CONFALONIERI, Giulio
Nacque a Milano il 23 maggio 1896 da Angelo e da Rachele Corbella. Di antica famiglia milanese, ancor bambino ricevette la prima educazione musicale dalla nonna paterna, eccellente pianista già allieva di Thalberg. Studiò lettere alla Accademia scientifico-letteraria di Milano, laureandosi con N. Zingarelli nel 1920; contemporaneamente percorse gli studi musicali sotto la guida di E. Pozzoli, conseguendo poi il diploma di composizione, sempre nel 1920, a Bologna, avendo come esaminatore F. Alfano.
Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini e fu decorato. Al termine del conflitto, e ancor prima di diplomarsi, compose una "leggenda drammatica" in tre atti e 4 quadri su libretto proprio, Rosaspina, da La belle au bois dormant di Ch. Perrault, rappresentata al teatro Donizetti di Bergamo solo il 9 sett. 1939. Al giudizio del pubblico, invece, che risultò assai favorevole, egli sottopose due suoi poemi sinfonici: Una notte sul monte Imetto, eseguito nel 1920 da S. Failoni e ripreso poi più volte in Germania, e Introduzione alla vita d'un eroe giocondo, presentato al pubblico tedesco da W. Beck a Magdeburgo nel 1925.
La carriera di compositore sembrava dunque per il C. felicemente iniziata, e tuttavia egli per il momento la interruppe, spinto dal desiderio di perfezionarsi nello studio, e anche per quello spirito di avventura che fu uno dei dati permanenti del suo carattere. Nel 1921 infatti si recò a Parigi dove entrò in amicizia con P. Dukas, ricevendone lezioni e suggerimenti. Ma l'anno seguente era a Londra, dove rimase fino ai primi del 1927.
Nella capitale inglese fu costretto dalla precaria condizione economica ai più disparati espedienti: diede lezioni di pianoforte e di canto, suonò nei cinematografi. Infine egli vinse un concorso bandito dal Contemporary Music Centre con una sonata per violino e pianoforte, e attrasse su di sé l'attenzione d'un editore londinese, il Trevor della casa Metzler, il quale, oltre a pubblicare il lavoro premiato, provvide a mettere il compositore in contatto col celebre direttore d'orchestra sir Thomas Beecham.
Una sera del giugno 1926 sir Beecham preparò uno scherzo al pubblico: si rappresentava al Shaftesbury Theatre The Faithful Shepherdess ("La pastora fedele"), specie di imitazione del Pastor fido del Guarino, dei due secentisti inglesi Beaumont e Fletcher, e Beecham vi diresse alcune "musiche di scena": cori, arie, interludi. L'autore delle musiche non era indicato nel programma; il pubblico applaudì con entusiasmo; e l'indomani sui giornali i critici si domandarono chi fosse il misterioso compositore, e avanzarono ipotesi. Il Sunday Times scrisse: "Noi supponiamo che questa musica sia di Beecham stesso; se così è, consigliamo al maestro di abbandonare la bacchetta, per dedicarsi esclusivamente alla composizione". Quella musica - come sir Beecham spiegò poi al pubblico e ai giornalisti stupefatti - era del giovane Confalonieri.
In questo suo periodo londinese, il C. arricchì il catalogo delle proprie composizioni di parecchi numeri: molte liriche per canto e piano (pubbl. da Metzler, da Ricordi e da Sonzogno) tra le quali ricordiamo: Quattro melodie per Clori (Milano 1920), Il mago Merlino e C'era una volta (Firenze 1922); Dieci bozzetti su temi popolari dell'Alta Italia (Milano 1926); una Introduzione e Pavana eseguita al Covent Garden; i balletti Une nuit de Versailles su libretto di R. Piazzani per la coreografia di I. Leonidoff (Londra, Covent Garden, marzo 1926); una commedia musicale, L'habit neuf du Régent, sutesto di Pierre d'Arcangues elaborato da una novella di Andersen, che, rappresentata successivamente a Cannes al teatro del Casinò il 13 marzo 1930, ottenne uno strepitoso successo. Inoltre, il Manferrari cita un'opera seria in 3 atti su libretto di C. Dozzo, intitolata S. Caterina da Siena (Bergamo, teatro Donizetti, 5 sett. 1939); infine la suite per orch. Hilaria, Concerto per pianoforte e orchestra d'archi e Salmo processionale.
Intanto, le condizioni economiche del C., a causa di un'eredità, erano improvvisamente e favorevolmente mutate, ed egli si trovava quindi a vivere senza preoccupazioni. Tornò allora in Italia, si chiuse nella sua casa di Sesto San Giovanni presso Milano, e almeno apparentemente non svolse più alcuna attività. Per più di dieci anni non scrisse, non produsse, e le uniche sortite dal suo "rifugio" furono quelle per brevi tournées di concerti, quale collaboratore al pianoforte di celebri cantanti, tra cui Anton Gronen-Kubizki e Kirsten Flagstad. Costituì anche un duo col soprano Carolina Segrera.
Questo lungo periodo contiene certamente la spiegazione della successiva attività del Confalonieri. In quegli anni, il lineamento avventuroso del suo carattere si trasferì dall'esterno all'interno, nelle regioni della storia e del pensiero. Egli scandagliò allora un numero straordinario di libri, di musiche, di documenti. Studiò accanitamente; e lo fece sempre avvicinando i testi, musicali e filosofici e letterari, in presa diretta, sdegnando insomma le mediazioni e le scorciatoie. Radunò un bagaglio culturale immenso, con tutta la disinteressata libertà di chi indaga e approfondisce per sé solo, per appagare la propria sete di sapere. E la cultura divenne in lui esperienza e sostanza di vita.
Il 9 settembre 1939 venne data al teatro Donizetti di Bergamo la sua giovanile Rosaspina, con esito felice. Ma nel frattempo, per un seguito di sfortunate circostanze, la situazione economica del C. aveva subito un mutamento, in senso negativo questa volta; ed egli era nuovamente posto di fronte al problema quotidiano del vivere. Allora, tutto il cammino percorso - giudicabile, da questo momento, come "introduzione" ad una attività culturale di fondamentale importanza - toccò la meta. Il C. aveva già scritto di cose musicali nella rivista mensile milanese I Libri del giorno di Treves e aveva pubblicato un saggio su L'opera di Adriano Lualdi (Milano 1932). Iniziandosi dunque presso l'editore Rizzoli la pubblicazione del settimanale Settegiorni, il direttore Eugenio Gara, che del C. aveva da lungo tempo intuito le qualità di scrittore, lo volle collaboratore della rubrica musicale. Era il 1940: iniziava allora la sua attività di critico musicale insigne.
Le critiche pubblicate su Settegiorni furono poi raccolte nel volume Bruciar le ali alla musica (Milano 1945); in esse il pubblico imparò a conoscere un vero scrittore e i musicisti scoprirono uno studioso che con la massima semplicità di stile diceva cose nuove ed acute su vecchi problemi, illuminava angoli bui della storia musicale; e che, pur apparendo dapprima guidato quasi esclusivamente da intuito e da sensibilità, subito dopo dimostrava quanto i propri giudizi fossero saldamente ancorati su una cultura eccezionale.
Nel 1944, una tremenda fatalità (nel prendere un treno già in movimento egli scivolava e finiva con una gamba sotto le ruote) sopraggiungeva ad inibirgli ancor più l'attività pratica, e quindi a costringerlo maggiormente nel mondo del pensiero, della cultura, della musicologia.
Da allora il C. tenne cattedra di critica musicale, per oltre trent'anni; sui quotidiani milanesi, successivamente: La Libertà (giugno-ottobre 1945), Il Tempo di Milano (maggio 1946-ottobre 1952), La Patria (dal novembre 1952) e Il Giorno (fino alla morte); e, contemporaneamente, via via, sui settimanali: Oggi, Ovest ed Epoca;per quest'ultima scrisse dal 1950 fino alla morte. Uscirono anche i suoi libri: La Cenerentola di Rossini, Milano 1946; Prigionia di un artista: Il romanzo di L. Cherubini (I-II, Milano 1948); Guida alla musica (I-II, Milano 1950-1953) in cui sono anche raccolti molti testi che il C. scrisse per la rubrica radiofonica "Il Contemporaneo", alla quale collaborò ininterrottamente dal 1946; e infine la grande Storia della musica (I-II, Milano 1958).
Parallelamente, egli svolgeva attività di revisore di musiche antiche, incominciata già nel 1929 con la trascrizione della Italiana in Londra di Cimarosa (Milano, teatro dell'Esposizione). Apparvero così, in revisioni accurate e geniali, Il maestro di musica di Pergolesi (Trieste, teatro Verdi, 1953); Vanone e Perricca di A. Scarlatti (R.A.I., 1954); il balletto Gala su musiche di A. Scarlatti (Venezia 1961); e, con la revisione musicale, il C. realizzò la traduzione italiana dei libretti di tre opere di Cherubini: L'Hôtellerie portugaise (Roma, teatro delle Arti, 1942; Firenze, 1949); Lodoïska (Milano, teatro alla Scala, 1950); e Le Crescendo (Siena, 16 sett. 1945). Fondò e diresse il Concorso pianistico internazionale "E. Pozzoli" di Seregno, e il Concorso internazionale G. B. Viotti di Vercelli di interpretazione musicale e di composizione, per conto della locale Società del quartetto. Dal 1954 diresse anche la scuola di canto della Scala, dalla quale sorse poi la Compagnia dei cadetti della Scala e, nel 1957 e 1958, tenne delle lezioni sull'opera italiana al conservatorio di Cincinnati (Ohio). Da non dimenticare, infine, la sua ininterrotta e vastissima attività di conferenziere. Nel 1945 aveva pubblicato anche un romanzo per ragazzi, Il Cavalier Cuccagna (Milano).
Il C. morì a Milano il 29 giugno 1972.
Era accademico di S. Cecilia. Viveva nel quartiere bohémien di Milano, il quartiere di Brera, del quale era divenuto una figura tipica. Non sdegnava davvero la compagnia di gente umile; e dedicò un libro, scintillante di humor e di simpatia, ai milanesissimi "barboni".
L'influenza del C. sulla cultura musicale italiana è stata grandissima. La rinascita dell'arte di Cherubini - che agli inizi degli anni Cinquanta era ancora ignorata fra noi, e che oggi è diffusa in Italia e nel mondo, con esecuzioni frequentissime - gli appartiene per intero: la grande biografia critica pubblicata nel 1948 non soltanto valse ad illuminare l'enigmatica figura umana di Cherubini; ma, con analisi musicologiche penetrantissime, ne sottopose all'attenzione degli studiosi, i capolavori, del genere sacro e del genere teatrale. Ma quel libro attestava anche le virtù di grande scrittore del C.: non per nulla, nel 1948-49, esso ebbe il riconoscimento d'un premio specificamente letterario come il Bagutta. Venne poi la Storia della musica che, sdegnando i tradizionali criteri di compilazione, affrontò gli autori e lo svolgimento dei periodi con l'autenticità che derivava al C . da indagini e accostamenti diretti. In tale opera, i due capitoli su Schubert e su Rossini, fra gli altri, assumono la validità eccezionale che è propria delle riscoperte.
Ma soprattutto, l'infaticabile attività del C. si fece sentire su tutta la rubricistica musicale italiana, in quotidiani e periodici. Al suo esempio si deve se, nelle manifestazioni migliori, i rubricisti d'oggi mirano ad evitare la freddezza accademica, per cercar di congiungere gli apporti della musicologia con la freschezza dello stile.
Bibl.: Necrologi in Il Messaggero, 30 giugno 1972; Corriere della sera, 30 giugno 1972; Gente, 15 luglio, 1972, p. 97; U. Manferrari, Dizion. univ. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, p. 266; A. Caselli, Catal. delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, p. 120; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, II, coll.1626 s.; Enc. della Musica Ricordi, I, p. 519; Enc. d. Spett., III, coll.1312 s.; The New Grove Dict, IV, p. 1657.