MILANI, Giulio Cesare
– Nacque a Bologna, nella parrocchia di S. Benedetto, dove fu battezzato il 23 sett. 1629, da Giovanni Giacomo e da Elisabetta Croci (Mazza).
Dopo aver appreso i rudimenti del disegno dal modesto Andrea Baroni, al quale avrebbe introdotto il giovane Lorenzo Pasinelli, il M. proseguì la sua educazione artistica nella scuola di Simone Cantarini e, dopo la morte di questo (1648) e in compagnia di Pasinelli, cui ormai lo legava un vincolo di amicizia (Zanotti, p. 21), presso quella di Flaminio Torri. In questa scuola si sarebbe distinto come «uno de’ più bravi allievi» perfezionandosi tanto «a copiare così eccellentemente le Opere de’ Gran Maestri» quanto a eseguire lavori «di sua invenzione» (Crespi, p. 144).
La scarsità di documenti e la perdita di molte delle opere ricordate dalle fonti rendono problematica la sistemazione del catalogo del M., ai cui inizi sembrano comunque doversi collocare due opere eseguite per chiese bolognesi e successivamente disperse con le soppressioni napoleoniche degli enti ecclesiastici: la pala d’altare con S. Antonio da Padova che appare al beato Toma abate di Vercelli per la chiesa di S. Maria del Cestello (Masini, 1666; seguito da Crespi, p. 144) e lo Sposalizio della Vergine per l’oratorio della Confraternita di S. Giuseppe. L’affermazione del M. dovette compiersi però tra il settimo e l’ottavo decennio del secolo, come attestano le imprese in cui fu coinvolto a partire da quel torno di anni. Alla morte del pittore figurista Fulgenzio Mondini (1664), il M. fu infatti chiamato a Firenze dal quadraturista bolognese Giacomo Alboresi per ultimare i lavori ad affresco nella villa Capponi, la «Colonnata», dove «compì ciò che Mondini aveva lasciato imperfetto, e fece tutto quello, che quegli non aveva per anche incominciato per compimento di tutto quel lavoro» (Crespi, p. 145). Forse prossima a questi anni fu l’esecuzione della pala per la chiesa di S. Margherita dei frati zoccolanti a Cortona con S. Antonio da Padova con una Gloria di angeli (Masini, 1690; perduta), che andò a inserirsi in un processo di aggiornamento in direzione bolognese operato dalla committenza locale tra fine Seicento e inizio Settecento (Mazza).
A Bologna, il M. partecipò all’impresa collettiva della decorazione a fresco del portico di S. Maria dei Servi realizzando, certamente dopo il 1672, data dello scoprimento della prima lunetta, quella con La Vergine porge l’abito a s. Filippo Benizzi (Roli).
Nel 1673 eseguì, per Violante Torretti, l’olio su tela con il Transito di s. Giuseppe per il primo altare della chiesa cappuccina di S. Agata Feltria, in cui la figura del santo parzialmente disteso sul letto e sorretto da un angelo è accompagnata, al centro, da Gesù benedicente, a sinistra dalla Vergine, a destra da s. Giovanni e, in alto, dal Padre Eterno e dallo Spirito Santo in forma di colomba (Donato da San Giovanni in Persiceto; in situ). La maniera del M. è tuttavia valutabile più compiutamente su un’opera della piena maturità: la pala con l’Immacolata con i ss. Nicola da Tolentino, Pellegrino, Giovanni Evangelista e Barbara, già nell’oratorio di S. Barbara in località Cà di Clò di Castello di Serravalle (Bologna, collezione privata), firmata e datata: «Giulio Cesare Milani inv(enit) / et fecit 1680».
In quest’opera, che nell’iconografia dell’Immacolata si appoggia al modello reniano allora visibile in S. Girolamo degli Zoccolanti a Forlì (ora a S. Biagio), sono infatti riconoscibili, riassemblate in un calibrato equilibrio, le differenti componenti linguistiche che avevano concorso alla formazione del M.: «lo sfaldamento dell’ultima maniera di Guido Reni interpretata secondo modi del tutto simili» a quelli di Cantarini (Mazza, p. 224) è quello che dà vita alle immateriali stesure cromatiche evidenti, in particolare, nel trattamento della mano di s. Barbara, mentre predomina, e in maniera più eloquente nella resa del volto di s. Giovanni, il tentato accordo tra le reminiscenze cantariniane e le vibrazioni «di aperta luminosità» di Pasinelli (ibid., p. 226).
L’operare del M. «non disgradito nelle chiese di Bologna e applaudito in molti paesi vicini» (Lanzi, p. 82) è confermato da altre opere, non datate: la pala con La Sacra Famiglia e i ss. Anna, Francesco Saverio, Antonio da Padova e Giacomo apostolo per l’oratorio della villa del Marchesino a Granarolo dell’Emilia (Roli), il S. Antonio e angeli per la chiesa di S. Rocco nella villa di Vincenzo Valla ad Antigorio, diocesi di Novara (Masini, 1690; non identificato); lo Sposalizio della Vergine per l’orfanotrofio di S. Leonardo a Bologna (Thieme - Becker).
Analogamente, l’apprezzamento guadagnato dal M. quale pittore devozionale presso i collezionisti contemporanei è attestato dai numerosi dipinti non identificati registrati negli inventari di numerose, e talora prestigiose, raccolte bolognesi seicentesche: nella casa del mercante Giovanni Manzini, parrocchia di S. Maria di Mascarella, un’Annunciazione e due quadri, di soggetto non specificato (Getty Provenance Index); nel palazzo di Giacomo Maria Marchesini, parrocchia di S. Lorenzo Porta Stieri, una Maddalena e una Madonna su rame,
copie, rispettivamente, da Cantarini e da Albani, una S. Maria Maddalena «con una testa di morto in mano» e lo Sposalizio mistico di s. Caterina (Morselli, p. 341 n. 11, p. 343 nn. 76 e 69, p. 344 n. 86); in casa del dottore Bartolomeo Soprani, parrocchia di S. Biagio, un S. Giuseppe, un S. Francesco, un S. Sebastiano, una Madonna con Bambino (Getty Provenance Index); in casa del mercante Gaspare Bassi, parrocchia di S. Isaia, una Sacra Famiglia (Morselli, p. 88 n. 30); in casa Sampieri, una Maddalena (Campori). La Sibilla «mezza figura, et un Puttino», documentata in casa del mercante Giovanni Giacomo Mongiorgi, in via S. Isaia (Morselli, p. 348 n. 2), rimane invece l’unica traccia di un’eventuale applicazione del pittore anche su tematiche profane. Difficilmente riconoscibile è, infine, la cifra grafica del M., attestata unicamente da due fogli segnalati uno nelle collezioni del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Indici e cataloghi, p. 301), l’altro nella vendita della collezione Poggi battuta all’asta londinese di Christie’s del 20 apr. 1791 (Getty Provenance Index).
Il M. morì a Bologna il 13 sett. 1686.
Lasciò un figlio, Camillo, anch’egli pittore, del quale Masini segnalò la «prima sua opera», ovvero la pala d’altare con S. Francesco di Paola «orante in un bosco» per la chiesa dei frati minimi di S. Francesco di Paola a Forlì (Masini, 1690; non identificata); la mancanza di ulteriori notizie in fonti posteriori e l’impossibilità di compiere aggiunte al catalogo di Camillo sembrerebbero avvalorare la supposizione di Crespi: «conviene dire, che poco vivesse, perché qui non abbiamo cosa alcuna di lui in pubblico, oppure, che qui non abitasse, non trovandosi qui memoria della sua morte» (p. 145).
Fonti e Bibl.: A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, parte 1a, p. 630; C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, pp. 175, 185 s.; A. Masini, Aggiunta alla Bologna perlustrata (1690), in A. Arfelli, «Bologna perlustrata» di Antonio di Paolo Masini e l’«Aggiunta» del 1690, in L’Archiginnasio, LII (1957), pp. 212, 226; Scritti originali del conte Carlo Cesare Malvasia spettanti alla sua Felsina pittrice (sec. XVII), a cura di L. Marzocchi, Bologna 1983, pp. 91 n. 12, 334; G.P. Zanotti, Nuovo fregio di gloria a Felsina sempre pittrice nella vita di Lorenzo Pasinelli pittor bolognese, Bologna 1703, pp. 14, 21, 116; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico …, accresciuto da P. Guarienti, Venezia 1753, p. 311; L. Crespi, Vite de’ pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, pp. 62, 130, 144-146; L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia (1809), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 82, 107, 368; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, parte 1a, XIII, Parma 1823, p. 258; S. Ticozzi, Dizionario degli architetti, scultori, pittori …, Milano 1831, II, p. 455; F. De Boni, Biografie degli artisti, Venezia 1840, p. 653; C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi con aggiunte, correzioni e note inedite dell’autore, di Giampietro Zanotti e di altri scrittori, Bologna 1841, II, pp. 370, 383; A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, Bologna 1843, II, pp. 286 s.; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua, a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, p. 49; G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti, Modena 1870, pp. 600 s.; Indici e cataloghi XII. Disegni antichi e moderni posseduti dalla R. Galleria degli Uffizi di Firenze, IV, Roma 1894, pp. 301, 431; P.A. Corna, Dizionario della storia dell’arte in Italia, Piacenza 1930, II, p. 656; P. Ferronato - G. Rocca, S. Maria dei Servi in Bologna, Genova 1958, p. 42; Donato da San Giovanni in Persiceto, I conventi dei frati minori cappuccini della provincia di Bologna, II, I conventi fondati negli anni 1559-1578, Faenza 1959, p. 445 n. 3, tav. VIII/18; A. Arfelli, Alboresi, Giacomo, in Dizionario biografico degli Italiani, II, Roma 1960, p. 44; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, pp. 277 s.; R. Morselli, Collezioni e quadrerie nella Bologna del Seicento: inventari 1640-1707, a cura di A. Cera Sones, Santa Monica, CA, 1998, pp. 88, 341, 343 s., 348, 473; A. Mazza, Cortona e Bologna. Collezionismo e rapporti artistici tra Sei e Settecento, in L’Archiginnasio, XCVI (2001), pp. 224-226; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 554.
S. Falabella