BOTTIFANGO (Botefango, Bottifanga), Giulio Cesare
Nacque ad Orvieto il 6 ag. 1559 da famiglia appartenente al secondo grado di nobiltà. La data appare nel Febei, senza riferimento di fonte, e si ricava, almeno per l'anno, dall'iscrizione sepolcrale che lo dice morto nel 1630, "aetatis suae LXXII". In gioventù fece studi letterari, artistici, musicali, dimostrando un eclettismo pronto e superficiale, che presso le fonti più antiche è veduto come segno di grandi, seppur potenziali, doti di poeta e filosofo. Particolare valentia ebbe nell'esercizio musicale, e l'Eritreo parla di lui come di un vero e proprio virtuoso.
Visse per lo più a Roma (non sappiamo da quale anno), prima come segretario del cardinale Cornaro; poi, dopo il 1593, del cardinale Girolamo Bernerio d'Ascoli, che gli lasciò in eredità tanto di che vivere. Dalle testimonianze coeve si ricava l'impressione di una vita alquanto dissipata, e nell'epigrafe sepolcrale preparata dal B. si accenna a difficoltà ("aulicis diu fluctibus ractatus"), che probabilmente non avranno ecceduto i normali incomodi connessi a un ufficio di corte.
Alla fine del 1622 o all'inizio del '23 portò a termine in due mesi la traduzione di un'opera spagnola (Bartolomeo Avignone, Vita,virtù e miracoli del beato Luigi Bertrando, Roma 1623), destinata ad accelerare il processo di canonizzazione del predicatore spagnolo. Nel 1626 pubblicò a Roma, presso gli eredi Zanetti e in tiratura limitata, il poema Il corporale sacratissimo di Orvieto, con dedica al cardinale Crescenzi.
Sono quindici canti in ottave, che il B. chiama semplicemente "bozza", quasi a prevenire le critiche dei lettori di gusto "dilicato"; vi si narrano - dopo una premessa storica sui contrasti tra Manfredi e papa Alessandro IV per il Regno di Sicilia - i casi di un giovane boemo, Pietro, che, tornato in patria dallo Studio di Padova, prima si sottrae all'onesto amore di Barbara, poi riprende il cammino per Padova dove è ordinato prete, e infine decide di recarsi a Roma. Il viaggio si svolge tra movimentati accidenti ed ha il suo momento culminante in Bolsena, quando a Pietro, celebrante nella chiesa di S. Cristina, occorre il miracolo dell'ostia, venerata poi in Orvieto per ordine di Urbano IV. Secondo la volontà dell'autore, l'opera è certo da considerarsi non rifinita, ma pur nella generale modestia dei risultati le va riconosciuta una certa scioltezza e una padronanza ragguardevole degli elementi retorico-concettistici che riprendono l'esempio tassiano (abbastanza evidente nella figura di Barbara, anche per il motivo dell'amore inappagato) e lo svolgono secondo i modi di temperato concettismo propri della lirica e narrativa devozionale.
Nel 1630 fu pubblicata a Roma, presso il Corbelletti e per cura di Giulio Salvi, una Lettera dell'elefante indirizzata dal B. al nipote Domenico Salvati. Se ne cita anche (Ghilini, Mazzuchelli) un'ediz. Zanetti senza data e con titolo latino, stampa peraltro che a noi è risultata irreperibile.
Lo scarno opuscolo è datato da Roma il 15 giugno 1630 e vi si dà relazione di un elefante già appartenuto al re d'Inghilterra e mostrato pubblicamente in Roma da un domatore francese: il resoconto ha una prima parte di chiarezza discorsiva, non lontana - salvo che per la tenuità e ristrettezza dell'argomento - dal tono usuale di uno scrittore come Pietro della Valle, tornato a Roma quattro anni prima e che il B. conosceva; ma passa poi, senza vera fusione, a una breve illustrazione erudita col consueto repertorio di naturalisti antichi.
In quello stesso anno 1630 il B. morì in Roma. Fu sepolto nella chiesa del Gesù.
Di vari scritti rimasti inediti si ha notizia nell'Allacci, e sono uno Scherzo,o vero la vittoria della ragione contro il senso;uno scritto paleografico, Del riconoscer le scritture per comparazione;un manuale ricavato dalla sua esperienza, Formularium ad usum Secretariorum S.R.E. Cardinalium et Episcoporum;epistole e rime latine e italiane.
Bibl.: L. Allacci, Apes Urbanae, Romae 1633, p. 170; Iani Nicii Erithraei [G. V. Rossi] Pinacotheca, II, Coloniae Agrippinae 1645, pp. 58-60; G. Ghilini, Teatro d'huomini letterati, II, Venezia 1647, pp. 159 s.; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, V, Venezia 1730, p. 262; F. S.Quadrio, Storia e ragione d'ogni poesia, IV (VI), Milano 1749, p. 270; G. B. Febei, Notizie di scritt. orvietani per il sig. conte Mazzucchelli estese nel 1751, in Arch. stor. per le Marche e l'Umbria, III (1886), pp. 353 s., 368; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1894 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Roma, X, Roma 1877, p. 469.