MUZIO, Girolamo
MUZIO, Girolamo. – Figlio di Cristoforo Nuzio (di cui Muzio è una versione ‘romanizzata’) e di Lucia, nacque a Padova il 12 marzo 1496 da una famiglia originaria di Capodistria, città alla quale tornò nel 1504.
Nel 1513 era in Dalmazia dove conobbe il poeta Antonio Mezzabarba che lo mise a parte delle riflessioni sulla lingua di Giovanni Aurelio Augurelli e Pietro Bembo: già allora infatti si dilettava di poesia. L’anno successivo rientrò a Capodistria in seguito alla morte del padre. Si pose quindi al servizio del cardinal Domenico Grimani nel 1515, passando poi, nel 1517, a quello del vescovo di Trieste Pietro Bonomo, capo del Consiglio dell’imperatore, che seguì a Vienna: del viaggio resta una lettera ad Aurelio Vergerio nella quale descrive i costumi dei tedeschi. Sempre alla corte imperiale dovette comporre un Isagogicon ad Libellum, sorta di introduzione a un libretto in lode di Biagio Elcelio stampato ad Augusta nel 1518. Dopo una breve parentesi a Trieste fece ritorno a Vienna, dalla quale si allontanò in seguito alla morte di Massimiliano I d’Asburgo (1519), fermandosi a Capodistria dove conobbe Antonio Amulio. A questo periodo dovrebbe risalire anche la conoscenza con Pier Paolo Vergerio e Ottonello Vida. Si spostò quindi a Venezia dove assistette, assieme a Vincenzo Fedele, segretario della Repubblica, alle lezioni di Raffaele Regio, scomparso nel 1520; sembra che Muzio si adoperasse per la sua successione proponendo Giovan Battista Egnazio, il quale lo volle in casa sua. Nel frattempo a Venezia frequentò le lezioni di Vittore Fausto. Risale a questo stesso periodo l’amore per una fanciulla di nome Altadonna, morta nel 1524 e cantata in un canzonieretto che andò perduto. Tornato nuovamente a Capodistria, Muzio si mise al servizio di Giovanni Bartolomeo Tizzoni, signore di Desana, che gli promise un impiego presso Mercurino da Gattinara, suo parente. Il soggiorno a Desana fu però travagliato dalla discesa dei francesi, che impose a lui e al suo signore spostamenti conclusi solo dalla sconfitta francese di Pavia, in seguito alla quale poterono rientrare a Desana. Per Tizzoni svolse diverse mansioni, incontrando tra l’altro Odetto di Foix, visconte di Lautrec, seguendo l’esercito francese fino a Parma. Questo periodo burrascoso si concluse nel 1528, allorché si mise al seguito del conte Claudio Rangone, mecenate e protettore tra gli altri di Torquato Tasso, Pietro Aretino, Matteo Bandello e, dal 1530, di Giulio Camillo. Il conte si recò nel 1530 in Francia, presso la corte di Francesco I, seguito da Camillo e Muzio, il quale ebbe occasione di conoscere Guillaume Budé e Luigi Alamanni: la sua produzione letteraria rimase però ancora occasionale.
Tornato in Italia nel 1531, Muzio dimorò per un certo periodo presso Galeotto Pico della Mirandola, conoscendo Luigi Gonzaga (Rodomonte), al cui servizio si sarebbe posto se questi non fosse morto di lì a poco. In seguito alle controversie tra Galeotto e Giovan Francesco Pico fu inviato dal primo a Milano e Roma e quindi a Bologna, affinché, grazie alla sua riconosciuta abilità diplomatica, potesse far valere le sue ragioni. Seguì un periodo di concitati spostamenti per la questione del possesso di Mirandola. Nel 1535 decise di abbandonare Galeotto e di risiedere a Ferrara, dove godette della protezione di Ercole II. Risale a questi anni l’amore per Tullia di Aragona, cantata in molte delle Rime, stampate alcuni anni dopo (Rime diverse, Venezia, Giolito, 1551; l’anno prima erano uscite invece, sempre per Giolito le Egloghe […] divise in cinque libri). Inviato a Milano per affari di corte, dovette separarsi da Tullia, alla quale consigliò il matrimonio.
A Tullia d’Aragona indirizzò anche un Trattato sul matrimonio in forma epistolare, stampato assieme a un trattato simile indirizzato a Ippolita Gonzaga nelle Operette morali […] (Venezia, Giolito, 1550) e, in seguito, negli Avvertimenti morali […] (Venezia, Valvassori, 1572), dove apparve anche un’altra operetta sul medesimo tema: la Institutione di sposa eccellente, già stampata autonomamente in una precedente edizione (Pesaro, Girolamo Concordia, 1561).
A Ferrara conobbe anche Bartolomeo Cavalcanti e Gabriele Cesano: a essi indirizzò una lettera nella quale sostenne la preminenza della prosa di Boccaccio su quella di Machiavelli. La fama crescente di esperto di questioni di duello e onore convinse Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto, a chiamarlo al suo fianco: si trasferì dunque a Milano nel 1540, dove incontrò una donna, Chiara, dalla quale ebbe due figli. Dopo soli due anni cambiò ancora una volta città di residenza: fu mandato infatti a Nizza, dove strinse familiarità con Emanuele Filiberto. Nel 1545 scrisse la Polvere, un breve trattato morale indirizzato a Maria d’Aragona, moglie del marchese del Vasto (La Polvere del Mutio, Milano, Antonio Borgio, 1545) di cui esiste anche un’edizione in ottavo che potrebbe essere l’editioprinceps. Nello stesso anno si recò quindi a Worms, dove ebbe modo di entrare in contatto diretto con le dottrine protestanti.
Ne ricavò un’impressione piuttosto negativa, come ebbe a scrivere in una lettera diretta a Francesco Calvo: «Qui voglio dirvi io liberamente il vero: avanti che io venissi in queste parti et che io vedessi, udissi et sentissi quello che ci ho visto, udito et sentito, il Luteranesimo alcuna volta mi soleva parere alcuna cosa; hora ho io il tutto per ciance et per favole ché, se ben della vita et de’ costumi de’ nostri prelati hanno alcuna volta ragion di favellare, quanto alle cose di sustanza io ho la dottrina loro per nulla» (Lettere, 2000, p. 193).
In quell’occasione redasse anche il Discorso se convenga ragunar concilio, stampato poi assieme alle Vergeriane (Venezia, Giolito, 1550).
L’anno successivo, alla morte di Alfonso d’Avalos, passò al servizio di Ferrante Gonzaga, dal quale venne impiegato nei fatti della guerra di Siena: fu un periodo convulso di spostamenti e viaggi, nel corso dei quali ebbe occasione di reincontrare a Firenze Tullia d’Aragona e di conoscere, nella stessa occasione, Benedetto Varchi. Nel 1548 pubblicò anche il Discorso intorno alle controversie che hora si trattano nella Chiesa di Dio (Milano, Antonio Borgio, 1548). Nel 1549 fu a Bruxelles e quindi a Roma con l’incarico di preparare, assieme al cardinale Ercole Gonzaga, l’elezione al pontificato del cardinale Salviati: un tentativo, come noto, infruttuoso. A partire dal 1550 la sua produzione letteraria si fece sistematica e trovò coerente esito nella stampa: vennero pubblicati in quell’anno, presso Gabriele Giolito, Il duello […]; Le risposte cavalleresche; Le Vergeriane […]. Con quest’ultima opera si consumò il distacco dall’amico d’infanzia, dando esito a disaccordi cominciati almeno dal 1546; ma certamente l’avere Paolo III dichiarato apostata Vergerio dovette influire sulla decisione di Muzio di mettere a stampa il suo lavoro. Nel 1551 uscirono, ancora dai torchi giolitini, le Lettere, seguite da Le mentite ochiniane, contro un altro apostata, Bernardino Ochino. Anche dal punto di vista personale furono anni intensi, segnati da un nuovo impiego presso Guidubaldo II Della Rovere e dal matrimonio. Nel 1555 scrisse un’operetta antierasmiana, i Tre testimoni fedeli […] Basilio Cipriano Ireneo (Pesaro, Bartolomeo Cesano). Nel 1556 Francesco Bolognetti gli mandò il suo poema Costante per averne indicazioni; nello stesso anno Muzio aveva concepito un poema sul recupero di Gerusalemme, dal quale desistette perché informato che il giovane Tasso aveva messo mano allo stesso argomento.
Nel frattempo l’attività di polemista religioso si accentuò, e così il rapporto con l’Inquisizione: venne incaricato di reperire e bruciare le copie del Talmud nel ducato di Urbino e, successivamente, si adoperò per la messa all’Indice di Pietro Aretino: la sua denuncia all’Inquisizione dell’Humanità nel 1558 o, più probabilmente, nel 1557 (dal momento che il testo compare già nell’Indice di quell’anno) fu seguita dalla condanna di tutte le opere del poeta. La collaborazione col S.Ufficio datava però almeno dal 1549 e si può seguire attraverso le Lettere catholiche fitte di segnalazioni di libri e autori sospetti, tra i quali Machiavelli. Agli stessi anni risale anche la stesura di una biografia di Federico da Montefeltro, pubblicata solo nel 1605: Historia […] de’ fatti di Federico da Montefeltro (Venezia, Ciotti). Guidubaldo II lo nominò precettore di Francesco Maria Della Rovere, per cui Muzio scrisse il Principe giovinetto.
Risale a questo medesimo periodo la stesura di alcune operette di controversistica relative alle polemiche nate a margine dei lavori del Concilio di Trento: Il Bullingero riprovato (Venezia, Valvassori, 1561); L’Heretico infuriato (Roma, Valerio Dorico, 1562); L’antidoto christiano (Venezia, Valvassori, 1562); De romana ecclesia tractatus (Pesaro, Girolamo Concordia, 1563); Difesa della messa. De’ santi. Del papato. Contra bestemmie di Pietro Vireto (Pesaro, eredi di Bartolomeo Cesano, 1568). Ugualmente, proseguì la sua polemica a distanza con Francesco Betti che aveva conosciuto una prima tappa nella Risposta […] ad una lettera di M. Francesco Betti (Pesaro, 1557) e quindi nella Risposta […] a Protheo (Pesaro, Cesano, 1559) e culminò ne Le malitie bettine […] distinte in quattro parti (Pesaro, eredi di Bartolomeo Cesano, 1565). In questa produzione si segnala anche una vita della Madonna (La beata Vergine incoronata […] insieme con la historia di dodici altre beate Vergini, Pesaro, Girolamo Concordia, 1567) e un poema incompiuto, L’Egida (di cui esiste un’edizione moderna, Trieste 1913).
La poesia era ormai attività marginale: ma la protezione accordatagli dal pontefice Pio V venne celebrata con una canzone Al santissimo signor nostro papa Pio quinto (inc.: Benedetto il signor Dio d’Israelle, Episcopus Pisaurensis [1566]) e, successivamente, da alcune rime in occasione della vittoria di Lepanto: Rime […] per la gloriosa vittoria contro i Turchi (s.l. né d. [ma Venezia 1571]).
Sono opere che rientrano in una produzione d’occasione alla quale è possibile ascrivere anche il Pianto del Mutio iustinopolitano per la morte dell’eccellentissimo signor duca di Ghisa (in Pesaro, eredi di Bartolomeo Cesano, 1563) e, probabilmente, un Capitolo della Accademia de Altin, ditta la Sgionfa, corretto per il Zenzega dottor e legislator poveietto sora la vittoria christiana (probabilmente Venezia, Domenico Farri, dopo il 1571. Questi anni furono segnati anche dalla polemica con gli autori delle Centurie di Magdeburgo, ai quali oppose un trattato Della historia sacra (Venezia, Valvassori, 1570). A questi ultimi anni risalgono opere impegnative come le Lettere catholiche […] (Venezia, Valvassori, 1571) o il Il choro pontificale (Venezia, Valvassori, 1570), una raccolta di vite di santi vescovi.
La morte di Pio V – che l’aveva chiamato a Roma per riformare l’ordine militare di S. Lazzaro al fine di ridurne parzialmente i privilegi – fu un duro colpo, poiché il successore, Gregorio XIII, sospese la provvigione assegnatagli. Cercò allora altri protettori, che trovò in Ludovico Capponi. Intanto, nel 1573, Varchi aveva dato alle stampe l’Ercolano, nel quale riprendeva alcune tesi di Muzio, il quale a sua volta rispose stendendo la Varchina, che confluì, con gli altri scritti linguistici, nelle postume Battaglie […] con alcune lettere (Venezia, Pietro Dusinelli, 1582).
Controversie di questo genere non furono insolite nella vita del Muzio: ne ebbe con Sebastiano Fausto che l’aveva accusato di plagio nei suoi scritti sul duello e gli era stato preferito alla corte sabauda (La Faustina […] delle arme cavalleresche, Venezia, Valgrisi, 1560); con Ferrante Averoldo sullo stesso tema (Risposta […] al signor Ferrando Averoldo […], Pesaro 1564); con Giovanni Battista Susio (Lettera […] in confutatione di quello che ha scritto il sig. dott. Susio, contra il sig. Nicolo Chierigato, Urbino 21 giugno 1563; Il M. al s. dottor Susio, Mantova 24 settembre 1563; Replica […] al Sig. Dott. Susio, Ferrara 19 ottobre del 1563, stampata il 25 del medesimo mese).
Il peso di queste controversie, i dissapori con il cardinale Ferdinando de’ Medici, testimoniati da una lettera da questi inviatagli il 28 dicembre 1575, e una malattia che da tempo lo travagliava condussero Muzio alla morte, avvenuta nel 1576 (probabilmente all’inizio dell’anno) nella villa della Panaretta, tra Firenze e Siena, di proprietà di Ludovico Capponi.
Opere:Risposta […] della imputatione dataglia dal capitan Roderigo di Alaba […], Pesaro 1557; Catholica disciplina di prencipi, Roma, Antonio Blado, 1561 (e Venezia, al segno del Pozzo, 1561); Il Cavaliero, Roma, eredi di Antonio Blado, 1569; Il Gentilhuomo, Venezia, Gio. Andrea Valvassori, 1571; Selva odorifera […], Venezia, Gio. Andrea Valvassori, 1572; Lettere, Firenze, Stamperia di Bartolomeo Sermartelli, 1590. Per gli scritti di Muzio contenuti in raccolte antiche si rimanda alla bibliografia contenuta nelle Lettere (Venezia, Giolito, 1551), edizione e commento a cura di A.M. Negri, Alessandria 2000. Edizioni moderne: Lettera di G. M. ad Aurelio dei Verzieri, [Venezia] 1831; Lettere inedite di G. M. iustinopolitano pubblicate nel IV centenario della sua nascita, a cura di A. Zenatti, Capodistria 1846; Lettere di G. M. conservate nell’Archivio governativo di Parma, a cura di Amadio Ronchini, Parma 1864; A. Zenatti, Un amore del M. e un carnevale a Valperga (una lettera inedita di G. M. alla signora Margherita Tizia, contessa di Desana), in Il Fanfulla della domenica, II (1880), 5, pp. 3 s.; Id., Un’epistola in versi di G. M., in Archeografo triestino, VII (1881), I, pp. 1-17; A. Neri, Una lettera inedita di G. M. (a m. Domenico Tenieri), in Giornale storico della letteratura italiana, IV (1884), pp. 229-240; L. Manicardi, Rime inedite di M. iustinopolitano, in Atti e mem. della Società istriana di archeografia e storia patria, XLIII (1926), 2, pp. 129-144; Id., Un sonetto inedito del M. iustinopolitano nelle «Rime» di Lodovico Agostini, in Giornale storico della letteratura italiana, LXXXVII (1926), pp. 204-209; P. Paschini, Episodi della Contro-Riforma in lettere inedite di G. M., in Atti e mem. della Società istriana di archeografia e storia patria, XLIV (1927), 2, pp. 349-377; Dell’arte poetica, in Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento, a cura di B. Weinberg, Bari 1970, II, pp. 165-209; Lettere (rist. anast. dell’ed. Sermartelli, 1590), a cura di L. Borsetto, Ferrara-Sala Bolognese 1985; F. Bausi, Un’egloga inedita (e sconosciuta) di G. M., in Studi di filologia italiana, XLVII (1989), pp. 211-254; L. Borsetto, Lettere inedite di G. M. tratte dal codice Riccardiano 2115, inLa Rassegna della letteratura italiana, XCIV (1990), pp. 99-178; Battaglie per difesa dell’italica lingua, a cura di R. Sodano, Torino 1994; Battaglie per difesa dell’italica lingua, a cura di C. Scavuzzo, Messina 1995; Rime per Tullia d’Aragona, commento di A.M. Negri, Pavia 1996; Lettere (Venezia, Giolito, 1551), edizione e commento a cura di A.M. Negri, Alessandria 2000; Rime, a cura di A.M. Negri e M. Malinverni, Torino 2008.
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