SIMONCELLI, Girolamo
– Nacque a Senigallia il 16 febbraio 1817 dal negoziante Giovanni e da Angela Pulini.
Dal matrimonio nacquero altre sei figlie. Il padre si unì, in seguito, a Maddalena Corbetti, con la quale ebbe altri due figli, Raffaele e Marianna, nati e legittimati dopo la morte della prima moglie.
Avviato al commercio dal padre, Girolamo si impiegò nel negozio di chincaglieria e generi coloniali di famiglia, situato in pieno centro cittadino, pervenendo a una condizione di discreta agiatezza. Dopo avere assistito ai moti del 1831, la morte del padre (1838) lo costrinse ad assumersi la responsabilità di un gruppo familiare numeroso e assai stimato dalla comunità cittadina. Aderì ventenne agli ideali patriottici e nel 1845 fu schedato dalla polizia papalina in una Nota nominativa dei faziosi rivoluzionari di Senigallia (Monti Guarnieri, 1961, p. 316). Intravide nell’elezione di Pio IX il segno di un cambiamento dei tempi: tenente della guardia civica nel 1848, si arruolò volontario nel corpo papalino che prese parte alla prima guerra d’indipendenza, combattendo valorosamente a Vicenza con il grado di capitano. Rientrato a Senigallia, la crescente influenza dei democratici e la condizione di anarchia politico-sociale in cui il pontefice aveva lasciato i suoi domini lo convinsero a rafforzare il proprio impegno nell’ambiente patriottico. Diventato vicepresidente del Circolo popolare, rappresentò la città natale ai congressi dei Circoli popolari svoltisi a Forlì (13 dicembre 1848) e ad Ancona (7 gennaio 1849), nel corso dei quali sostenne la corrente radicale, secondo cui la monarchia costituzionale era finita con l’autoesilio di Giovanni Maria Mastai Ferretti a Gaeta e bisognava appellarsi al popolo, convocando l’Assemblea costituente.
Artefice e interprete della nuova congiuntura democratica, Simoncelli divenne l’autentico leader politico-militare della città durante la Repubblica Romana: il 12 marzo 1849 fu eletto consigliere comunale e il 26 seguente venne nominato tenente colonnello e comandante della guardia nazionale; l’incarico gli fu conferito in seguito a consultazione democratica fra i militi e registrò la sconfitta di Gaspare Francesconi, detto Lasagna, autentico criminale e capo della corrente estremista e delinquenziale degli ‘Ammazzarelli’. Di fronte al crescendo di violenze e illegalità con cui quest’ultima funestava il Senigalliese fin dal 1848, Simoncelli agì con tempismo e spirito legalitario, sostenuto da sinceri democratici come Luigi Mercantini, segretario del Circolo popolare, ma anche dalla scarsa milizia presente. Contrappose il rispetto della legge agli eccessi e alle vendette di parte e adottò provvedimenti prudenti: tra questi ci fu l’ordine, dato il 9 maggio 1849, di trasportare cautelativamente ad Ancona cinque patrizi senigalliesi, tra i quali due parenti di Pio IX e due fratelli di monsignor Gaetano Bedini (commissario straordinario a Bologna). La misura era volta a metterli al sicuro dalla collera della popolazione che si era infuriata alla notizia della cattura di un deputato municipale di Bologna da parte degli austriaci.
Caduta la Repubblica il 4 luglio 1849, Simoncelli preferì non esulare, convinto di avere la coscienza a posto. Riparò inizialmente nella casa del notaio Candido Bonopera, devoto cattolico e segretario comunale, ma poi, il 13 agosto 1849, si consegnò spontaneamente al giudice Pietro Battelli che, inviso ai patrioti e imprigionato durante il periodo repubblicano, non aspettava altro che vendicarsi. Battelli lo pose agli arresti, trasferendolo l’8 gennaio 1850 nel carcere di Pesaro, e montò contro di lui un’istruttoria voluminosa, incerta e contraddittoria, di natura esclusivamente indiziaria. Trasmesso l’incarto a Roma, il tribunale della Sacra Consulta non accolse le numerosissime testimonianze in favore del patriota, tra cui quelle di ex protagonisti della vicenda repubblicana, di notabili devoti al papa-re e di una sorella del pontefice, Teresa Mastai Giraldi; anche la principessa Alexandrine de Bleschamp, vedova di Luciano Bonaparte, scrisse al cardinale Giacomo Antonelli in suo favore, per tramite del generale Auguste-Pierre Walbourg Gemeau, comandante in capo a Roma.
Il tribunale riconobbe Simoncelli colpevole di connivenza con quelle attività delittuose che lui stesso aveva senza sosta combattuto e lo condannò, il 31 dicembre 1851, alla pena di morte. Tuttavia, poiché quest’ultima non era stata emessa all’unanimità, si dovette ricorrere a un giudizio di revisione che, il 17 febbraio 1852, confermò la pena capitale. L’unica possibilità di salvezza restava la grazia papale: Pio IX ebbe quarantatré giorni di tempo per esaminare il fascicolo processuale e, benché pare fosse incline a salvargli la vita, graziò, su influenza del cardinale Antonelli, altri due detenuti, ma non lui. Simoncelli rifiutò di evadere secondo il piano preparato dal fratello Raffaele e dalla fidanzata Carlotta Sassetti, anche perché nell’agosto del 1852 i familiari vennero rassicurati da un biglietto del vicario vescovile secondo cui la vita del carcerato era salva.
Improvvisamente trasferito, dopo tre anni di durissima detenzione, a Senigallia alla fine di settembre, Simoncelli venne fucilato, il 2 ottobre 1852, insieme ad altri ventitré individui, da un plotone di svizzeri, mentre la città veniva presidiata da centinaia di militi per timore di tumulti.
A partire dai giorni successivi nacque nella città rivierasca la tradizione del ‘martire laico’, cioè del coraggioso patriota che aveva speso la sua vita per difendere gli ideali di libertà e di democrazia. I senigalliesi dapprima deposero fiori ogni 2 ottobre di fronte alla chiesa di S. Martino, dove la salma era stata tumulata; poi il fratello Raffaele, con l’aiuto di alcuni giovani, intraprese l’iniziativa di raccogliere documenti per provare l’innocenza di Girolamo. Il clamoroso supplizio senigalliese fu ricordato, nel 1856, da Victor Hugo nel celebre appello agli italiani, pubblicato sul giornale mazziniano L’Italia del Popolo, mentre nel maggio del 1857, durante il passaggio senigalliese del suo viaggio apostolico, Pio IX rimase turbato nel vedere dal balcone di casa Simoncelli un lenzuolo con la scritta 610, cioè «sei uno zero». La prima commemorazione si tenne il 2 ottobre 1887 in una dimora privata, poiché quella pubblica era stata vietata per evitare disordini. Alla fine del secolo il testimone delle ricerche passò dal fratello ad Augusto Bonopera, avvocato e poi deputato repubblicano, mentre ormai diversi studiosi anche al di fuori delle Marche si erano appassionati alla vicenda. Il 13 maggio 1894, i festeggiamenti a Senigallia per il centenario di Pio IX – celebrati con due anni di ritardo per via dei disordini popolari – conobbero una battuta d’arresto all’atto dello scoprimento della lapide originaria, sostituita notte tempo dai democratici del posto con la seguente: «A Giovanni Maria Mastai che fu Pio IX carnefice di Monti e Tognetti e del suo concittadino Girolamo Simoncelli». Dell’evento parlarono le principali riviste italiane. La giunta democratica della città natale intitolò a Simoncelli, il 26 maggio 1896, la nuova centrale piazza originatasi dalla demolizione del ghetto. Nel 1912 Bonopera, che aveva avuto la possibilità di studiare il voluminoso incartamento presente nell’Archivio di Stato di Roma grazie all’autorizzazione del sottosegretario di Stato all’Interno Luigi Facta, pubblicò sulla vicenda un ampio e documentato volume e annunciò pubblicamente, il 22 settembre, la piena riabilitazione del patriota.
Dopo il ventennio fascista, nel corso del quale si evitò di affrontare la questione – anche se nel 1937 Esilio Michel firmò un profilo di Simoncelli nel Dizionario del Risorgimento nazionale, che confermava i risultati della storiografia laica e risorgimentale –, apparve il profondo vuoto che la vicenda aveva scavato nella comunità misena. Nel 1952 il sindaco di Senigallia, il comunista Alberto Zavatti, organizzò una grande commemorazione del patriota nel primo centenario dell’uccisione, con tanto di solenne inaugurazione del cippo marmoreo a Simoncelli e processione laica per le vie cittadine intitolate ai protagonisti del Risorgimento, cui parteciparono migliaia di persone, molte delle quali giunte appositamente da fuori regione. Di contro il direttore del foglio cattolico locale, don Alberto Polverari, affermò nell’editoriale con cui la testata tornava a essere stampata dopo trent’anni che, con l’inaugurazione di cippi «anticattolici» e «antistorici», «Attila e gli Unni» erano di nuovo alle porte con l’intento di «far crollare il mondo cristiano» e di corromperlo (La Nostra Voce, in La Voce Misena, 6 dicembre 1952, p. 1). Le contrapposizioni tra la sponda cattolica, arroccata sulle ricostruzioni partigiane di don Polverari, e quella laica, animata da nuove generazioni di studiosi, si sono riaccese nel 2000, con la conclusione del travagliato processo di beatificazione di papa Mastai, e nel 2016, a fronte della decisione dell’Amministrazione comunale di Senigallia di apporre un grande stemma di Pio IX nella restaurata piazza Garibaldi, nonostante una petizione contraria firmata da più di mille cittadini. Nel 2017, il bicentenario della nascita di Simoncelli è stato ricordato, a Senigallia, da un convegno nazionale di studi, da nuove pubblicazioni e, il 2 ottobre, da una rievocazione storica in costume, particolarmente seguita e apprezzata. Il Centro cooperativo mazziniano di Senigallia, fondato nel 1948 dal costituente Giuseppe Chiostergi, si è prefisso non solo di ricordare, ogni 2 ottobre, la figura di Simoncelli, ma di sviluppare una serie di iniziative sul versante storico-culturale allo scopo di proporre una lettura più attenta della sua figura storica.
Fonti e Bibl.: A. Bonopera, Sinigaglia nel 1848-49 e il processo di G. S., I-II, Jesi 1912; E. Michel, S., G., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano 1937, p. 293; P. Fleuriot de Langle, Alexandrine Lucien Bonaparte princesse de Canino, 1778-1855, Paris 1939, ad ind.; G. Monti Guarnieri, Annali di Senigallia, Ancona 1961, pp. 316, 329-344, 393; A. Polverari, Vita di Pio IX, II, Città del Vaticano 1987, pp. 76-78; R.P. Uguccioni, L’anno del proverbio. Il 1848 nello Stato pontificio e nella legazione apostolica di Urbino e Pesaro, Pesaro 1987, pp. 178-216; L. Pupilli, La figura di G. S. tra storia e storiografia, in Atti e memorie della Deputazione di Storia patria per le Marche, CV (2000), pp. 205-211; M. Severini, G. S. La storia e la memoria, Ancona 2008; Id., Senigallia divisa. Pio IX “versus” G. S., in Memoria, memorie. 150 anni di storia nelle Marche, a cura di M. Severini, Ancona 2012, pp. 15-37; G. S. e il suo tempo, a cura di M. Severini, Fermo 2017.