari, L'epistolario manoscritto del padre G. Grandi, in Arch. stor. lombardo, s. 4, VI [1906], p. 231). Centotrentatré lettere inviate al F. da un religioso pistoiese (1716-22), sono conservate in Pistoia, Bibl. Forteguerriana, E 352; una lettera di F. Algarotti, Cirey, 12 ott. 1735, è pubblicata in F. Algarotti, Opere, IX, Cremona 1783, pp. 3-8. Si veda inoltre A.-M. du Boccage, Recueil des oeuvres, III, Lyon 1764, pp. 196-201; Horace Walpole's correspondence with sir Horace Mann, a cura di W.S. Lewis - W.H. Smith - G.L. Lam, New Haven 1954, XVII, pp. 63, 288; XVIII, pp. 131 e n., 378; XIX, pp. 113 s., 359 n., 492; Voltaire, Correspondance, a cura di Th. Besterman, Genève 1953-68, nn. 458, 587, 813, 842 s., 907, 1024, 1307, 1604; B. Tanucci, Epistolario, I, a cura di R.P. Coppini - L. Del Bianco - R. Nieri, Roma 1980, pp. 269 n. 1, 385 e n. 1; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, Firenze 1781, V, p. 122; A. Zobi, Storia civile della Toscana, Firenze 1850, I, p. 243, e App. di documenti…, p. 405; V. Capponi, Bibliografia pistoiese, Pistoia 1878, p. 195; D. Pacetti, Un letterato diplomatico e legista pistoiese del sec. XVIII gran devoto di s. Bernardino da Siena, in Bull. stor. pistoiese, XLII (1940), pp. 3-17; H. Bédarida, Toscana e Francia nel Settecento. Relazioni diplomatiche, relazioni culturali, in Il Sei-Settecento, Firenze 1949, pp. 234, 242-245; Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder, II, Zürich 1950, p. 399; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 73, 140; Le scritture della legazione e del consolato del Granducato di Toscana in Roma dal 1737 al 1859, a cura di R. Mori, Roma 1959, pp. 10 s., 13, 19 s.; N. Rodolico, Stato e Chiesa in Toscana durante la reggenza lorenese (1737-1765), Firenze 1972, pp. 209 ss., 228 ss., 237 s.; C. Toniolo Fascione, L'Inquisizione fiorentina tra il 1737 e il 1754 nelle lettere del conte di Richecourt a monsignor E.S. Piccolomini, in Boll. stor. pisano, XLVI (1977), pp. 360 s., 364 s., 371, 384 ss.; Accademia della Crusca, Catalogo degli accademici dalla fondazione, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, p. 180; F. Diaz, I Lorena in Toscana. La reggenza, Torino 1988, pp. 126, 130 s.
Su Cesare: Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, 2126. Centotrentasei sue missive a G. Pelli Bencivenni per il periodo 1762-75 sono conservate: v. Lettere a G. Pelli Bencivenni (1747-1808), Inventario e documenti, a cura di M.A. Morelli Timpanaro, Roma 1976, ad Indicem; lettere a lui inviate si rinvengono in Pistoia, Bibl. Forteguerriana, B 161, E 353-357, E 388, su cui vedi G. Mazzatinti, Manoscritti delle Bibl. d'Italia, I, pp. 251, 262; V. Capponi, Biogr. pistoiese, cit., pp. 195-197; M. Maylender, Storia delle accademie d'Italia, Bologna 1930, V, p. 425; Accademia della Crusca, Catalogo degli accademici…, p. 199; D. Moreni, Bibl.storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, p. 397.