BUCCINO, Giuliano
Cortigiano di re Ferrante d'Aragona, non si conosce la data della sua nascita che dovette cadere nella seconda metà del sec. XV. Forse napoletano, servì gli Aragonesi di Napoli nel declinare del sec. XV.
La prima notizia di lui risale al 15 luglio 1486, data dell'istruzione con la quale re Ferrante lo inviava, insieme con il "venerante mastro Ludovico", altro cortigiano non meglio identificato, da Onorato Gaetani d'Aragona conte di Fondi e poi dal figlio Pier Bernardino conte di Morcone. Ai due potenti feudatari doveva dare notizie sulle vicende della guerra contro i baroni ribelli che ormai volgeva nettamente in favore del re in tutti gli scacchieri del Regno. Doveva consegnare anche copia di recenti avvisi giunti dalla Francia e notificare l'intenzione reale di concludere al più presto la pace con la Santa Sede, che sarà firmata l'11 agosto. Il trattato prevedeva il perdono generale per i baroni che si erano ribellati al re, un buon numero dei quali fu catturato invece subito dopo con un tranello e vari altri, fra i quali il conte di Morcone stesso, furono imprigionati successivamente. Il comportamento sleale di Ferrante indusse Innocenzo VIII, sollecitato dai baroni napoletani rifugiatisi alla sua corte, ad intervenire. Mandò a Napoli nel luglio del 1487 il vescovo di Cesena, Pietro Menzi, come nunzio straordinario con l'incarico di costringere il re all'osservanza dei patti e di ottenere almeno serie garanzie giuridiche sui processi che egli istruiva contro i ribelli. Il 28 luglio il re gli mandò incontro il B., insieme con Girolamo Sperandeo, per accoglierlo nel Regno. Lo incontrarono sul Garigliano e lo accompagnarono a Capua, dove li attendeva Ferrante. Il tentativo pontificio in soccorso dei baroni fallì però completamente: il re di Napoli non aveva alcuna intenzione di ritornare sui processi imbastiti contro i ribelli in fretta e furia, il primo dei quali, con l'annessa sentenza di condanna a morte, era stato pubblicato per le stampe già il 14 luglio dello stesso 1487. Ad esso la corte napoletana dette la massima pubblicità e si preoccupò di recapitarne copie alle potenze italiane ed europee nel tentativo di giustificare la feroce repressione con una parvenza di veste legale. Secondo il Porzio una copia di questo processo fu portata alla corte inglese dal B. che vi andò come ambasciatore del re di Napoli pare nel 1488.
A questa seguirono varie altre ambascerie inglesi del B.: nel 1490, come si desume da una lettera di Enrico VII al duca di Milano, Gian Galeazzo Maria Sforza, per informarlo dell'imminente arrivo a Milano dell'ambasciatore napoletano che era giunto in Inghilterra portando anche sue lettere con la richiesta di aiuto; una terza volta nell'estate del 1491, in coincidenza con la grave crisi nei rapporti con la S. Sede che minacciava di offrire l'opportunità per un intervento francese contro il Regno di Napoli. Il 16 agosto il re gli indirizzò un dispaccio per ringraziarlo delle notizie che gli aveva inviato da Bologna e da Reggio, dove si era fermato nel corso del viaggio, e incoraggiarlo a proseguire verso l'Inghilterra. Il B. vi ritornò di nuovo nel settembre 1495, dopo che la discesa in Italia di Carlo VIII aveva inferto il primo colpo mortale agli Aragonesi di Napoli. Un suo dispaccio del 5 settembre, diretto all'ambasciatore napoletano presso il re dei Romani che in quel momento si tratteneva a Worms, dava notizie sulla situazione politica inglese e sulle forti pressioni francesi per indurre Enrico VII a mantenersi neutrale. Un secondo dispaccio del 10 dicembre notificava allo stesso destinatario l'irritazione del re di Inghilterra per la condotta di Ferrante, che lo invitava ad entrare nella lega contro la Francia mentre trattava segretamente la pace con essa. L'ultima ambasceria inglese del B. è documentata nel 1497: nel settembre di quell'anno egli si disponeva a partire dall'Inghilterra per rientrare a Napoli. Durante il viaggio di ritorno si fermò nel novembre a Venezia, dove fu ricevuto dalla Signoria "acompagnato da l'ambasador napolitano existente quivi, et da altri patricii nostri. Et demum si partite et a Napoli andoe". Con quest'ultima missione ebbe fine la carriera diplomatica del B.: egli sembrò uscire definitivamente dalla scena pubblica napoletana nel corso del travagliato periodo della guerra franco-spagnola che segnò la fine della dinastia aragonese, la fine dell'indipendenza stessa del Regno di Napoli.
Secondo il Volpicella, il B. sarebbe rientrato nella vita pubblica molti anni dopo, verso il 1526-28 per compromettersi con il partito filofrancese napoletano e subire la confisca dei beni. Dichiarato ribelle nel 1529, le case che possedeva a Napoli furono donate al duca di Montalto e una sua masseria a Francesco de Carbonel. Fra le case ve ne era forse una posseduta in precedenza dal vescovo di Gravina Matteo d'Aquino e dal marchese del Vasto. Nel corso della sua carriera al servizio della corte napoletana il B. aveva accumulato un cospicuo patrimonio che gli permise di acquistare, oltre alle case in Napoli già segnalate, ricche rendite demaniali. Da re Federico comprò la bagliva della città di Bisaccia "con gli erbaggi e la Matina". Dal principe di Melfi, Troiano Caracciolo, il 22 luglio 1516 la rendita annua di 200 ducati sulla bagliva di Atella. Era anche concessionario di una rendita annuale di 200 ducati sulle entrate del castello di Lagopesole e di un'altra di 400 ducati ancora sulla bagliva di Atella. Da re Federico gli fu forse donata anche la città di Bisaccia, venduta poi nel 1504 da Ferdinando il Cattolico a Nicola Maria di Somma. Nel 1531 fu tassato per un'entrata annua che possedeva sulla città di Meffi di valore imprecisato.
Il B. morì, in età presumibilmente assai avanzata, tra l'8 e il 13 luglio 1537. Lasciò in eredità la bagliva di Bisaccia e la rendita sul castello di Lagopesole al figlio Troiano.
Fonti e Bibl.: Lettere istruzioni ed altre memorie de' re aragonesi..., a cura di S. Gravier, Napoli 1769, p. 142; Calendar of State Papers... relating to English Affairs... in the Arch. of Venice..., I, 1202-1509, a cura di R. Brown, London 1864, pp. 199, 223, 225, 262; Cod. aragonese, a cura di F. Trinchera, II, 2, Napoli 1868, pp. 147, 210; M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879, col. 817; Dispacci e lettere di G. Gherardi..., a cura di E. Carusi, Roma 1909, p. CLI; Regis Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 19, 289-290; P. Negri, Studi sulla crisi italiana alla fine del sec. XV, in Arch. stor. lombardo,s. s, L (1923), p. 108; C. Porzio, La congiura de' baroni del Regno di Napoli..., a cura di E. Pontieri, Napoli 1958, p. 175.