GONZAGA, Giulio Cesare
Ultimo dei sette figli maschi di Carlo di Gazzuolo e di Emilia Cauzzi, nacque a San Martino dall'Argine, nel Mantovano, tra il 1552 e il 1553.
Rimasto orfano del padre nel 1555, fu affidato alla tutela della madre, affiancata dal cardinale Ercole Gonzaga e da Vespasiano Gonzaga di Sabbioneta. Nel 1559 i sei fratelli, Pirro, Scipione, Annibale, Alfonso, Ferrante e il G., tutti accomunati dal titolo di signori di San Martino, ottennero dall'imperatore Ferdinando I l'investitura dei feudi di San Martino, Isola Dovarese, Pomponesco e Commessaggio. Coerentemente alla scelta imperiale già fatta in precedenza dal padre e dai fratelli maggiori, il G. crebbe e fu educato fin dall'adolescenza alla corte dell'imperatore Massimiliano II, servendo, insieme con suo fratello Ferrante, quale paggio d'onore del futuro Rodolfo II. Con il giovane principe s'instaurò un rapporto di stretta familiarità, che nel corso degli anni si sarebbe concretizzato in forma di favori e privilegi feudali, una volta che l'Asburgo ebbe ottenuto il titolo imperiale.
Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1573, i fratelli si spartirono il diritto di consignoria intorno al 1578 e il G. accettò per sé l'assegnazione di Pomponesco. Benché soggiornasse spesso in quegli anni nella corte cesarea, il G. fissò la propria residenza nel piccolo centro sulle rive del Po, dando il via a una serie di trasformazioni che ne modificarono ben presto l'aspetto urbanistico: oltre a far tracciare un sistema ordinato di strade ispirato al modello del cardo e del decumano, fece edificare un castello dotato di porticati, loggiati, giardini ed eleganti sale arricchite con marmi e affreschi. L'area del castello, recintata da mura, giunse a comprendere al proprio interno la chiesa di corte e una zecca, che risultava essere stata attiva già nel 1583.
Il G. si distinse nettamente dal resto dei suoi fratelli, sui quali, nonostante fosse il minore, prevalse per il carattere forte e deciso: suo fratello Scipione, cardinale, lo descrive nei propri Commentarii scontroso, irrequieto e con una naturale predisposizione al comando. Lo stesso cardinale sottolineava come anche al matrimonio egli fosse arrivato per primo tra i fratelli, avendo sposato a Roma nel 1587 Flaminia Colonna, figlia di Sciarra di Palestrina e di Clarice dell'Anguillara, dal cui matrimonio non nacquero figli.
Nel 1591, in seguito alla morte di Vespasiano Gonzaga duca di Sabbioneta, con il quale sembra fosse l'unico tra i fratelli ad avere mantenuto rapporti di amicizia, si aprì una difficile vertenza sui diritti di successione fra la figlia di Vespasiano, Isabella, nominata a succedere insieme con il marito Luigi Carafa nel testamento dettato dal defunto duca, e i signori di San Martino, depositari dei diritti feudali oltre che su Sabbioneta, su Commessaggio, Bozzolo, Rivarolo Fuori e Ostiano. In seguito a varie trattative che videro coinvolto in veste di mediatore lo stesso duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga, Sabbioneta rimase a Isabella e alla sua discendenza maschile in cambio della promessa di un'ingente somma di denaro, mentre il resto delle terre fu assegnato in comproprietà ai signori di San Martino. Dopo la morte del primogenito Pirro, avvenuta nel giugno 1592, si addivenne nel gennaio 1593 alla spartizione con i fratelli delle recenti acquisizioni, ratificata poi dalle due investiture imperiali di Rodolfo II del 14 ott. 1593: al G. spettarono Bozzolo e Commessaggio, con la promessa della concessione a suo favore di Ostiano in caso di morte di Annibale, frate francescano con il nome di Francesco e successivamente vescovo di Mantova, al quale era riconosciuto in usufrutto quel feudo (decisione, quest'ultima, che mise in grave disaccordo i due fratelli, cfr. Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 1809). L'anno seguente, a compimento di una fine attività diplomatica svolta dai propri agenti presso l'imperatore, il G. seppe giovarsi abilmente della confidenza che lo legava al sovrano, ottenendo con diploma imperiale di Rodolfo II, datato Praga, 10 febbr. 1594, il titolo di città per Bozzolo con l'innalzamento del relativo feudo a principato e del territorio di Pomponesco a contea. Il diploma (ibid., b. 1825) si manifesta rilevante, in mancanza di altro tipo di documentazione, anche per ricostruire la biografia del G. nel periodo giovanile, laddove recita, a giustificazione dei nuovi benefici concessi, le imprese e i servizi offerti in passato all'Impero, come l'aver militato giovanissimo a Lepanto nel 1571 contro i Turchi, o l'aver servito a corte dal 1576 per nove anni ininterrotti. Per ragioni rimaste a tutt'oggi inesplicabili, tale diploma imperiale e i nuovi titoli che con esso venivano conferiti furono tuttavia resi noti dal G. solo il 31 ag. 1597. Cionondimeno, in quei tre anni egli prese ad assumere atteggiamenti più autoritari, imponendo una propria etichetta di corte che di fatto la separava dal resto della comunità: uno stile ritenuto dal G. evidentemente più consono al nuovo rango acquisito e che si accompagnò, trasferitosi nel frattempo definitivamente da Pomponesco a Bozzolo, alla ripresa dell'opera urbanistica già predisposta da Vespasiano. Accomunato al defunto duca dall'inclinazione per la progettazione delle proprie città, il G. avviò infatti, con rinnovato entusiasmo, anche nella sua nuova capitale una serie di opere urbanistiche: esse includevano il completamento della cinta muraria con relative porte, il rafforzamento della rocca e un nuovo palazzo per ospitare la corte, di cui tuttavia poté vedere conclusa solo la cappella palatina, eletta poi a proprio mausoleo. Tra i provvedimenti adottati si annoverano l'introduzione di un sistema elementare di scuole, la costituzione di un Consiglio di giustizia, l'autorizzazione per l'istituzione di banchi a favore degli ebrei e, nel campo delle attività commerciali, l'apertura del mercato pubblico del venerdì, tuttora operante, e l'avvio di un importante opificio per la manifattura dei velluti. Tutti lavori e iniziative che mutarono ben presto l'aspetto di Bozzolo donandole quell'"idea di città" (Boriani, p. 112), che doveva apparire ben più consono alla sua nuova dignità. Nondimeno, tali lavori vennero a pesare, sembra non senza malumori, sulle già precarie condizioni economiche della popolazione, la quale, per sostenere il rango imposto dal G. alla sua città, si vide imporre gravosi prelievi di prodotti agricoli e balzelli straordinari. Alla fine di luglio 1599 anche la zecca venne definitivamente trasferita da Pomponesco, divenendo operativa nella sua nuova sede di Bozzolo.
Gli ultimi anni della sua vita il G. li trascorse gravemente ammalato, una condizione che non gli impedì tuttavia di seguire concretamente i propri interessi economici all'interno e all'esterno del suo dominio, opponendosi fermamente alle pretese territoriali ed economiche del duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga, al quale, allora come in passato, non riconosceva diritto alcuno sulle proprie giurisdizioni. Probabilmente proprio all'autorità guadagnatasi con tale condotta il G. dovette il privilegio di apparire per primo tra i cavalieri creati dal duca di Mantova nel nuovissimo e prestigioso Ordine del Redentore, istituito nel 1608. Agli ultimi tempi di governo del G. sembra si debba far risalire l'impianto di quegli importanti ordini e decreti per il governo di Bozzolo che furono promulgati appena dopo la sua morte, il 13 febbr. 1610, da Isabella Gonzaga.
Il G. era morto a Bozzolo sette mesi prima, il 23 giugno 1609.
Il suo corpo venne tumulato, sembra senza importanti cerimonie funebri, nella tomba da lui stesso fatta predisporre nell'oratorio di S. Francesco, destinato a divenire cappella di corte dei Gonzaga di Bozzolo. Sulla sua morte venne mantenuto un assoluto riserbo da parte dei suoi cittadini, una scelta di cui rimase traccia nelle cronache successive e che si può ipotizzare in relazione col negativo giudizio espresso nei suoi confronti da parte di una comunità la quale, nel suo complesso, si era sentita estranea alle glorie dinastiche della città, avendone, viceversa, dovuto sopportare e subire solo le conseguenze economiche. Dopo la morte del G. i titoli e i feudi a lui appartenuti furono trasmessi al nipote Scipione, figlio di suo fratello Ferrante, allora sotto tutela della madre Isabella Gonzaga di Novellara.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1809-1810, 1825; S. Gonzaga, Commentariorum rerum suarum libri tres, Romae 1791, pp. 8, 66, 70 s., 76-79, 81-83, 89, 92, 117, 119, 121, 124, 126, 212-214, 216 s., 219 s., 222-225, 261, 270, 359, 363; Id., Autobiografia, a cura di D. Della Terza, Modena 1987, ad indicem; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, II, Mantova 1955, pp. 674 s., 771, 787, 885; III, ibid. 1956, pp. 56, 103, 174, 236, 256 s.; L. Lucchini, Bozzolo e i suoi domini. Storica illustrazione, Cremona 1883, pp. 119-122, 153, 166 s., 177; Mantova. Le arti, III, Mantova 1965, ad indicem; G. Coniglio, I Gonzaga, Varese 1967, pp. 340 s., 476, 479; G. Guidetti, Le zecche di Bozzolo, Pomponesco, San Martino dall'Argine, Mantova 1967, pp. 11-65; G. Amadei - E. Marani, I ritratti gonzagheschi della collezione di Ambras, Mantova 1978, pp. 138, 148, 154-156; G. Boriani, Storia di Bozzolo, Bozzolo 1984, pp. 67, 92, 104-123, 126, 129, 132 s., 135, 176, 254, 260, 262; La chiesa della Ss. Trinità in Bozzolo, a cura di U. Bazzotti - I. Pagliari, Mantova 1987, ad indicem; L. Zoppè, Itinerari gonzagheschi, Milano 1988, pp. 54, 56-58, 217-221; G. Margini - R. Castagna, Monete mantovane dal XII al XIX secolo, Mantova 1990, pp. 314-317, 326; A. Gozzi - A. Medici, Sabbioneta, Guastalla, Gualtieri, Pomponesco. Città dei Gonzaga, Milano 1993, p. 61; Statuti del principato di Bozzolo, 1610-1633, a cura di N. Calani - A. Liva, Mantova 1993, pp. 14, 30, 136 s., 140, 142-147, 150, 163-167, 169, 171-174; Il principe e la città. G.C. G. di Bozzolo, in Quaderno di civiltà mantovana, s. 3, 1994, n. 12, Supplemento; U. Bazzotti, Rodolfo II e G.C. G. singolari amici, in La Reggia, II (1994), 3, p. 5; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v.Gonzaga, tav. XV.