FARNESE, Giulia
La data di nascita non è nota, ma dovette cadere verso il 1475, visto che nel 1489 era dichiarata in un atto pubblico pubere e in grado di contrarre matrimonio.
Il padre era Pierluigi, signore di Capodimonte e di altre terre sul lago di Bolsena, la madre Giovannella Caetani, dell'antica famiglia dei signori di Sermoneta. Rimasta orfana del padre ancora bambina, dai fratelli Angelo e Alessandro, il futuro pontefice Paolo III, fu data in sposa, secondo accordi conclusi dal padre prima che morisse, a Orsino Orsini, signore di Bassanello (ora Vasanello in provincia di Viterbo). La stipula del contratto dotale ebbe luogo a Roma, il 21 maggio 1489, nel palazzo del cardinale Rodrigo Borgia, vicecancelliere di Santa Romana Chiesa. La sua ospitalità si spiega con il rapporto di parentela che lo legava alla madre dello sposo, del resto anch'egli orfano di padre, Adriana Del Milá, figlia di Pedro, suo cugino. Madama Adriana, come è designata di solito nei documenti, era confidente (ed è tutto dire per un uomo che alle donne dava confidenza solo a letto) del Borgia, che faceva in qualche modo anche da padre al suo giovane figlio. Tant'è che le nozze furono celebrate l'anno successivo, il 9 maggio 1490, sempre nel palazzo dei vicecancelliere, con grande concorso di nobili e prelati.
Che il matrimonio fosse stato combinato dai Farnese con la Del Milá per assicurare una onorevole copertura alla passione del'sessantenne cardinale per la bellissima F. (tanto bella da essere detta già da allora "Giulia la bella") non si può affermare. Non è infatti possibile stabilire quando la relazione ebbe inizio e solo si può dedurre da vari indizi che nel 1491 era già in pieno corso: tra la fine di quell'anno e l'inizio del successivo, alla F. nacque la sua unica figlia, Laura, che nel dicembre del 1493 lo zio Alessandro tentò di accreditare, in una conversazione con il fiorentino Lorenzo Pucci, come figlia naturale del Borgia. Il marito inoltre dovette avere sentore della tresca nell'aprile del 1491, quando abbandonò Roma sconvolto con il proposito di un pellegrinaggio in Terrasanta dal quale lo trattennero in amorevole gara, oltre alla madre, l'amico carissimo e cognato, Angelo Farnese, e con argomenti assai più persuasivi, il cardinal Borgia che gli faceva da padre. Sulla via della Terrasanta si fermò infatti a Firenze, dove lo raggiunsero lettere pressanti e riservate del vicecancelliere. Del loro contenuto nulla si sa, ma in Terrasanta l'Orsini non andò, ritornò a Roma nel palazzo avito di Monte Giordano e nel gennaio del 1492 entrò al servizio della Chiesa come condottiero, con uno stipendio che durante il pontificato del Borgia aumenterà di continuo.
Ma i fratelli Farnese non avevano certo messo la sorella nel letto del potente cardinale solo per sistemare il cognato. La posta principale era un'altra e ben altrimenti elevata. 1 signori di Capodimonte bramavano da tempo di scendere dalle selvagge boscaglie del lago di Bolsena nell'opulenta città dei papi e avevano capito già che per mettervi salde radici occorreva affidarsi alle fortune del piviale, piuttosto che a quelle delle armi, tradizionali nella famiglia. Il giovane Alessandro ebbe dunque educazione umanistica di prim'ordine. Per lui fu acquistato nel 1483 un posto di scrittore apostofico, ma la strada della Curia si rivelò impervia e presto addirittura sbarrata da un oscuro episodio di violenza che portò lo scavezzacollo futuro pontefice nelle carceri del Castel Sant'Angelo. Alle fortune della famiglia occorreva un protettore e il solo mezzo efficace del quale si disponeva era la straordinaria bellezza della Farnese. Non è che da cardinale il Borgia riuscisse a dare molto. Tutto ciò che i Farnese ottennero fu la nomina di Alessandro a protonotario apostolico l'8 luglio 1491. Per avere di più dovettero aspettare la sua elevazione al pontificato avvenuta l'11 ag. 1492. Subito dopo, il, 6 settembre, Alessandro VI nominò il Farnese tesoriere generale pontificio. L'anno successivo, il 10 luglio 1493, gli assegnò un canonicato nella chiesa di S. Lorenzo di Viterbo. Il 3 settembre dello stesso anno lasciò già la carica di tesoriere in vista della nomina a cardinale che sopraggiunse puntualmente il 20 di quel mese. Che all'origine di questi favori dei papa verso l'oscuro provinciale venticinquenne, povero di mezzi quanto di vocazione religiosa, fossero le pressioni della F. sull'amante innamoratissimo, non c'è alcun dubbio: le precisazioni, puntuali e appassionate, del Picotti hanno precipitato definitivamente nel ridicolo la tesi innocentista, sostenuta, con calore ma scarso discernimento critico, dal Soranzo.
La relazione che il Borgia intrattenne con la F. restò nei primi tempi piuttosto nascosta. Ma dopo che l'elezione al pontificato fu bene assodata, se ne ebbero, a partire dal 1493, segni e notizie sempre più numerosi e manifesti. La F. intanto non abitava nel palazzo del marito a Monte Giordano, ma, insieme con la suocera Adriana Del Milá e alla figlia del papa, Lucrezia, in quello del cardinale Battista Zeno, che l'aveva prestato generosamente al papa, per via della sua privilegiata posizione strategica. Esso fiancheggiava infatti la basifica di S. Pietro e passando per il portico o ancora meglio per la chiesa stessa si potevano raggiungere comodamente gli appartamenti pontifici del palazzo Vaticano, al riparo da ogni sguardo troppo indiscreto. Il palazzo dello Zeno divenne presto la meta abituale dei postulanti altolocati in cerca di prebende, cariche e benefici ecclesiastici di ogni ordine e grado. La "sposa di Christo", come fu definita in un avviso di Roma del 1494, era di indole generosa e non si faceva pregare troppo, tanto meno poi quando si trattava del fratello, che aveva bisogno del suo aiuto ora più che mai. La concessione della porpora fu il passo decisivo nella carriera che doveva portarlo al pontificato, ma per l'immediato pesò in modo disastroso sulle sue scarse risorse finanziarie. Se da un lato comportò infatti le forti spese richieste dall'elevatezza della carica, dall'altro lo costrinse ad abbandonare il posto di tesoriere, sua principale fonte di reddito. Come ebbe a scrivere Lorenzo Pucci (cfr. Picotti, 1928) nel gennaio del 1494, mentre la F. nuotava nell'oro ("da uno orafo intendo che li fanno aneli per mille ducati"), "il povero cardinale non ha da vivere" e soffocava nei debiti. Il fatto è però che fratello e sorella puntavano, come al solito, su una posta molto alta e tanto più difficile da conseguire in quanto era già nelle mani di un concorrente imbattibile. Il cardinale, manco a dirlo futuro pontefice anche lui, era Giovanni de' Medici, fratello di Piero signore di Firenze e non aveva la minima intenzione di lasciare la carica di legato del Patrimonio che avrebbe assicurato al Farnese, oltre alle entrate di cui abbisognava, il governo della regione dove stavano i possedimenti aviti. Per quante pressioni facesse la F., con i suoi soliti argomenti irresistibili, il papa non riusciva a contentarla.
Nel giugno del 1494 intanto la F. aveva seguito a Pesaro Lucrezia Borgia, sposa a Giovanni Sforza, signore di quella città, e da lì scrisse al papa, per incarico del fratello, una lettera che evidenziava lucidamente i termini dello scambio tra i favori suoi al papa e quelli del papa al fratello. Alessandro VI fece allora tutto il possibile per convincere il Medici a lasciare la legazione del Patrimonio: mostrò all'inviato fiorentino il breve di nomina con la falsa data del dicembre precedente, disse che quel posto, "inutile al cardinale de Medici", era indispensabile alla "povertà del cardinale da Pharnese". Promise anche una rendita di 1.000 ducati in cambio, ma sempre invano. Dal lago di Bolsena, dove la F. si era trasferita precipitosamente nel luglio per raggiungere sul letto di morte il fratello Angelo, scrisse nell'agosto di nuovo al papa, sotto evidente dettatura del fratello Alessandro, per chiedere almeno la nomina al vescovato di Rimini che sembrava essersi liberato. Ma neanche questo ripiego fu possibile, perché la notizia della morte di quel vescovo risultò infondata. Il cardinale restò così a mani vuote, ma non si rassegnò. Preferì giocare la carta estrema e pesantissima del ricatto, facendo sapere al papa che la F. non sarebbe tornata a Roma e sarebbe andata invece a Bassanello per ricongiungersi al legittimo sposo. Semplice pedina nelle mani del cognato, l'Orsini recitò volenterosamente la parte del marito geloso.
Questo tentativo di forzargli la mano fece andare Alessandro VI su tutte le furie: travolto dalla gelosia, scrisse lettere di fuoco, accusò i Farnese della più nera ingratitudine, e minacciò alla F. la scomunica latae sententiae se avesse osato andare a Bassanello. Con una disinvoltura in tutto degna del futuro Paolo III, il cardinale Alessandro tirò allora in ballo l'onore. L'onore dei Farnese valeva la legazia del Patrimonio e quando nel novembre la cacciata dei Medici da Firenze lasciò finalmente mano libera al papa, la F. si mise in cammino per Roma. Prima tappa del viaggio doveva essere Viterbo, dove il fratello aveva preso già possesso della carica tanto ambita. Ma a Montefiascone incappò nella soldataglia francese di Carlo VIII e il papa dovette pagare anche un riscatto per riaverla.
Dalla prova di forza con i Farnese la passione senile di Alessandro VI fu messa a dura prova. Il cardinale ottenne la legazione, ma a caro prezzo: la F. perse infatti subito dopo il favore del papa e in poco meno di due anni, nel settembre del 1496, la legazione passò in mano a Giovanni, figlio prediletto del Borgia. Con i soli proventi del canonicato di Viterbo non c'era certo da scialare. In effetti nel febbraio del 1498 una voce raccolta dal Sanuto (Diarii, I, Venezia 1879, col. 871) voleva che il Farnese "fratello di madonna Julia, per esser povero cardinal, pareva volesse refutar el capello". Il quadro sconsolante della sua povertà non mutò negli anni seguenti: secondo un accertamento fiscale della Camera apostolica nell'autunno del 1500 la sua rendita annua era bassissima, di Soli 2.000 ducati, e lo collocava tra i membri più poveri del S. Collegio. Stando così le cose, non si capisce come abbia potuto acquistare, il 30 genn. 1495, il palazzo romano del cardinale Pietro Ferriz, prima base del futuro palazzo Farnese, per la cospicua somma di 5.500 ducati. Certo non con i proventi della legazione del Patrimonio (il primo stipendio di 100 ducati gli fu pagato il 18 nov. 1494). L'acquisto fu possibile sicuramente per l'intervento di una generosa elargizione della F., la sola della famiglia che in quel momento avesse larghe disponibilità di denaro, per i motivi ormai ben noti. Si sa del resto che il cardinale in quel momento non era indifferente alle ricchezze della sorella e se ne preoccupava invece moltissimo: una sua lettera del 16 dic. 1494 raccomandava infatti ad un tal Sebastiano di custodirne i preziosi gioielli più della vita sua, in vista dell'arrivo dei Francesi di Carlo VIII a Roma.
L'irritazione di papa Borgia ridusse comunque i Farnese a mai partito. Gli ambiziosi progetti matrimoniali accarezzati qualche anno prima per Laura Orsini, figlia della F., non ebbero seguito. Per lei ci si dovette accontentare nell'aprile del 1499 di un Federico Farnese, oscuro rampollo di un ramo collaterale della famiglia. Nell'agosto dello stesso 1499 il diplomatico milanese C. Guasco (cfr. Picotti, 1928) registrò tuttavia un ultimo insospettabile guizzo della vecchia fiamma nell'ormai settantenne pontefice. Il riaccendersi dell'antica passione fruttò all'Orsini, il marito della F. che era stato licenziato nel 1495 dal servizio pontificio, una nuova pingue condotta e al cardinal Alessandro, il 28 apr. 1501, il vescovato, per lui tanto più prezioso, di Montefiascone e Corneto (attuale Tarquinia). Nell'inverno del 1502, ormai reintegrata nella vecchia posizione di favorita, la F. accompagnò insieme alla Del Milá Lucrezia Borgia alle sue terze nozze in Ferrara. Il 26 novembre dello stesso anno toccò al fratello la carica di legato della Marca, tanto redditizia quanto prestigiosa. Ormai poteva considerarsi definitivamente arrivato.
La morte di Alessandro VI nell'agosto del 1503 non compromise infatti minimamente la sua posizione. La creatura del defunto papa seppe poi venire abilmente a patti con papa Giulio II, suo acerrimo nemico. E neanche questa volta disdegnò l'intervento della sorella e sia pure in una forma perfettamente conciliabile con la morale cattolica. Cassata la promessa di matrimonió del 1499, la figlia di lei, Laura Orsini, sposò infatti nel 1505 Nicola Della Rovere, nipote di Giulio Il. Questa alleanza matrimoniale fu voluta dal nuovo pontefice per preparare la riconciliazione con gli Orsini. Secondo Tommaso di Siivestro. la F., vedova di Orsino Orsini dal 31 luglio 1500, ebbe anche una certa parte in questa riconciliazione, favorendo nel 1509 l'incontro e l'accordo degli Orsini con Giulio II.
Il matrimonio della figlia comportò una grossa dote, di ben 30.000 ducati, oltre a gioielli, stoffe e altri preziosi arredi. Dal padre aveva ereditato la signoria di Bassanello con alcune terre limitrofe di scarso valore e il palazzo romano a Monte Giordano. La grossa somma, i gioielli e il resto non si potevano certo mettere sul conto dei suoi stipendi e neanche su quello della dote materna, che nel 1489 era stata di soli 3.500 ducati e neanche in contanti. Non c'è allora da sbagliare: la dote di Laura rappresentava la parte più cospicua di ciò che alla F. fruttò l'amore di Alessandro VI. La parte più cospicua ma fino ad un certo punto, perché a lei restò di che vivere comodamente fino alla fine dei suoi giorni. Tanto comodamente da potersi permettere nel 1509 persino l'acquisto di un marito, il gentiluomo napoletano Giovanni Capece Bozzato, che Ludovico Canossa (cfr. Picotti, 1951), in una lettera assai spassosa a Isabella d'Este, definì ricchissimo "ma non di roba".
Con lui visse tra Roma, dove possedeva anche una casa nel rione Arenula attigua al palazzo del fratello che nel 1512 cedette alla figlia, e Carbognano, nel castello del quale la generosità del suo vecchio amante l'aveva provvista. Il 14 marzo, 1524 fece testamento, disponendo di volere essere seppellita nella tomba dei Farnese nell'isola Bisentina. Il 23 dello stesso mese l'ambasciatore veneziano a Roma Marco Foscari segnalò la sua morte (cfr. Picotti, 1928).
Fonti e Bibl.: Le fonti principali sono discusse nello studio assai accurato di G. B. Picotti, Nuovi studi e documenti intorno a papa Alessandro VI, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, V (1951), pp. 207-242, 248-262, che toglie ogni valore alle ricerche di G. Soranzo, Studi intorno a papa Alessandro VI (Borgia), Milano 1950, pp. 92-129; Id., Orsino Orsini, Adriana di Mila sua madre e G. F. nei loro rapporti con papa Alessandro VI, in Archivi, s. 2, XXVI (1958), pp. 133-180. Si veda inoltre, Diario di ser Tommaso di Silvestro, in Ephemerides Urbevetanae..., a cura di L. Fumi, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XV, 5, t. II, p. 395; A. Luzio, Federico Gonzaga ostaggio alla corte di Giulio II, in Archivio della Società romana di storia patria, IX (1886), p. 559; F. de Navenne, Rome, le palais Farnèse et les Farnèse, Paris 1913, ad Indicem; L. v. Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, ad Indicem; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano 1928, ad Indicem; C. L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, II, Tübingen 1973, p. 103.