ZORZI, Girolamo
– Nacque a Venezia nel 1431 da Francesco, del ramo a S. Severo, e dalla sua terza moglie, Lucrezia Bon di Alessandro.
Nonostante, come impietosamente precisa Marco Barbaro, fosse gobbo, nel 1462 sposò Cristina Zorzi di Benedetto del ramo a S. Angelo, da cui ebbe cinque figli maschi. Probabilmente dedicò gli anni giovanili all’esercizio della mercatura, perché solo il 21 marzo 1469 risulta aver intrapreso la carriera politica, con l’elezione ad auditore delle Sentenze Vecchie, seguita da un’altra carica di ordine giudiziario, cioè giudice per tutte le Corti (26 luglio 1470). Il 3 agosto 1472 entrò a far parte della zonta del Consiglio dei dieci, ed era senatore nel dicembre 1474 quando fu inviato a Costantinopoli ufficialmente per trattare la pace, ma con commissione del Collegio di recarsi segretamente dalla matrigna del sultano nella speranza di por fine alla guerra di Morea, che si protraeva dal 1463. Dopo un promettente inizio, la missione di Zorzi, che soggiornò a Costantinopoli da aprile ad agosto 1475, si concluse con un fallimento: il sultano neppure lo ricevette, delegando al Divano la trattativa, che presto si arenò di fronte alle esorbitanti richieste dei pascià.
In seguito (3 settembre 1476) Zorzi fu eletto provveditore dell’esercito in Friuli, devastato dalle scorrerie di reparti albanesi e turchi; non è certo essere lui il Girolamo Zorzi che il 26 ottobre 1478 fu eletto ufficiale al frumento in Rialto, per la presenza di un omonimo, parimenti figlio di un Francesco, nato nel 1450 (e quindi non in grado di ricoprire le magistrature inferiori di cui sopra), che percorse una modesta carriera politica. Sicuramente fu Zorzi a essere eletto, il 13 luglio 1479, tra i savi incaricati di organizzare l’insediamento in Friuli di quaranta famiglie di Scutari, che avevano ottenuto di espatriare nei domini della Repubblica. Il 2 aprile 1482, nell’imminenza dello scoppio della guerra contro Ferrara, Zorzi entrò a far parte dei tre esecutori delle deliberazioni del Senato, quindi fu eletto fra i savi di Terraferma e in tale veste (11 ottobre 1482) propose di imporre una decima sui capitali in Zecca.
Nel luglio 1485 fu eletto ambasciatore a Milano, accompagnato dal diarista Marino Sanuto suo cugino, ma il soggiorno milanese fu di breve durata perché l’8 settembre gli fu ordinato di recarsi in Francia, per dolersi con il re Carlo VIII che il corsaro Colombo, sotto le insegne francesi, si fosse impadronito di quattro galere veneziane che stavano recandosi in Fiandra. Lo Zorzi lasciò subito Milano alla volta di Parigi; la missione ebbe successo e il 24 marzo 1486 egli poteva informare il Senato che il re aveva fatto restituire ai veneziani buona parte delle loro merci; in agosto rientrò quindi a Venezia con il titolo di cavaliere. Divenne poi (4 marzo 1488) provveditore sopra le Pompe e qualche giorno dopo, il 23 marzo, avogador di Comun straordinario, assieme a Baldissera Trevisan, con l’incarico specifico di riscuotere i crediti dovuti alle Camere fiscali di Terraferma; i due rientrarono a Venezia all’inizio di novembre, e non a mani vuote: «Si dice hanno guadagnato ducati 1000 per uno» (M. Sanuto, Le vite dei dogi. 1474-1494, a cura di A. Caracciolo Aricò, 2001, p. 608). Appena qualche giorno dopo, il 18 novembre, Zorzi entrò avogador ordinario e in tale veste, il 22 febbraio 1489, fece condannare Albano Darmer, patrono di una nave mercantile, per crudeltà usata verso l’equipaggio.
Il suo cursus honorum conobbe poi un intervallo di qualche anno, per riprendere con l‘importante incarico di ambasciatore a Roma, dove rimase dal gennaio 1495 al maggio 1496. Lì fu testimone della spaventosa inondazione del Tevere che devastò la città il 25 novembre 1495; anzi egli volle vederla da vicino, come riferisce Domenico Malipiero: «Dapoi pranzo, il magnifico orator Geronimo Zorzi K. deliberò andar a veder questa inondacion [...], per veder cosa non più veduta ai nostri tempi. [E vide che] l’aqua spandeva per tutto [...] et corea con tanta furia, che parea che ‘l mondo roinasse, tirando giù legnami, molini, ponti et case assai» (Annali veneti, a cura di F. Longo - A. Sagredo, 1843, p. 412). Nel corso della legazione, Zorzi riferì più volte sui tentativi dei francesi di portare soccorso alle loro truppe rimaste nel Mezzogiorno d’Italia, dopo che Carlo VIII aveva abbandonato l’impresa. Lasciata Roma il 20 maggio 1496, non raggiunse subito Venezia perché il Senato gli ordinò di recarsi a Urbino per sollecitare la partenza del duca Guido di Montefeltro alla volta di Napoli, onde ottenere la resa delle fortezze ancora in mano francese.
Giunse a Venezia il 5 giugno 1496, «et si havia benissimo in dicta legatione portato» (M. Sanuto, I Diarii, a cura di R. Fulin et al., 1879-1882, I, col. 202). La carriera di Zorzi proseguì con la nomina a governatore delle Entrate (8 giugno 1496), quindi (4 maggio 1498) fu inviato, assieme ad Antonio Loredan e Nicolò Michiel, ambasciatore a Luigi XII in occasione della sua assunzione al trono, ma soprattutto in vista di un’alleanza caldeggiata dallo stesso re. La legazione lasciò Venezia il 20 giugno, portando in dono sessanta aquile, e il 9 febbraio 1499 gli ambasciatori, come procuratori del doge, sottoscrivevano a Bles la lega franco-veneta; il 9 aprile Zorzi era con il re a Lione, quindi giunse a Venezia il 23 maggio e poco dopo lesse in Senato la relazione, riassunta da Sanuto nei suoi Diarii (coll. 762-769). In essa Zorzi traccia un ritratto positivo di Luigi XII, che «è bello, allegro, più presto grande che picolo, savio et prudente, et che lui orator li havia ditto era fio di la natura» (Relazioni..., a cura di L. Firpo, 1978, p. 38). Pertanto il 7 luglio fu lui ad accompagnare gli ambasciatori francesi a palazzo ducale, dove venne pubblicata l’alleanza, che si sarebbe rivelata vittoriosa.
Poi fu un susseguirsi di cariche: provveditore sopra l’esazione del Denaro (13 luglio 1499), membro del Consiglio dei dieci (8 settembre), podestà di Verona (12 dicembre). Da qui il 30 aprile 1500 fu inviato a Milano per concordare con quel viceré, Georges d’Amboise cardinale di Rouen, quali dei territori conquistati l’anno prima dovessero toccare alla Francia e quali alla Repubblica. Rimpatriato nel maggio 1501, l’8 settembre venne eletto a una nuova ambasceria in Francia per rallegrarsi con il re per l’acquisto di Napoli, ma rifiutò. Un mese più tardi, l’8 ottobre, entrò nuovamente a far parte dei savi sopra l’esazione del Denaro, assieme ad Alvise Priuli e Leonardo Grimani, salvo poi, il 27 novembre, a dichiarare in Collegio il fallimento dei loro sforzi.
Fra il 1503 e il 1505 fu ballottato a varie cariche, ma senza riuscire a essere eletto; fu invece savio del Consiglio da maggio a settembre 1504, quindi (7 dicembre) entrò a far parte della zonta del Consiglio dei dieci, poi fu eletto savio del Consiglio il 29 gennaio 1507.
Era ormai uno dei più apprezzati senatori della Repubblica, ma la morte lo colse di lì a poco, il 20 marzo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta, 23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, p. 424; Segretario alle voci, Misti, regg. 6, cc. 10r, 26v, 53r, 114r; 7, cc. 9r, 37r; Segretario alle voci, Elezioni Maggior Consiglio, reg. 23, cc. 38v, 39r; P. Bembo, Historiae Venetae, in Degl’istorici delle cose veneziane…, II, Venezia 1718, p. 139; D. Malipiero, Annali veneti, a cura di F. Longo - A. Sagredo, in Archivio storico italiano, VII (1843), parte I, pp. 107, 112 s., 334, 383, 409, 412, 425, 552 s., 621 s., 628, 684, 702; M. Sanuto, I Diarii, a cura di R. Fulin et al., I-VII, Venezia 1879-1882, ad ind.; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, V, Francia (1492-1600), a cura di L. Firpo, Torino 1978, pp. V, 34-46; M. Sanuto, Le vite dei dogi. 1474-1494, I, a cura di A. Caracciolo Aricò, Padova 1989, pp. 4, 6, 10, 14, 16, 18, 75, 93, 157, 237, 300, 311, 336, II, Roma-Padova 2001, pp. 435, 501, 504, 516, 535, 583 s., 608, 612, 623; Id., Le vite dei dogi. 1423-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, II, 1457-1474, Venezia 2004, pp. 138, 162, 171, 216.