SESSO, Giuliano,
da. – Appartenne alla nota casata reggiana di tradizione ghibellina (sulla famiglia v. la voce in questo Dizionario), della cui dimora avita rimane ancora a Reggio la torre gentilizia del Trebbio dei Sessi. Non ne è nota la data di nascita in questa città, la paternità è dubbia e anzi i contemporanei insinuarono che fosse figlio di un illegittimo.
Come egli stesso dichiara nel Proemio ai Flores legum, fu anche iuris civilis professor e avvocato consulente in numerosi casi giudiziari agitati a Padova, Reggio Emilia e Vercelli. In quest’ultimo centro iniziò l’attività professionale al seguito dello zio vescovo Ugolino da Sesso (v. la voce in questo Dizionario), giurista e docente di vaglia, di cui divenne officialis.
A Vercelli si era stanziato un ramo della famiglia, che nei primi decenni del Duecento vantò giudici e notai ed esercitò ruoli eminenti nel governo cittadino. Ugolino vi fu vescovo dal 1214 alla morte nel 1235 ed è presumibile che Giuliano abbia iniziato a dare pareri legali proprio al seguito della curia vescovile, ad esempio nelle cause che intorno al 1224 contrapposero i conti di Biandrate al Comune di Vercelli e in cui lo zio compariva con funzioni arbitrali: «in causa comitum de Blandrate de facto fuit pronuntiatum secundum Iul(ianum)» (citato da Sorrenti, 1999, p. 76 e nota 66).
Non si hanno dati certi circa i luoghi della formazione scientifica, dato che nei pochi scritti a lui attribuiti non vengono mai menzionati i nomi dei maestri: si potrebbe ipotizzare Reggio o altri centri emiliani, ma anche Cremona, dove aveva insegnato lo zio e dove egli si trasferirà più tardi divenendo giudice presso Uberto Pallavicini. Fu estimatore di Roffredo, del quale per tempo conobbe, citandole ampiamente, le opere appena pubblicate e tramandò un’antica redazione quasi integrale delle Quaestiones sabbatinae; potrebbe averlo ascoltato nella stessa Bologna prima del 1215, data della partenza del beneventano per Arezzo.
Nell’Alma Mater da Sesso potrebbe aver ricevuto insegnamenti dal – o assieme al – giudice e dominus legum reggiano Columbus-Iacobus Columbus, assente da Reggio in quegli anni. Più tardi, nel 1242, rientrati ambedue nella città d’origine, darà con lui un ben noto parere in occasione di una lite insorta tra i canonici e i consoli del Comune di Rivalta.
Se i condizionali sono d’obbligo, è indubbio comunque che da Sesso, oltre che da Roffredo, trasse ispirazione dal metodo e dall’attività didattica del suo collega nello Studium di Vercelli, Omobono Morisio, il quale a sua volta si uniformò alla dottrina e all’insegnamento del maestro Uberto da Bobbio: l’ambiente scientifico di riferimento sembra essere appunto quello delle scuole giuridiche dell’Emilia, tra Modena, Reggio e Bologna.
A Vercelli invece, con il costituirsi dello Studium voluto dal Comune dopo la migrazione in Piemonte degli studenti delle scuole padovane, l’attività didattica di Giuliano ebbe inizio nel 1229, quando entrò a far parte del corpo docente come iuris civilis professor assieme a Omobono e Uberto da Bobbio; qui ottenne l’incarico di spiegare il Codice, come si evince da alcune asserzioni del Libellus quaestionum, che rimandano ad annotazioni scritte de propria manu su un esemplare del Codice (forse tracce di una lectura per viam additionum: cfr. Sorrenti, 1999, pp. 89 s.). Spettò invece a Omobono dare lezioni sul Digestum Vetus. Lo svolgimento a Vercelli delle tradizionali attività didattiche è più volte descritto e documentato da brani ed esempi arbitrari tratti dall’unica opera attribuibile a Giuliano oltre ai Flores legum, appunto il Tractatus o Libellus quaestionum verosimilmente elaborato, con alcuni ripensamenti, durante o subito dopo il soggiorno vercellese.
Tramandato dal ms. Olomouc, Státni Archiv, CO40, il Libellus è una silloge di carattere compilativo composta da oltre 500 quaestiones di vari autori, prevalentemente Pillio e Roffredo, quaestiones disputatae nelle scuole vercellesi, brani questionanti di varia origine e natura. L’originalità del pensiero non ne è un dato peculiare, ma è certo ambiziosa la struttura esemplata sul modello del codice giustinianeo in dodici libri, ciascuno dei quali articolato in più rubriche funge da sedes materiae per un gruppo più o meno consistente di quaestiones civilistiche. I Flores legum sono invece costituiti da una raccolta di rationes, o notabilia, distillate dal corpus iuris e organizzate alfabeticamente.
Il clima dello Studium mutò nell’arco di pochi anni per l’incompleta attuazione della convenzione del 1228 tra gli studenti e il Comune. Gli studenti a suo tempo, in aggiunta ai tre civilisti, avevano fatto richiesta di un teologo, due decretisti, due decretalisti, due fisici, due dialettici, due grammatici. Ma a distanza di anni non era stata istituita proprio la cattedra salariata di teologia, disciplina che in città aveva già trovato sede presso l’episcopio, dove da secoli si formavano i chierici, e l’abbazia di S. Andrea. Ciò contribuì a determinare lo scontro istituzionale tra vescovo e autorità civili e fallì, nel 1234, un primo tentativo di composizione che prevedeva, oltre alla restituzione di giurisdizioni in precedenza sottratte alla Chiesa, una riforma degli studi con l’istituzione di una cattedra di teologia salariata a spese del Comune: fu ben presto vanificato dall’emanazione di altri statuti miranti a compulsare i diritti del vescovado e sottoporne nel contempo i suoi homines al fodro e al banno comunali.
Come documentato da una bolla papale del 1235 emanata ad hoc, la reazione del vescovo Ugolino prima della sua morte si sostanziò in interdetto e scomunica contro i vercellesi e il podestà che aveva giurato i nuovi statuti. È plausibile che la crisi provocò una qualche interruzione delle attività accademiche, aggravata dagli ulteriori interdetti scagliati da papa Gregorio IX, il quale diede mandato al vescovo di Novara di intimare obbedienza ai vercellesi pena l’allontanamento degli scholares – e dei loro maestri – dalla città.
All’epoca non erano più attivi nello Studium né Omobono, che con certezza vi insegnò per soli quattro anni, né da Sesso. Inoltre lo schieramento con la lega antimperiale delle città lombarde, che portò i vercellesi a subire la sconfitta di Cortenuova, rese forse improponibile per ragioni politiche ogni rapporto con un giurista-professore di così sicura fede ghibellina.
Gli anni immediatamente successivi videro da Sesso svolgere il ruolo di emissario imperiale e rendersi famoso per tutt’altri motivi rispetto all’insegnamento del diritto civile. Si ipotizza che sia rientrato a Reggio per svolgervi attività professionale, come documentato dal citato parere del 1242 dato assieme a Iacopo Colombi, ma presto nella veste di justitiarius al servizio imperiale mise in atto – nella sua stessa città – una severa repressione dei moti antighibellini del 1245 culminata con l’impiccagione di numerosi esponenti della fazione guelfa.
Fonti di parte politica contrapposta sono unanimi nel dare testimonianza e spessore drammatico alla concreta realtà storica dei fatti. Da una parte il guelfo Salimbene de Adam nella Cronica bolla da Sesso come persecutor Ecclesiae per aver obbedito agli ordini di re Enzo di perseguire i congiurati guelfi a Cremona, Modena e Reggio, nello specifico la famiglia dei concittadini Fogliani (Cronica, 1966, I, p. 482). Dall’altro era stato un inquisitore, anonimo nel documento tramandato, ma dagli stessi editori identificabile in Giuliano, a fornire un resoconto scritto della vicenda: «quidam Regini cives civitatem vestram Regii subvertere ceperant et eam tradere vestris rebellibus intendebant»: (Huillard-Bréholles, 1860, pp. 374 s.).
E nella roccaforte ghibellina di Cremona, presso Uberto Pallavicini, da Sesso ritornò dopo questi eventi. In un noto documento del 1247, una promessa giurata a re Enzo da Bonifacio marchese del Monferrato, figura come testimone di Uberto con la qualifica di legum doctor, regie curie iudex; e compare come legum professor in un altro atto cremonese del 1254 (Mercati, 1919, pp. 19-21).
Pallavicini, che era già stato vicario generale dell’imperatore a Como e nel Comasco già dal 1243, assunse nel 1249 il titolo di podestà e signore perpetuo di Cremona, Piacenza e Pavia: una sorta di autoproclamazione dietro la cui formulazione qualche studioso legge il sostegno dottrinale dei giuristi del suo entourage, nel quale da Sesso ricopriva ancora un ruolo eminente.
Dopo la morte nel 1250 di Federico II le fonti non forniscono notizie certe dell’esercizio da parte di da Sesso di un ruolo attivo di carattere professionale o politico nella vita pubblica di Cremona e di Reggio, mentre il declino del potere imperiale svevo vanificò le ambizioni dei centri di potere locale rimasti ghibellini. A Reggio, come altrove, i guelfi vent’anni prima perseguitati e puniti esemplarmente dal professore-giustiziere ebbero la rivalsa sulle famiglie ghibelline. Tra il 1263 e il 1265 per i da Sesso fu deliberato il bando perpetuo e l’esilio. Come dirà più tardi Salimbene de Adam, il vecchio persecutor Ecclesiae morì ben presto, scomunicato e lontano dalla patria d’origine.
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