SABBATINI, Giuliano (in religione Giuliano di Sant’Agata)
– Nacque a Fanano, piccolo centro della montagna modenese, il 7 gennaio 1684. La madre, Margherita Pavarelli, morì quando egli era ancora in tenera età, mentre il padre, il giureconsulto Domenico, a seguito della vedovanza decise di vestire l’abito sacerdotale, pur continuando a occuparsi della famiglia.
Condotti i primi studi presso il convento fananese degli scolopi, il giovane si perfezionò nel collegio gesuitico di Modena. Il 17 ottobre 1700 intraprese il noviziato alle Scuole pie di Firenze. Pronunciò la professione due anni dopo (17 ottobre 1702), terminando gli studi filosofici. Ordinato sacerdote (nel marzo 1706 o 1707), si distinse agli occhi della corte medicea per le proprie doti oratorie. Trasferitosi a Roma, rivestì la carica di segretario e, nel 1717, quella di assistente dell’Ordine. Poco dopo fu nominato rettore del noviziato fiorentino in cui si era formato.
Tra gli anni Dieci e i primi anni Venti, si rese celebre per i cicli di predicazione svolti a Firenze (1709), Pisa (1710 e 1719), Cortona (1713), Livorno (1714), Faenza (1715 e 1722), Siena (1716 e 1720), Pistoia (1717), Roma (1718), Modena (1720 e 1724), Cesena (1721), Malta (1723), Reggio Emilia (1724) e Ferrara (1725).
Aggregato all’Arcadia con il nome di Ottinio Corineo e ad altre accademie, tra cui quelle degli Apatisti di Firenze, dei Filoponi di Faenza, degli Intronati di Siena, degli Innominati di Bra e dei Dissonanti di Modena, lasciò testimonianza dei suoi interessi letterari in molti scritti in poesia e in prosa, e nella tragedia Chelonide, che compose nel 1724 premettendovi un proemio che rappresenta un limpido esempio di riflessione sul genere teatrale e sui canoni aristotelici (lo scritto verrà dato alle stampe solo nel 1754).
Le doti di Sabbatini risultarono presto evidenti anche al suo principe naturale, Rinaldo d’Este, che – avendolo conosciuto durante le predicazioni a Modena e saggiatene, nel 1722, le abilità nella mediazione tra la corte estense e quella fiorentina – lo inviò nel 1725 a Vienna al seguito del figlio Gianfederico. L’occasione fu propizia a Sabbatini per segnalarsi, tanto che il duca Rinaldo lo nominò ambasciatore straordinario presso l’imperatore Carlo VI. A rimarcare la promozione dello scolopio, l’Estense ottenne poi dal pontefice Benedetto XIII la sua elevazione alla dignità vescovile: il 20 marzo 1726 venne creato vescovo d’Apollonia e il 19 maggio seguente riceveva l’ordinazione episcopale dalle mani del nunzio a Vienna Girolamo Grimaldi. Contestualmente, fu nominato arciprete titolare di Carpi, una delle giurisdizioni ecclesiastiche dello Stato estense. Il giorno stesso dell’ordinazione, indirizzava da Vienna la sua prima lettera pastorale al clero e al popolo a lui affidati. Dopo avere rinunciato all’arcipretura il 10 agosto 1733, il 24 marzo 1735, in virtù dei meriti acquisiti in campo diplomatico, Rinaldo I conferì alla famiglia Sabbatini il titolo di conti (inizialmente senza investitura di feudo). A beneficiarne furono, oltre a Giuliano, i fratelli, Ignazio e Nicolò, e i figli di quest’ultimo, Alessandro e Onorio.
Nel frattempo, nel giugno del 1729, Sabbatini era riuscito a garantirsi ottimi introiti grazie al conferimento del ricco beneficio di S. Maria di Pomposa, un giuspatronato estense per il godimento del quale entrò in strisciante rivalità con molti esponenti dell’entourage ducale, non ultimo l’erudito Ludovico Antonio Muratori.
Nel 1739 il nuovo duca Francesco III – che peraltro desiderava riprendere il possesso del beneficio pomposiano – gli assegnò l’ufficio di consigliere di Stato: al principio di gennaio, Sabbatini tornò a Modena dall’ambasceria viennese, e due anni dopo, nel 1741, fu inviato come diplomatico in Francia. Negli anni che seguirono prestò i propri servizi anche a Torino, finché non dovette rientrare nel ducato. Morto il vescovo di Modena Ettore Molza, il duca lo volle infatti come nuovo titolare della sede emiliana. In realtà, l’incarico era già stato proposto in precedenza a Sabbatini che però aveva opposto resistenza, nel timore – come scriveva il funzionario Pietro Ercole Gherardi a Muratori – di «dare il porco per una bragiuola», cioè di rinunciare al pingue beneficio di Pomposa per le più magre rendite del vescovado modenese (Memorie..., 1755, in Bortolotti, 2016, p. 198). A ogni modo, l’8 marzo 1745 fu promosso al nuovo incarico da Benedetto XIV che, in segno di stima, gli disse «non essere conveniente di esaminare chi per tanti anni avea saputo così bene colla predicazione istruire ed insegnare agli altri» (Omelie e lettere pastorali, a cura di G. Amorotti, 1761, p. VIII). Preso possesso formale della diocesi il 13 aprile, vi giunse il 23 successivo.
Nel suo governo, si conformò all’ufficio dei vescovi dell’epoca, fedeli all’applicazione delle prescrizioni tridentine: il 18 maggio, delineando gli indirizzi del suo programma pastorale richiamava soprattutto gli obblighi di devozione e costumatezza dei sacerdoti, invitati a celebrare spesso gli uffici divini, a tenere un vestiario adeguato, a non indossare la parrucca, a non frequentare i teatri, balli o mascherate, a evitare le osterie e a non portare armi (ibid., pp. 81-86). Adempiendo all’obbligo della visita pastorale, si recò nelle varie congregazioni e vicariati a più riprese tra il 1745 e il 1755 e, nel 1747, durante uno dei sopralluoghi, si fratturò una gamba a causa del calcio infertogli da un cavallo. All’interno della sua attività di vescovo, un capitolo speciale, probabilmente rispondente alla sua pietà, fu l’impulso che conferì all’attività di assistenza ai condannati a morte, di cui si occupava la confraternita modenese di S. Giovanni Battista. Oltre a scriverne di suo pugno le memorie, ne fu membro attivo, verosimilmente cogliendo l’importanza anche politica della ritualità connessa alle esecuzioni capitali. Pur promosso alla dignità vescovile, non dimenticò poi l’Ordine da cui proveniva e, negli anni Quaranta, si interessò attivamente alla causa di s. Giuseppe Calasanzio, fondatore degli scolopi, beatificato da Benedetto XIV.
Ormai anziano, fece in tempo a vedere le fortune del nipote Alessandro (1713/1714-1762) – già capitano dell’imperatore Carlo VI e segretario di guerra di Francesco III d’Este – che a partire dal 1752 diede avvio ai lavori per l’elegante palazzo cittadino della famiglia, terminato nel 1756 a consacrazione dell’ascesa sociale dei Sabbatini.
Provato dalla malattia, si spense a Modena il 3 giugno 1757, trovando sepoltura nella cattedrale.
A un anno di distanza, il 7 novembre 1758, gli furono riservate solenni esequie disposte dall’inviato estense a Vienna Antonio Montecuccoli. Per l’occasione, furono recitate alcune rime in suo onore e un’orazione funebre pronunciata dal confratello scolopio Giovanni Luigi Bongiocchi.
Negli anni che seguirono la morte del vescovo, il suo maestro di camera Giuseppe Amorotti ne curò le opere in cinque tomi: Prediche quadragesimali (Venezia 1758), Orazioni panegiriche e funerali (1759), Ragionamenti e discorsi sacri e morali (1760), Omelie e lettere pastorali (1761), Prose e poesie italiane e latine (1765). Oltre all’incisione su disegno di Girolamo Vanulli, presente nell’antiporta delle Prediche quadragesimali, un ritratto su tela di Sabbatini è conservato presso il convento degli scolopi di Firenze.
Fonti e Bibl.: Sull’archivio della famiglia Sabbatini, già conservato presso la Biblioteca L. Poletti di Modena e dal 2013 in deposito presso l’Archivio di Stato di Modena: M. Carfì - C. Pulini, L’archivio privato della famiglia dei conti Sabbatini di Modena, in Quaderni estensi, V (2013), pp. 321-323. All’interno dell’archivio citato sono reperibili numerosi carteggi e lettere di Sabbatini, oltre a vari altri scritti a lui attribuibili. L’atto di battesimo, risalente al 7 gennaio 1684, è in Archivio parrocchiale di Fanano, Libro dei battesimi, III, c. 201. Per l’assegnazione del titolo di conte: Archivio di Stato di Modena, Commissione araldica modenese, tit. III, rubrica 2, Sabbatini, n. 1929. Per le sue missioni diplomatiche, la designazione a vescovo e i carteggi intrattenuti con la corte estense, v. rispettivamente i fondi Ambasciatori e Giurisdizione sovrana dell’Archivio di Stato di Modena. L’interessamento alla causa di beatificazione di Giuseppe Calasanzio è attestato in Archivio generale storico delle Scuole pie, Reg. Cal., 14B, 95g e 95i. Presso l’Archivio storico diocesano di Modena-Nonantola si conservano alcuni manoscritti di Sabbatini (in Archivi dei vescovi, Sabbatini): un Manifesto di mons. S. vescovo d’Appolonia, da lui scritto nel giugno 1745 per discolparsi dai sospetti di simpatie antispagnole, e 5 registri copialettere degli anni 1747-50 che completano quelli conservati nell’Archivio privato della famiglia Sabbatini. Le sue visite pastorali sono ibid., Visite pastorali, 9, ff. 7-8; 10, ff. 1-6.
G.M. Crescimbeni, L’Arcadia..., Roma 1711, p. 359; Chelonide tragedia ora per la prima volta stampata, Firenze 1754; Memorie del Pio Istituto della Conforteria [...] compilate le dette Memorie da monsignor illustrissimo e reverendissimo Giuliano de’ conti Sabbatini..., Modena [1755]; Orazione funebre in lode dell’illustrissimo e reverendissimo monsignore G. S. [...], Roma 1759; Rime per le solenni esequie [...] all’illustrissimo e reverendissimo monsignore G. de’ conti Sabbatini..., Modena 1759. Una bibliografia completa delle opere scritte da Sabbatini e la segnalazione di alcuni manoscritti inediti in G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, IV, Modena 1783, pp. 409-413. Per la biografia di Sabbatini, oltre a Tiraboschi, v.: Diccionario enciclopédico escolapio, II, Biografias de Escolapios, Salamanca 1983, p. 483; P. Bortolotti, Memorie di mons. G. S., in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, 1876, vol. 8, pp. XIII-XX, n.s., 1877, vol. 2, p. XXXV, 1879, vol. 4, pp. XLI-XLIV, 1880, vol. 5, pp. XLIII-XLIV. Le ricerche di Bortolotti – condensate nel 1874 in una biografia manoscritta (in Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Fondo Bortolotti, cass. XXV/2) – sono ora edite in P. Bortolotti, Memorie di mons. G. S., vescovo e ministro di Stato modenese per servire alla patria cronaca de’ suoi tempi (1720-1760), a cura di A. Fontana, Modena 2016. Per la nomina a vescovo di Modena: Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, a cura di R. Ritzler - P. Sefrin, VI, Patavii 1958, p. 298. Sul palazzo di famiglia: E. Frascaroli, Palazzo Sabbatini-Valdrighi a Modena, in Taccuini d’arte, 2008, n. 3, pp. 73-90; V. Buonocore, Le decorazioni di Palazzo Valdrighi-Sabbatini, ibid., pp. 91-101.