SARTORI, Giulio Aristide
Pittore, nato in Roma l'11 febbraio 1860, morto ivi il 3 ottobre 1932. Ebbe i primi insegnamenti dal nonno Girolamo e dal padre Raffaele, entrambi scultori. Attratto, diciassettenne, nell'orbita di Mariano Fortuny, già nel 1882, esponendo a Roma Malaria inaugurava una pittura ispirata ai problemi sociali allora di moda. Pure, da questi tentativi, ai quali appartengono anche I figli di Caino, distrutti più tardi dall'artista, benché premiati con medaglia d'oro a Parigi nel 1899, il S. era ricondotto alle svenevolezze di un Medioevo idilliaco e falso, messo di moda dai preraffaelliti, al movimento dei quali, affermatosi in Roma attraverso la società "In arte libertas", il S. aderì nel 1893 per contrastare all'impressionismo con un ritorno alla tradizione italiana e con una severa e minuta pratica del disegno. Al periodo preraffaellita del S. appartengono le illustrazioni eseguite per la Cronaca bizantina del Sommaruga, per il Convito di Adolfo de Bosis, per l'Isaotta Guttadauro e il trittico Le Vergini savie e le Vergini folli. Per uscire dall'artificio era necessario un bagno di verità, e il S. trovò nell'amicizia di F. P. Michetti, di cui fu ospite a Francavilla, e nello studio del paesaggio il correttivo a quella sua tendenza a stilizzare. Attratto presto dalla grandiosità della campagna romana, la ritrasse nei suoi varî aspetti. La naturale facilità del dipingere lo indusse a una produzione sovrabbondante. Dal 1895 al 1900 insegnò all'accademia di Weimar; tenne anche la cattedra di píttura all'Accademia di belle arti di Roma.
Tra le sue opere migliori è il grande dittico La Gorgone e gli eroi, La Diana d'Efeso e gli schiavi (Roma, Galleria nazionale di arte moderna). Allo scoppio della guerra italo-austriaca il S. si arruolò volontario e fu subito ferito e fatto prigioniero. Liberato per intercessione papale, tornò al fronte non più per combattere, ma per dipingere, e fu di nuovo ferito. In un volume Flores et humus (1922) ha raccolto le conversazioni storico-artistiche tenute ai compagni di prigionia nel campo di Mauthausen. Nulla aggiunse alla sua fama un romanzo Romae carrus navalis. Suo è il fregio della nuova aula del Parlamento in Roma, allegoria piena di movimento e di eleganze disegnative. (V. fregio, XVI, p. 54; italia, XIX, tavola CCI).
Bibl.: A. Muñoz, A. S., Roma 1909; U. Oietti, A. S., in Ritratti di artisti italiani, II, Milano 1923, pp. 81-97; L. Serra, G. A. S., pittore animalista, Torino 1914: Mostra di G. A. S., con pref. di R. Simoni, Gall. Pesaro, ivi 1921; A. Colasanti, La Gall. Naz. d'arte moderna in Roma, s. a.; V. Guzzi, in Nuova Antologia, 16 ottobre 1932, 1 aprile 1933; A. Bertini Calosso, Mostra delle pitture di G. A. S. nella R. Gall. Borgheese, Roma 1933; A. M. Comanducci, I pittori italiani dell'Ottocento, Milano 1934; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIX, Lipsia 1935 (con bibl.).