ORTI MANARA, Girolamo
ORTI MANARA, Girolamo (Giovanni Girolamo). – Nacque a Verona il 19 dicembre 1769 dal conte Agostino e dalla marchesa Isotta Maria Spolverini dal Verme.
Compiuti gli studi presso il collegio S. Carlo di Modena tra il 1784 e il 1791 (a quel periodo risale l’amicizia con i fratelli Pindemonte: Profeta, 2009, p. 222), dopo aver pubblicato nel 1797 un Saggio di poesie campestri con un inno alla notte (Verona) e una Versione del primo libro di Tibullo con altre brevi traduzioni (ibid.), diede alle stampe a Roma nel 1802 la prima raccolta organica di componimenti poetici (Poesie pastorali ed elegiache del c. Girolamo Orti accademico fiorentino, ed arcade, dove tra l’altro inserì sia l’egloga Ergasto e Tirsi nel cimitero di S. Giovanni in Lipsia, già uscita a Lipsia nel 1801, sia il Poemetto elegiaco in morte della marchesa Teresa Orti Muselli sotto il nome di Laurinda, composto in occasione della scomparsa della sorella ed edito a Verona nel 1800); a essa seguì a distanza di due anni (Parma, per i tipi bodoniani) un’ulteriore e più nutrita silloge di Poesie (suddivisa in due parti: nella prima confluirono le egloghe già pubblicate, nella seconda componimenti vari e anche d’occasione).
Alla produzione lirica affiancò parallelamente la stesura di tragedie: dapprima il Cangrande II (Lipsia 1800, poi Roma 1802 e Venezia 1805), quindi L’Elvira di Delfo (Verona 1806), nella quale perseguì dichiaratamente il pieno adeguamento ai principi pseudoaristotelici delle unità, prefissandosi dichiaratamente l’obiettivo di suscitare «compassione» e «terrore» nel pubblico (v. la premessa poi edita anche nella raccolta delle Tragedie, Padova 1834, II, pp. 3-6). Alle opere teatrali – che sottopose anche al giudizio di Melchiorre Cesarotti, il quale, pur riconoscendo alcuni pregi, ne diede un parere sostanzialmente non positivo (Cesarotti, 1811) – fece seguire un intervento critico intitolato Discorso sulla rappresentazione delle azioni sceniche e spettacolose (Padova 1809). Una parte sostanziosa della sua produzione è inoltre costituita da relazioni di viaggi compiuti in Italia e in Europa, a partire dall’Itinerario scientifico di varie parti d’Europa (I-II, Verona 1806; II ed. accr. e corretta, San Pietroburgo [ma Verona] 1807), all’interno del quale propose un dettagliato resoconto, con annotazioni e digressioni sia di carattere scientifico-naturalistico sia di contenuto artistico-letterario, dei suoi spostamenti in Germania, in Svizzera e in città e località italiane (nel tomo I si trovano l’Itinerario di Germania, intrapreso nel 1798, e l’Itinerario di Elvezia; nel tomo II l’Itinerario d’Italia, con pagine incentrate, tra l’altro, su Roma e Napoli, e in conclusione la Classificazione linneana di alcune singolari Piante…).
Proseguendo alacremente la produzione di versi, dopo la pubblicazione degli endecasillabi sciolti de L’eremita (Verona 1811), componimento di argomento sepolcrale, si dedicò soprattutto alla scrittura della più volte edita Russiade (I ed., Venezia 1814), poema in endecasillabi sciolti nel quale narrò, con evidente piglio antifrancese, la spedizione napoleonica in Russia (l’opera non ebbe una positiva accoglienza: v. le recensioni in Giornale di letteratura e belle arti, II [1816], pp. 49 s., nonché in Spettatore, IV [1815], pt. 2ª, pp. 38 s.). Nel frattempo, mettendo a frutto le sue doti di poliglotta, si prodigò anche in un Saggio di poesie russe con due odi tedesca e inglese volgarizzate (Verona 1816), contenente traduzioni da Nikoláj Michájlovič Karamzín, Gavríla Románovič Deržávin, Michaíl Matvéevič Cheráskov e Ippolít Fëdorovič Bodganóvič (autori russi attivi tra Settecento e primo Ottocento), ma anche la versione di una ode di Albert Haller e di un componimento di Thomas Gray (già dato alle stampe separatamente con il titolo La gatta di Gray. Versione dall’inglese, ibid. 1812).
Ripresi i viaggi e gli itinerari a scopi scientifici e culturali, dapprima pubblicò le Lettere di un recente viaggio in Francia, Inghilterra, Scozia, Olanda ed una parte della Germania (ibid. 1819), raccolta di 34 missive (non datate) nelle quali indugiò, tra l’altro, in digressioni di carattere letterario (nella X, ad es., si soffermò sul genere tragico e in particolare su Vittorio Alfieri; nella XIV sulle traduzioni omeriche di Cesarotti e di Vincenzo Monti; nella XX su Torquato Tasso, sulle caratteristiche della lingua letteraria e su alcuni autori della letteratura inglese). In secondo luogo fece uscire il Viaggio alle due Sicilie ossia Il giovine antiquario (ibid. 1825).
Nell’opera, suddivisa in ‘parti’ e ‘articoli’, fornì una particolareggiata descrizione del viaggio nel Regno delle Due Sicilie compiuto insieme con il figlio Giovanni Girolamo (nato nel 1803 dal matrimonio con la marchesa Rosa Canossa e morto nel 1858, precoce studioso di antiquaria nonché futuro animatore del Poligrafo dal 1830 e podestà di Verona dal 1838), punteggiandola sia delle consuete annotazioni relative al contesto paesaggistico-naturalistico e al patrimonio artistico-archeologico, sia di osservazioni sui costumi e le usanze proprie dei luoghi visitati.
Nel frattempo, aveva provveduto a dare alle stampe anche la raccolta delle sue Tragedie (Roma 1823), nella quale collocò – oltre alle già edite Cangrande II e Elvira d’Elfo – il dramma di argomento romano I Saturnali (in cinque atti con cori, sulle vicende di Caracalla e di Geta).
Da segnalare per giunta, tra gli anni 1820 e 1830, oltre alla stesura di un elogio funebre in latino per Ippolito Pindemonte (In funere Hippolyti Pindemontii, ibid. 1828: Cimmino, 1968), la costante opera di riedizione degli scritti in prosa e in versi: alla ulteriore uscita di un volume di Poesie (ed. accr., Verona 1822), succedettero nuovamente non solo le Tragedie (Padova 1834), ma anche Le poesie campestri e liriche (ibid. 1834) e la Raccolta accresciuta di viaggi (offerta agli sposi Marianna Saibante e Francesco Giusti: I-II, Verona 1834, in cui riunì l’Itinerario scientifico, le Lettere di un recente viaggio in Francia, Inghilterra, Scozia, Olanda ed una parte della Germania e il Viaggio alle due Sicilie).
All’incirca in questo stesso giro d’anni tentò anche la strada della narrativa a sfondo storico con Grassa e Ceresio. Fatto storico veronese del secolo XII (Verona 1831 e, nello stesso anno, Milano per la Soc. tipografica dei classici italiani; quindi in ed. riv. e corretta, Verona 1833), recensito con toni poco lusinghieri nell’Antologia (vol. 45, gennaio-febbraio-marzo 1832, pp. 119 s.) da Niccolò Tommaseo, che in quella occasione lo invitò a dedicarsi alle «memorie della bella sua patria» con «istile più semplice e con lingua più conforme al comune uso».
A chiudere la parabola letteraria fu la pubblicazione di una silloge di Prose, poesie e traduzioni (Milano 1840).
Insieme a una prima parte composta dalle Prose (Il passeggio lungo lido o sia Intertenimento letterario morale di Telamone con Malvina; Lettera a Telamone di Malvina; Viaggio al Lago di Orta coll’incidenza circa Clorinda ed Osvaldo) e dalle Poesie campestri e liriche (tra le quali in particolare le egloghe che, secondo la titolazione già assunta nell’edizione delle Poesie del 1822, figurano sotto il titolo di Novellette campestri), in questo volume raccolse una cospicua quantità di Traduzioni diverse risalenti a differenti periodi di stesura. Oltre alle già edite versioni dal russo, da Gray e da Haller, e in aggiunta a una selezione del volgarizzamento giovanile di Tibullo, si segnalano anzitutto, sul fronte dei classici greco-latini, una versione del Ratto di Elena in endecasillabi sciolti (già uscita l’anno precedente: Volgarizzamento del ratto di Elena di Coluto con altre varie traduzioni, Verona 1839), di testi di Teocrito, Mosco e Bione, di epigrammi di autori vari, di alcuni carmi di Catullo. A questi volgarizzamenti aggiunse inoltre traduzioni dall’olandese (con versioni di componimenti poetici di Elisabeth Maria Post e Jacobus Bellamy), dal francese (una prosa di Josephine Junot d’Abrantes), dallo spagnolo (per es. da José Caldalso e Lope de Vega: Profeta, 2009), e infine alcune trasposizioni in italiano della poesia dialettale siciliana di Giovanni Meli e di Francesco Mattia Gueli.
Morì a Verona il 19 agosto 1845.
Lasciò al Municipio di Verona la sua collezione naturalistica, raccolta prevalentemente durante i suoi viaggi (Bagatta, 1845, p. 420).
Oltre alle opere menzionate, si ricordano: Poesie, Pisa 1809; La novelletta, Verona 1811; Epistola di G. Orti a Laura Maffei 18 ottobre 1812, ibid. 1813; Epistola di G.v Orti a sua eccellenza il signor marchese Francesco Calcagnini, ibid. 1821; Stanze di G. Orti a Domenico Rosa Morando scritte nell’autunno 1820, ibid. 1821; Poesie dell’abate B. Lorenzi precedute da un parallelo scritto dal signor G. Orti nobile veronese, ibid. 1823; Lettera al cav. Ippolito Pindemonte e sua opinione sopra l’opera dell’abate Giuseppe Venturi, ibid. 1825; Versi di G. Orti sulla pittura dell’alcovo nuziale, ibid. 1825; Composizioni di G. Orti distribuite giusta le epoche degli argomenti, ibid. 1833. Girolamo Dandolo (1855) attribuisce a Orti anche una non precisata Versione dell’Argonautica di Valerio Flacco. Una ragguardevole quantità dei suoi scritti (compreso un ms. autografo di 74 cc. dal titolo Poesie latine e italiane: Biadego, 1892) è custodita presso la Biblioteca civica di Verona. Da rimarcare, infine, che non di rado, a causa dell’omonimia, in diverse sedi gli sono state attribuite pubblicazioni da assegnare invece al figlio.
Fonti e Bibl.: Presso l’Archivio di Stato di Verona è conservato l’archivio privato Orti Manara, dal quale si possono ricavare preziose notizie sull’autore e sulla sua famiglia. Necr.: G. Anselmi, Necrologia del nobile G. O.M., Verona 1845; F. Bagatta, in Foglio di Verona, 1° settembre 1845, pp. 417-420. M. Cesarotti, Epistolario, in Opere, XXXVIII, Firenze-Pisa 1811, vol. 4, pp. 9-13; F. Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, II, Venezia 1830, pp. 87 s.; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant’anni. Studi storici, Venezia 1855, p. 142; P. Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori italiani, II ed., I, Roma 1882-84, p. 571; G. Biadego, Catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca comunale di Verona, Verona 1892, p. 58; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori. Studio bio-bibliografico, Roma 1927, pp. 322 s.; N.F. Cimmino, Ippolito Pindemonte e il suo tempo, II, Roma 1968, p. 574; G. Marchini, Antiquari e collezioni archeologiche dell’Ottocento veronese, Verona 1972, pp. 65, 110 s.; G. Mazzoni, L’Ottocento, I, Milano 1973, pp. 157, 382 s., 398 s.; CLIO (Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento), Milano 1991, V, pp. 3343 s.; M.G. Profeta, Una traduzione «neoclassica»: i due sonetti di Lope, in Id., Commedie, riscritture, libretti: la Spagna e l’Europa, Firenze 2009, pp. 329-341.
Si ringraziano per la cortese e puntuale collaborazione: Agostino Contò e Giovanni Piccirilli, della Biblioteca civica di Verona, e Roberto Mazzei, dell’Archivio di Stato di Verona.