MAYALI, Giuliano
MAYALI (Mayale), Giuliano. – Nacque a Palermo alla fine del XIV secolo da una famiglia di una certa rilevanza in città. Non sono noti i nomi dei genitori; non è da escludere che discendesse dalla stessa famiglia dalla quale, circa un secolo prima, provenivano i tre fratelli Sebastiano, Giovanni e Guglielmo entrati anch’essi nell’Ordine benedettino.
La prima notizia certa è del 1417, quando il M. donò tutti i suoi beni al monastero benedettino palermitano di S. Martino delle Scale, dove divenne monaco. Ben presto ricoprì ruoli importanti sul piano sociale e politico, anche se prediligeva la solitudine, al punto da ritirarsi a vita eremitica nel priorato dipendente da S. Martino detto delle Ciambre, nei pressi di Monreale, accanto al quale fondò poi il romitorio di S. Maria del Romitello.
La sua attività ebbe inizio a Palermo, quando le autorità cittadine, in accordo con l’arcivescovo Ubertino De Marinis, decisero di edificare un nuovo grande ospedale che sostituisse i ventidue di piccole dimensioni esistenti, molti dei quali caduti in rovina o, comunque, non in grado di prestare le cure necessarie agli infermi e ai viandanti; richiesta una prima approvazione al re Alfonso V d’Aragona e ottenuta quella del papa Eugenio IV, era necessario dare esecuzione materiale a tali disposizioni: l’Università scelse proprio il M. come inviato presso il sovrano.
Così nel 1432 si recò a Messina, dove si trovava Alfonso; il risultato di questo incontro furono due lettere del re: una indirizzata al protonotario del Regno, Leonardo Bartolomeo, con la quale lo autorizzava ad acquistare come luogo più adatto all’edificazione dell’ospedale il palazzo detto del conte Matteo Sclafani, che lo aveva edificato agli inizi degli anni Trenta del XIV secolo; l’altra con la quale comunicava all’arcivescovo la scelta dell’edificio.
L’anno seguente il M. fu nuovamente inviato dal re Alfonso, che si trovava a Ischia da dove dirigeva le operazioni militari contro Napoli, per ottenere l’approvazione dei capitoli dell’ospedale e nel 1441 il sovrano stesso scrisse alle autorità cittadine affinché eleggessero il M. rettore e governatore del nuovo ospedale.
Godendo della fiducia regia, nel 1438 fu inviato a Tunisi presso il bey Abu ‘Omar Othmân per intavolare trattative di pace tra i due Regni, al fine di ottenere il reciproco riscatto dei prigionieri e stabilire sanzioni molto dure contro la pirateria per favorire i commerci.
I negoziati, pur improntati a cordialità, si protrassero per molto tempo e, senza aver ottenuto alcunché, il M., tra la fine del 1441 e gli inizi del 1442, tornò in Sicilia, dove fu presente alla stesura dei capitoli dell’ospedale Nuovo.
Ripartì nuovamente per Tunisi alla fine del 1442, probabilmente in compagnia dell’ambasciatore magrebino Sidi Ibrahim, che aveva incontrato a Napoli in giugno. A supporto dell’azione del M. fu inviato anche Antonio Dentice, che partì nell’aprile 1443, ma entrambi rientrarono a Palermo già nel maggio successivo senza aver fatto alcun passo avanti nelle trattative di pace con il bey.
Subito dopo il M. si ritirò nel suo eremo, dove rimase fino agli inizi del 1444, quando fu richiamato da Alfonso per tornare a Tunisi: sembrava, infatti, giunto il momento per firmare un trattato di pace con Othmân, che nel febbraio aveva inviato alla corte aragonese Biagio Cibo quale ambasciatore. Fu steso un trattato di pace che prevedeva la restituzione dei rispettivi prigionieri, la condanna della pirateria, l’abolizione del «diritto di naufragio» e la non accoglienza, nei rispettivi porti, dei corsari nemici dei due Regni. Il trattato fu firmato a Napoli il 12 febbr. 1444 dal Cibo per il re di Tunisi; in calce si legge che il M., non presente alla stesura, e il cavaliere Loys Gras sarebbero stati inviati presso Othmân per ottenerne la firma. Non sono noti i particolari di questa missione, ma il re magrebino non firmò alcun trattato.
Nel frattempo la notorietà del M. raggiunse anche la Curia pontificia e, dal 1444, Eugenio IV gli affidò diversi incarichi.
Nell’aprile 1450 scoppiò una rivolta popolare a Palermo e quando, dopo i primi tumulti, si volle raggiungere un accordo con il sovrano, il M. fu tra gli inviati a corte per ottenere il perdono per i Palermitani. Nel 1451 Alfonso inviò il M. e Matteo Pujades alla corte di Othmân, dove i due ambasciatori si trattennero fino ai primi mesi del 1452. Tornato a Palermo, il M. fu più volte alla corte di Alfonso, come inviato dalla Comunità cittadina per svolgere vari compiti; in particolare, l’ultimo incarico che assunse fu la gestione economica della costruzione del molo, detto poi della Garita, voluta da Alfonso fin dal 1445.
Le difficoltà economiche furono numerose, per cui la fabbrica andò molto a rilento e fu completata solo grazie ai prestiti dei mercanti fiorentini Giovanni Rosolmino e Giacomo di ser Guglielmo.
Nel luglio 1456 papa Callisto III lo incaricò, con l’arcivescovo di Palermo Simone Beccadelli di Bologna, di acconsentire in sua vece all’unione di alcuni monasteri siciliani (S. Maria di Licodia, S. Nicolò l’Arena di Catania, S. Placido di Calonerò di Messina, S. Maria di Nuovaluce di Catania, S. Maria de Scalis e S. Maria di Iosaphat di Paternò).
Nel 1464 il M. abbandonò l’attività pubblica e si dedicò a quella contemplativa: si ritirò, quindi, nell’eremo delle Ciambre, dove morì il 4 ott. 1470.
È molto improbabile che il M. sia l’autore dell’opera De conformitate vitae spiritualis ad primum exemplar Iesu Christi che, rimasta manoscritta, sembra smarrita.
Il suo culto può essere considerato ab immemorabili e il titolo di beato appare per la prima volta nella lapide posta, dopo la sua morte, sotto un suo ritratto nella chiesa dello Spirito Santo, sita accanto all’ospedale da lui fondato. È raffigurato in alcuni dipinti presso il santuario di S. Maria del Romitello e nella chiesa di S. Martino delle Scale e in un rilievo marmoreo nella chiesa di S. Domenico di Palermo.
Fonti e Bibl.: R. Pirri, Sicilia sacra, II, Palermo 1723, p. 1094; S. Di Blasi, Memoria del beato G. M., in Nuova raccolta di opuscoli di autori siciliani, IV, Palermo 1791, pp. 23-83; F. Cerone, La politica orientale di Alfonso di Aragona, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXVII (1902), pp. 410-417; G. Frangipani, Storia del monastero di S. Martino presso Palermo, Assisi 1905, pp. 74-90; F. Cerone, Alfonso il Magnanimo ed Abu ‘Omar Othmân. Trattative e negoziati tra il Regno di Sicilia di qua e di là dal Faro ed il Regno di Tunisi, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, IX (1912), pp. 45-70; X (1913), pp. 22-78; F. Giunta, Fra G. M. agente diplomatico di Alfonso il Magnanimo, in Arch. stor. siciliano, s. 3, II (1947), pp. 153-198; A. Lentini, M. G., beato, in Bibliotheca sanctorum, IX, Roma 1967, coll. 242 s.; Fonti aragonesi, a cura degli Archivisti napoletani, VIII, Napoli 1971, p. 35; Il santuario del Romitello e il suo fondatore G. M. O.S.B. nel V centenario della morte (1470-1970), Palermo 1971; A. Ryder, The Kingdom of Naples under Alfonso the Magnanimous, Oxford 1976, p. 256 n. 275.