GRAMIGNA, Giuliano
Scrittore e saggista, nato a Bologna il 31 maggio 1920. Laureato in giurisprudenza (1948) presso l'università di Milano, ha collaborato e collabora a periodici e quotidiani. La sua produzione comprende opere di narrativa e di poesia, oltre una notevole attività saggistica.
Autore strenuamente sperimentale, di larga cultura europea, G. esordisce con il romanzo Un destino inutile (1958), un intreccio di motivazioni autobiografico-esistenziali e letterarie. Una situazione qui non più che emblematica (lo sgretolamento di un matrimonio) si propone come ricerca assolutamente interiore, sulle tracce di una verità il cui accertamento comporta l'urgenza di chiarire (ed esaltare), contestualmente, il senso della letteratura e delle sue modalità operative. In questa direzione segnata da un esibito prestito proustiano, si muovono, con estrema coerenza, i romanzi successivi L'eterna moglie (1963) e il più maturo Marcel ritrovato (1969), al cui centro è uno scrittore incaricato dalla donna a lungo amata di ritrovarne il marito, misteriosamente scomparso a Parigi. Le nevrosi e la solitudine del protagonista, i processi memoriali attivati in una circostanza più subita che accettata volontariamente, avviano un fitto scambio di piani mentali e narrativi; gli slittamenti dalla terza persona alla prima, i luoghi scopertamente autobiografici, accennano alla presenza fisica dell'autore, G. stesso: implicato, a distanza, nel ruolo più o meno (auto)ironico di sorvegliare i propri personaggi-controfigure, ma anzitutto il romanzo nel suo farsi. Il procedimento è quello del metaromanzo; l'affollarsi delle citazioni (Mallarmé e Valéry, oltre Proust; Breton e Ch. Mauron, ma anche Virgilio, Dante, Molière) è la sigla di una letterarietà puntigliosamente denunciata e spinta quasi a un limite estremo.
La svolta, a conclusione degli anni Sessanta, è la scoperta di Lacan e l'''immersione totale'' in Freud. Un'esperienza decisiva, alla base negli anni Ottanta della maggiore produzione poetica di G. (Es-o-Es, 1980; Annales, 1985; Coro, 1989) ma non meno produttiva per gli sviluppi della sua narrativa. Sintomatici i temi prescelti: il rapporto padre-figlio, nel gioco fra identificazione e opposizione (L'empio Enea, 1972); il nodo di realtà e invenzione nel loro reciproco trapasso verificato nel contatto col fingere della letteratura (Il testo del racconto, 1975); un utopico diluvio giustiziere nella dimensione intrinsecamente vendicativa del sarcasmo e del grottesco (Il gran trucco, 1978); l'autoricognizione, oltre le soglie della memoria, sul terreno dell'inconscio e delle associazioni spontanee (La festa del centenario, 1989). Vivamente interessato ai problemi teorici, G. mette a frutto nella pratica narrativa − esercitata con scaltrezza joyciana − gli strumenti della linguistica e della semiologia; fondandovi il metodo di un testo ostinatamente interrogato sulle sue ragioni strutturali ed espressive.
Tra le altre opere si ricordano le raccolte poetiche: La pazienza (1959); Robinson in Lombardia (1964); Esercizi di decomposizione (1971); Il terzo incluso (1971); L'interpretazione dei sogni (1978); e i saggi di critica: Interventi sulla narrativa italiana contemporanea (1973-1974) (1976); La menzogna del romanzo (1980); Le forme del desiderio (1986).
Bibl.: S. Agosti, Giuliano Gramigna, in AA.VV., Letteratura italiana. I contemporanei, v, Milano 1974, pp. 1101-16; G. Spagnoletti, Gramigna e la ''crisi del romanzo'', in Id., Scrittori di un secolo, ii, ivi 1974, pp. 1095-97; W. Pedullà, L'estrema funzione, Venezia-Padova 1975, pp. 217-19; G. Manacorda, Letteratura italiana d'oggi (1965-1985), Roma 1987, pp. 285-86; G. Gramigna. Opere e introduzione critica, presentazione di G. Guglielmino (con due testimonianze autocritiche dello stesso Gramigna e con interventi di E. Krumm e di S. Agosti), Verona 1991.