MEDEBACH, Girolamo
MEDEBACH (Metembach), Girolamo. – Nacque a Roma nel 1706 da Giovanni Francesco; è ignoto il nome della madre. Gli furono imposti i nomi di Agostino, Raimondo, Girolamo.
Esordì fanciullo sulle scene; successivamente si aggregò a compagnie girovaghe. Secondo la prima notizia certa fu per qualche anno capocomico a Napoli, dove nella stagione 1734-35 prese in gestione il teatro Nuovo insieme con il Pantalone Lorenzo Bellotti, detto Tiziano, e con Giuseppe Tago. Intorno al 1738-39 si trasferì a Venezia, per entrare a far parte della compagnia di ballerini di corda diretta da Gasparo Raffi, di cui nel 1740 impalmò la figlia diciassettenne, Teodora.
Nativa di Lucca, Teodora (in arte Rosaura) aveva raggiunto il padre a Venezia nel 1737 e, a fianco del M., divenne una delle principali interpreti della riforma goldoniana. Da lei il M. ebbe almeno un figlio, Giovan Battista (morto dopo il 1798), che calcò le scene nel ruolo di tiranno e con la maschera di Pantalone.
Dopo la morte di Teodora, nel 1761, nonostante l’età avanzata il M. sposò in seconde nozze, nel 1767, la giovane bolognese Rosa Scalabrini, che gli diede parecchi figli, tra i quali, forse, Clementina, che compare in arte come servetta.
Meno dotata di Teodora, Rosa si adattò a recitare parti diverse, e dopo la morte del M. entrò nella compagnia di Pietro Rosa con il figliastro Giovan Battista, il quale, staccatosi da lei, ebbe una sua troupe con la quale risulta attivo a Tolentino nel 1798.
Dopo il primo matrimonio il M. assunse la direzione della compagnia del suocero e la riformò. All’inizio era composta, oltre che dallo stesso M., da Teodora, da Giuseppe Marliani e da sua moglie, Maddalena Raffi, zia della primadonna Teodora, da Cesare Arbes, presto sostituito da Antonio Mattiuzzi Collalto, da Francesco e Vittoria Falchi, da Luzio e Caterina Landi. Dal 1745 al 1748 la compagnia si esibì a Venezia al teatro S. Moisè, per poi passare al S. Angelo, che il M. appaltò dopo la gestione fallimentare del conte Gasparo Gozzi, ma anche a Livorno, Lucca, Mantova, Bologna; il 3 luglio 1748 il M. e G. Raffi sottoscrissero una supplica per poter recitare d’estate nel teatro Rangoni (qui il cognome compare nella forma Metembach: Rasi, p. 115). Dopo un preliminare stipulato a Livorno nel settembre 1747, e dopo il primo trionfale successo ottenuto nell’autunno 1748 con la rappresentazione della Vedova scaltra, in cui interpretò la parte di Ottavio, il 10 marzo 1749 il M. formalizzò con Carlo Goldoni l’accordo con il quale il drammaturgo si impegnava per quattro anni a scrivere otto commedie e due opere sceniche all’anno per la compagnia del M. in cambio di un compenso di 450 ducati. Nacquero così il primo poeta di compagnia del teatro italiano e la straordinaria stagione drammaturgica che va sotto il nome di riforma goldoniana, organicamente legata alle caratteristiche stilistiche e interpretative, alle abilità tecniche e alla duttilità recitativa dei componenti della compagnia del Medebach.
Il M. fu interprete e responsabile della trasposizione scenica della drammaturgia goldoniana fino al 1753-54, quando Goldoni passò al teatro di S. Luca. Il M. lo sostituì con l’abate Pietro Chiari, avversario acerrimo di Goldoni, e dunque contribuì ad alimentare la concorrenza fra i due teatri e fra i rispettivi pubblici, divisi in cosiddetti «chiaristi» e «goldonisti», fautori i primi dell’antico teatro, dell’intreccio e delle maschere, e i secondi del nuovo teatro, dei caratteri e dei personaggi. Consumato il dissidio con Goldoni con la pubblicazione da parte del M. dei copioni presso lo stampatore Giuseppe Bettinelli, la compagnia si esibì al S. Angelo di Venezia fino al 1760.
Il M. frequentò di preferenza il circuito teatrale centrosettentrionale, in particolare le piazze di Modena, Bologna e Milano, dove ebbe come protettore e corrispondente il conte Giuseppe Antonio Arconati Visconti. Oltre che di prosa, fu impresario di spettacoli musicali, in particolare di opere buffe. Nel 1770 scritturò il cantante Sante Vitali, che fu apprezzato a Modena, meno sul palcoscenico veneziano del S. Giovanni Grisostomo. Nello stesso anno, stando a Bartoli, scritturò Faustina Tesi nella compagnia di prosa, e nel 1772 Maddalena Battaglia, con la quale propose La Semiramide di Voltaire. Quando l’attrice, a seguito del successo ottenuto, gli strappò il teatro di S. Giovanni Grisostomo, il M. fu costretto a passare al modesto S. Cassiano, per poi tornare sul palcoscenico del S. Angelo insieme con Girolamo Brandi; nel 1770 abbandonò definitivamente Venezia unendosi in società con altri attori nel tentativo di risollevare le sue sorti. Nella stagione teatrale 1782-83 fece società con Giuseppe Pellandi, che recitava con la maschera di Arlecchino. Dalla stagione 1776-77 all’anno comico 1783-84 la compagnia Medebach compì numerosi giri nell’Italia centrosettentrionale, durante i quali egli risulta in attività come attore oltre che come capocomico. L’ultima stagione nota si svolse a Padova nella primavera, a Parma d’estate e a Brescia in autunno.
Come attore il M. fu giudicato da Goldoni «bon comédien» (Mémoires, p. 248) e «nei caratteri caricati eccellente» (L’Autore a chi legge de La donna vendicativa, p. 1005) con l’alternanza di ruoli di primo uomo e di caratterista. Gli fece eco l’abate Chiari: «il suo forte si era il rappresentare le più ridicole caricature. In questo non ebbe, e non avrà sì di leggieri chi lo somigli. La sua figura medesima, e la sua voce contribuiva non poco a farlo eccellente in somiglianti caratteri» (p. 125). Il catalogo dei principali personaggi goldoniani da lui interpretati comprende il capocomico Ottavio de Il teatro comico; don Marzio ne La bottega del caffè; il cavaliere Ottavio ne Il bugiardo; il poeta Ottavio ne Il poeta fanatico; il conte Ottavio ne Il cavaliere di buon gusto; il padre di Rosaura ne Il vero amico; Agapito ne Lo speziale; il padre romano ne I pettegolezzi delle donne; il vecchio mercante ne La serva amorosa; il marchese di Forlipopoli ne La locandiera; Ottavio, vecchio collerico, ne La donna vendicativa; il conte Anselmi ne La famiglia dell’antiquario; il dottor Buonatesta ne La finta ammalata.
Il M. è descritto con qualche esagerazione «non molto lungi dal suo novantesimo anno» e in ottima salute, da Bartoli (p. 42), che scriveva nel 1782. Morì probabilmente intorno al 1790, in una località che resta ignota.
Fonti e Bibl.: C. Goldoni, Mémoires, in Id., Tutte le opere, a cura di G. Ortolani, I, Milano 1935, p. 248; Id., Prefazioni ai diciassette tomi delle commedie (1761-78), ibid., pp. 751 s.; Id., L’Autore a chi legge de La donna vendicativa, ibid., IV, ibid. 1940, pp. 1005-1010; Id., La locandiera, a cura di S. Mamone - T. Megale, Venezia 2007, pp. 39-45; P. Chiari, La commediante in fortuna, o sia Memorie di madama N.N. scritte da lei medesima, I, Venezia 1755, p. 125; F.S. Bartoli, Notizie istoriche de’ comici italiani che fiorirono intorno all’anno MDL fino a’ giorni presenti, Padova 1782, II, pp. 39-42; C. Goldoni - G. Medebach, Lettere … al conte Giuseppe Antonio Arconti-Visconti, a cura di Ad. Spinelli - Al. Spinelli, Milano 1882, pp. 47-63; L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, II, Firenze 1905, pp. 115-117; C. Musatti, G. M. e il suo matrimonio con la Scalabrini, in Ateneo veneto, XXX (1907), pp. 1-10; M. Apollonio, L’opera di Carlo Goldoni, Milano 1932, pp. 111-115; A. Gentile, Carlo Goldoni e gli attori, Trieste 1951, pp. 18-51; N. Mangini, M., G., in Enc. dello spettacolo, VII, Roma 1975, coll. 353-355; O. Giardi, I comici dell’arte perduta. Le compagnie comiche italiane alla fine del secolo XVIII, Roma 1991, pp. 190-193; B. Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, a cura di G. Galasso, Milano 1992, p. 213
T. Megale