BEVILACQUA, Giulio
Nacque il 14 sett. 1881 da Matteo e Carlotta Oliari a Isola della Scala (Verona). Nel 1889 la famiglia si trasferì nel capoluogo ove il B. frequentò gli studi fino al 1896, quando entrò nell'alunnato filippino presso l'oratorio della Pace di Brescia.
Sono questi gli anni in cui i cattolici riscuotevano un successo elettorale ed assunsero nella vita politica e amministrativa della città un ruolo di primo piano. Figure come monsignor G. Manzini, G. Calabria, G. Chiot saranno di esempio per il B. nella sua vocazione sacerdotale, così come l'ambiente veronese e quello bresciano, soprattutto quello vicino alla famiglia Montini, lo incoraggeranno verso gli studi politico-sociali e verso un impegno di ispirazione cattolico-popolare.
All'inizio dei nuovo secolo il B. si professava aperto sostenitore della concezione politica di R. Murri, il cui giornale Il Domani d'Italia continuò a leggere anche a Lovanio in Belgio, dove egli si trasferì per gli studi universitari nel 1902. A Lovanio subì profondamente l'influenza del pensiero e della azione pastorale di D. Mercier, la figura più autorevole dell'istituto di filosofia, poi - dal 1906 - arcivescovo di Malines e promotore dell'Unione internazionale degli studi sociali. A Lovanio il B., tra le lotte politiche e la crisi modernista, maturò la sua vocazione sacerdotale cui impresse subito un carattere cristocentrico. Nel novembre 1905 discusse la tesi di laurea, pubblicata poi a Torino nel 1906 con il titolo Saggio su la legislazione operaia in Italia. Nel dicembre 1905 entrò nella Congregazione della Pace e seguì gli studi teologici presso il seminario vescovile di Brescia, ricevendo gli ordini sacri il 13 giugno 1908. L'impegno nel campo sociale e culturale si tradusse subito nella piena dedizione alla sezione apprendisti delle unioni cattoliche del lavoro (pubblicherà poi a Milano nel 1909 le sue lezioni con il titolo Le settimane sociali di Brescia e di Palermo). Ma sarà la guerra a rivelargli fino in fondo la sua definitiva scelta di vita, come avrà a scrivere nel suo La luce nelle tenebre (Milano 1921), e a fare di lui un "buon pastore di anime". Si arruolò nel luglio 1915, ma solo nel marzo 1917 gli sarà concesso di raggiungere il fronte quale ufficiale degli alpini.
La sua missione doveva finire, al termine della guerra, in un campo di concentramento prima ad Hart e poi nel castello di Horowice in Boemia. Anche in tale circostanza il B. divenne sostegno e guida dei compagni di prigionia intrattenendoli in conversazioni spirituali, poi raccolte nel succitato La luce nelle tenebre. Vi emerge il tema della fondamentale esigenza che l'uomo ha dei valori cristiani: il dramma della guerra, la prigionia, il dopoguerra vengono scandagliati ed interpretati alla luce dell'esperienza religiosa che evidenzia l'inadeguatezza di ogni scienza o pensiero umano di fronte alla trascendenza di Dio.
Fece ritorno dalla prigionia, rientrando alla Pace, nel dicembre del 1918. Il 21 nov. 1921 il B. fu eletto preposito della Congregazione e riconfennato poi nel 1924. Da quest'anno la polemica del B. contro il fascismo, e contro Augusto Turati in particolare, che a Brescia ne era il ras, si fece sempre più aspra attraverso numerosi interventi su Il Cittadino di Brescia, in risposta a reiterate accuse e minacce, creando quello che Il Popolo di Brescia del 15 ott. 1926 chiamò "il caso Bevilacqua". In conseguenza di ciò il B. fu costretto nel novembre 1926 a lasciare la città lombarda, trasferito dapprima a Verona, poi a Genova, dove lo raggiunse l'ordine del vescovo di Brescia di ritornare alla Pace (sul caso si veda M. Bendiscioli, Antifascismo e Resistenza, Roma 1974, pp. 1395 s.). Ma nel gennaio 1928, per intervento dello stesso Pio XI, egli fu chiamato a Roma dal prefetto della congregazione dei Religiosi con l'incarico di consultore. In questo, che egli ebbe a definire il suo "esilio a Roma", particolarmente consolante gli fu la vicinanza di monsignor G. B. Montini e della famiglia di questo.
All'inizio di agosto del 1932 il B. poté far ritorno a Brescia, ove nel 1933 fu rieletto preposito della Congregazione della Pace, e riprendere l'attività di apostolato e di conferenziere, pur sottoposto alla vigilanza della polizia dei regime. I suoi articoli e discorsi di questo periodo (tra cui particolarmente importanti quelli scritti per il periodico della FUCI, Studium, sotto lo pseudonimo di Miles) saranno poi raccolti in volume col titolo L'uomo che conosce il soffrire (Roma 1937).
La raccolta costituisce nell'insieme un commento ad Isaia 3, incentrato sui tre concetti della institutio (l'uomo fatto degno di partecipare alla natura divina), della destitutio (la rivolta dell'uorno contro Dio), della restitutio (redenzione dell'uomo mediante il sacrificio del Figlio). Viene messo in risalto il messaggio di salvezza per l'uomo riposto nella parola di Dio incarnata nel Cristo. Sulla base di un rigoroso richiamo alla dottrina sociale cattolica, le critiche dei B. colpiscono il fascismo e il comunismo, ritenuti incapaci di eliminare gli errori del capitalismo, che al culto del denaro sacrifica la persona nella sua irripetibile singolarità.
Durante la seconda guerra mondiale il B. prestò di nuovo servizio quale cappellano in marina. Nel suo giudizio questa guerra si presenta come conseguenza dei disordine morale nella forma di una "apostasia da Cristo" (Scritti fra due guerre, Brescia 1968, p. 37); il suo ministero tra i giovani soldati è quello di condurli "alle vette del Vangelo", come dirà in uno scritto del 1942 che avrà quella espressione per titolo (comparso poi nella miscellanea Il mio curato fra i militari, ibid. 1962). Congedato il 22 ag. 1944 fu accolto a Roma da monsignor Montini e dai confratelli della Chiesa Nuova. Nel giugno 1945 ritornò a Brescia e si apprestò a riorganizzare la vita della Congregazione e dell'oratorio della Pace. Il suo accresciuto prestigio lo rese mediatore di tensioni politico-sociali ed anche intraecclesiastiche. L'impegno culturale lo vide, insieme a M. F. Sciacca, M. Bendiscioli e M. Marcazzan, fondatore della rivista Humanitas, che iniziò le sue pubblicazioni il 1° genn. 1946, ispirata ai valori di rinascita morale, intellettuale, religiosa dell'uomo e del lavoro. Dall'intensa collaborazione alla rivista nacque il libro Equivoci. Mondo moderno e Cristo (ibid. 1951), che può ritenersi la sintesi del suo pensiero di intellettuale e di uomo di Chiesa.
In esso si denuncia l'equivoco della cultura moderna secolarizzata e nemica di Cristo e viene svolta un'analisi del marxismo e dei capitalismo con la chiarificazione "dei motivi etici della condanna di essi nonché di ogni concezione materialistica della vita da parte della Chiesa.
Nel febbraio 1949 il B. si trasferì in una baracca-chiesa, trasformata poi in parrocchia e dedicata a S. Antonio nel 1952. Tale scelta fu determinata dalla sua volontà di apostolato tra i poveri e il proletariato. Favorevole all'azione riformatrice di Giovanni XXIII, il 22 ag. 1960 il B. fu nominato membro della Pontificia Commissione della sacra liturgia per la preparazione del concilio. Tale nomina costituì un riconoscimento per la sua lunga attività pastorale incentrata sulla liturgia, sul senso cristocentrico del ciclo liturgico, il cui culmine risiede nel mistero eucaristico (La parola di Dio, Milano 1957, p. 184). Con l'elezione dei cardinal Montini al pontificato (21 giugno 1963) la collaborazione del B. ai lavori del concilio ecumenico Vaticano II si intensificò. Continuamente richiesto del suo parere sulla riforma liturgica, il 4 marzo 1964 venne nominato membro della Commissione per l'attuazione della costituzione liturgica. Il 22 febbr. 1965 fu eletto cardinale titolare di S. Gerolamo della Carità; tuttavia ottenne dal papa il privilegio di conservare il suo ufficio di parroco di S. Antonio in via Chiusure, divenendo così il primo cardinale-parroco nella storia della Chiesa.
Se nella prefazione al libro di K. Adam (L'essenza del cristianesimo, Brescia 1930), così come nella prefazione al libro del Guardini (Lo spirito della liturgia, ibid. 1930), la impostazione cristocentrica paolina lo conduce ad una polemica schietta ma ferma contro il protestantesimo, in seguito, presentando fraternamente il libro del calvinista Max Thurian Maria madre del Signore immagine della Chiesa (ibid. 1965), si mostrerà del tutto aperto al dialogo e ciò per una maturata e necessaria conversione ecumenica. Gli anni preconciliari e conciliari vedono nel pensiero e nell'atteggiamento di vita del B. il sovrapporsi del dialogo ecumenico con i protestanti e con gli atei quali un Camus o un Rostand alle primitive confutazioni e al rifiuto di un Harnack, di un Loisy, di un Guignebert. Né va dimenticato che tale incontro si andava da lungo tempo preparando con le lunghe letture di un tempo: Blondel, Mercier, Bergson.
Il B. morì a Brescia il 6 maggio 1965.
Fonti e Bibl.: Scritti e testimonianze in memoria di padre G. B. cardinale, 1881-1965, Brescia 1965; G. Colombo, Una vita come meseo, in Humanitas, XX (1965), pp. 364 s.; Il cardinale G. B., ibid., pp. 561 -704 (con bibl. degli scritti dei B.); Annuario pontificio 1966, Roma 1966, p. 103; G. Barra, Padre B. parroco-cardinale, Torino 1966; G. Guitton, Dialoghi con Paolo VI, Milano 1967, pp. 166-173; M. Bendiscioli, Il futuro cardinale G. B. sociolego all'inizio del secolo XX, in Humanitas, XXIX (1974), pp. 731-733; A. Fappani, Padre G.B. il cardinale parroco, Brescia 1979; R. Moro, La formazione della classe dirrkente cattolica (1929-1937), Bologna 1979, ad Indicom.