GIULIO da Urbino
Non si conosce la data di nascita di questo pittore di maioliche (probabilmente nato a Urbino) attivo nella prima metà del XVI secolo in diverse città d'Italia, e scarse sono le notizie documentarie che lo riguardano.
Presso il Museo civico di Bologna è conservata la sua unica opera firmata e datata: un orcio dipinto a istoriato, raffigurante il mito, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, di Scilla, figlia del re Niso, innamorata del giovane re Minosse, avversario di suo padre. Due cartigli dipinti riportano il soggetto della raffigurazione, nonché il luogo, l'anno e l'autore dell'orcio: "1535 Julio da Urbino in la botega di mastro Alisandro in Arimino".
La scena si presenta su due piani: dall'alto di una torre di cinta di una città, la bionda Scilla, delicatamente delineata, osserva il combattimento, che si svolge in primo piano, tra i due re guerrieri a cavallo. I destrieri suggeriscono una conoscenza delle pitture vaticane di Raffaello Sanzio, forse mediata da incisioni di Marcantonio Raimondi. G. adotta, specialmente nella parte superiore del manufatto, una tavolozza tenue, dai toni pastello, atipica per un ceramografo di Urbino, dove si ricorreva spesso, in questo tipo di lavorazione, al forte contrasto fra il blu e l'arancio. G. appare un pittore dalla solida cultura rinascimentale che connota la sue opere di una spazialità profonda e teatrale, con frequente ricorso a quinte architettoniche o naturali per introdurre piani multipli di rappresentazione. La figura umana è slanciata, in contrasto con le poderose strutture murarie, ornate da tipici "segni che richiamano note musicali" (Liverani, p. 37), mentre il terreno su cui poggiano i personaggi è punteggiato di sassi.
Questi elementi ricorrenti, quasi un motivo-firma, insieme con un tratto nervoso, guizzante, hanno consentito in anni recenti di attribuire a G., o a suoi diretti seguaci, un discreto numero di maioliche datate tutte 1535 e prodotte a Rimini: nel marzo di quell'anno G. vi è attestato dai documenti.
Si ricordano in particolare: La cacciata dei progenitori dall'Eden (Parigi, Musée des Thermes et de l'Hôtel de Cluny); L'ingresso del cavallo di Troia (San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage); Cicerone declama contro Ottaviano (Londra, Wallace Collection); La caduta di Fetonte (Londra, British Museum). Tutti gli oggetti presentano a tergo un'iscrizione in forma poetica, a carattere corsivo e inerente al soggetto rappresentato, la data e il toponimo "In Rimino" o "In Arimin". La grafia e il distico riconducono alla produzione maiolica urbinate, e in particolare all'ambito di Francesco Xanto Avelli da Rovigo, il maggior ceramografo attivo presso il duca Francesco Maria I Della Rovere, e con ogni probabilità maestro di Giulio.
Secondo Rasmussen (1980), Mallet e Gresta (1999), esistono alcuni manufatti siglati "in Urbino", datati 1533 e 1534 da riferirsi a G., che denunciano uno stretto rapporto tra le due personalità, ma anche il tentativo di G. di affrancarsi dalla guida del più celebre maestro. Essi presentano sul retro delle iscrizioni con i medesimi caratteri della serie riminese (il puntino sul numero uno, la lettera i di "in" allungata come una j e ondulata, l'endecasillabo claudicante nella metrica) che hanno consentito di riconoscerli come autografi di Giulio.
Tra questi oggetti spicca per importanza documentaria il piatto raffigurante un'allegoria politica dei fatti di Firenze del 1530, datato Urbino 1534 (San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage; Gardelli, 1987; Gresta, 1999), interpretato come l'estremo tentativo di G. di conquistare la benevolenza del duca Francesco Maria I Della Rovere e ottenere da lui commissioni autonome.
Fu forse un insuccesso a spingere G. l'anno seguente a Rimini, città sino a quel momento poco interessata all'arte della maiolica istoriata. Qui il suo esempio costituì un forte stimolo allo sviluppo di questa tecnica, ma non si formò una scuola, forse perché mancava una committenza di livello così elevato come quella urbinate; presto dunque G. lasciò il centro romagnolo.
È del 1541 il piatto prodotto a Verona che raffigura l'Arrivo di Enea, concordemente attribuito a G. e oggi conservato presso il Museo delle arti applicate di Copenaghen.
Dopo questa data G. non è più documentato con certezza: Vasari cita un Giulio da Urbino attivo come ceramista presso la corte ferrarese del duca Alfonso II d'Este, autore di particolari mattonelle da pavimento a imitazione dei marmi. Guasti dà notizia di un Giulio da Urbino a Siena nel 1547, ove venne incarcerato; mentre l'ultima attestazione di un ceramografo Giulio da Urbino risulterebbe a Villa d'Este a Tivoli nel 1569.
La data di morte di G. non è nota.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, p. 615; G. Campori, Notizie storiche e artistiche della maiolica e della porcellana di Ferrara nei secc. XV e XVI, Modena 1871, p. 41; G. Guasti, Di Cafaggiolo e altre fabbriche di ceramiche, Firenze 1902, p. 332; E. Albini, L'orcio riminese del Museo civico di Bologna, in Libertas perpetua, VI (1922), 2, pp. 2 s.; A. Del Vita, Le maioliche del Museo civico di Bologna, in Dedalo, V (1924), 3, p. 179; G. Ballardini, Corpus della maiolica italiana, II, Roma 1938, nn. 181-185, figg. 173-177; G. Liverani, La maiolica italiana, Milano 1958, pp. 37, 41 s.; G. Conti, L'arte della maiolica in Italia, Milano 1973, p. 208; J. Rasmussen, Die Maioliken "in Arimino", in Jahrbuch der Hamburger Kunstsammlungen, XXV (1980), pp. 81-96; Id., Italienische Majolika, Hamburg 1984, p. 204; C. Ravanelli Guidotti, Ceramiche occidentali del Museo civico medievale di Bologna, Bologna 1985, pp. 104-106; G. Cora - A. Fanfani, Le porcellane dei Medici, Milano 1986, p. 15; G. Gardelli, A gran fuoco. Maioliche rinascimentali dello Stato di Urbino da collezioni private (catal.), Urbino 1987, pp. 15, 76, 82 s., scheda 30; A. Alverà Bortolotto, Maiolica a Venezia nel Rinascimento, Bergamo 1988, p. 46 fig. 3; G. Gardelli, Rimini: di alcune maioliche del '500. La cultura coeva a Xanto Avelli, in Francesco Xanto Avelli da Rovigo, Atti… 1980, Rovigo 1988, pp. 160-164; J.V.G. Mallet, Xanto: i suoi compagni e seguaci, ibid., pp. 76-78, figg. 18-21; M. Munarini, Maiolica istoriata in Terraferma, in La ceramica nel Veneto. La Terraferma dal XIII al XVIII secolo, a cura di G. Ericani - P. Marini, Verona 1990, pp. 195-197; G. Ravanelli Guidotti, Corpus Ovidianum della maiolica datato, in L'istoriato. Libri a stampa e maioliche italiane del Cinquecento (catal.), Faenza 1993, p. 229; A. Graziosi Ripa, Nuovo contributo alla conoscenza dell'"istoriato" riminese, in Romagna - Arte e storia, XIV (1994), 42, pp. 81-86; R. Gresta, La maiolica istoriata a Rimini: il Maestro del 1574 e la sua bottega, ibid., pp. 87-100; O. Delucca, Ceramisti e vetrai a Rimini in età malatestiana. Rassegna di fonti archivistiche, Rimini 1998, ad indicem (s.v. Julius, figulus); G. Gardelli, Italika, Faenza 1999, pp. 272 s.; R. Gresta, G. da U. e Xanto Avelli: una collaborazione difficile?Atti…, Gubbio… 1999, in corso di stampa; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 219.