DE PETRA, Giulio
Nato l'11 febbr. 1841 a Casoli (Chieti), da Pietro e da Raffaela Vigezzi, compì i suoi studi presso il collegio degli scolopi a Chieti, dove strinse una profonda amicizia con R. Cherubini e F. Masci, futuro filosofo e professore universitario a Napoli. Finito il ciclo di istruzione secondaria, il D. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Napoli, rimanendo sempre in contatto stretto con il Cherubini. Questi, nel frattempo, aveva indirizzato i suoi studi alle lettere ed era entrato in contatto con G. Fiorelli, dal 1863 direttore del Museo archeologico di Napoli e soprintendente agli Scavi di Pompei. Il Fiorelli, avendo iniziato ad organizzare una nuova schedatura del materiale conservato presso il museo da lui diretto, intendeva affidare la stesura dei cataloghi a dei giovani studiosi: offrì, quindi, al D., presentatogli dal Cherubini, l'opportunità di redigere il catalogo delle epigrafi greche e latine classificate per ordine geografico; questi accettò l'incarico, abbandonando gli studi fino ad allora intrapresi per dedicarsi alla antichistica.
Nel 1865 il D. vinse il concorso indetto dalla R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, con una memoria intitolata Sulle condizioni delle città italiche dopo la guerrasociale con applicazioni alle colonie di Pompei e Pozzuoli (in Atti della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti, I [1865], Appendice). Poco dopo, per interessamento del Fiorelli, divenuto ormai suo maestro, fu nominato ispettore reggente degli Scavi di Pompei. Nel frattempo, con regio decreto del 13 giugno 1866, e per volontà del soprintendente agli Scavi, fu istituita a Pompei una scuola per lo studio e l'illustrazione dei monumenti della città antica a cui avrebbero dovuto essere ammessi, mediante un severo concorso, alcuni studenti con l'obbligo di risiedere nella città campana per almeno due anni; al termine di questo periodo avrebbero conseguito un diploma che dava loro libero accesso ai concorsi a cattedra per l'università (il concorso fu fatto in realtà un'unica volta). Il D. fu chiamato a coadiuvare il Fiorelli nella conduzione della scuola e nella direzione del periodico che avrebbe dovuto essere edito a cura degli studenti, il Giornale degli scavi di Pompei, stampato dal 1868. Qualche anno più tardi il D. si occupò della stesura di un catalogo delle pitture e delle iscrizioni venute alla luce a Pompei che il Fiorelli, in qualità di soprintendente agli scavi, allegò alla Relazione degli scavi di Pompei dal 1861 al 1872, scritta in occasione dell'Esposizione di Vienna del 1872 (Napoli 1873).
Nel 1872 venne bandito un concorso per la cattedra di archeologia dell'università di Napoli, rimasta vacante dopo il passaggio del Fiorelli alla soprintendenza e dopo che Giulio Minervini, cui la cattedra era stata offerta, ebbe rifiutato l'incarico. Il D., nonostante la sua giovane età, riuscì vittorioso su Ettore De Ruggiero, unico altro concorrente. All'inizio dell'anno accademico seguente fu presentato agli studenti da Luigi Settembrini, allora rettore dell'ateneo, e iniziò la sua vita universitaria con una prolusione intitolata "I monumenti dell'arte classica nella cultura italiana" (ed. in Giorn. d. scavi di Pompei, n. s., II [1873], pp. 403 ss.). Nonostante i suoi nuovi impegni di docente, il D. rimase ispettore onorario agli scavi di Pompei e continuò a collaborare alle attività del Fiorelli.
Nel 1875, quando questi venne nominato alla Direzione generale delle antichità, lasciando quindi vacanti sia la direzione del Museo di Napoli sia la soprintendenza agli Scavi di Pompei, fu deciso di dividere i due incarichi e a ricoprire il secondo fu chiamato l'architetto Michele Ruggiero. Il D., invece, in virtù del decreto dell'11 apr. 1875 che legava le cattedre di antichità alle direzioni dei musei, si trovò a sostituire il suo maestro nella conduzione del museo napoletano.
Nello stesso 1875, a Pompei, era stata effettuata una scoperta di interesse eccezionale: il rinvenimento, nella casa di L. Cecilio Giocondo, di un archivio del quale sono state fino ad oggi ricostruite centocinquantatré tavolette cerate iscritte. Dall'inizio di luglio - momento della scoperta - alla vigilia di Natale del 1875 il D., con l'aiuto di Felice Barnabei, lesse quei documenti e li pubblicò (Le tavolette cerate di Pompei rinvenute a' 3 e 5 luglio 1875, in Atti d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s.2, III [1875-76], pp. 150 ss.).
In questo stesso torno di tempo sposò Adele Calabrese, una colta ed intellettuale pianista napoletana, cui rimase legato per tutta la vita. Nel 1876 divenne socio corrispondente dei Lincei (nel 1888 socio nazionale) e, l'anno seguente, fu socio ordinario residente della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli. Nel 1879, con un articolo scritto in occasione del XVIII centenario dell'eruzione del Vesuvio (I monumenti della Villa Ercolanese, in Pompei e la regione sotterrata..., Napoli 1879, pp. 251-271), il D. riprese l'analisi delle statue bronzee rinvenute più di un secolo avanti nella villa dei Papiri ad Ercolano e mai pubblicate, fino ad allora, come contesto unitario. Il lavoro su questo argomento culminò, qualche anno più tardi, nel volume scritto con D. Comparetti, La villa Ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca (Torino 1883): qui il D., oltre a ritornare sulle sculture e le decorazioni della villa, pubblicò la storia dello scavo del sito.
Nel frattempo, nella sua veste di direttore del Museo nazionale di Napoli, curava un nuovo inventario dei reperti per sostituire quello precedente che risaliva al tempo dell'amministrazione borbonica, e si occupava di effettuare nuovi acquisti, soprattutto di materiale numismatico. Non apportò invece alcuna modifica sostanziale all'ordinamento stesso del museo.
Nel 1893, quando fu collocato a riposo l'arch. Michele Ruggiero, il D. fu invitato dall'allora ministro dell'Istruzione pubblica, Ferdinando Martini, ad assumere la direzione degli scavi di Pompei.
Egli continuò ad operare secondo i metodi già sperimentati dai suoi due predecessori, curando in particolar modo i restauri di copertura e di ripristino delle strutture e iniziando la risistemazione dei giardini delle case pompeiane. Sotto la sua guida si lavorò soprattutto nei settori delle abitazioni private: tra il 1894 e il '95 fu scavata la casa dei Vettii e nel 1895 fu indagata quella di M. Lucrezio Frontone; nel 1899 iniziò lo scavo di una villa marittima detta di Cicerone (i lavori furono completati due anni più tardi). Frattanto un privato, Vincenzo De Prisco, poi deputato al Parlamento dal 1897 al 1904, decise, nel 1894, di riprendere per suo conto gli scavi di una villa presso Boscoreale (le leggi dello Stato infatti almeno fino al 1909 non vietavano questa attività); nel corso di questi lavori fu rinvenuto un tesoro di argenti che, prima che fosse possibile qualsiasi intervento delle autorità, fu venduto al Museo del Louvre. Qualche anno più tardi la storia si ripeté: furono portati alla luce, nel marzo e nel maggio del 1900, alcuni affreschi che il De Prisco si affrettò a staccare e ad incorniciare in settantuno quadri. Il D., nella sua qualità di soprintendente agli scavi, il 6 maggio inviò al ministro una lettera con cui richiedeva l'intervento di una commissione che fosse in grado di stabilire se l'amministrazione pubblica dovesse o meno acquistare i dipinti di Boscoreale, egli, infatti, non voleva assumere da solo una decisione di tale importanza. La commissione, formata appena tre mesi e mezzo più tardi, decise che gli affreschi erano opere di altissimo valore. Nonostante questo parere, il Museo nazionale di Napoli riuscì ad assicurarsi solo una minima parte dei dipinti che furono venduti l'8 giugno 1903 ad un'asta a Parigi (oggi si trovano divisi fra musei di tutto il mondo, ma il nucleo principale è al Metropolitan Museum di New York).
L'episodio degli affreschi di Boscoreale suscitò una grande impressione nell'opinione pubblica; perciò, spinta anche dall'esigenza di rendere conto dell'operato di uno dei suoi dipendenti, l'amministrazione generale delle Antichità e belle arti nominò una commissione d'inchiesta. Ma prima ancora di conoscere gli esiti dell'indagine, l'allora ministro dell'Istruzione pubblica, Niccolò Gallo, indusse il D., con un intervento fatto al Senato, a dare le dimissioni dagli incarichi di direttore del Museo nazionale di Napoli e di soprintendente agli Scavi di Pompei (8 dic. 1900). Durante l'inchiesta, dalla quale il D. doveva uscire colpevole in modo da fornire al pubblico un capro espiatorio per la forse non sempre limpida conduzione dell'amministrazione dei beni archeologici, al direttore del Museo nazionale di Napoli furono contestati anche altri episodi di cattiva conduzione del suo ufficio, come l'aver male controllato l'amministrazione finanziaria - furono infatti scoperte sette fatture false - e il non aver voluto comperare per il Museo di Napoli, quando nel 1896 gli fu offerta, la negola di Capua", poi acquistata dal Königlisches Museum di Berlino.
Il reperto presentava una lunga iscrizione etrusca, che è a tutt'oggi considerata uno dei monumenti fondamentali per la comprensione di quella lingua. Il D., dopo accurati esami condotti anche da altri suoi colleghi, e considerando il fatto che la tegola era comparsa sul mercato senza alcuna indicazione di provenienza e in un'epoca nella quale a Capua erano attivi alcuni noti falsificatori di opere antiche, la ritenne falsa e non volle sobbarcarsi la spesa dell'acquisto.
Allontanato dall'amministrazione pubblica, il D., nel tentativo di difendere per lo meno la sua immagine di studioso, pubblicò nel 1901 a Napoli l'opuscolo Intorno al Museo nazionale di Napoli. Autodifesa..., cui fece seguito l'Autodifesa all'Ecc.ma IIIa sezione della Corte dei conti nella causa per i danni subiti dai Musei di Napoli e dagli Scavi di Pompei (Napoli 1906), nel quale cercò soprattutto di difendersi dall'accusa di aver condotto una amministrazione finanziaria poco attenta.
Nel 1906 il D. venne reintegrato nell'ufficio di soprintendente agli Scavi di Pompei, carica che tenne fino al 1909. In questo periodo si giunse alla scoperta dei dipinti della villa dei Misteri che, questa volta, furono tempestivamente acquistati dal Museo nazionale di Napoli. Nel 1909 il D., in qualità di presidente, si occupò della stesura della relazione finale dei lavori della commissione istituita dal ministero per indagare sulle motivazioni che avevano, fin dal 1875, portato alla chiusura degli scavi di Ercolano (Sula ripresa degli scavi di Ercolano, in Rend. d. R. Acc. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filos., s. 5, XVIII [1909], 3, pp. 159-171).
Lo stallo delle indagini nella città vesuviana aveva prodotto un certo scontento nel mondo archeologico internazionale tanto che l'archeologo anglo-americano Charles Waldstein (Walston), tra il 1903 e il 1907, aveva presentato un progetto che mirava alla possibilità di riaprire gli scavi sotto il patrocinio di un'organizzazione internazionale. I risultati dell'analisi condotta dalla commissione presieduta dal D. dimostrarono che lo scoglio principale era rappresentato dall'ostruzionismo effettuato dai proprietari dei terreni; la commissione, pertanto, propose la promulgazione di una nuova legge sui monumenti affinché i privati non potessero più accampare diritti sul sottosuolo archeologico contro lo Stato: i tempi per una tale presa di posizione erano ormai maturi e la legge fu promulgata nello stesso 1909.
Nominato senatore il 30 dic. 1914, il D. morì a Napoli il 22 luglio 1925.
Per un elenco delle opere del D. si veda Sumbolae litterariae in honorem Iulii De Petra, Napoli 1911, pp. XV-XXI, dove sono indicati gli scritti fino al 1910. Tra le opere posteriori si notino in particolar modo Le origini di Napoli, in Comune di Napoli, Annuario storico, I, Napoli 1912, pp. 5-28; Commemorazione del conte Antonio Filangieri di Candida, Portici 1917.
Fonti e Bibl.: F. Barnabei, La villa pompeiana di P. Fannio Sinistore, Roma 1901; Onoranze a G. D. per il suo settantesimo compleanno (12 febbr. 1841-1911), Napoli 1911; G. Beltrami, "Sumbolae litterariae" in onore di G. D., in Rassegna pugliese, XXIX (1912), 5, pp. 166-170; A. Sogliano, Commemor. di G. D., in Rend. d. R. Accad. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 6, IV (1928), pp. 372-379; Id., La scuola archeologica diPompei, ibid., XV (1939), pp. 323-342; R. Aurini, Diz. bibliogr. della gente d'Abruzzo, III, Teramo 1958, pp. 338-352 (con elenco delle opere e bibliografia).