MELCARNE, Girolamo (Girolamo Montesardo)
– Nacque a Montesardo di Alessano, oggi in provincia di Lecce, intorno al 1580. Il suo vero nome compare solo occasionalmente in alcune registrazioni contabili e nell’opera di Tasselli pubblicata alla fine del Seicento. Nelle sue opere a stampa preferì chiamarsi con il toponimo Montesardo.
Non è noto dove sia avvenuta la sua formazione; le prime notizie biografiche fanno riferimento, infatti, a un periodo in cui era già attivo in modo professionale come musicista e lontano dai suoi luoghi di origine e dai centri musicali a questi più vicini.
Il primo incarico di cui si ha notizia è l’impiego come organista nella basilica romana di S. Maria in Trastevere nel febbraio del 1603, che detenne per pochi mesi. A quest’epoca il M. aveva già preso i voti. Lasciata Roma in data imprecisata, proseguì probabilmente per Firenze, dove doveva essere tra il 1606 e il 1607 e da dove iniziò una peregrinazione in istituzioni musicali dell’Italia centrosettentrionale. Nell’aprile del 1607 fu assunto come cantore nella basilica di S. Petronio a Bologna, dove rimase fino al mese di settembre; quindi fu nominato maestro di cappella nella cattedrale di Fano, incarico che ebbe da aprile a novembre del 1608. L’anno seguente occupò l’ufficio di maestro di cappella nel duomo di Ancona.
Di tutte queste tappe la più importante fu sicuramente il periodo trascorso a Firenze. A questo soggiorno fanno riferimento le sue due prime opere a stampa pervenuteci. La prima, Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola, fu pubblicata nel 1606 dall’editore fiorentino C. Marescotti.
Nella lettera di dedica, indirizzata a Francesco Buontalenti, il M. faceva riferimento al desiderio che lo aveva spinto a raggiungere Firenze, «desiderosissimo di sentire, e godere li canori Cigni, del nuovo Parnaso di questa virtuosissima città» e di servirne la «virtuosa nobiltà».
Il «picciolo libretto di balletti» per chitarra, come lo stesso M. lo definisce, riveste una duplice importanza per lo sviluppo della musica strumentale e da ballo all’inizio del Seicento. Il libro presenta, innanzi tutto, il primo esempio d’uso in un’opera a stampa dell’intavolatura alfabetica per chitarra, un sistema di notazione di cui il M. rivendica l’invenzione e della cui novità il frontespizio fa menzione («Nuova inventione di intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola, senza numeri e senza note; per mezzo della quale da se stesso ogn’uno senza maestro potrà imparare»). In secondo luogo, accanto all’alfabeto il libro mette a disposizione del lettore un ampio repertorio di danze e di formule di basso. Per la prima volta in una pubblicazione italiana è fatto riferimento alla ciaccona e alla passacaglia, la prima indicata come un ballo, la seconda al plurale, come è nella fase più remota della sua storia, non come un brano in sé, ma come un «ritornello». Altro primato del libro è di contenere il primo esempio musicale di sarabanda. Complessivamente, la pubblicazione contribuisce in modo rilevante allo sviluppo della letteratura per chitarra spagnola, in un periodo in cui lo strumento si stava diffondendo universalmente a scapito del liuto, perdendo la sua iniziale connotazione popolare; una fortuna che coincide anche con l’affermarsi di una nuova sensibilità per l’accordalità e per uno sviluppo verticale più che orizzontale della musica.
Un nuovo e ancora più ampio cenno a Firenze, non sappiamo se allo stesso soggiorno o a uno successivo, è presente in un’altra opera del M. stampata a Venezia nel 1608, che reca già nel titolo un chiaro omaggio alla città: L’allegre notti di Fiorenza (a 2-5 voci). Il M. dedicò la pubblicazione al figlio di Giovanni Bardi, Piero, noto soprattutto per la lettera a G.B. Doni in cui racconta della celebre «camerata» del padre. Se la prima opera pubblicata dal M. costituiva un esempio di esportazione da parte di un musicista meridionale di un genere sentito come autoctono, come le musiche per chitarra spagnola, la nuova pubblicazione mostrava una completa acclimatazione ai nuovi generi legati alla monodia accompagnata che si stavano affermando in quegli anni a Firenze, della cui vita musicale L’allegre notti rappresentano un’insolita e vivida testimonianza.
Nella configurazione della raccolta le ragioni musicali sembrano essere state sottoposte ad altre derivanti da una struttura narrativa estranea, probabilmente ricavata dal genere letterario della novella, di cui lo stesso titolo è forse un calco. Il M. immagina la sua silloge come una successione di veglie, di adunanze notturne di una nobile brigata, composta da gentiluomini appassionati di musica e da musicisti, che si radunano di volta in volta in alcune delle piazze più importanti della città. In ciascuna serata, nella finzione narrativa che governa la raccolta, è un musicista o un nobile dilettante a introdurre le musiche e a invitare il M. stesso al canto. In questo ruolo si succedono G. Del Turco, A. Malvezzi, G. Bardi. Ogni madrigale polifonico è seguito da uno cantato a voce sola e da un certo numero di arie; due di queste si vuole siano intonate direttamente da Jacopo Peri e da Giulio Caccini.
Le immaginarie adunanze musicali raccontate dal M. corrispondono a quelle reali della Firenze dell’inizio del Seicento, dove erano attivi i ridotti di Bardi o di Iacopo Corsi e l’Accademia degli Elevati. Tipicamente fiorentina appare, ancora, la consuetudine della musica all’aperto (le cocchiate e le mascherate) testimoniata in parte nel libro. La raccolta nel suo complesso indica quanto il M. fosse ben introdotto nell’ambiente musicale fiorentino e ne attesta la familiarità con alcuni dei musicisti più eminenti attivi a Firenze e con i più importanti circuiti culturali della città. L’antologia contiene in gran parte composizioni del M. che imita, sia nelle scelte letterarie sia nella configurazione della musica, il nuovo stile monodico fiorentino. Sono stati, invece, identificati come opere di Caccini e di Peri i due brani che nella raccolta si immaginano da essi cantati (cfr. Carter).
Nel 1611 il M. si stabilì a Napoli. Qui, l’anno seguente, pubblicò, dedicandolo al viceré Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos, un nuovo libro di musiche, che costituisce, come il M. stesso ricorda nella dedica, il corrispettivo napoletano della raccolta dedicata a Firenze.
I lieti giorni di Napoli, concertini italiani in aria spagnuola … Opera XI (ed. moderna a cura di D. Longo, Calimera 2004) rappresentano il tentativo di riprodurre e diffondere a Napoli il nuovo stile monodico, sperimentato negli anni trascorsi a Firenze. Complessivamente sono sette i brani scritti in questo stile presenti nel volume. Il primo, collocato ad apertura del libro, ricorda da vicino un prologo d’opera ed è quasi un calco di quello che apre la Dafne di O. Rinuccini. La raccolta mostra per la prima volta l’uso, in composizioni vocali, dell’alfabeto per chitarra.
Dopo la pubblicazione de I lieti giorni il M. lasciò probabilmente Napoli per far ritorno a Lecce. Al pugliese Angelo Gallone, barone di Tricase, è dedicata una raccolta di musica sacra pubblicata a Venezia nel 1612 (Amphiteatrum angelicum divinarum cantionum … Opera XII); mentre in un libro di mottetti oggi perduto (Paradiso terrestre con mottetti diversi e capricciosi, Venezia 1619) il M. faceva riferimento a se stesso come maestro di cappella del duomo di Lecce.
Dopo questa data non si hanno più notizie del M., che fu con ogni probabilità attivo ancora per alcuni anni in Puglia. Il gentiluomo e umanista leccese Girolamo Cicala lo ricorda nei suoi Carmina, pubblicati postumi nel 1649, con un commosso epitaffio («In terris animos olim qui voce beati / aethereis mixtus nunc canis ipse choris»). La testimonianza costituisce un termine cronologico per stabilire la data di morte del M., avvenuta prima del 1643 (anno di morte di Cicala), e indica la familiarità che il musicista ebbe con gli ambienti letterari leccesi.
Opere. Oltre ai lavori citati: Ecclesiastici concentus. Una, duobus, tribus, quattuor, quinque, et octo vocibus canendi, cum basso ad organum. Opera VIII, Venezia 1608; due mottetti in Promptuarii musici, sacras harmonias sive motetas V VI VII & VIII vocum... pars tertia, Strasbourg 1613 (rist. 1627); due mottetti in Siren coelestis duarum, trium et quatuor vocum …, München 1616 (rist. 1622); due madrigali a 5 voci miste, E così vagli il pianto ch’esc’o mio sol, da bei vostr’occhi e Quando l’alba novella adorn’il crin di rose, attribuiti a Gervasio Melcarne in Di Pomponio Nenna, cavalier di Cesare l’ottavo libro di madrigali a cinque voci …, Roma 1618 (ed. moderna a cura di M.T. degli Atti, Lecce 1981). Perdute: El primo libro de la canciones villanellas, Venezia 1606; Madrigali in due stili, ibid. 1609; Vespri a 4 voci, pubblicati prima del 1653.
Fonti e Bibl.: G. Cicala, Cicada sive Carmina, Lycii 1649, p. 148; L. Tasselli, Antichità di Leuca città già posta nel capo Salentino …, Lecce 1693, pp. 568 s.; Italian secular song 1606-1636. A seven-volume reprint collection, a cura di G. Tomlinson, III, Rome and Naples. Songs by A. Cifra, F. Vitali, S. Landi, G. Montesardo and others, New York 1986, pp. 229-268; G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica, a cura di C. Ruini, Firenze 1988, pp. 191 s., 211; G. Cicala, Cicada sive Carmina, a cura di M. Leone, in corso di pubblicazione, s.v. Montesardo, Girolamo; K.A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, II, p. 54; R. Paolucci, La Cappella musicale del duomo di Fano, in Note d’archivio per la storia musicale, III (1926), p. 100; M. de Sampaio Ribeiro, Livraria de música de el-rei d. JoãoIV, Lisboa 1967, II, p. 98; Th. Walker, Ciaccona and passacaglia. Remarks on their origin and early history, in Journal of the American Musicological Society, XXI (1968), pp. 300-320; R. Hudson, Further remarks on the passacaglia and ciaccona, ibid., XXIII (1970), pp. 302-314; Id., The zarabanda and zarabanda francese in Italian guitar music of the early 17th century, in Musica Disciplina, XXIV (1970), pp. 125-149; W. Kirkendale, L’aria di Fiorenza, id est il ballo del gran duca, Firenze 1972, pp. 23, 42, 89; R. Hudson, Passacaglio and ciaccona: from guitar music to Italian keyboard variations in the 17th century, diss., Ann Arbor, MI, 1981, pp. 17-25; Id., The folia, the saraband, the passacaglia, and the chaconne. The historical evolution of four forms that originated in music for the five-course Spanish guitar, Neuhausen-Stuttgart 1982, ad ind.; F. Hammond, G. Frescobaldi, Cambridge, MA, 1983, p. 333; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, p. 178 e passim; T. Carter, «Serate musicali» in early seventeenth-century Florence: G. Montesardo’s L’allegre notti di Fiorenza (1608), in Renaissance Studies in honor of Craig Hugh Smyth, a cura di A. Morrogh et al., Firenze 1985, I, pp. 555-568; M.G. Barone, Da «L’allegre notti di Fiorenza» a «I lieti giorni di Napoli». Itinerario di un compositore del ’600, in La musica a Napoli durante il Seicento. Atti del Convegno…, Napoli…1985, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, pp. 105-124; J. Tyler - P. Sparks, The guitar and its music from the Renaissance to the Classical era, Oxford 2002, pp. 53-55; M. Leone, Barocco leccese e poesia neolatina. I «Carmina» (1649) di G. Cicala, in Studi secenteschi, XLVII (2006), p. 197; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del liceo musicale di Bologna, IV, p. 173; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, p. 43; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 123; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le bibliografie, V, p. 160; The New Grove Dict. of music and musicians, XVII, pp. 27 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XII (2004), coll. 387 s.
C. Corsi