BUONACCORSI, Giuliano
Nato a Firenze, venne in Francia nel 1507, vi si stabilì e sposò nel 1516 una francese (Parigi, Arch. nat., JJ 2513 f. 164v). Nel 1518 figura come commis di Semblançay, il capo dell'amministrazione finanziaria all'inizio del regno di Francesco I (Parigi, Bibl. nat., Pièces originales, 1421, Gualterotti, n. 2). Prima del 1522 acquistò un ufficio di notaio e segretario del re, vacante per la morte di Pierre Lathomy, e, il 2 sett. 1521 fu provvisto di quello di tesoriere e ricevitore generale delle finanze ordinarie e straordinarie in Provenza, vacante per la resignazione di Pierre d'Arles, signore di Beaumont. Conservò questa carica fino al 1º dic. 1538, data nella quale la resignò in favore di Nicolas de Cocil, detto Agaffin, con dispensa del diritto (il "quart denier") abitualmente esatto in simili circostanze. Due mesi dopo, il 1º febbr. 1539, resignò anche il suo ufficio di notaio e segretario del re in favore del figlio maggiore Antonio. Il B. fu inoltre incaricato, a partire dal 1520, del pagamento della compagnia dei cento gentiluomini della casa del re, comandata da Louis de Brézé, gran siniscalco di Normandia morto nel 1531, e poi da Jean de Créquy, signore di Canaples.
Personaggio influente della colonia italiana in Francia, il B. godeva della fiducia di Francesco I e svolse durante il suo regno un ruolo importante, per via dei legami che l'univano a molti dei suoi compatrioti fiorentini. Gli esiliati trovavano in lui un alleato e un sostegno. Egli era inoltre il naturale intermediario tra Francesco I e gli artisti che il re invitava alla sua corte. Questa funzione, assolta dal B. per tanti anni, giustifica la qualifica di mecenate che lo scrittore Gabriello Simeoni gli attribuì nel 1550. Dal 1522 al 1525 fu in stretti rapporti con il poeta Luigi Alamanni e con Zanobi Buondelmonti costretti a fuggire da Firenze per la loro partecipazione alla congiura del 1522 contro il cardinale Giulio de' Medici. L'Alamanni restò suo amico e gli dedicò nel 1532 la sua settima Satira. Nel 1530 indusse Francesco I a soccorrere indirettamente Firenze, assediata dalle truppe imperiali, saldando i debiti contratti con i Fiorentini di Lione. Verso il 1531 anticipò le somme necessarie all'affitto e all'arredamento di una casa a Parigi per il Rosso, il celebre pittore fiorentino che il re aveva fatto venire in Francia. Fu lui che nel 1540 presentò a Fontainebleau Benvenuto Cellini al re e che nel 1545 scrisse per ordine di Francesco I all'artista, rientrato a Firenze, per sollecitare la presentazione dei conti. Lorenzino de' Medici soggiornò per qualche tempo presso di lui a Parigi nel corso dei viaggi intrapresi dopo l'assassinio del duca Alessandro de' Medici. Nel 1547 il B. vendette per 4.000 scudi a Piero Strozzi, capo dei fuorusciti fiorentini, giunto in quel momento alla corte, una casa che possedeva a Parigi nel faubourg Saint-Germain. Nel 1549 ottenne da Caterina de' Medici una raccomandazione per il duca di Firenze Cosimo E la regina faceva valere la circostanza che egli risiedeva da molti anni in Francia e che non aveva ricevuto niente in ordine alla successione del padre e ai beni provenienti dai suoi uffici.
Un episodio nel quale fu strettamente coinvolto il B. è rimasto oscuro. Nel 1532 il pittore italiano Antonio di Bernardo Mini, allievo e aiuto di Michelangelo, che gli aveva fatto dono della sua Leda, depositò presso il B. il quadro per venderlo a Francesco I, ma l'opera non fu pagata e Mini si sforzò invano di recuperarla finché morì, alla fine del 1533. I suoi eredi e aventi causa iniziarono un lungo processo per rientrare in possesso del quadro o ottenerne il pagamento, ma la causa risultava ancora pendente nel 1552.
Il B. acquistò da Francesca d'Alençon, duchessa di Vendôme (dunque prima del 14 sett. 1550, data della morte di questa principessa), la signoria di Chédouet nella contea del Maine (oggi nel dipartimento della Sarthe, circondario di Mamers, cantone e comune di La Fresnaye-sur-Chédouet), con diritto di alta, media e bassa giustizia. Il 16 luglio 1558, prestò l'omaggio ad Antonio di Borbone, re di Navarra, duca di Vendôme, per la terra di Brinville, vicina a Chédouet. Enrico II a sua richiesta istituì nella parrocchia di La Fresnaye un mercato settimanale e Carlo IX, con lettere patenti del 16 giugno 1563, l'autorizzò a munire di ponti levatoi e di torri il castello che egli aveva iniziato a costruire a Chédouet. Il B. si era fatto costruire inoltre un palazzo a Fontainebleau.
Morì nel 1563, tra il 16 giugno (Bibl. nat., Dupuy 273, f. 277v) e il 2 ottobre (Arch. nat., Y 106, f. 262). Aveva avuto tre figli e due figlie: Antonio, Piero, Giovanni, Clemenzia e Mafia.
Giovanni nacque ad Avignone e vi trascorse i suoi primi anni. Il padre lo fece venire in seguito a Parigi. Fu provvisto di alcuni benefici e ottenne nel giugno 1554 lettere di naturalizzazione che furono registrate nel Parlamento di Parigi il 6 settembre successivo. Il 4 nov. 1561 il padre gli fece dono di tutti i beni patrimoniali che possedeva a Firenze e in Toscana, e questa donazione venne ratificata il 2 ott. 1563, dopo la morte del B., dai fratelli Antonio e Piero. In questa data Giovanni era segretario dei duchi d'Orléans e d'Angiò (i futuri Enrico III e Francesco duca d'Alençon) e divenne più tardi maestro di casa di Margherita di Valois, regina di Navarra, poi, nel 1574, di Francesco, duca d'Alençon. È lui con tutta probabilità "le jeune Bonacoursy" che Caterina de' Medici mandò al duca di Firenze nell'ottobre del 1568 e al quale furono affidate altre missioni nel 1571. Fu senza dubbio ancora lui il Buonaccorsi arrestato nel giugno del 1574 su ordine della regina madre per avere agito da intermediario tra gli ambasciatori della regina Elisabetta d'Inghilterra e il duca d'Alençon, trattenuto in quel momento quasi in prigionia al Louvre in seguito alla cospirazione di La Mole e Coconato.
Clemenzia sposòBartolomeo Del Bene; erano già sposati quando Bartolomeo ottenne, nell'aprile del 1533, lettere di naturalizzazione. Clemenzia fu madrina, il 10 ag. 1540, a Saint-André-des-Arts, di Merry Del Bene, figlio del banchiere Riccardo Del Bene. L'altra figlia del B., Maria, fu battezzata a Saint-André-des-Arts il 26 marzo 1530; non abbiamo sulla sua vita altre notizie: essa dovette probabilmente morire ancora in giovane età.
Fonti e Bibl.: Paris, Archives nationales, X1a 8619, f. 283v; Y 106, ff. 261, 262; Paris, Biblioth. nationale, Clairambault 987, pp. 12, 19, 31; Dupuy 273, ff. 277v, 281v, 282v; Pièces originales 401, 1421 (Gualterotti); Cabinet de d'Hozier 52; Aix-en-Provence, Biblioth. Méjanes, ms. 1410, n. 35; L. Alamanni, Opere toscane, I, Lione 1532, pp. 389-392; G. Simeoni, Epitomé de l'origine et succession de la duché de Ferrare, Paris 1553, f 36v; Docc.della congiura fatta contro il cardinale Giulio de' Medici nel 1522, in Giorn. storico degli archivi toscani, III (1859), pp. 142-150, 185-213; A. Desjardins, Négociations diplom. de la France avec la Toscane, III, Paris 1865, pp. 662, 664, 670; IV, ibid. 1872, p. 15; Lettres de Catherine de Médicis, a cura di H. de La Ferrière e G. Baguenault de Puchesse, I, Paris 1880, p. 621; III, ibid. 1887, pp. 190 s.; V, ibid. 1895, pp. 8, 15, 17, 62; E. Plon, Benvenuto Cellini, Paris 1883, pp. 66 s.; Registres des délibérations du bureau de la ville de Paris, III, Paris 1886, p. 92; V, ibid. 1892, p. 93 n. 2; Catalogue des actes de François Ier, Paris 1887-1908, passim; Colección de docum. inéditos para la hist. de España, XCVII, Madrid 1890, pp. 217; A. Tessereau, Histoire chronologique de la grande chancelerie de France, I, Paris 1710, pp. 85, 87, 99; E. Picot, Les Italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1901-1918, pp. 88-114; Vita di Benvenuto Cellini, a cura di O. Bacci, Firenze 1901, pp. 191, 337, 342; H. Hauvette, Un exilé florentin à la cour de France au XVIe siècle. Luigi Alamanni (1495-1556)…, Paris 1903, pp. 43 s., 48-50, 56 s., 59, 86 s., 223, 485, 488, 490 s., 531 s.; F. Herbet, L'ancien Fontainebleau, Fontainebleau 1912, pp. 12, 441; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I, Paris 1913, pp. 101, 154; L. Dorez, Nouvelles recherches sur Michelange et son entourage, in Bibliothèque de l'Ecole des chartes, LXXVII (1916), pp. 448-470; H. Michaud, La grande chancellerie et les écritures royales au XVIe siècle, Paris 1967, pp. 93, 97, 98, 173, 271, 286.