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DE NOBILI, Giulio

di Flavio De Bernardinis - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)
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DE NOBILI, Giulio

Flavio De Bernardinis

Nacque a Firenze il 30 apr. 1537 da Antonio Maria d'Alessandro, di famiglia patrizia, che ricoprì importanti incarichi al servizio dei Medici, e da Ludovica di Carroccio Alberti Del Giudice. Condusse studi regolari a Pisa. Di lui ricordiamo un sonetto d'occasione indirizzato a Benedetto Varchi, dal titolo "Si è l'ardore, in ch'io vivo e gioisco", (in B. Varchi, Opere ...), non essendo possibile attribuirgli con certezza una Descrizione delle esequie in onore di Cosimo I. Dopo la morte del padre, fece parte del Senato dei quarantotto e condusse vita pubblica degna e stimata. Morì a Firenze il 28 marzo 1612.

Dei figli, Ottavia venne a mancargli il 22 ag. 1581, un'altra sposò Piero di Gio. Maria Segni, con una dote di 7-500 fiorini, e finalmente il maschio, Pierantonio, si rivelò quale suo ispiratore letterario. Il ragazzo, infatti, era stato mandato a Roma per seguire gli studi nel Collegio Germanico, forse per un futuro sacerdozio (lo troveremo comunque senatore, cavaliere di S. Stefano e commissario di Pisa e Pistoia); presso questa scuola lo raggiunse un'operetta manoscritta del padre, dal titolo Linobili avvertimenti da essere attesi et osservati per que'giovinetti, che con virtuosi et buoni costumi cerchino l'azioni loro illustrate, datata 1578. Scoperta fonte è il Galateo di monsignor Della Casa.

L'opera si struttura in sessantadue capitoletti, ai quali segue una Diffinitione di scientie, assolutamente non collegati fra loro e scritti effettivamente a scopo domestico. Imbert ha attribuito il manoscritto al D., esaminando i codici che lo hanno tramandato: ms. della Riccardiana (cod. 1185, 4), ms. della Nazionale (cod. Palat. 17), codice Riccardiano n.2975, 2, codice Fondo Nazionale II, IX, 116, tutti ovviamente a Firenze.

Come il Della Casa (Galateo, cap.XVI), il D. raccomanda al giovane di guardarsi bene dal "riprendere et ammonire altrui", essendo questo" appena uffizio da principe e da padre". Ancora parallelamente al Galateo, Pierantonio viene invitato a non dire mai bugie, a seguire nel vestire le usanze dei luoghi (Avvertimenti, cap. XXXIV; Galateo, capp. VI e XXV), a non far brindisi a tavola (Avvertimenti, cap. LIX; Galateo, cap. XXVI). Notiamo anche analogie con il Della famiglia di L. B. Alberti, per esempio dove (cap. II) si raccomanda di coltivare l'ingegno, come deve fare "persona spiritosa e massime nato nobile nella patria sua".

Non mancano nel componimento quegli elementi tipici della cultura cinquecentesca che rimandano alla struttura di una società cortigiana: si vedano gli appunti dedicati al rispetto verso i superiori, dove viene sottolineato il precetto di non immischiarsi negli affari segreti del sovranol quindi di non entrare in polemica con principi, maestri, genitori, sopportandoli anche se hanno torto, in quanto ogni "dispetto verso di loro è un danno". Passo in cui è evidente l'emergeredi quella morale pratica, piuttosto che teorica, che il D. doveva così bene conoscere e sperimentare.

Conscio delle regole del gioco, nello scritto affiorano paure e preoccupazioni caratteristiche dell'età controriformistica; paradigmatico in tal senso il passo in cui il giovane viene rassicurato che non avrà mai a pentirsi di aver taciuto; l'esempio chiama in causa esplicitamente una scena processuale con una precisione tanto secca quanto ammonitrice: Pierantonio badi bene che, se interrogato da un giudice, giuri di non ricordare, poiché assolutamente pazzi sono coloro che si allontanano da Santa Romana Chiesa e "sparlano" del prossimo.

Il D. aveva davvero assimilato il codice delle coordinate comportamentali che fonda e vivifica la carriera politica: che il suo giovane erede ne prendesse coscienza al più presto.

Bibl.: G.Imbert, Noterelle letterarie. Un trattato ined. di bel costume del sec. XVI, Catania 1909.

Vedi anche
letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... cortigiano Figura della corte del Rinascimento, il cortigiano (gentiluomo esperto di lettere, diritto, armi e diplomazia) costituiva un consigliere e un collaboratore prezioso per il principe, della cui casa era infatti ospite. A tale figura e alle sue caratteristiche il letterato B. Castiglione, nel 1528, dedicò ... Controriforma La vasta azione svolta dalla Chiesa cattolica nel 16° sec. e in parte del 17° per restaurare una più intensa, viva, sincera e disciplinata vita religiosa, realizzando quella «riforma nel capo e nelle membra», già discussa nei concili del 15° sec. e resa ancor più urgente dal dilagare della Riforma protestante ... Leon Battista Albèrti Albèrti, Leon Battista. - Letterato e architetto (Genova 1404, da padre bandito da Firenze - Roma 1472). Appassionato di letteratura ma anche di matematica, scrittore e grande architetto, pedagogista e teorico dell'arte, uomo di studi ma anche atleta, sintetizzò nella sua opera i caratteri tipici dell'Umanesimo: ...
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giulìo
giulio giulìo agg. – Variante poet. ant. di giulivo: S’i’ non ti veggo ogn’or donna giulìa (Poliziano); Verde ride il tuo velo a la giulìa Primavera d’amore (Carducci).
giùlio¹
giulio1 giùlio1 agg. [dal lat. Iulius]. – Appartenente alla gente Giulia, gente patrizia romana che, già illustre nel sec. 5° a. C., si inserì in seguito, soprattutto per opera di Cesare e di Augusto, nella leggenda delle origini troiane...
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