MENGHI, Girolamo
– Nacque nel 1529 a Viadana, nel Mantovano, (è per questo talvolta menzionato come «il Viadana»), ed entrò nell’Ordine dei frati minori osservanti nel 1549.
Ben poco si conosce della sua vita nell’Ordine, che dovette svolgersi in gran parte nel convento dell’Annunziata di Bologna. Già l’8 nov. 1556 lo si trova menzionato in un atto di procura tra i sacerdoti di quel convento. Di lì a due anni, stando a una testimonianza dello stesso M. contenuta nella Fuga daemonum (cfr. Franceschini) iniziò l’attività di esorcista, destinata a diventare la sua principale occupazione. Il 27 marzo 1559 (lunedì di Pasqua), a Bologna – come ricordò poi nella Parte seconda del compendio dell’arte essorcistica (p. 336) –, esorcizzò una giovane di nome Mattia. In presenza di alcuni frati minori osservanti francesi che si recavano al capitolo generale dell’Aquila, la donna (nell’interpretazione dei religiosi, il diavolo che la possedeva) si diede dapprima a negare l’esistenza di Dio e a ribaltare tutti i dogmi del cristianesimo; poi, poco prima della sua liberazione, ritirò tutto.
Si tratta di un esempio precoce di esorcismo usato come propaganda religiosa e non è impossibile che abbia ispirato il ben più celebre «miracolo di Laon» (1566), il primo di una lunga serie di clamorosi episodi di possessione verificatisi in Francia e sfruttati in funzione antiprotestante.
Dopo un altro periodo di totale assenza di documentazione, risulta un’attestazione della presenza del M. nel convento bolognese il 4 genn. 1570. Pubblicò quindi l’Aureus tractatus exorcismique pulcherrimi et efficaces in malignos spiritus effugandos de obsessis corporibus…(Bologna, G. Rossi, 1573), edizione di un trattato di esorcistica del domenicano Silvestro Mazzolini risalente al 1502. Il senso di quest’operazione editoriale era con ogni probabilità quello di dare all’«arte esorcistica», attraverso un teologo celebre e rispettato qual era Mazzolini, una credibilità che spesso le veniva negata a causa dei frequenti episodi fraudolenti o scandalosi di cui si rendevano protagonisti coloro che la praticavano. D’altra parte, lo stesso M. aveva evidentemente acquistato una fama di esperto esorcista che andava al di là della città in cui risiedeva: nel 1574, infatti, a Reggio Emilia liberò una ventenne. L’anno seguente, sempre a Reggio, fu interpellato dal medico Girolamo Arlotto sul caso di una donna colpita da maleficio.
Nel 1576 pubblicò la sua opera più famosa, il Compendio dell’arte essorcistica et possibilità delle mirabili et stupende operationi delli demoni et de’ malefici (Bologna, G. Rossi, 17 edizioni dal 1576 al 1617 edt. anast. dell’edizione del 1576 a cura di O. Franceschini, Genova 1987).
La natura apologetica del trattato – dedicato al cardinale Giulio Feltrio Della Rovere, protettore dei minori osservanti – è esplicitata fin dal Proemio, in cui il M. dichiara di voler combattere lo scetticismo che riscontrava non solo tra i dotti, ma anche «nella mente del vulgo» (Proemio, cc. n.n.); anche di qui la necessità di scrivere in volgare. Nel Compendio si intrecciano strettamente teoria demonologica, arte esorcistica e caccia alle streghe; il M. fece largo uso di opere precedenti e in particolare del Malleus maleficarum del domenicano Heinrich Krämer (Institoris). La parte relativa all’esorcistica vera e propria, tranne alcuni accenni isolati, occupa soltanto il terzo libro; anch’essa peraltro è in parte debitrice del Malleus e si limita ai presupposti teorici dell’esorcistica, con scarse indicazioni pratiche. I pochi brani originali sono quelli in cui il M. fa ricorso alla propria esperienza personale e alla testimonianza di altri esorcisti da lui conosciuti e stimati, tra cui un sacerdote bolognese di nome Antonio Muccini, morto nel 1575.
La seconda opera del M., di pochissimo successiva al Compendium (la lettera dedicatoria al vescovo di Bologna cardinale Gabriele Paleotti è datata dicembre 1576), fu il Flagellum daemonum, seu exorcismi terribiles, potentissimi, efficaces…(Bologna, G. Rossi, 1577; 14 edizioni dal 1577 al 1626; esiste anche una traduzione italiana moderna, che comprende inoltre parte del Compendio e del Fustis: Il flagello dei demoni, trad. di L. Dal Lago, Vicenza 1997).
La data e anche la struttura speculare a quella del Compendio – l’uso del latino, una breve parte teorica seguita da una lunga serie di testi esorcistici e di ricette curative – hanno fatto pensare a un progetto editoriale unico per le due opere: il Compendio dedicato a un pubblico ampio, per contrastare l’opposizione alle credenze e alle pratiche degli esorcisti, e il Flagellum per dotare questi ultimi di uno strumento moderno e non imputabile di «superstizione». Anche il Flagellum ebbe un notevole successo, tanto che non pochi esorcisti accusati di pratiche illecite di fronte ai tribunali ecclesiastici da allora si difesero trincerandosi dietro l’autorità del M. e del suo trattato.
Il M. pubblicò quindi il Fustis daemonum, adiurationes formidabiles, potentissimas et efficaces in malignos spiritus fugandos de oppressis corporibus humanis…complectens (Bologna, G. Rossi, 1584; 7 edizioni dal 1584 al 1708); la Eversio daemonum e corporibus oppressis…(Bologna, G. Rossi, 1588); la Fuga daemonum, adiurationes potentissimas et exorcismos formidabiles, atque efficaces, in malignos spiritus expellendos…continens (ibid., 1596) e infine la Parte seconda del Compendio dell’arte essorcistica (Venezia, G. Varisco, 1601), ricca di spunti autobiografici tratti dall’ormai lunga esperienza del M. come esorcista. Di diverso tenore sono invece la volgarizzazione Della Somma angelica del r.p.f. Angiolo da Chivasso…nuovamente di latino in lingua italiana tradotta (Venezia, D. Nicolini, 1591; ibid., Libreria della Speranza, 1594) che, oltre alla traduzione vera e propria contiene una notevole serie di aggiunte del M., e il Giardino delitioso de i frati minori…(Bologna, G. Rossi, 1592 e 1594), una volgarizzazione dei principali documenti dell’Ordine francescano, anch’essa fittamente postillata dal Menghi.
Della sua attività è noto ben poco oltre a ciò che riferisce egli stesso nei trattati. Nel 1582 fu impegnato nella cura di un sacerdote bolognese e nell’inutile tentativo di guarire il figlio di un senatore, entrambi considerati vittime di un maleficio; due anni dopo dichiarò di fronte all’inquisitore di Bologna, fra’ Eliseo Capys, che la dodicenne Angela Tossignani, rea confessa di pratiche magiche nel monastero di S. Lorenzo, era in realtà posseduta dal demonio e che pertanto non poteva essere giudicata colpevole. La residenza principale del M. era sempre il convento dell’Annunziata a Bologna, ma dovevano essere piuttosto frequenti i viaggi verso città e villaggi dell’Italia padana dove la sua esperienza di esorcista era molto richiesta.
Ma la sua attività incontrava anche opposizioni, come quando nel 1585, in una non ben precisata città dell’Italia settentrionale, fu smentito da una commissione di medici, teologi, legisti e canonisti, i quali dichiararono che la donna che stava esorcizzando non era affatto posseduta. O come quando, in un momento indeterminato prima del 1596, i parenti di una monaca di famiglia nobile, i cui esorcismi gli erano stati affidati dai superiori del suo Ordine, si opposero al trattamento e decisero che la religiosa soffriva di una malattia di origine naturale.
La diffidenza verso l’arte esorcistica proveniva anche da una parte delle gerarchie ecclesiastiche: come riferisce lo stesso M. nella Fuga daemonum, un vescovo (forse Gabriele Paleotti) lo aveva interpellato in materia di esorcismi, preoccupato del fatto che nella sua diocesi essi si riducessero a «mercatantia seu, ut vulgariter dicitur, “botteghe”» (Franceschini, p. X). Probabilmente anche per questo il M. continuò a pubblicare trattati in cui, oltre a fornire indicazioni teoriche e pratiche sugli esorcismi, raccontava esperienze vissute e cercava di difendere la sua arte dagli attacchi che andava subendo.
Nel frattempo, il M. iniziò a far carriera all’interno del suo Ordine: nel 1587 fu tra i quattro definitori del capitolo provinciale di Bologna; il 28 ott. 1598 papa Clemente VIII lo nominò provinciale, deponendo dalla carica Teodoro da Bologna, eletto regolarmente nel capitolo di Faenza del 1597. La stessa cosa accadde il 1° nov. 1600: il M. fu nuovamente nominato provinciale dal pontefice, al posto di Raffaele da Bologna, eletto poco più di un mese prima. Non sono noti i motivi di tali avvicendamenti; forse si trattava di non privilegiare eccessivamente i frati bolognesi nella distribuzione delle cariche provinciali. Di sicuro, la scelta del pontefice indica la fiducia di cui il M. godeva presso le gerarchie del suo Ordine e presso il papa stesso. Egli, tuttavia, non assunse altre cariche dopo quelle vicende.
Nel 1599 il medico Scipione Mercurio, nell’opera Gli errori popolari d’Italia, attaccò duramente il M. (menzionato per nome) e tutti quegli esorcisti che somministravano farmaci ai loro pazienti esercitando così abusivamente la medicina. Il M. si difese nella Seconda parte del Compendio, scrivendo che le indicazioni contenute nei suoi testi erano corrette, ma che venivano usate a sproposito da molti esorcisti. È tuttavia innegabile che il ruolo del M. sia stato a questo proposito piuttosto ambiguo: nei suoi trattati non solo aveva giustificato teoricamente l’uso di sostanze naturali nella cura degli indemoniati (riprendendo idee formulate in precedenza da altri), ma aveva anche incluso molte ricette a base di erbe e altri elementi.
Degli ultimi anni di vita del M. non si hanno notizie. Resta tuttavia il Tesoro celeste della gloriosa Madre di Dio Maria Vergine…(Bologna 1607), un lungo trattato sul culto mariano, i santuari, i miracoli e le immagini miracolose.
Il M. morì a Viadana l’8 luglio 1609, secondo la lapide commemorativa che il confratello e compatriota Angelico Pennoni fece collocare nella locale chiesa di S. Francesco a ricordo soprattutto della sua perizia esorcistica.
La diffidenza che circondava esorcismi ed esorcisti, peraltro caratterizzata da una forte ambiguità da parte delle gerarchie ecclesiastiche, non diede luogo a censure e proibizioni nemmeno dopo il 1614, anno in cui fu pubblicato il Rituale Romanum, contenente precise istruzioni in parte contrastanti con la pratica esorcistica propagandata dal M. e da altri esorcisti. Soltanto nel 1704 il Flagellum e il Fustis furono pesantemente censurati; l’anno seguente fu la volta del Compendio, che fu del tutto proibito nel 1707.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Atti dei notai, Stiatici Alessandro, filza 9, n. 47 (8 nov. 1556); ibid., Chiocca Alessandro, filza 4, n. 140 (4 genn. 1570); Bologna, Arch. storico della provincia minoritica di Cristo Re, Sezione V, Ss. Annunziata, b. 18, n. 1, pp. 309-311; Sezione VI, Antonio Luigi Stagni, b. 1, ms. 2, pp. 381 s.; Archivio arcivescovile di Bologna, Foro Arcivescovile, Sgabello I, filza 4, f. 355 (notaio Zucchini Silvestro, 6 nov. 1561); filza 18, f. di atti non caricati nell’indice (8 genn. 1574); Atti capitolari della minoritica provincia di Bologna dall’anno 1458 al 1700, con giunte e note del p. Giacinto di Cantalupo, I, Parma 1901, pp. 222, 243-245; L. Wadding, Annales minorum…, XXIV, Romae 1860, pp. 275 s.; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci a Waddingo aliisque descriptos, I, Romae 1908, p. 369; F. Gonzaga, De origine Seraphicae Religionis Franciscanae, eiusque progressibus…, Venetiis 1603, I, pp. 83, 320; Giacinto Picconi da Cantalupo, Serie cronologico-biografica dei ministri e vicari provinciali della minoritica provincia di Bologna, Parma 1908, pp. 175-177; H.C. Lea, Materials toward a history of witchcraft, III, Philadelphia 1939, pp. 1055 s.; M. Petrocchi, Esorcismi e magia nell’Italia del Cinquecento e del Seicento, Napoli 1957, pp. 15-20; G. Bonomo, Caccia alle streghe, Palermo 1971, pp. 341-343; O. Franceschini, Un «mediatore» ecclesiastico: G. M., 1529-1609, postfazione in G. Menghi, Compendio, rist. anast., Genova 1987, pp. III s.; G. Romeo, Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma, Firenze 1990, ad ind.; G. Volpato, G. M. o dell’arte esorcistica, in Lares, LVII (1991), pp. 381-397; G. Romeo, Esorcisti, confessori e sessualità femminile nell’Italia della Controriforma, Firenze 1998, ad ind.; A. Maggi, Satan’s rhetoric: a study in Renaissance demonology, Chicago 2001, ad ind.; G. Dall’Olio, Alle origini della nuova esorcistica. I maestri bolognesi di G. M., in Inquisizioni: percorsi di ricerca, a cura di G. Paolin, Trieste 2001, pp. 83, 85-87, 99, 108 s., 112, 115, 122 s.; V. Lavenia, «Tenere i malefici per cosa vera». Esorcismo e censura nell’Italia moderna, in Dal torchio alle fiamme. Inquisizione e censura: nuovi contributi dalla più antica biblioteca provinciale d’Italia. Atti del Convegno nazionale di studi… 2004, a cura di V. Bonami, Salerno 2005, pp. 129, 133 s., 153, 160-163, 171.
G. Dall’Olio