CAMPAGNOLA, Giulio
Pittore, miniatore e incisore, nacque a Padova nel 1482, morì dopo il 1514. Era figlio di Gerolamo (nato non prima del 1433 e morto nel 1522), artista anch'esso, secondo il Vasari e il Ridolfi, che lo confusero forse con Gerolamo da Cremona come miniatore, certo con Gerolamo Campagna come scultore; scrittore invece e amico di artisti, ché è famosa una sua lettera al filosofo Niccolò Leonico Tomeo, oggi perduta, su cui si fondò il Vasari per dare notizie dei pittori padovani.
Giulio, giovane prodigio, già nel 1495 dava saggi del suo ingegno di erudito e di artista; nel 1498 era a istruirsi alla corte di Ferrara, nel 1507 a Venezia. Nel 1514 è ricordato come incisore di caratteri nel testamento di Aldo Manuzio; e dopo quell'anno, fattosi sacerdote, non si ha altra notizia di lui. Tempra più di imitatore che d'inventore egli ha interesse per avere condotta la stenta arte padovana, ancora rozzamente mantegnesca, sulla via delle riforme giorgionesche; delle cui invenzioni fu diffonditore raffinato e felice, per via delle incisioni soprattutto. I suoi inizî in questo campo prediletto potrebbero riconoscersi in due stampe quasi infantili, che rappresentano Santa Lucia e la Natività, segnate I. I. Cā. (Incidit Iulius Campagnola), già riconosciute di scuola padovana dal Passavant, e non certo, come altri ha supposto, del pittore di vetrate Iacopo Cabrini da Bologna. Vengono subito dopo i quattro affreschi (Sposalizio, Maria al tempio, Purificazione e Natività) segnati O. I. P. (opus Iulii Patavini) nella Scuola del Carmine a Padova, ove il mantegnismo è già allietato dal primo contatto col Giorgione, di cui si ripete la figura centrale della Prova del fuoco degli Uffizî, che Giulio dovette possedere e finire, al pari del dipinto che gli si accompagna: Il Giudizio di Salomone. Tutto del C. è il quadretto degli Amanti richiamati da un pellegrino al pensiero della morte, già nella collezione Benson a Londra, che riproduce nel fondo un'incisione del maestro. Il C. nelle sue stampe, pur derivando dal Mantegna, dal Giambellino, ecc., predilesse il Giorgione da cui s'ispirano le sue più belle invenzioni (Nudo di donna, Concerto, Astrologo [1509], Cristo e la Samaritana, ecc.); per condurre le quali, in modo sempre più prossimo alla tenerezza degli esemplari, inventò la tecnica del puntinismo, opus-mallei.
Bibl.: E. Galichon, G. C., in Gaz. des Beaux-Arts, XIII (1862), pp. 332-46; G. Gronau, nell'edizione tedesca delle Vite di G. Vasari, V, Strasburgo 1908, passim. Per le incisioni: P. Kristeller, G. C., in Veröffentl. d. graph. Gesellschaft, V, Berlino 1907; A. M. Hind, Cat. of early ital. Engravings, Londra 1910, pp. 489-500. Per i disegni: G. Frizzoni, Disegni di antichi maestri, in L'Arte, VIII (1905), p. 249 segg. Per le pitture: G. Fiocco, La giovinezza di G. C., ibid., XVIII (1915), pp. 138-56; K. F. Suter, G. C. als Maler, in Zeitschr. f. bild. Kunst, LX (1926-27), pp. 132-41; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, iii, Milano 1928, p. 492 segg.; F. Filippini, A proposito del monogramma I.I. CA., in Cronache d'arte, V (1928), pp. 69-72. Per Girolamo Campagnola; G. de Kunert, in Riv. d'arte, II (1930), pp. 51-80.