MONTEVERDI, Giulio Cesare
MONTEVERDI, Giulio Cesare. – Figlio di Baldassarre e di Maddalena Zignani, e fratello minore di Claudio, nacque a Cremona e fu battezzato il 31 dicembre 1573 nella parrocchia dei Ss. Nazaro e Celso (Sommi Picenardi, 1997, p. 207).
Non sappiamo nulla circa la sua istruzione musicale, se non che si dedicò allo studio dell’organo; infatti, il suo primo incarico professionale noto fu di organista nella cattedrale di Mantova. Rimase però in carica per soli cinque mesi, dall’aprile al settembre 1600, dopodiché ritornò a Cremona (Tagmann, 1967, p. 43). Forse già a partire dall’agosto del 1602 entrò al servizio dei Gonzaga insieme ad altri musicisti, ma venne assunto definitivamente a partire dal 1604 per la cifra di 7 scudi mensili; per quanto non siano conosciuti precisamente i suoi compiti, è ragionevole credere che venisse impiegato come suonatore di strumenti a tastiera e, all’occorrenza, come compositore (Parisi, 1989, p. 466). In questo periodo compose una canzonetta contenuta nei Nuovi fioretti musicali di Amante Franzoni (1605) e altre due, su versi di Ansaldo Cebà, negli Scherzi musicali (1607) di Claudio Monteverdi; per questa raccolta, di cui curò la pubblicazione, stilò la celebre Dichiaratione, fondamentale documento della cosiddetta «seconda pratica»: in essa, glossando partitamente la breve postilla che Claudio aveva pubblicato nel suo Quinto libro di madrigali a 5 voci (1605), difese puntualmente il fratello contro gli attacchi di Giovanni Maria Artusi. Come compositore di corte fu incaricato di scrivere le musiche per il quarto intermedio (testo di Gabriello Chiabrera) eseguito durante l’Idropica di Battista Guarini, commedia rappresentata nel 1608 per le nozze del principe Francesco (musica perduta). Quando quest’ultimo divenne governatore del Monferrato nel 1609, Giulio Cesare venne nominato suo maestro di cappella, preferito a Galeazzo Sirena anche per il giudizio datone da Claudio in una lettera scritta da Cremona ad Alessandro Striggio (cit. in Lax, 1994, pp. 26-29). Nella sua nuova veste compose le musiche per Il rapimento di Proserpina su testo di Ercole Marliani (o Marigliani), rappresentato nel 1611 a Casale Monferrato con la partecipazione di famosi cantanti in servizio alla corte mantovana (Adriana Basile, Virginia Ramponi Andreini e Francesco Rasi; la musica è perduta). Il 10 giugno 1612 Francesco divenne duca di Mantova succedendo al padre Vincenzo; poco tempo dopo, il 28 luglio, licenziò i fratelli Monteverdi, mostrando di credere alla diceria secondo cui Claudio era in procinto di abbandonare Mantova e Giulio Cesare di prenderne il posto quale maestro di cappella (Parisi, 1987, pp. 78 s.; Id., 1989, pp. 260 s.). Mancano notizie fino al 1615, ma non è da escludere un servizio presso i Gonzaga di Vescovato (Bonomo, 1992, pp. 47-49; Zanardi, 2001, pp. 21-25), con i quali doveva già avere avuto qualche rapporto; la già ricordata silloge di Franzoni menziona sul frontespizio che le composizioni ivi contenute sono state raccolte «dall’illustrissimo signor Fulvio Gonzaga marchese, prencipe del Sacro Imperio e signor di Vescovato». Nella dedica degli Affetti musici del 1620, rivolta a Francesco Gonzaga signore di Vescovato, ricorda che «non breve tempo parimenti dimorai al servigio de gli eccellentissimi antecessori di V.E.», ovvero i cosignori e fratelli Carlo (padre di Francesco), Pirro Maria, Giordano e soprattutto Fulvio, morto nel 1615.
Nel dicembre del 1615 divenne organista della parrocchiale di Castelleone, cittadina vicino a Crema, la cui comunità aveva cercato invano di disporre di Tarquinio Merula; venne ufficialmente assunto il 2 gennaio 1616 (Zanardi, 2001, p. 40) col cospicuo stipendio di 60 ducatoni annuali e l’uso gratuito dell’abitazione. Tra i suoi compiti vi era anche l’insegnamento del canto e la manutenzione dell’organo, del quale volle migliorare la sonorità mediante l’accorciamento delle canne; non riuscì nell’intento e dovette pertanto provvedere con un altro strumento (forse un positivo) che rimase a disposizione della chiesa per diversi anni.
A Castelleone rimase fino ai primi d’aprile 1622, quando partì per partecipare al concorso per organista e per maestro di cappella del duomo di Salò (10 aprile). Vinse quello per maestro di cappella (Giovanni Battista Tonnolini quello per organista) per un triennio, probabilmente con le stesse condizioni economiche dei predecessori, senza aumento di stipendio e senza l’uso gratuito dell’abitazione: il che costrinse Monteverdi a vivere in una situazione economica piuttosto difficile. Il contratto venne rinnovato nel 1625 a grandissima maggioranza (Sartori, 1967, p. 688), poi nel 1628, anche se non è noto il documento di conferma. Durante questo periodo Monteverdi venne invitato dalla Comunità di Castelleone a riprendere il ruolo di organista nella parrocchiale al posto di Giovanni Battista Pasino una prima volta nel luglio 1624, una seconda nell’ottobre 1625. Nel primo caso Giulio Cesare si dichiarò disposto a rientrare, forse anche a causa delle ristrettezze economiche in cui versava a Salò, ma la cosa non andò in porto per ragioni interne al consiglio (Zanardi, 2001, p. 47); per la seconda volta non sono noti documenti, ma la risposta dovette essere negativa.
Probabilmente morì a Salò durante la peste del 1630-31; l’unico documento al riguardo è una scrittura notarile redatta il 18 gennaio 1635 in cui Claudio, avendo avuto notizia della morte del fratello avvenuta nella cittadina bresciana durante gli anni in cui il morbo imperversava, vuol far valere i propri diritti ereditari, non essendovi alcun testamento (Vio, 1986-87, p. 352).
Il valore eccezionale della Dichiaratione posta al termine degli Scherzi musicali, manifesto programmatico della poetica propria della ‘seconda pratica’, ha messo un po’ in ombra il compositore Giulio Cesare Monteverdi, talvolta relegato a epigono minore del fratello. Purtroppo non è giunta la sua opera più cospicua, Il rapimento di Proserpina, che avrebbe permesso di meglio capire le sue risorse di compositore nell’ambito della monodia teatrale e la sua effettiva adesione alle nuove istanze espressive. A parte le già ricordate tre canzonette, pubblicò solo un libro di mottetti concertati da una a sei voci e basso continuo nel 1620, gli Affetti musici, risalenti in gran parte al periodo del servizio per i Gonzaga, a Mantova e, verosimilmente, a Vescovato; ne sono indicativo segnale alcuni testi tratti direttamente dal breviario in uso nella chiesa ducale di S. Barbara. Molti i motivi d’interesse di tale raccolta, che non può essere vista solo e soltanto in rapporto con l’opera del fratello, come talvolta si è voluto fare (a parte il fatto che Claudio non pubblicò mai una raccolta organica di mottetti); evidentemente destinata all’uso devozionale e genericamente spirituale (anche se pur sempre utilizzabile in ambito liturgico), la silloge impiega a piene mani mezzi, linguaggi e strutture proprie della musica profana e si pone nel contesto di quella graduale secolarizzazione della musica sacra ‘moderna’ che caratterizza i primi decenni del Seicento. Le ambiguità e le ambivalenze stilistiche si vedono nella coesistenza di mottetti scritti in un linguaggio contrappuntistico di transizione, con basso continuo ad libitum, e di composizioni che anticipano le articolazioni formali recitativo- aria dei decenni successivi (Bonomo, 1999, pp. 236 s.). La stampa contiene anche quattro inni, due dei quali basati su testi del vescovo e poeta cremonese Marco Girolamo Vida (1480 circa - 1566), organizzati in complesse strutture strofiche grazie anche all’occasionale apporto degli strumenti; ancora una volta la loro funzione è più celebrativa che non strettamente liturgica (Bonomo, 1992, pp. 53 s.).
Opere: Delli affetti musici libro primo, 1-6 voci e basso continuo, Venezia 1620; Occhi nidi d’amore, 3 voci e basso continuo, in A. Franzoni, Nuovi fioretti musicali, Venezia 1605 (rist. 1607); Deh, chi tace il bel pensero e Dispiegate, guance amate, 3 voci, 2 violini e basso continuo, in C. Monteverdi, Scherzi musicali, Venezia 1607; musiche per il IV intermedio (testo di G. Chiabrera) all’Idropica di Guarini, Mantova 1608 (perduto); Il rapimento di Proserpina (testo di E. Marigliani), Casale Monferrato 1611 (perduto). Edizioni moderne: Deh, chi tace il bel pensero e Dispiegate, guance amate, in Tutte le opere di Claudio Monteverdi, X, a cura di G.F. Malipiero, Asolo 1929, pp. 58- 61; e in C. Monteverdi, Opera omnia, VII, a cura di F. Dobbins, Cremona 2002, pp. 144- 151.
Fonti e Bibl.: La Dichiarazione del 1607, è disponibile, oltre che nelle due edizioni delle opere di Claudio Monteverdi, cit., in Domenico De’ Paoli, Claudio Monteverdi: Lettere, dediche e prefazioni, Roma 1973, pp. 393-407, e in rete, sul sito del Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna, http://badigit.comune. bologna. it/cmbm/images/ripro/gaspari/BB010/ BB010_024.asp; P. Guerrini, La cappella musicale del duomo di Salò, in Rivista Musicale Italiana, XXIX (1922), pp. 108 s.; C. Sartori, Giulio Cesare Monteverde a Salò: nuovi documenti inediti, in Nuova Rivista Musicale Italiana, I (1967), pp. 684-696; P.M. Tagmann, Archivalische Studien zur Musikpflege am Dom von Mantua (1500 - 1627), Bern-Stuttgart 1967, pp. 43, 45, 66, 80; C. Sartori, La cappella musicale del Duomo di Salò (notizie inedite su Orazio Vecchi, Tiburzio Massaino, Orazio Scaletta e Giulio Monteverdi tratte dall’Archivio del Comune di Salò), in Il Lago di Garda. Storia di una comunità lacuale, Salò 1969, pp. 171-182; P. Fabbri, Monteverdi, Torino 1985, pp. 47, 59-65, 94, 115 s.; G. Vio, Ultimi ragguagli monteverdiani, in Rassegna Veneta di Studi Musicali, II-III (1986-87), p. 352; S.H. Parisi, «Licenza alla Mantovana»: Frescobaldi and the recruitment of musicians for Mantua, 1612-15, in Frescobaldi Studies, Durham 1987, pp. 78-80; Id., Ducal patronage of music in Mantua, 1587- 1627: an archival study, diss., University of Illinois, Chicago, 1989, pp. 150, 233 s., 260, 466, 467, 606 s.; G. Bonomo, G.C. M. e gli inni della raccolta «Delli affetti musici», in Rivista Italiana di Musicologia, XXVII (1992), pp. 41-101; C. Monteverdi, Lettere, a cura di É. Lax, Firenze 1994, lettera 8, pp. 26-29; G. Sommi Picenardi, Dizionario biografico dei musicisti e fabbricatori di strumenti musicali cremonesi, ed. annotata da C. Zambelloni, Turnhout 1997, pp. 207 s.; I. Data, Il «Rapimento di Proserpina» di G.C. M. e le feste a Casale nel 1611, in Claudio Monteverdi. Studi e prospettive, Firenze 1998, pp. 333-346; G. Gregori, Claudio Monteverdi nei documenti cremonesi, in Intorno a Monteverdi, Lucca 1999, pp. 6-8, 15, 17-19, 49; G. Bonomo, «Delli Affetti Musici» di G.C. M.: morfologia e secolarizzazione nel mottetto concertato del primo Seicento, ibid., pp. 233-287; C. Zanardi, Castelleone. G.C. M. organista a Castelleone, Castelleone 2001; M. Ossi, Divining the Oracle: Monteverdi’s Seconda Prattica, Chicago 2003, ad ind.; R. Eitner, Quellen- Lexikon der Musiker, VII, p. 47; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, IX, 1961, coll. 531 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, pp. 160 s.; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XVII, p. 60; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, 2004, XII, coll. 421 s.