MUZZARELLI, Girolamo
– Nacque, quasi sicuramente a Bologna, da Gaspare, figlio di Ludovico. Ebbe tre fratelli, probabilmente maggiori: Domenico, Vincenzo e Giovanni Battista.
La famiglia Muzzarelli era suddivisa in due rami: l’originario, bolognese (estintosi nel XVII secolo) e il ferrarese.
Il suo nome da secolare – ammesso che fosse diverso da quello religioso – non è noto. Entrato tra i domenicani del convento di Bologna nel 1525, partecipò come teologo alla fase bolognese del Concilio di Trento, tra il 1547 e il 1549. Nel 1547, dopo la morte di fra’ Graziano da Lodi, venne eletto priore del convento, ma la sua elezione fu annullata perché l’incarico era incompatibile con quello di lettore. Il 29 dicembre 1548 il generale domenicano Francesco Romei da Castiglione lo nominò inquisitore di Bologna «cum omnibus gratiis et privilegiis et etiam authoritate tam de iure quam de approbata consuetudine huiusmodi inquisitoribus dari solitis» (Roma, Archivum Generale Ordinis Praedicatorum [AGOP] IV, 28, c. 58r). Muzzarelli svolse quell’incarico con dedizione ed efficacia, suscitando l’ammirazione del legato di Bologna cardinal Giovan Maria Ciocchi Del Monte e del segretario del concilio Angelo Massarelli; fu lui a coordinare l’azione che nel 1549 portò ad arresti, processi e condanne contro numerosi membri delle conventicole eterodosse della città, tra cui l’allor giovane Ulisse Aldrovandi. La stretta dipendenza del tribunale locale dalla centrale romana non era ancora una realtà consolidata, se il 3 settembre 1549 un decreto dei cardinali del S. Uffizio ricordò a Muzzarelli che, se le indagini che stava conducendo si fossero concretizzate in un processo, avrebbe dovuto dichiarare «se ex ordine reverendissimorum procedere et inquirere» (Arch. della Congregazione per la dottrina della fede [ACDF] S. O., Decreta, vol. 1, c. 18r).
Nel 1550 fu eletto di nuovo priore del convento di Bologna, ma riuscì a ricoprire l’ufficio per soli due mesi perché il neoeletto pontefice Giulio III (quello stesso cardinal Del Monte che l’aveva apprezzato come inquisitore) lo volle a Roma come maestro del Sacro Palazzo. Muzzarelli provvide così a completare la stesura del catalogo di opere proibite già iniziato dal suo predecessore Egidio Foscarari. Tra il 1551 e il 1552 cercò di coordinare la vasta operazione antiereticale nata dalle delazioni dell’ex anabattista Pietro Manelfi, recandosi a Venezia, Ferrara, Bologna e Firenze.
Ma soprattutto il domenicano bolognese svolse di fatto il ruolo di informatore e di uomo di fiducia del pontefice nei confronti dell’Inquisizione romana. Già nell’estate del 1550, assieme al confratello Teofilo Scullica da Tropea, commissario generale del S. Uffizio, condusse parte del processo romano contro il giurista bolognese Annibale Monterenzi, riguardo al quale si era acceso un duro scontro tra il papa e l’Inquisizione romana. La situazione si fece ancor più critica quando, sotto la guida dell’intransigente Giampietro Carafa, il tribunale romano cominciò a raccogliere testimonianze su personaggi di alto rango già legati ai circoli valdesiani, come i cardinali Giovanni Morone e Reginald Pole e il vescovo Vittore Soranzo. Dato che le indagini venivano svolte all’insaputa dello stesso papa, come ricordò più tardi Muzzarelli, Giulio III gli impose di informarlo tutte le volte che nel corso di processi inquisitoriali fossero nominati vescovi o cardinali. Al domenicano bolognese, inoltre, vennero affidate delicatissime operazioni attraverso le quali quali il pontefice cercò di disinnescare le gravi accuse che emergevano dalle indagini contro quei personaggi, come quando, per esempio, Muzzarelli sostituì gli inquisitori nel corso del processo contro Soranzo (1550), o quando di fatto, sempre eseguendo la volontà del papa, indusse alla ritrattazione il domenicano Bernardo de’ Bartoli (1552), che nei suoi costituti aveva accusato Morone di aver creduto ed essersi comportato da ‘luterano’ durante il suo episcopato modenese. Muzzarelli intervenne anche come mediatore tra Carafa e Pole negli incontri che i due ebbero durante l’estate del 1553, riguardanti le accuse di eresia rivolte contro il cardinale inglese. Ciò non gli impedì di pronunciarsi a favore della condanna a morte di fra’ Giovanni Buzio da Montalcino, in due votazioni svoltesi a Roma il 23 marzo e l’8 agosto 1553.
Nel dicembre di quell’anno Muzzarelli venne premiato dal pontefice con l’arcivescovato di Conza, nel Regno di Napoli e, subito dopo, con la nunziatura presso Carlo V. Durante il viaggio verso Bruxelles, si fece ancora una volta strumento della volontà di recupero indolore degli eretici di papa Giulio III, riconciliando extragiudizialmente il giurista Mariano Sozzini a Bologna e compiendo altre indagini inquisitoriali delle quali informò il cardinal Marcello Cervini. La nunziatura presso l’imperatore era un incarico prestigioso, ma anche difficile: Muzzarelli si trovò ad affrontare gli eventi che stavano per portare alla pace religiosa di Augusta e a quel compromesso tra cattolici e protestanti che egli stesso – moderato in patria, finché si trattava di valdesiani e ‘spirituali’ – guardava con molta preoccupazione. «I Melantoni, i Buceri mandano loro predicatori in Augusta per augumentare l’empietà loro, et noi altri dormiamo», scrisse da Dillingen il 24 febbraio 1554 al cardinal nipote Cristoforo Del Monte (Nuntiaturberichte aus Deutschland, I/14, 1971, p. 17). Ma anche in mezzo a queste difficoltà, scrivendo ai suoi corrispondenti romani e in particolar modo al cardinal nipote, Muzzarelli continuò a occuparsi delle vicende inquisitoriali degli ecclesiastici italiani, come Pietro Antonio Di Capua, e della missione del suo amico Reginald Pole in Inghilterra.
Dopo la morte di Giulio III e il brevissimo pontificato di Marcello Cervini, al soglio pontificio salì, con il nome di Paolo IV, l’inflessibile Giampietro Carafa (1555-59). La posizione di Muzzarelli si fece insostenibile: oltre all’orientamento politico anti-imperiale del nuovo pontefice, a renderlo inviso al papa era soprattutto il ruolo di contenimento dell’azione del S. Uffizio da lui svolto fino a poco prima. Il 31 luglio 1556 Muzzarelli implorò il cardinale Scipione Rebiba – che l’avrebbe sostituito di lì a poco – di ottenere dal papa «la liberattione da questo nunciato», da lui definito un «inferno» (Nuntiaturberichte aus Deutschland, I/14, 1971, pp. XXV e 369). Il 14 agosto, infatti, venne richiamato ufficialmente: il suo rientro a Roma fu accompagnato dalle accuse e dagli insulti di tutti i Carafa e dei loro alleati, che apostrofavano Muzzarelli con epiteti come «tristo palese» e «frate porco» (cit. in Firpo, 2005, p. 312). Nell’ottobre dell’anno seguente venne nominato consultore del S. Uffizio romano; nel 1560 si trovava a Bologna, dove esercitava l’umile incarico di maestro degli studenti nel suo convento di origine. Quando però, dopo la morte di Paolo IV, i suoi nipoti Giovanni Carafa e il cardinale Carlo vennero processati per omicidi e altri reati, Muzzarelli contribuì con un memoriale, inviato nel giugno 1560, in cui accusò il cardinal nipote nientemeno che di eresia e in particolare di non aver creduto nella presenza reale del corpo di Cristo nell’ostia consacrata. Su tale questione, anzi, sarebbe stato anche istruito un processo, poi perduto. Indipendentemente dalla verosimiglianza o meno di quell’accusa, appare evidente, da parte di Muzzarelli, la volontà di colpire un membro della famiglia dell’ex pontefice con le stesse armi che Paolo IV aveva usato contro tanti suoi amici vescovi e cardinali.
Morì a Salerno nel 1561 , ospite di Girolamo Seripando.
Il repertorio domenicano di Jacques Quetif e Jacques Echard, sulla scorta della Bibliotheca Chronologica di Andrea Rovetta (p. 124), gli attribuisce due opere, un Tractatus adversus errores Lutheri e un Opusculum de auctoritate papae, di cui però non si ha altra notizia.
Fonti e Bibl.: Ferrara, Arch. storico comunale, Arch. M., b. 47: Arbore della casa M.; Bologna, Arch. del convento di S. Domenico, Cronica del P. fra’ Ludovico da Prelormo, pp. 181, 192, 242 s., 254, 313; Roma, Archivum Generale Ordinis Praedicatorum [AGOP], IV, 28 (Registrum litterarum et actorum fratris Francisci Romei de Castiglione), c. 58r; Arch. della Congregazione per la dottrina della fede [ACDF], S.O., Decreta, vol. I, c. 33v (processo contro Annibale Monterenzi); ibid., cc. 101v e 114r (parere su fra’ Giovanni da Montalcino); A. Rovetta, Bibliotheca chronologica illustrium virorum provinciae Lombardiae Sacri Ordinis Praedicatorum, Bononiae 1691, p. 124; J. Quétif - J.Echard, Scriptores Ordinis Praedicato-rum, II, Paris 1721, p. 179; G. M., in Notizie degli scrittori bolognesi raccolte da G. Fantuzzi, VI, Bologna 1788, p. 136; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Roma 1916, p. 53; R. Ancel, Le procès et la disgrace des Carafa, in Revue Benedictine, XXVI (1909), pp. 65 s.; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI. Jahrhunderts, Paderborn 1910, ad ind.; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, VI, Roma 1963, ad ind.; Nuntiaturberichte aus Deutschland: nebst ergänzenden Aktenstücken, a cura di H. Lutz, I/14, Tübingen 1971; I/15, ibid. 1981, ad ind.; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, edizione critica a cura di M. Firpo, I-VI, Roma 1981-1995, ad ind.; A. D’Amato, I domenicani a Bologna, I, Bologna 1988, p. 614; D. Chiomenti Vassalli, Paolo IV e il processo Carafa. Un caso d’ingiusta giustizia nel Cinquecento, Milano 1993, pp. 175, 177 (erroneamente indicato come Carlo Muzzarelli); G. Dall’Olio, Eretici e inquisitori nella Bologna del Cinquecento. Bologna 1999, ad ind.; M. Firpo, Inquisizione romana e Controriforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone e il suo processo di eresia, Brescia 2005, ad ind.; Id., Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari 2006, ad ind.; V. Frajese, Nascita dell’Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Brescia 2006, ad ind.