MEI, Girolamo. –
Nacque il 27 maggio 1519 a Firenze, nel quartiere di S. Spirito, da Paolo e da Pippa (o Peppa) de’ Serragli. La principale fonte biografica sul M. è costituita da una novantina di lettere che scrisse a Pier Vettori, tra il 1542 e il 1585, rivolgendosi a lui «come padre e amico». Alla sua scuola il M. imparò a leggere, editare e commentare i testi greci e latini, contribuendo tra l’altro con Bartolomeo Barbadori sia alla prima edizione moderna dell’Elettra di Euripide (Roma 1545), sia alla collazione di manoscritti e a interventi di restauro filologico sull’Agamennone e le Coefore di Eschilo, le Storie di Tucidide, le Argonautiche di Apollonio Rodio, il Tetrabiblos di Tolemeo e il De bello civili di Cesare. Tra il 1541 e il 1547-48 il M. fu associato all’organismo governativo e culturale del regime del duca di Firenze Cosimo I de’ Medici, per il quale peraltro non manifestò mai un aperto consenso, né dal punto di vista politico né da quello religioso. Fece parte della magistratura dei Dodici buonuomini e dell’Accademia Fiorentina, attività intervallate da un paio di viaggi a Roma, alla ricerca, prevalentemente, di manoscritti e di libri a stampa per Vettori.
All’attività accademica istituzionale è possibile che siano collegati i due trattati Del verso toscano e Della compositura delle parole: essi appartengono alla riflessione sui rapporti tra la grammatica e la musica, su cui le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo costituivano ormai un modello di riferimento, e trattano sia la quantità delle vocali e delle sillabe nel greco antico e gli accenti delle sillabe e delle parole nel volgare toscano, confrontando le rispettive possibilità, nella versificazione e negli effetti melodici ed espressivi, sia l’altezza e il moto della voce nel parlato, nel canto e nell’intonazione intermedia tra l’uno e l’altro. All’attività accademica segreta, o per lo meno di celato dissenso per le posizioni religiose medicee, si collegano probabilmente L’historia della cacciata di Gaio Ciaverei pontefice massimo dal piano, con il seguito Del ritorno di Gaio Ciavereo p.m. dall’antipodi al piano e qualche altro scritto epistolare, che il M. compose con il nome di Decimo Corinella da Peretola senatore pianigiano. Dal 1547 la reazione di Cosimo I contro i pianigiani, accusati di idee eterodosse, non si fece attendere e, sebbene non siano chiari i motivi dell’allontanamento del M. da Firenze, poi trasformatosi in una sorta di esilio volontario, non può escludersi l’ipotesi che, almeno all’inizio, esso possa essere stato in relazione proprio a tali eventi. Di fatto, dal 1547-48 il M. fu costretto a vivere fuori Firenze e ad assumere incarichi di lavoro per mantenersi, che non gli permisero di ritornare in patria se non per qualche sporadica e breve visita.
Roma, Lione, Padova furono le tappe principali dei primi dieci anni, durante i quali il M. non ebbe che occupazioni temporanee, a fronte della sua costante richiesta di un impiego che gli permettesse di continuare gli studi e le ricerche: si rivolse dapprima alla nutrita schiera di amici di Vettori, a Roma, da Paolo III a Marcello Cervini, al padre Ottavio Bagatto («padre Pacato» nelle lettere), poi agli amici fiorentini fuorusciti a Lione che lo fecero assumere come precettore di Guglielmo Guadagni. Finché fu al suo servizio, sino all’inverno del 1554, pur lamentando lo scarso tempo che poteva dedicare agli studi, diviso tra i viaggi nei possedimenti, le uscite a caccia e le dame, il M. completava il percorso educativo del giovane con il canto e documentava, per la prima volta, il proprio interesse per lo studio dei trattati musicali, antichi e moderni, Plutarco, Boezio, Franchino Gaffurio e Glareano. Dopo una breve parentesi presso la famiglia Gambara e sfumato il primo tentativo di trasferirsi a Roma, nel 1555, per la repentina morte di Marcello II, amico fraterno di Vettori, dalla primavera del 1555 e sino all’autunno del 1559 il M. fu a Padova.
Fallito il tentativo di far ottenere a Vettori una cattedra presso lo Studio patavino, il M. continuò l’approfondimento dei concetti aristotelici di mimesi e catarsi, legati agli studi preparatori all’edizione della Poetica curata da Vettori, così come dei fondamenti della logica. Non trascurò inoltre i rapporti con i suoi concittadini trasferitisi in Veneto, collaborando, tra l’altro, alla redazione dello Statuto della Fraternita e compagnia dei Fiorentini in Venezia, città in cui fu ospite di Francesco Nani e poté vedere i codici dei trattati musicali, custoditi nella biblioteca di S. Marco, dei quali si sarebbe ricordato ancora molti anni dopo.
Giunto a Roma il 31 ott. 1559, alla vigilia dell’elezione di Giovanni Angelo Medici, papa Pio IV, durante i primi due anni il M. divenne un frequentatore abituale di numerose collezioni private e della «biblioteca del papa», in cui la ricerca dei libri per Vettori e per sé divenne un’attività quotidiana, nonostante le sue lamentele per i disservizi e grazie soprattutto, tra gli altri, all’aiuto di Gabriele Faerno, il revisore dei testi latini della Vaticana, e di Guglielmo Sirleto, studioso di latino, greco ed ebraico. Sin dal 1560 il M. aveva inoltre ripreso gli studi aristotelici, ascoltando le lezioni sul De caelo e sul De generatione animalium di un gesuita spagnolo, da identificarsi probabilmente con Benedetto Perera di Valenza, professore presso il Collegio Romano. Nei medesimi anni l’impiego presso il cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano mise fine all’annosa ricerca di una sistemazione. Da quel momento, pur sottolineando di continuo la sua scarsa propensione alle affettazioni e agli intrighi curiali, il M. fece parte della piccola corte di ospiti e residenti del palazzo di via Giulia (oggi palazzo Ricci-Sacchetti) e poté usufruire di condizioni di lavoro compatibili con gli studi e le ricerche, traendone slancio per nuove acquisizioni.
Durante l’estate del 1561, sulle tracce dei manoscritti delle Vite dei retori Iseo e Dinarco di Dionigi di Alicarnasso richiesti da Vettori, il M. si imbatté in alcuni trattati greci di musica, sepolti nelle biblioteche romane, ai quali dedicò circa sei mesi di studio, confortato dall’aiuto di Bagatto, di Latino Latini e di qualche altro amico, come Niccolò Del Nero, prima di informarne il maestro. Dall’inverno del 1562 l’epistolario registra una trasformazione profonda: era ritornato l’interesse, maturato negli anni di residenza francese e veneta, di ricercare in che cosa consistesse la musica degli antichi, della quale trattavano una ventina di autori, da Aristosseno a Boezio, di cui aveva redatto un primo elenco. Esprimeva con chiarezza sin dall’inizio un progetto di studi articolato in due direzioni: da un lato, si sarebbe impegnato a «ritrovar tutta la teorica», reperendo i codici, e a leggere i testi in modo accurato, fornendo spiegazioni ai loci fraintesi sino a quel momento; dall’altro, avrebbe cercato il modo di «lasciarne qualche memoria a color che mai volessin vederne meglio il vero». Restava estranea al suo piano di lavoro la musica «pratica»: lasciata da parte l’aspirazione a divenire cantore, imparando una serie di tecniche che ora riconosceva appartenere a un diverso ambito di studi, verso il quale non si sarebbe più inoltrato, prendeva invece le distanze dai «musici moderni i quali non voglion discredersi senza una espressa autorità a patto alcuno che l’antica non somigliasse punto questa lor cincistiatura d’oggi, parendo lor (come ognuno s’inganna volentier nelle cose sue) che questa loro sia la perfetta» (Restani, 1990, pp. 183 s.).
Tra la fine del 1565 e il 1566 il M. compilò il frammentario e incompiuto trattatello latino De origine urbis Florentiae, in polemica con le tesi sull’antichità delle origini di Firenze, che il priore Vincenzo Maria Borghini, storico e consigliere culturale del duca, faceva risalire all’età augustea; diversamente, sulla base di calcoli presenti in un codice di Tolemeo letto alla Vaticana, il M. rivendicava a Firenze l’autonomia di fondazione da Roma, come Gelli e Giambullari legati al mito «aramaico», ma per attribuirla, forse con un’iperbole polemica e di certo con una netta presa di distacco dal regime cosimiano, al re longobardo Desiderio. Probabilmente la necessità di concentrarsi sui teorici musicali condusse il M. a raccogliere l’invito di Vettori a troncare l’infruttuosa polemica, facendosi restituire da Borghini gli scritti inviatigli.
Dalla primavera del 1566 al giugno del 1573 il M. fu occupato nella stesura del De modis musicis antiquorum, dedicato sia a Pier Vettori sia all’umanista tedesco Johannes Caselius (Chessel), con cui aveva condiviso la ricerca dei trattati musicali e i problemi testuali della loro lettura.
Inizialmente previsto in tre libri, ciascuno dei quali richiese circa due anni di lavoro, il trattato fu concluso da un quarto, di impianto storico. Il primo libro comprende la descrizione dei principali elementi della trattatistica greca, condotta con attenzione allo sviluppo storico e terminologico e il sussidio di schemi grafici: i tonoi, i tropoi, i systemata, le consonanze, le posizioni delle note e la struttura dei generi e dei tetracordi, secondo Aristosseno, Tolemeo e Boezio. Nel secondo sono approfondite le consonanze, le specie di ottava e i tonoi, e per la prima volta è ricostruita la storia della recezione dell’errore, qui attribuito a Boezio, di aver accolto l’ipermisolidio, rifiutato da Tolemeo, come ottavo tonos, sino ai fraintendimenti di Glareano e di Gaffurio. Seguono la suddivisione in modi autentici e plagali e l’affectus mutatio provocata da tonoi diversi, attraverso la quale è introdotto il concetto di ethos. Alla fine del secondo appare la necessità di sdoppiare l’ultimo libro: nel terzo, la recezione della trattatistica antica da parte dei «moderni», Glareano e Gaffurio e, nel quarto, la storia della trasmissione dei modi. Il IV libro può essere considerato una sintetica storia della musica greca in prospettiva filosofica e politica: nella prima parte si descrivono i mutamenti nelle strutture musicali, dalla musica vocale alla musica strumentale; il rapporto tra i modi e l’ethos; infine, i nomoi; nella seconda sono presentate le idee sulla musica proposte attraverso i due diversi modelli platonico e aristotelico. L’analisi dell’usus della musica nei diversi contesti esecutivi, simposio teatro festa, è qui complementare all’indagine della sua utilitas nella formazione dei futuri governanti. In particolare, da accurato lettore non solo della Poetica e della Politica aristoteliche, ma anche degli scritti galenici sugli umori, il M. proponeva una sua peculiare rilettura della catarsi, come una forma di depurazione (purgatio) dell’animo in stretta correlazione con la dottrina della depurazione del corpo tramite gli umori. Tale procedimento, che secondo le prescrizioni aristoteliche avviene per via omeopatica, coinvolgeva sia la teoria della mimesi rappresentativa, per l’immedesimazione dell’animo dell’ascoltatore, sia la considerazione degli effetti dell’ethos attribuito ai vari modi musicali.
Le riflessioni contenute nel De modis circolarono a Firenze, da un lato, tramite Vettori, che il M. tenne costantemente informato sul progresso della stesura e a cui recapitò a mano i primi due libri, nel 1568, durante il viaggio in Toscana, per accompagnare il card. Ricci al battesimo di Eleonora de’ Medici. Dall’altro, esse contribuirono, dal 1572, a formare le idee sulla musica degli antichi (e, di conseguenza, dei moderni) nelle cosiddette «camerate» fiorentine, vale a dire tra i musicofili e musicisti riuniti attorno a Giovanni Bardi e a Jacopo Corsi, così come nell’Accademia degli Alterati. Agli studi di Palisca, in particolare, si deve l’identificazione della copia di sei lettere del M. indirizzate tra il 1572 e il 1581, cinque a Vincenzio Galilei e una a Giovanni Bardi, in un manoscritto acquisito e conservato nella cerchia della regina Cristina di Svezia (Biblioteca apost. Vaticana, Reg. lat., 2021). All’epoca della prima lettera il M. elencava circa una trentina di autori di trattati musicali a lui noti, distinguendo tra greci (Aristosseno, Aristide Quintiliano, Alipio, Pseudo Euclide, Cleonide, Bacchio, Gaudenzio, Briennio, Nicomaco di Gerasa, Pseudo Plutarco, Tolemeo, Porfirio, Psello, Teone di Smirne, Joseffo Racendito e alcuni frammenti); latini (Agostino, Boezio, Censorino e Marziano Capella); latini risalenti a non oltre 400 anni (Guido d’Arezzo, quattro trattati in parte anonimi e in parte di autori non identificati, Iacopus Faber Stapulensis, Franchino Gaffurio, Fogliano e Glareano); e volgari (Pietro Aaron e Zarlino di Chioggia). Le informazioni contenute in tali lettere furono successivamente divulgate da Galilei nel Dialogo della musica antica e moderna (Firenze 1581), mentre la prima parte della lettera del 1572 a Galilei fu edita, postuma, da Piero Del Nero, nel Discorso sopra la musica antica e moderna (Venezia 1602).
Dal 1574, in seguito alla morte del cardinale Ricci, il M. si trasferì in casa Ridolfi. Tra il 1580 e il 1584 la corrispondenza con Gian Vincenzo Pinelli e con Latino Latini testimonia un interesse accresciuto verso la trattatistica medievale e rinascimentale, a cui il M. dedicò sia nuove ricerche e collazioni di codici, per esempio del Prologus in Antiphonarium e del Micrologus di Guido d’Arezzo, sia letture dei trattati di Burzio, Papio e Salinas, confluite nel De’ nomi delle corde del monocordo.
Il testo, attribuito al M. da Palisca, è diviso in due parti, che trattano sinteticamente la storia della notazione e le teorie sul diatonico di Pitagora, Aristosseno e Tolemeo, e sono corredate di una premessa e di una conclusione didattiche, rispettivamente, per apprendere la corretta intonazione delle note e costruire un monocordo. Un’analoga impostazione didattica caratterizza l’incompiuto Trattato di musica, in volgare e bipartito: nella prima sezione sono presentati i suoni, gli intervalli, i sistemi e i generi, le «mutazioni» e la composizione dei canti, tradotti dal De modis; nella seconda il ritmo, basato su Aristosseno, Aristide Quintiliano e Marziano Capella, e gli strumenti, con riferimenti all’iconografia greca e romana.
Nel 1585 scomparvero Barbadori e Vettori, e gli Alterati associarono il M., pur in absentia, alla loro Accademia. La corrispondenza degli ultimi anni, come segretario del cardinale Marco Sittico Altemps, amplia ancora il panorama delle conoscenze, sino a includere l’allievo del cardinale Sirleto, Federico Borromeo.
Il M. morì a Roma tra il maggio e il luglio del 1594 e fu sepolto in S. Giovanni dei Fiorentini; nella lapide apposta sul suo sepolcro fu riportata una disposizione del testamento che indicava Cassandra Ridolfi, figlia del banchiere Giovanni Francesco, come erede.
Formatosi come filologo e filosofo, il M. è ricordato soprattutto per gli studi musicologici: da un lato, le competenze nelle discipline della parola e del pensiero gli permisero di valorizzare la trattatistica musicale, greca e non solo, come parte significativa della storia delle idee; dall’altro, grazie alla divulgazione dei suoi studi sui testi letterari e filosofici, le aspirazioni dei musicofili e dei musicisti interessati alla riscoperta della musica degli antichi e dei suoi straordinari effetti sembravano essersi realizzate. Tra i suoi immediati successori, alcuni musicisti, come Peri, riconobbero invece che i suoni della musica greca erano perduti per sempre e che i nuovi linguaggi musicali e drammaturgici, pur richiamandosi all’antico, inauguravano di fatto una nuova epoca. La storiografia musicale del Novecento, a cui si deve il recupero della figura del M., ha consolidato, sin dagli anni Sessanta, questa prospettiva.
Opere manoscritte: Del verso toscano (Parigi, Bibliotèque nationale, Fonds latin, 7209, 3; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc., 2597, 2598; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 3874, 3990); Della compositura delle parole (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VI, 34; Ibid., Biblioteca Riccardiana, Ricc., 2598; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 6275); L’historia della cacciata di Gaio Ciaverei pontefice massimo dal piano, con il seguito Del ritorno di Gaio Ciavereo p.m. dall’antipodi al piano e altri scritti pianigiani (Firenze, Biblioteca nazionale, Capponi, 317; Magl., VI, 34 e IX, 18; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 4802; Pal., 647; Reg. lat., 674); De origine urbis Florentiae (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XXV, 167, 390); De modis musicis (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 5323 [autografo]; Parigi, Bibliotèque nationale, Fonds latin, 6287, 10276, 7209, 1; Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, B.120; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc., 815, ed. moderna a cura di E. Tsugami, Tokyo 1991; Restani, 1990, pp. 103-149, solo IV libro); De’ nomi delle corde del monocordo (Milano, Biblioteca Ambrosiana, R.100 sup.; Rochester, Sibley Music Library, Vault, ML.171 M499n); Trattato di musica (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2021; Parigi, Bibliotèque nationale, Fonds latin, 72092); De Phylide (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 1819). Opere a stampa: Discorso sopra la musica antica e moderna, Venezia 1602 (ed. anast. Milano 1933 e Bologna 1968). Lettere del M. a P. Vettori e a V. Borghini sono pubblicate in Prose fiorentine raccolte dallo Smarrito accademico della Crusca, Firenze 1734, parte IV, vol. II, pp. 69-173; lettere manoscritte del M. a vari destinatari (in parte pubblicate in Palisca, 1960, pp. 89-185; Farina, 1986; Palisca, 1989, pp. 45-77; Restani, 1990, pp. 169-207) sono conservate a Parigi, Bibliotèque nationale; Londra, British Library; Firenze, Biblioteca nazionale; Milano, Biblioteca Ambrosiana; Biblioteca apost. Vaticana; Cambridge, MA, Houghton Library.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, Famiglia Mei di Firenze, bb. 3505-3508; Cittadinario fiorentino, quartiere di S. Spirito, vol. II, c. 42v; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, ad nomen; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 3990, cc. 1 s.; Relatione della vita del sig. G. M. fatta dal sig. Zenobio Mei; Statuti della Fraternita e compagnia dei Fiorentini in Venezia, a cura di A. Sagredo, in Archivio stor. italiano, 1853, t. 9, Appendice, pp. 441-497; C.V. Palisca, G. M.: mentor to the Florentine Camerata, in Musical Quarterly, XL (1954), pp. 1-20; R.G. Villoslada, Storia del Collegio romano, Roma 1954, pp. 102, 327, 329, 331; C.V. Palisca, G. Mei. Letters on ancient and modern music, Roma 1960; Id., The Alterati of Florence. Pioneers in the theory of dramatic music, in New looks at the Italian opera. Essays in honour of Donald J. Grout, a cura di W.W. Austin, Ithaca, NY, 1968, pp. 9-38; M. Plaisance, Une première affirmation de la politique culturelle de Côme Ier: la transformation de l’Académie des «Humidi» en Académie Florentine, in Les écrivains et le pouvoir en Italie à l’époque de la Renaissance, a cura di A. Rochon, Paris 1973, II, pp. 348-361; F. Cerreta, The entertainments for the baptism of Eleonora de’ Medici in 1568 and a letter by Girolamo Bargagli, in Italica (Renaissance), LIX (1982), pp. 284-295; C.V. Palisca, Introductory notes on the historiography of the Greek modes, in Journal of musicology, III (1984), pp. 221-228; Id., Humanism in Italian Renaissance musical thought, New Haven-London 1985, pp. 265-279, 303-314, 348-355, 418-426; D.P. Walker, Musical Humanism in the 16th and early 17th centuries, in Id., Music, spirit and language in the Renaissance, London 1985; M.C. Farina, G. M. e Gioseffo Zarlino nel carteggio Pinelli dell’Ambrosiana, Pavia 1986; N. Pirrotta, Temperamenti e tendenze nella Camerata fiorentina, in Id., Scelte poetiche di musicisti, Venezia 1987, pp. 173-195; F.A. Gallo, Die Kenntnis der griechischen Theoretikerquellen in der italienischen Renaissance, in Italienische Musiktheorie im 16. und 17. Jahrhundert, Geschichte der Musiktheorie, Darmstadt 1989, pp. 7-38; C.V. Palisca, Die Jahrzehnte um 1600 in Italien, ibid., pp. 221-306; Id., The Florentine Camerata. Documentary studies and translations, New Haven-London 1989; Id., Boethius in the Renaissance, in Music theory and its sources. Antiquity and the Middle Ages, Notre Dame, IN, 1990, pp. 259-280; D. Restani, L’itinerario di G. M. dalla «Poetica» alla musica, Firenze 1990; P. Sanvito, Le sperimentazioni nelle scienze quadriviali in alcuni epistolari zarliniani inediti, in Studi musicali, XIX (1990), pp. 305-318; J.L. de Jong, An important patron and an unknown artist: Giovanni Ricci, Ponsio Jacquio, and the decoration of the palazzo Ricci-Sacchetti in Rome, in Art Bulletin, LXXIV (1992), pp. 135-156; C.V. Palisca, recensione a Restani 1990, in Early Music History, XI (1992), pp. 303-313; P. Otaola-Gonzalez, Francisco Salinas y la teoría modal en el siglo XVI, in En homenaje a Pedro Calahorra Martinez, Zaragoza 1995, pp. 367-385; F. Tateo, Storiografi e trattatisti, filosofi, scienziati, artisti, viaggiatori, in Storia della letteratura italiana, Roma 1996, IV, p. 1082; C.V. Palisca, Muovere gli affetti con la musica: teorie psicofisiologiche antecedenti a Cartesio, in Musica: le ragioni delle emozioni, in Nuova Civiltà delle macchine, XVI (1998), pp. 57-66; A. Siekiera, Sulla terminologia musicale del Rinascimento. Le traduzioni dei testi antichi dal Quattrocento alla Camerata de’ Bardi, in Le parole della musica, III, Studi di lessicologia musicale, a cura di F. Nicolodi - P. Trovato, Firenze 2000, pp. 3-30; D. Restani, G. M. et l’héritage de la dramaturgie antique dans la culture musicale de la seconde moitié du XVIe siècle, in La naissance de l’opéra: Euridice 1600-2000, a cura di F. Decroisette - F. Graziani - J. Heuillon, Paris 2001, pp. 57-96; M. Zuzek-Kres, Metamorphosis of discussions about ancient «mousike»: Florence of the Medicis (M., Bardi, and Galilei), in Slovenian Musicological Society, XIX (2004), pp. 27-39; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, pp. 285-287; Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), coll. 1477-1479.
D. Restani