GIULIA DOMNA (Iulia Domna)
D'origine siriaca, seconda moglie di Settimio Severo a cui andò sposa intorno al 185 d. C., madre di Caracalla e di Geta, imperatrice nel 193. Tra gli scrittori antichi, solo Spartiano (Caracalla, x, 17) accenna brevemente alla bellezza di lei. G. D. creò intorno a sé un cerchio di filosofi, letterati e poeti. Si tolse la vita nel 217 ad Antiochia. Trasportata a Roma, fu sepolta nel mausoleo di Augusto. Proclamata sotto Eliogabalo Diva, la sua salma fu trasportata nel sepolcro di Adriano. Fu venerata sotto le sembianze di varie divinità, come attestano gran numero di iscrizioni, basi di statue e numerose monete.
Due tipi di acconciatura distinguono nettamente le effigi monetali e le immagini in scultura di G. D., accresciute notevolmente dall'epoca della pubblicazione del Bernoulli (1894) che raccolse più di 25 ritratti. Sul primo più giovanile, essa porta ancora la pettinatura di Didia Clara con capelli leggermente ondulati, divisi in mezzo, che coprono gli orecchi e che si riuniscono sulla nuca in una appiattita e vasta intrecciatura artificiosa (alla "tartaruga"). Così essa appare nella testa colossale nei Musei Vaticani, identificata dall'Albizzati, contemporanea alle prime monete (193-196) (medaglione di Padova: F. Gnecchi, I medaglioni rom., ii, tav. 94, 5; H. Cohen, Monn. Emp., iv, 130) e che deve essere considerata la più giovanile immagine di Giulia Domna. Segue, tra quelli recentemente scoperti, un ritratto di Ostia (inv. 454), al quale si associano i ritratti di Oslo e dei Magazzini dei Musei Vaticani (inv. 728), un po' più maturo, ma che conserva anch'esso la morbida e sfumata modellatura chiaroscurale dello stile antoniniano. Le due teste si accostano all'immagine dell'imperatrice sull'arco degli Argentari a Roma tra il 203 e il 204 d. C.
È intorno a quest'epoca, probabilmente, che si crea il tipo ufficiale iconografico di G. D., come in due busti da Gabî ora al Louvre (inv. 1109, 1110), ripetuti in numerose repliche, di cui è notevole quella del Museo del Palatino (inv. 4298). Un'immagine di G. D., che si distacca stilisticamente dalle altre per i tratti più idealizzati, è la pittura su tavola di provenienza, forse, alessandrina dei Musei di Berlino: G. D. vi è effigiata insieme a Settimio Severo ed ai figli.
Con acconciatura del secondo tipo G. D. appare per la prima volta sul rilievo dell'Arco di Settimio Severo a Leptis Magna, di ricco effetto decorativo, datato tra il 203-204, mentre le monete con pettinature di questo tipo risultano coniate non prima del 211. Sul rilievo di Leptis G. D. porta i capelli artificiosamente ondulati con grosse trecce che, ripiegate, incorniciano il volto e spariscono assottigliandosi sotto le tempie. Il tipo del volto è ancora quello grassoccio e paffuto, con la parte inferiore pesante e con le folte sopracciglia riunite alla radice del naso, che ombreggiano gli occhi languidi.
Le immagini di G. D. a tutto tondo con foggia del secondo tipo, sono minori delle precedenti e il tipo del volto corrisponde alle monete coniate tra il 211-217. Sparita la leggiadra impronta giovanile, il volto dimagrito acquista un'espressione rapace e il sorriso artificioso perde la spontaneità naturale (Vienna: E. F. Sacken, Die antiken Bronzen des K. K. Münz.-und Antiken Cabinettes, Vienna 1871, tav. 29. Statua del Palazzo Borghese a Roma. Oslo: H. P. L'Orange, Einzelaufnahmen, 3346-3348. Nîmes: E. Espérandieu, Rec. Basrel., iii, 379. Berlino: Blümel, Röm. Bildn., tav. 70, p. 37; Houghton Hall: F. Poulsen, Greek and Roman Portr. in Country Houses, p. 102, 97). Questo cambiamento fisico, accennato già su un bellissimo medaglione di Berlino (F. Gnecchi, op. cit., i, tav. 22, 4, p. 45) che, senza dubbio, ripete qualche tipo statuario di G. D., si nota in special modo nelle effigi monetali con leggenda Iulia Pia e in quelle postume coniate dopo l'anno 218 alle quali corrispondono nella plastica un ritratto frammentario di Milano e una grande statua di Ostia (museo, inv. 21). L'ovale è sensibilmente assottigliato e la bocca è tirata in un sorriso stereotipato con lo sguardo freddo e triste. Confrontando i primi ritratti di G. D. con l'immagine postuma di Ostia è evidente anche il cammino stilistico dell'iconografia romana nel ventennio percorso. Quasi sparite le tracce del colorismo pittorico antoniniano, il volto della scultura di Ostia, nella compatta e sostenuta struttura plastica, prelude ai caratteri della scultura romana dei secondi Severi.
Bibl.: G. Herzog, in Pauly-Wissowa, X, 1917, c. 926 ss., s. v. Julius, n. 566; M. G. Williams, Empress Julia Domna, in Amer. Journ. Arch., VI, 1902, p. 259 ss. Testa del Vaticano: C. Albizzati, Ritratto colossale di G. D., in La Critica d'Arte, 1937, p. 216 ss., tavv. 152-154; M. Pallottino, L'Arco degli Argentarii, Roma 1946, p. 78 ss., tav. VI. Pittura di Berlino: K. A. Neugebauer, Die Familie des Septimus Severus, in Die Antike, VIII, 1936, p. 155 ss., tav. 10; R. Bartoccini, L'Arco quadrifronte dei Severi a Leptis, in Africa Italiana, 1931, p. 125 ss., fig. 98. Statua di Ostia: R. Calza, Museo Ostiense, Itiner., n. 79, Roma 1947, p. 8. Ritratto di Milano: C. Albizzati, in Aretusa, 1930, p. 45 ss. Monete: H. Mattingly, The Coins of the Roman Empire in the Brit. Museum, Londra 1936, IV, pp. 207 ss., tavv. XIII, 16-204; XV, 10; XVI, 3, 9; F. Gnecchi, I medaglioni rom., II, tavv. 94, 5; 96 i; V. Scrinari, in Bull. Com., LXXV, 1956, p. 132 ss.; per il ritratto rinvenuto nell'agorà di Atene: Hesperia, XXVII, 1958, p. 155, tav. 43, b.