VERONESI, Giulia ( Giulia Teresa)
– Nacque il 7 gennaio 1906 a Milano, figlia primogenita di Silvio e di Serafina Colombo.
Il padre lavorava quale dirigente presso un grande stabilimento tessile. Due anni dopo nacque il fratello Luigi (futuro pittore astrattista). I genitori li educarono all’apprezzamento delle arti figurative.
Veronesi conseguì la maturità classica presso il liceo Giuseppe Parini di Milano nel 1923. Decise di non frequentare l’università, bensì una scuola privata femminile, l’Accademia libera di cultura e arte, fondata nel 1922 dal filosofo Vincenzo Cento. In questo luogo si potevano ascoltare le lezioni di specialisti di letteratura anche straniera, psicoanalisi, psicologia, storia dell’arte, musica e storia. Fu in questa scuola che incontrò il musicologo Ferdinando Ballo e lo storico dell’arte Raffaello Giolli. Questi la presentò alla moglie Rosa Menni, la quale aveva fondato un laboratorio di stampa di stoffe da lei stessa disegnate; Veronesi si dedicò per alcuni anni alle arti decorative dei tessuti, vincendo un concorso di disegni per merletto indetto nel 1934 dall’Ente moda di Torino e partecipando, sempre in qualità di disegnatrice di ricami, alla VI e alla VII Triennale di Milano (1936, 1940).
Mentre coltivava le proprie abilità artistiche, approfondiva la formazione pure nel campo storico-critico. Difatti, nel 1930 comparve il suo primo testo nella rivista Il Poligono, nata con il titolo 1927. Problemi d’arte attuale, fondata e diretta da Giolli. Già da quest’articolo emerge una concezione ampia delle arti, comprensiva di quelle minori e sperimentali, nonché geograficamente distanti. In quegli anni Veronesi frequentò assiduamente l’entourage di Giolli e le gallerie d’arte nella culturalmente molto vivace capitale lombarda. Tra queste, Il Milione diretta dai fratelli Ghiringhelli, centro di diffusione della cultura astrattista e razionalista, e la galleria Bardi, dove nel 1929 la giovane ebbe modo di incontrare l’intellettuale partenopeo Edoardo Persico, giunto in città da Torino. Veronesi rimase immediatamente impressionata dai suoi modi e dalle sue idee, cominciando a seguire le sue conferenze sull’architettura moderna.
Dal 1934 le serate in casa dei coniugi Giolli iniziarono a tenersi regolarmente il giovedì. Nel corso di queste Veronesi poté incontrare i poeti Alfonso Gatto e Salvatore Quasimodo, gli artisti Giacomo Manzù, Aligi Sassu, Renato Birolli e Renato Guttuso, e la danzatrice Maria Cumani.
Nel 1933 Giulia e il fratello Luigi, attenti alle novità artistiche provenienti dall’Europa, avviarono una collaborazione con la rivista di estetica e tecnica Campo grafico. Frattanto, la fascinazione per le idee di Persico condusse Giulia a entrare nella redazione di Casabella, andando a coadiuvare Anna Maria Mazzucchelli.
La rivista era diretta dal 1933 da Giuseppe Pagano, al quale nel 1935 si affiancò Persico, già redattore insieme a Giancarlo Palanti. Sempre con l’intellettuale partenopeo e su invito di Ballo, Veronesi progettò la scenografia per il balletto La boîte à joujoux, musicato da Claude Debussy, per il festival musicale di Venezia del 1935; purtroppo il balletto non venne rappresentato.
Sconvolta dalla morte improvvisa e misteriosa di Persico nel gennaio del 1936 Veronesi iniziò a coltivarne il ricordo facendosi carico degli innumerevoli scritti anche inediti. Insieme a Mazzucchelli e a Gatto, s’impegnò nella costituzione di un comitato per le onoranze a Persico, il cui primo atto si configurò in una pubblicazione in ricordo dell’amico scomparso (Milano 1936, poi in Appendice a C. De Seta, Il destino dell’architettura. Persico Giolli Pagano, Roma-Bari 1985, pp. 81-98). La conoscenza dei fatti dell’architettura moderna europea diventava in lei sempre più approfondita, tanto che Veronesi iniziò a scrivere articoli per Casabella. Il primo scritto uscì nell’ottobre del 1936 avendo quale tema il parco giochi della VI Triennale milanese. Ma a sancire Veronesi quale critica dell’architettura fu il testo successivo (aprile 1937) che, partendo dal recente incendio del Palazzo di cristallo di Joseph Paxton, simbolo dell’esordio dell’architettura moderna, spinse l’autrice a un confronto tra le intenzioni tecniche e ideologiche dell’edificio di vetro innalzato per l’Esposizione universale londinese del 1851 e la pittura di J.M. William Turner.
Gli impegni redazionali si fecero più onerosi con il trasferimento di Mazzucchelli a Roma nel 1938. Veronesi diventò, di fatto, la sola segretaria di redazione di Casabella-Costruzioni e la custode delle carte di Persico, fin allora conservate dall’amica e collega. Tuttavia, a causa delle divergenze di pensiero con Pagano, presto pure Veronesi lasciò la redazione (1939).
Furono anni estremamente densi per la sua formazione quale critica d’arte. I suoi interventi su Vita giovanile poi Corrente di vita giovanile, fondata da Ernesto Treccani, e su Campo di Marte (1938-39), fondata da Gatto e Vasco Pratolini, spaziarono dall’architettura al cinema, dalle recensioni di libri d’arte a quelle di mostre. Le collaborazioni terminarono con la chiusura delle riviste, l’una nell’estate del 1940, l’altra un anno dopo. Nel 1940 ebbe l’occasione di dedicarsi all’arte cinematografica, occupandosi della sezione tedesca nella Rassegna storica curata da Luigi Comencini e Alberto Lattuada all’interno della VII Triennale.
Nonostante l’incomprensione di Veronesi per le scelte di Pagano, questi la contattò nel gennaio del 1941, mentre era in partenza volontario per la Grecia, per lasciarle la responsabilità di Costruzioni-Casabella durante la sua assenza. Fu in questa circostanza che la scrittrice e critica comprese a fondo le decisioni apparentemente contraddittorie del suo direttore e ricucì il rapporto nella lotta comune contro il fascismo. In Difficoltà politiche nell’architettura in Italia, 1920-1940 (Milano 1953; nuova ed. 2008) Veronesi avrebbe narrato le conseguenze del suo agire ingenuo nel licenziare il numero sulle esposizioni universali già iniziato dal direttore, come se Pagano fosse intoccabile dalla censura in quanto aderente al fascismo. Il periodico d’architettura rischiò la soppressione e lei stessa «qualche probabile “noia politica”» (ibid., p. 64), se non fosse stato per l’intervento di Pagano dal fronte. Veronesi si occupò di Costruzioni-Casabella fino alla sua sospensione per ordine del ministero della Cultura popolare, nel novembre del 1943.
Nel 1942 le vennero commissionate le prime traduzioni dal francese dalla casa editrice Einaudi, nello specifico alcuni racconti di Honoré de Balzac. Dopo una breve esperienza presso quella di Valentino Bompiani, Veronesi era stata assunta nella casa editrice Rosa e Ballo, fondata recentemente da Ballo e Achille Rosa, con mansioni redazionali e di cura tipografica. Con l’aggravarsi delle condizioni di vita nelle città, i fratelli Veronesi lasciarono Milano insieme alla madre per rifugiarsi ad Agrate Brianza, cercando di trasferirvi anche i beni artistici posseduti. In una situazione tanto caotica, pure la salute di Giulia venne meno: fu infatti colpita da una malattia che le impedì di portare a termine i numerosi impegni di cui soleva farsi carico. Nel 1944 si dimise dall’impiego fisso per potersi meglio dedicare ai suoi interessi culturali e artistici. Continuò tuttavia a mantenere le relazioni con Rosa e Ballo quale collaboratrice esterna per traduzioni dal tedesco e curatele, tra le quali il progetto, condiviso con Gatto, della pubblicazione degli scritti di Persico. Con Gatto collaborò alla collana I coriandoli pubblicata dall’editore-tipografo Rinaldo Muggiani, per la quale nel 1945 uscì la sua traduzione italiana di An organic architecture di Frank Lloyd Wright (London 1939).
Nel 1946 Veronesi iniziò i preparativi per trasferirsi a Parigi, dove risedette dal 1947 al 1958. In vista di questo passo, affidò a Ballo le carte di Persico. Il trasferimento fu probabilmente dovuto all’imminente costituzione della Cineteca milanese e al rapporto stretto da questa con quella francese, condotta da Henri Langlois; un indizio che appoggia tale ipotesi è il fatto che Giulia lasciò l’indirizzo della Cinémathèque quale suo primo recapito parigino. Inoltre, nel 1947 il suo nome figurò tra i membri fondatori della Cineteca italiana. Dalla capitale francese divenne corrispondente per tematiche culturali di diverse testate: Milano-Sera (1947) diretto da Gatto e da Mario Bonfantini, Il Corriere di Trieste (1948-49), Il Nuovo Corriere di Firenze (1947-56) diretto da Romano Bilenchi, La Nazione (dalla fine del 1956 al luglio del 1958). Da critica indipendente mantenne la collaborazione con Emporium, che durò fino al 1964, e inaugurò i contatti con la rivista olivettiana Comunità; strinse rapporti con case editrici internazionali (Phaidon) e continuò a svolgere il ruolo di traduttrice per Einaudi, occupandosi del romanzo di Marguerite Duras Un barrage contre le Pacifique (Paris 1950; trad. it. 1951).
Risalgono sempre agli anni francesi le monografie pubblicate nella collana Maestri del Movimento moderno della casa editrice Il Balcone di Milano: Tony Garnier (1948); Joseph Maria Olbrich (1948); J.J. Pieter Oud (1953); Josef Hoffmann (1956). In seguito alla commemorazione di Giolli, Pagano, Giuseppe Terragni e Persico nell’ambito della IX Triennale (1951), per cui Veronesi aveva curato i testi, nel 1953 uscì il già citato volumetto Difficoltà politiche dell’architettura in Italia, 1920-1940, sorta di diario a posteriori della resistenza culturale dell’autrice. Nella narrazione delle biografie altrui molto emerge dei suoi pensieri e sentimenti, nonostante fosse solitamente discreta in merito a ciò che riguardava la sua personalità. Il 1953 fu cruciale per un altro progetto editoriale, mai concluso eppure centrale nell’identità di Veronesi: la proposta a Einaudi di una storia dell’architettura moderna europea, ossia dal rifiuto degli stilemi neoclassici in poi. Il libro si sarebbe configurato non quale saggio, bensì quale narrazione delle vicende formali e umane dell’architettura. Esso era pressoché ultimato nel 1958, ma le preoccupazioni di salute di Veronesi ne allontanarono la consegna e obbligarono l’autrice a rientrare a Milano. Al contempo i contatti con la casa editrice torinese riguardavano anche la curatela del libro di Giolli La disfatta dell’Ottocento (1961).
Nel 1957 Veronesi venne insignita del premio Olivetti per la critica, insieme a Decio Gioseffi e a Renato Bonelli. Al rientro in Italia le sue risorse si concentrarono soprattutto sulla storia dell’architettura, partecipando tra l’altro al progetto per la costituzione del Museo internazionale di architettura moderna a Milano (1961), di cui vennero nominati presidente Gio Ponti e vicepresidenti Henry-Russell Hitchcock e Veronesi stessa.
L’associazione che era alla base del museo venne sciolta due anni dopo, avviando la nascita della Fondazione Giuseppe Pagano. Ma ancora nel 1965 Veronesi e Carlo Ludovico Ragghianti ripresero l’idea di istituire un Museo di architettura moderna.
Negli anni Sessanta Veronesi proseguì il lavoro di diffusione della cultura architettonica attraverso periodici meno convenzionali: Zodiac, rivista delle edizioni di Comunità, prima nelle vesti di coordinatrice redazionale e poi quale assistente del direttore Bruno Alfieri; e Lotus (1964-65), pubblicazione pensata con Alfieri quale annuario di architettura per fornire un regesto dello sviluppo di quell’arte in ambito soprattutto europeo. Collaborò anche con L’indicatore EDA, Ottagono, L’architettura. Cronache e storia. Continuò pure la curatela di mostre, tra le quali quella dedicata a Tony Garnier presso la libreria Salto di Milano (1961), quella sui manifesti alla Permanente (1965) e la personale di Marcello Nizzoli (Triennale, 1968).
Nel 1964 Veronesi riuscì a portare a termine uno dei maggiori impegni professionali ed editoriali della sua vita: la pubblicazione di tutti gli scritti di Persico per le edizioni di Comunità. Aveva desiderato fin dal 1936 di presentare un’opera che contenesse tutti i testi, anche inediti, dell’intellettuale, ma la raccolta e il controllo comparativo sulle varie versioni, anche da parte di Mazzucchelli, avevano complicato il compimento dei due volumi. Nel 1966 Veronesi pubblicò Stile 1925, approfondimento sulla civiltà delle arts déco commissionato e pubblicato dall’editore Vallecchi di Firenze. Il volume venne immediatamente tradotto in inglese per le edizioni Thames and Hudson di Londra (1968) e in francese dall’editore Anthony Krafft di Losanna (1968). Frattanto la studiosa si dedicava alla redazione di una storia dell’arte astratta che venne pubblicata dagli editori Fabbri nel 1967. Le sue ultime pubblicazioni furono per l’editore Vallecchi: una raccolta di scritti scelti di Persico (1968) e Profili, un breve regesto di architettura moderna (1969).
Nel 1969 ricevette il premio Viareggio Una vita per la sua vita dedicata alla cultura, insieme a Nicola Lisi e a Marino Moretti.
Dopo una lunga malattia morì il 29 luglio 1970 a Milano, dando disposizione al fratello di non conservare le sue carte. La sua scomparsa passò quasi del tutto inosservata nelle stesse testate per le quali aveva scritto.
Fonti e Bibl.: L. Castagno, G. V., in Gli occhi dello stupa, II (1983), 4, p. 61; G. Contessi, Esame di coscienza di una critica d’arte, in G.Veronesi, Difficoltà politiche dell’architettura in Italia, 1920-40, Milano 2008, pp. 141-159; M. Panzeri, G. V. una vita “nella cultura e per la cultura”, ibid., pp. 161-184; M. Chessa, L’opera critica di G. V. nella sua dimensione europea, in Predella, 2013, n. 33, pp. 269-277; R. D’Attore, G.T. V., Maria Brandon Albini and Rosa Giolli Menni: three intellectual women in 1920s-1930s Milan, in Women’s creativity since the Modern Movement (1918-2018), a cura di H. Serazin - C. Franchini - E. Garda, Ljubljana 2018, pp. 77-86.
Giulia Teresa
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